E' il prestito sociale il vero polmone finanziario del sistema cooperativo leader nella grande distribuzione italiana, che puntualmente balza agli onori delle cronache per le operazioni messe in atto dalla sua propaggine finanziaria (ultimo in ordine di tempo il salvataggio di Fondiaria-Sai da parte di Unipol, la compagnia assicurativa controllata dalle Coop)
La persistente crisi economica mette alla prova la redditività delle cooperative e pone alcuni interrogativi sui rischi che corrono i soci nel versare i propri risparmi nei cosiddetti libretti di prestito sociale. Un fenomeno che ha ormai raggiunto dimensioni ragguardevoli, con cifre in continua ascesa.
Più banca che supermarket
Secondo i dati diffusi a dicembre da Bankitalia, a fine 2010 le somme raccolte dalle cooperative a titolo di prestito dalle famiglie italiane ammontavano a 15,7 miliardi di euro (erano 8,2 miliardi a inizio 2000), coinvolgendo oltre un milione e 500mila soci prestatori.
La raccolta, pari al 2,4% dei depositi bancari e al 4,9% del risparmio postale, è canalizzata e gestita per il 75% dalle nove maggiori cooperative di consumatori che operano con il marchio Coop. Come evidenziato dalla tabella riportata nel link in pagina, in quest'ultime realtà, il prestito medio di ciascun socio è pari a circa 10mila euro, mentre l'ammontare complessivo dei finanziamenti dei soci supera spesso i ricavi annuali delle vendite, arrivando a toccare il 144% nella Coop Nordest.
I numeri dell'universo Coop
La ricchezza delle famiglie italiane investita in prestiti dei soci alle cooperative. Dati al 31 dicembre 2010
Una massa di denaro che, di fatto, costituisce il polmone finanziario del sistema cooperativo leader nella grande distribuzione italiana, che puntualmente balza agli onori delle cronache per le operazioni messe in atto dalla sua propaggine finanziaria (ultimo in ordine di tempo il salvataggio di Fondiaria-Sai da parte di Unipol, la compagnia assicurativa controllata dalle Coop).
La sfida dei rendimenti
In passato le cooperative hanno cercato di garantire una remunerazione in linea con il mercato dei titoli di Stato a breve termine. Attualmente, però, se i prestiti sociali fossero considerati solo come forma d'investimento, uscirebbero spesso perdenti dall'analisi di rischio-rendimento con altri prodotti finanziari.
I tassi attuali riconosciuti ai soci si collocano, a seconda della Coop e dell'importo, fra lo 0,65% e il 2,5% lordo (ritenuta 20%). Dopo aver perso il loro vecchio appeal fiscale della ritenuta al 12,5%, si confrontano con la diminuzione dal 27% al 20% delle ritenute sui depositi bancari e postali, subendo pure il disagio per la ritenuta sui titoli di Stato -rimasta ferma al 12,5%.
E se, dopo la cura Monti, il rendimento lordo del BoT annuale è sceso dal 6,08% di novembre al 2,73% dell'asta di metà gennaio (oggi sul secondario viaggia intorno al 2,2%), nel caso di un libretto di risparmio postale i tassi di interesse variano da un minimo dell'1,4% a un massimo del 3% annuo lordo sulla liquidità addizionale.
I prestiti sociali non reggono, invece, il confronto con i rendimenti attuali, superiori al 4% annuo lordo, dei conti di deposito che pure sono senza spese ma che, al contrario dei prestiti, vincolano le somme investite ma sono tutelati dal Fondo di garanzia.
La crisi deteriora i bilanci
Anche le cooperative mediograndi, dove l'ammontare deiprestiti sociali supera in alcuni casi il doppio del patrimonio, cominciano ad accusare difficoltà gestionali. Analizzando per esempio gli ultimi bilanci disponibili a fine 2010 di una Coop grande (Coop Adriatica) e di una media (Coop Alto Milanese), l'impatto della crisi emerge con evidenza. In entrambe le coop l'ammontare del prestito soci è più del doppio rispetto al patrimonio netto (2,3 e 2,1 rispetto al massimo consentito di 3).
La Coop Alto Milanese chiude l'esercizio 2010 con una perdita di 350mila euro (assorbita tranquillamente dal patrimoniodi 7 milioni) accompagnata da una nota di richiamo della società di revisione cooperativa circa lo stralcio di precedenti ammortamenti che hanno generato una sopravvenienza iscritta fra le partite straordinarie.
Coop Adriatica, invece, evidenzia per il 2010 un saldo dei proventi/oneri finanziari di 52,1 milioni, ma anche svalutazioni sulle attività finanziarie per 27,7 milioni (18,4 milioni nel 2009). Se il bilancio 2010 chiude in utile per 27,6 milioni lo si deve principalmente ai proventi straordinari di 23,2 milioni, voce stigmatizzata come "richiamo d'informativa" da sindaci e società di revisione in questi termini: «La Cooperativa ha conferito le azioni di minoranza detenute in Ugf Gruppo Finanziano S.p.A. in una partecipata di nuova costituzione. Il valore del conferimento è stato determinato da apposita perizia secondo quanto disposto dall'articolo 2465 del Codice civile, rilevando una plusvalenza di circa 24 milioni di euro iscritta tra i proventi straordinari».
Senza questa componente straordinaria e tenuto conto delle svalutazioni titoli di ulteriori 11,7 milioni che non hanno interessato il conto economico (6,2 milioni relative ai titoli immobilizzati e 5,5 milioni sui titoli non immobilizzati, conseguente alla valutazione puntuale al 31/12), il risultato di bilancio avrebbe cambiato segno, da utile a perdita. Anche in questo caso assorbita senza problemi dal patrimonio di 866 milioni, ma comunque segno evidente delle difficoltà che non stanno risparmiando nemmeno le cooperative.
E il 2011 come si è chiuso? Stando ai mercati, non certo bene. Ma occorre attendere la pubblicazione dei bilanci per quantificarne l'impatto sulle cooperative.
4 febbraio 2012
Adriano Melchiori
Gianfranco Ursino
Il Sole 24 Ore -Plus 24
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