31 gennaio 2012

OPERAI SOTTOPAGATI E POI LICENZIATI, LA MAGISTRATURA INDAGA PRIMAFROST

Asl e ispettori setacciano l’azienda di trasporto di surgelati di Valdaro (MN) dopo le denunce sulle condizioni di lavoro insostenibili

Le prime conferme


MANTOVA. Un muro contro muro d’altri tempi per il quale ora è scesa in campo anche la magistratura. Non scende la tensione alla Primafrost, l’azienda che trasporta surgelati dallo stabilimento di Valdaro che la settimana scorsa aveva chiuso le porte ai venti operai iscritti alla Cisl che protestavano per scarsa sicurezza e stipendi irregolari. Ieri il capo della procura di via Poma, Antonino Condorelli, ha annunciato l’apertura di un’inchiesta sulle condizioni della Primafrost.

Un’azione figlia della serie di esposti ricevuti negli ultimi due mesi, soprattutto dalla Fit-Cisl, che si era rivolta anche alla Direzione provinciale del lavoro (l’ex ispettorato) e all’Asl. E sono proprio questi due enti ad aver già fatto scattare una serie di controlli nello stabilimento di Valdaro, dove fino a giovedì lavoravano i venti operai ai quali è stato comunicato che la loro cooperativa (la Bbs di Bresso, gruppo Login) ha perso l’appalto, ora affidato alla Azzurra.

Secondo il sindacato è solo un pretesto: «Le due cooperative fanno riferimento allo stesso consorzio e gli operai sono gli stessi – aveva attaccato il segretario della Fit-Cisl Emmanuele Monti – semplicemente, così come più volte minacciato, l’azienda ha lasciato a casa tutti quelli che non hanno accettato di lasciare il sindacato e smettere di protestare per lo sfruttamento a cui sono sottoposti. Non a caso il licenziamento è scattato all’indomani dell’autodenuncia per evasione alla Guardia di Finanza». E per chi ha accettato di stracciare la tessera della Cisl il posto in azienda è rimasto.

In piedi senza protezione su ponteggi alti 4-5 metri, scarpe anti-infortunistica rattoppate con il nastro adesivo, straordinari pagati come semplici rimborsi per alleggerire buste paga e tasse, mancato riconoscimento per un lavoro a 30 gradi sotto zero che dura fino a 13-14 ore al giorno: queste le condizioni in cui si opera alla Primafrost secondo i dipendenti, che hanno documentato il tutto con un ampio dossier fotografico allegato alla denuncia.

Medicina del lavoro e ispettori (con il nucleo dei carabinieri distaccato a Dosso del Corso) nei giorni scorsi sono stati a Valdaro e ora stanno chiudendo le rispettive relazioni da consegnare alla Procura. Al setaccio i contratti di assunzione, le buste paga, il rispetto della legislazione sul lavoro e la sicurezza nello stabilimento.

Non c’è ancora nulla nero su bianco, ma nella sostanza la polizia giudiziaria avrebbe trovato la conferma di quanto denunciato dal sindacato e dagli operai. Le relazioni di Asl e Ispettorato potrebbero arrivare in Procura già entro la settimana. Poi toccherà al pm valutare e decidere come procedere.

IL SILENZIO DELL'AZIENDA.Titolari e dirigenti di Primafrost hanno scelto questa strada, nonostante da settimane la loro azienda sia al centro dell’attenzione con accuse pesantissime da parte del sindacato e ora abbia addosso anche gli occhi della magistratura. Il primo a sbattere contro il muro del silenzio è stato il segretario della Fit-Cisl Emmanuele Monti, che ha fatto sapere di non essere mai riuscito a parlare con il titolare Giulio Luigi Lombardini.

Nelle ultime ore, oltre ad essersi negati al telefono alla Gazzetta che cercava informazioni, i responsabili di Primafrost hanno respinto anche l’invito al dialogo della Provincia. Palazzo di Bagno ha cercato di contattare l’azienda, che però ritiene di non dover dare spiegazioni né di dover rispondere al telefono.

«Questa situazione è indegna – torna ad affondare la vicepresidente Giovanna Martelli, che ieri ha nuovamente incontrato i lavoratori – non ricordo di aver mai visto un atteggiamento simile da parte di un’azienda. Nei giorni scorsi abbiamo ricostruito l’assetto societario di Primafrost e cercato di parlare con i titolari, ma siamo stati respinti. Ora abbiamo acquisito le lettere di licenziamento per valutare se si possano aiutare gli operai a ottenere il reintegro. Sono disarmati e disorientati. Intanto ci siamo messi in contatto con la Regione per chiedere la messa in mobilità dei lavoratori, i cui dati sono stati girati ai Centri per l’impiego per vedere se esistano collocazioni alternative».


31 gennaio 2011

Gazzetta di Mantova



SE PROTESTI PERDI IL POSTO. A CASA 20 FACCHINI ISCRITTI ALLA CISL

Lavoravano a trenta gradi sotto zero per 14 ore al giorno, 250-300 al mese. In busta paga erano segnalate solo 130-140 ore: il resto delle ore ordinarie e tutti gli straordinari comparivano come rimborsi mensa o rimborsi chilometri, che sono detassati. I ragazzi non ci stavano, volevano che le buste paga fossero come dovevano essere.

In più lavoravano senza sicurezza: se c’era un cartone da prendere a 4 o 5 metri di altezza si arrampicavano sugli scaffali, o salivano sulle pale di un muletto e si facevano innalzare. A meno trenta gradi, col ghiaccio, ci vuole un attimo a scivolare.

Si sono auto-denunciati per evasione fiscale. E hanno perso il posto. Mercoledì scorso venti lavoratori della cooperativa Bbs di Bresso (Milano) sono andati dalla Guardia di Finanza per segnalare irregolarità nelle loro buste paga. Il giorno dopo la Primafrost, l’azienda logistica e trasporto surgelati di Man

tova che dava lavoro alla Bbs, le ha fatto subentrare una cooperativa di Bergamo, che ha assunto tutti i “vecchi” lavoratori, tranne quelli che si erano rivolti alle Fiamme Gialle. Insieme a loro c’era Emmanuele Monti, segretario della Fit-Cisl mantovana.

Come nasce la decisione dell’auto-denuncia?
Queste persone lavoravano a trenta gradi sotto zero per 14 ore al giorno, 250-300 al mese. In busta paga erano segnalate solo 130-140 ore: il resto delle ore ordinarie e tutti gli straordinari comparivano come rimborsi mensa o rimborsi chilometri, che sono detassati. I ragazzi non ci stavano, volevano che le buste paga fossero come dovevano essere.

In più lavoravano senza sicurezza: se c’era un cartone da prendere a 4 o 5 metri di altezza si arrampicavano sugli scaffali, o salivano sulle pale di un muletto e si facevano innalzare. A meno trenta gradi, col ghiaccio, ci vuole un attimo a scivolare.

Hanno segnalato questi problemi all’azienda?
Hanno fatto più di una protesta. Chiedevano che fosse recuperata la sicurezza, che ognuno lavorasse al massimo 10 ore al giorno e che fossero regolarizzate le buste paga. Da agosto a ottobre abbiamo trattato con la Bbs, ma alla fine ci siamo accorti che erano parole al vento, e abbiamo presentato denunce all’ispettorato del lavoro, all’Asl e all’Inps. È scoppiato un putiferio. Primafrost ha fatto sapere che avrebbe fatto subentrare una nuova cooperativa, che avrebbe assorbito solo chi non era iscritto al sindacato. Così è successo.

Gli aderenti al sindacato erano solo 20?
Erano 40 su 70, ma venti sono rimasti terrorizzati, hanno dato le dimissioni dal sindacato e infatti sono stati presi dalla nuova cooperativa. Pensi che uno di loro si è dimesso il 23 gennaio ed è stato assunto il 26. Abbiamo a che fare con una palese attività antisindacale, anche estorsiva. Ai lavoratori è stato detto: o fate questo o perdete il posto. Queste persone si sono auto-denunciate per evasione: a differenza di Cortina, dove la gente scappava, loro si sono fatti avanti perché volevano pagare le tasse. Per questo sono stati puniti, sono rimasti a casa.

Vi aspettavate la reazione dell’azienda?
Non pensavamo che sarebbe stata così veloce. Appena è arrivata la denuncia che fa più paura – quella alla Finanza – hanno mollato il carrozzone e sono fuggiti. Prevediamo che la Bbs si accollerà le responsabilità e manderà tutti in liquidazione.

Ora cosa farete?

Cercheremo di andare in piazza ogni giorno. Faremo tutte le mosse legali possibili, ci opporremo ai licenziamenti. Siamo di fronte a una serie di condizioni fuori norma e a una società che anziché cercare di recuperare fa il contrario: manda via chi denuncia i problemi. Il 15 dicembre ci sono state ispezioni in azienda: i carabinieri, l’Inps e la Asl hanno constatato che ciò che dicevamo era vero. E l’impresa se ne è fregata.


30 gennaio 2012

Andrea Monti

Panorama.it

30 gennaio 2012

OK DI UNIPOL PER INGRESSO IN FONSAI. ENTRO MAGGIO AUMENTO DI CAPITALE

Via libera al maxi polo assicurativo targato Unipol-Fonsai. Per il riassetto, la compagnia delle Coop si farà carico di un aumento di capitale riservato di Premafin da 400 milioni di euro

I Ligresti, oggi azionisti di maggioranza con oltre il 50%, resteranno soci con una quota diluita secondo le attese attorno al 10%


Così rafforzata, Premafin potrà sottoscrivere a sua volta parte dell'aumento di capitale necessario per il salvataggio di Fondiaria Sai (che stima perdite per 1,1 miliardi nel 2011 e ha annunciato oggi un aumento di capitale di pari importo, superiore ai 750 milioni annunciati lo scorso 23 dicembre). Secondo quanto indicato nel comunicato Unipol chiederà agli azionisti un aumento di capitale da 1,1 miliardi entro maggio.

Le delibere sono arrivate dopo un rush finale che ha visto i consigli di Unipol, Finsoe e Premafin spalmati su due giorni per consentire una revisione al foto-finish del riassetto, rispetto allo schema iniziale, dopo l'intervento della Consob e la decisione di rivedere i termini dell'operazione rendendola più vicina al mercato. Non ci sarà dunque alcuna Opa su Premafin e saranno trattati in modo uguale gli azionisti Milano Assicurazioni, Fonsai e Premafin, soprattutto rispetto alla "super" buonuscita inizialmente garantita ai Ligresti con la cessione della loro quota (era di 76,9 milioni il prezzo per le loro quote "pattuito" alla firma della lettera di intenti il 12 gennaio) e una lauta remunerazione per un patto di non concorrenza (14 milioni in tutto).

No cariche per Ligresti
L`accordo tra Unipol e la famiglia Ligresti per il progetto di integrazione prevede, tra le altre cose, «le dimissioni, con effetto dalla data di sottoscrizione» dell'aumento Premafin, «degli amministratori attualmente in carica e le relative manleve». Lo afferma una nota della compagnia bolognese, tra quelle che definisce «previsioni tipiche per operazioni implicanti l'acquisizione del controllo».

La roadmap della fusione
I consigli delle quattro società quotate chiamati ad approvare i termini e gli elementi essenziali della fusione, come pure le assemblee straordinarie di Unipol e Fonsai sono attesi entro marzo. L'assemblea straordinaria di Premafin sull'aumento è prevista per i primi di maggio, mentre gli aumenti Unipol e Fonsai dovrebbero venir realizzati entro maggio, per completare così l'integrazione entro fine anno.

Intanto già nei prossimi giorni Unipol avvierà con Fondiaria, Premafin e Milano un tavolo tecnico per negoziare la definizione degli elementi di dettaglio del progetto e della connessa futura fusione. Entro metà febbraio, poi, Unipol riunirà nuovamente il cda per la convocazione dell'assemblea sull'aumento di capitale. L'impegno di Unipol è subordinato, tra l'altro, all'arrivo entro il 20 luglio del via libera di Antitrust e della conferma Consob che l'operazione non comporterà alcun obbligo di Opa a cascata.

Sono espressamente previste, poi, le dimissioni e le manleve dei consiglieri Premafin dalla data di sottoscrizione dell'aumento di capitale.

Finsoe: condivide e sostiene Unipol su progetto Fonsai
Il cda di Finsoe, la finanziaria delle cooperative cui fa capo il controllo di Unipol, in merito alla partecipazione di Unipol al progetto di salvataggio del gruppo Premafin-Fondiaria Sai: «condivide le ipotesi presentate, esprime apprezzamento per l'operato dei vertici Unipol e sostegno alle attività necessarie per una conclusione positiva del progetto». Lo comunica il cda della società che si è riunito ieri al termine del consiglio di Unipol gruppo finanziario per esaminare le linee guida del progetto di integrazione Unipol-FonSai. «Nei prossimi giorni Finsoe seguirà l'evoluzione del progetto e avvierà le procedure necessarie per supportare l'operazione dal punto di vista finanziario».


30 gennaio 2012

Il Sole 24 Ore


28 gennaio 2012

LE COOP FANNO GRANDE FINANZA CON I SOLDI DELLE FAMIGLIE


















Attraverso il prestito soci, le Coop sono delle quasi-banche: ai clienti-soci offrono un conto deposito, anche se a tassi inferiori a quelli di mercato. Un modo per reperire risorse fresche per esigenze operative ma anche per le grandi operazioni finanziarie. Nelle nove maggiori coop, i depositi ammontano a 11 miliardi. Di questi ben 4 sono nelle casse dei tre grandi soci di Finsoe, la holding che controlla Unipol. Ecco perché, di fronte alle minusvalenze miliardarie accumulate sui titoli della compagnia assicurativa e alla richiesta di nuovi esborsi per finanziare l’operazione Unipol-FonSai, il mondo coop deve usare la massima cautela. A rischio ci sono i risparmi di oltre un milione di clienti.

Prodotti di qualità e sconti su mostre, vacanze e tempo libero. Bastano 25 euro per godere dei molteplici vantaggi dedicati ai soci Coop. Vantaggi che riguardano anche i servizi finanziari: con il prestito sociale i possessori della tessera Coop possono aprire un conto deposito, con spese di gestione azzerate e interessi che vanno mediamente dall’1,20 al 2,5% (a seconda della somma depositata), dove effettuare versamenti, pagare la spesa e prelevare contanti direttamente alla cassa del supermercato, oltre a guadagnare punti validi per ottenere ulteriori sconti sui prodotti a marchio Coop. Tassi un tempo competitivi ma che oggi arrancano dietro alle offerte di Conto Arancio, CheBanca, Webank e simili. In questo modo, comunque, il sistema coop ottiene risorse fresche per far fronte alle proprie esigenze operative, ma anche per gli investimenti finanziari. A cominciare da Unipol. Con tutti i rischi che questo può comportare quando l’investimento non produce i risultati sperati.

Il prestito sociale è soggetto all’autoregolamentazione di ogni singola cooperativa ma anche a una direttiva di Bankitalia del 2007, che stabilisce che l’ammontare complessivo dei prestiti sociali raccolti non può eccedere il limite del triplo del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio. Un livello che può salire al quintuplo del patrimonio netto a fronte di garanzie che coprano almeno il 30% dell’ammontare dei prestiti. Di fatto si tratta di un deposito a vista, rimborsabile previo preavviso di 48 ore, salvo rimborso immediato per esigenze di liquidità del socio. Oggi, tuttavia, molte cooperative stanno pensando di reinserire vincoli a 6, 12, 18 mesi o 3 anni, e tra queste pare ci siano Coop Adriatica, Coop Estense e Coop Nordest, principali azionisti di Finsoe, la holding che controlla il gruppo Unipol.
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Su 11 miliardi di euro complessivi depositati da 1,1 milioni di soci depositanti delle nove maggiori Coop consumatori in Italia al 31 dicembre 2011 – il deposito medio è di circa 9.800 euro – non ci sono garanzie assimilabili al Fondo interbancario di tutela dei depositi, che copre fino a 103mila euro. La copertura, infatti, avviene tramite fideiussioni bancarie a fronte di titoli di Stato o denaro pari almeno al 30% dell’ammontare del prestito. C’è di più: tutte le cooperative, da autoregolamentazione, non possono immobilizzare più del 30% del prestito sociale, e la violazione di questa norma può portare all’espulsione dal mondo cooperativistico. Ad esempio, se una Coop ha raccolto un miliardo di euro deve essere pronta a restituirne 300 milioni immediatamente.

Negli ultimi due anni, le esigenze operative delle Coop si sono concentrate prima nella ricapitalizzazione di Unipol e poi nella semplificazione della catena di controllo del gruppo assicurativo bolognese, che ha portato alla scissione di Holmo, ex controllante di Finsoe, holding che a sua volta detiene il 50,75% della compagnia guidata da Carlo Cimbri e che oggi è controllata da un pool di undici cooperative. Le quali, secondo le stime che circolano sul mercato, dovranno aprire il portafoglio e finanziare con 500 milioni di euro l’aggregazione con Premafin-Fondiaria. Una ricapitalizzazione che le Coop azioniste di Finsoe non sembrano in grado di sostenere senza mettere a rischio la sicurezza dei risparmi dei clienti-soci.

Gli ultimi bilanci disponibili, riferiti al 2010, mostrano che i debiti verso i soci per finanziamenti esigibili entro l’anno sono la voce più ingente dell’indebitamento dei grandi azionisti di via Stalingrado. I tre soci forti del gruppo bolognese sono la Coop Adriatica, la Coop Nordest e la Coop Estense. Pierluigi Stefanini, attuale presidente di Unipol, ha un passato ai vertici dell’Adriatica, mentre l’attuale numero uno di Finsoe, Marco Pedroni, guida anche la Coop Nordest di Reggio Emilia. Il presidente della modenese Coop Estense è l’ex uomo forte di Finsoe Mario Zucchelli, che siede anche nel consiglio d’amministrazione di via Stalingrado. Un girotondo di nomine e poltrone tutto a trazione emiliana.

La Coop Adriatica al 31 dicembre 2010 possedeva il 12,9% di Holmo, l’1,3% di Finsoe e il 2,4% di Ugf Merchant, oggi Unipol Merchant. Il quadro oggi è cambiato, per via della scissione di Holmo, che controllava l’84% del capitale di Finsoe, ma per sapere quale sia l’entità effettiva della partecipazione bisognerà pazientare ancora qualche mese, quando sarà depositato il bilancio 2011. In ogni caso, su 3,5 miliardi di euro di debiti totali, più della metà, 1,9 miliardi, è verso i soci «per finanziamenti esigibili entro l’anno successivo», i debiti verso le banche sono 936,5 milioni di euro di cui un terzo (342,4 milioni) esigibili entro il 2011, a fronte di utili per 18,6 milioni di euro, liquidità per 659,3 milioni e un patrimonio netto – che include la partecipazione in Ugf – di 965 milioni.
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Discorso simile per la reggiana Coop Nordest: liquidità che sfiora mezzo miliardo di euro, perdite per due milioni e un patrimonio di 800 milioni di euro sono i numeri con cui ha archiviato il 2010, ma i debiti sono a quota 2 miliardi, di cui 1,4 verso i soci e 128 verso le banche, la maggior parte a lunga scadenza. Le quote in Holmo e Finsoe venivano valutate rispettivamente 129,2 milioni e 17 milioni. La musica non cambia per la modenese Coop Estense, cui fa capo il 10,13% di Holmo e l’1,1% di Finsoe: mezzi liquidi per 49,4 milioni di euro, patrimonio di 632,8 milioni, utile di 28 ma 1,22 miliardi totali di debito. La maggior parte nei confronti dei soci (875,9 mln), più altri 95 milioni nei confronti degli istituti di credito.

Come detto Via Nazionale impone che l'ammontare complessivo dei prestiti sociali raccolti non possa superare il triplo del patrimonio netto. Per L'Adriatica, ad esempio, il rapporto è di 2,36 volte. Tuttavia, la leva finanziaria potrebbe essere molto più alta: se valutato a prezzi di mercato, il patrimonio netto potrebbe essere falcidiato dalla svalutazione della partecipazione in Finsoe. Secondo i calcoli de Linkiesta, le minusvalenze accumulate da Finsoe sulla partecipazione in Unipol sono pari all'intero patrimonio netto. Con buona pace delle migliaia di soci che hanno versato i loro risparmi nei conti delle cooperative pensando che fossero un animale diverso dalle banche.



28 gennaio 2012

Antonio Vanuzzo





LE COOP E IL GIOCHINO DELL'OPA

Le Coop, dopo aver strapagato le azioni della famiglia Ligresti cercano di evitare l'«Opa», l'offerta pubblica di acquisto, che gli imporrebbe di estendere lo stesso trattamento anche ai piccoli azionisti.

Sorge spontanea la domanda: per quale motivo una società che si ispira agli ideali della cooperazione si presta a questo non limpido gioco?

La legge sull’Opa, ha quale obiettivo primario proprio quello di evitare che le azioni di qualche azionista valgano più di quelle degli altri. Unipol invoca una norma della legge che consente alla Consob di esentare dall’Opa gli acquisti di azioni effettuati per operazioni di salvataggio. A prescindere dagli specchi su cui si arrampicheranno i consulenti legali, la giustificazione in questo caso non tiene.

Sul piano sostanziale della tutela delle regole elementari di un mercato sano, non c’è dubbio che l’Opa dovrebbe essere imposta anche per le società controllate da Premafin.



Per salvare Ligresti, Mediobanca ha architettato un’operazione che consente di prendere due, anzi tre, piccioni con una fava. Peccato che, come al solito, il tutto avvenga ai danni degli azionisti di minoranza. Se si escludono i poveri risparmiatori, tutti ci guadagnano. Le banche, Mediobanca in testa, salvano i loro prestiti che ormai ammontano a 1, 5 miliardi; i Ligresti vengono generosamente ricompensati per aver portato sull’orlo del dissesto compagnie un tempo floride; Unipol, il salvatore, paga (ma a caro prezzo) il suo desiderio di crescere ulteriormente nel settore e soprattutto la sua smania di entrare a pieno titolo nel “salotto buono” della finanza italiana, repressa fin dai tempi della sventurata scalata a Bnl.

L’architettura dell’operazione è troppo complicata per essere riassunta in poche righe; in sintesi, Unipol acquisisce la maggioranza di Premafin (società quotata) che a sua volta detiene la maggioranza di Fondiaria-Sai e di Milano Assicurazioni, pure quotate. Il prezzo per il controllo delle due compagnie è molto alto: secondo i calcoli di Lorenzo Dilena (Linkiesta. it) è più di sette volte il prezzo di Borsa dei giorni precedenti l’annuncio. Come se non bastasse, a ciascuno dei componenti della bella famigliola viene concessa una buonuscita per 5 anni pari a 700 mila euro l’anno pudicamente travestita da “patto di non concorrenza”, cioè un compenso per uscire dal business che hanno devastato: come pagare Schettino per non salire più sulla plancia di una nave. Ma non c’è limite alla riconoscenza dovuta a una famiglia che ha sempre dimostrato di essere organica al centro nevralgico della finanza italiana e acquisito molte benemerenze, fin da quando nei giorni caldi di Mani pulite, il patriarca, Salvatore, passò 112 giorni (Ferragosto compreso) a San Vittore chiuso in un ostinato silenzio, per arrivare ai tempi recenti in cui i Ligresti hanno partecipato, pur già in gravi difficoltà finanziarie, alla cordata voluta da Berlusconi e guidata da Banca Intesa per impedire che Air France assumesse il controllo di Alitalia.

C’è per fortuna un ostacolo prima che l’operazione si concluda ed è la legge sull’Opa, il cui obiettivo primario è proprio quello di evitare che le azioni di qualche azionista valgano più di quelle degli altri. In base a essa, il principesco valore riconosciuto alla famiglia Ligresti dovrebbe essere esteso a tutti gli altri azionisti. Ma Unipol da questo orecchio non ci sente: intende effettuare l’offerta su Premafin (e ci mancherebbe), ma chiederà alla Consob di essere esentata dall’Opa sulle due compagnie di assicurazione, guarda caso proprio quelle dove si pone in modo così netto il contrasto fra la valutazione delle azioni dei Ligresti e quelle degli altri azionisti. Come direbbe Jannacci, a costoro va detto solo “no, tu no”. Ma perché? Sempre come nella canzone: perché no.

Sorge spontanea la domanda: per quale motivo una società che si ispira agli ideali della cooperazione si presta a questo non limpido gioco? Sul tema varrà la pena di tornare, ma per ora basta ricordare che tecnicamente la società di via Stalingrado (anche la toponomastica può essere ironica) invoca una norma della legge sull’Opa che consente alla Consob di esentare dall’Opa gli acquisti di azioni effettuati per operazioni di salvataggio. A prescindere dagli specchi su cui si arrampicheranno i consulenti legali, la giustificazione in questo caso non tiene. L’operazione è congegnata con l’unico fine di riconoscere un compenso tanto eccezionale quanto immeritato ai Ligresti: ci sono molti altri modi per evitare il dissesto e far subentrare Unipol senza riempire le tasche della famiglia. Nel modo con cui è stata prospettata, l’operazione serve a salvare i Ligresti, non la società e dunque l’esenzione dall’Opa non può essere invocata.

Si badi che gli azionisti delle società in questione sono stati tartassati in tutti i modi, tanto che oggi Fondiaria-Sai vale in Borsa un ventesimo rispetto a cinque anni fa. I Ligresti (quelli che ottengono un compenso di 3,5 milioni a testa) sono stati un autentico Re Mida al contrario, in un settore in cui per perdere soldi occorre essere particolarmente dotati. Il fatto è che le perdite del gruppo sono arrivate soprattutto da operazioni che hanno portato le due società assicurative a comprare società (sempre controllate dai Ligresti) a prezzi elevati e che hanno prodotto successivamente perdite cospicue, come nel caso della società alberghiera Atahotels o addirittura a pagare i cavalli dell’amazzone di famiglia. Sempre, si capisce, ai danni degli azionisti di minoranza. Fintanto che questi comportamenti sono avallati dal fior fiore (si fa per dire) del capitalismo italiano, non c’è da meravigliarsi se la Borsa italiana è sempre più asfittica e se il paese cresce poco. Un sistema finanziario che premia in questo modo imprenditori (si fa sempre per dire) che sarebbero capaci di gestire in perdita un pozzo petrolifero saudita è afflitto da vizi profondi che possono portare al massimo alla conservazione del potere, non certo a generare risorse per tutti.

Da oggi, la patata bollente è sul tavolo della Consob. Sul piano formale non mancano gli argomenti per accettare le argomentazioni giuridiche degli azionisti di maggioranza (in base al principio che l’occhio del padrone ingrassa il cavillo), ma sul piano sostanziale della tutela delle regole elementari di un mercato sano, non c’è dubbio che l’Opa dovrebbe essere imposta anche per le società controllate da Premafin. La commissione guidata da Vegas finora ha assunto posizioni diverse: nella primavera del 2011, ha imposto l’Opa a Groupama (al che la società transalpina si è ritirata in buon ordine) mentre ha esentato Unicredit che partecipava in prima fila all’aumento di capitale. Qual è il precedente cui appellarsi? Chi ha a cuore gli interessi del mercato, non dovrebbe avere dubbi.



27 gennaio 2012

Marco Onado

Il Fatto Quotidiano



27 gennaio 2012

LIBERALIZZAZIONE DEGLI ORARI IN UNICOOP FIRENZE

Ieri sera come era stato anticipato, si è svolta alla saletta rsu un'assemblea aperta che ha coinvolto un gruppo di lavoratrici e lavoratori di Unicoop Firenze.


Erano presenti dipendenti delle unità lavorative di Ponte a Greve, Coverciano, Gavinana, uffici Scandicci e uffici di Firenze.
I lavoratori intervenuti, dopo aver appreso che Unicoop Firenze, sulla scia della recente liberalizzazione degli orari del commercio, resterà aperta tutte le domeniche di febbraio e marzo dalle 9 alle 20, nei negozi fiorentini di Ponte a Greve, Gavinana, Ipercoop Sesto e Cimabue (quest'ultimo solo la mattina), hanno deciso di sottoscrivere il documento che segue.



A: Segreterie territoriali OOSS (regionali e provinciali) della Toscana

CC: Esecutivo Unitario

CC: Lavoratori interessati

CC: Soci e Clienti

Scandicci, 26 gennaio 2012


Gentile Segretaria/o,

siamo un gruppo di dipendenti di Unicoop Firenze seriamente preoccupati dai negativi impatti sociali che la deregulation degli orari delle aperture delle attività commerciali comporterà.

Anche noi, come il nostro Presidente Campaini consapevolmente afferma (vedi Informatore febbraio 2012 a pag 3), dissentiamo nei confronti della politica di liberalizzazione degli orari e vediamo come pericolosi gli effetti che questa assenza di regole comporterà:
- aumento dei prezzi di vendita, con ricadute principalmente su pensionati, disoccupati, precari e classi meno abbienti,
- uso più “disinvolto” della forza lavoro,
- decadimento culturale della nostra società.

Alla luce di tutto ciò, siamo con la presente a chiederLe che convochi con urgenza la prossima settimana, un'Assemblea congiunta dei Lavoratori di Unicoop Firenze coinvolti nel programma di aperture domenicali attuato dalla Cooperativa in seguito alla liberalizzazioni degli orari, al fine di potersi confrontare e discutere quali soluzioni proporre.

Fiduciosi in una Sua tempestiva risposta, cogliamo l'occasione per invitarLa, qualora la suddetta iniziativa non si concretizzi, all'Assemblea aperta a Lavoratori, Soci e Clienti che si svolgerà al Centro Commerciale Coop di Ponte a Greve sabato 4 febbraio 2012.
Nel corso di quell'incontro i Lavoratori si confronteranno con Soci e Clienti sul tema liberalizzazioni degli orari.

Cordialità.


Un gruppo di lavoratrici/ori di Unicoop Firenze


27 gennaio 2012

Vincenzo Galdi

RSU Uffici Unicoop Firenze

INDEBITATE PER FONSAI, LE COOP TENTANO IL PASSO LUNGO


Pur di centrare l’obiettivo, le coop sarebbero pronte ad aumentare i debiti delle loro holding Holmo e (soprattutto) Finsoe, a cui fa capo il controllo di Unipol. Una mossa azzardata, secondo molti analisti.




Debiti, quali debiti? Il salvataggio della Fonsai di Ligresti con i soldi delle Coop (regia di Mediobanca) sta arrivando allo sprint finale. Entro domenica prossima, salvo sorprese clamorose, arriveranno i via libera dei consigli di amministrazione interessati all’operazione e nel frattempo i vertici del movimento cooperativo fanno i salti mortali per convincere la Borsa e gli analisti che il salvataggio della Fonsai messa in vendita dai Ligresti è un affarone. Ieri un comunicato diffuso dalle sette maggiori cooperative di consumo informava che l’operazione Fonsai “è un intervento finalizzato ad una soluzione utile per il settore assicurativo del nostro Paese e importante per gli interessi degli assicurati e delle migliaia di lavoratori, agenti e piccoli azionisti".

E COME NO? “Nasce un colosso delle polizze”, ha titolato giorni fa qualche giornale particolarmente sensibile alle ragioni delle cooperative. Solo che questo colosso avrà bisogno per stare in piedi di raccogliere in Borsa nelle prossime settimane qualcosa come 1,75 miliardi di euro di nuovi capitali, forniti in gran parte dagli azionisti di Unipol con in prima fila le Coop a cui fa capo il controllo del gruppo assicurativo bolognese. C’è un problema supplementare, però. Le cooperative, come gran parte delle aziende in questi tempi di recessione, non se la passano particolarmente bene. Il denaro che hanno in cassa dovrebbe servire per sostenere il business caratteristico e non progetti a rischio, per quanto importanti, come quelli di Unipol. Ma ecco pronta la soluzione. Mancano i soldi? Niente paura, basta prenderli in prestito. Sì, insomma, il sistema cooperativo è pronto a indebitarsi pur di rispondere all’appello di Mediobanca, comprarsi la Fonsai sull’orlo del tracollo e costituire il secondo gruppo assicurativo italiano dopo le Generali. Una grande operazione di potere, che finirà per cambiare gli equilibri della finanza italiana. E il potere, comprensibilmente, esercita sempre un certo fascino su manager come il numero uno di Unipol, Carlo Cimbri, reduce dalla fallita scalata alla Bnl (correva l’anno 2005) che è costata anche a lui, all’epoca braccio destro di Giovanni Consorte, una condanna penale a 3 anni e sette mesi di reclusione in primo grado. Così, pur di centrare l’obiettivo, le coop sarebbero pronte ad aumentare i debiti delle loro holding Holmo e (soprattutto) Finsoe, a cui fa capo il controllo di Unipol. Una mossa azzardata, secondo molti analisti. Altri invece ritengono che l’unione con Fonsai in prospettiva potrebbe fruttare profitti sufficienti a sostenere il peso dei nuovi prestiti.

VEDREMO come andrà a finire. Intanto è difficile non notare che solo pochi mesi i vertici delle cooperative si erano mossi in tutt’altra direzione. Per far fronte a un indebitamento giudicato eccessivo avevano escogitato una complicata operazione di lifting contabile. Di punto in bianco erano spuntate dal nulla una pattuglia di società costituite per l’occasione. Si chiamano Pantheon, Posto, Finpar Unip, Ligurpart, Margherita, e via di questo passo per un’altra mezza dozzina di nomi. Fanno capo ciascuna a una grande cooperativa. E così, per esempio, la Coop Adriatica possiede Pantheon, la Coop Consumatori Nordest ha costituito la Posto, la Coop estense ha figliato la Finpar Unip. A che serviva questo florilegio di sigle? La risposta arriva dai bilanci di Holmo, la holding del movimento cooperativo che attraverso Finsoe controlla il gruppo Unipol quotato in Borsa. I debiti di Holmo sono stati spartiti pro quota tra le varie Pantheon, Posto, eccetera, costituite pochi giorni prima esattamente allo scopo di prendersi in carico una parte delle passività della holding. Sul piano pratico nulla cambia. I debiti continuano a gravare sul sistema cooperativo. Formalmente però una parte importante del passivo è stata suddivisa tra le neonate società e quindi non è più riconducibile al conglomerato finanziario targato Unipol. Questa complessa operazione si è conclusa giusto alla fine del 2011. Gli analisti hanno stimato che la galassia Holmo-Finsoe era riuscita in questo modo a sgravarsi di circa 450 milioni di debiti. Una somma importante se si pensa che, in base alle quotazioni di Borsa, il 100 per cento del capitale ordinario di Unipol vale circa 415 milioni di euro e le cooperative ne controllano il 51 per cento circa. Gli analisti avevano benedetto l’operazione perchè, si legge in un report di Banca Imi, “la società sarà meglio sostenuta nei suoi piani di espansione strategica”. Solo che adesso le coop fanno marcia indietro. Si torna all’antico, ai debiti. D’altronde come dire di no a Mediobanca, principale creditore di Unipol? Intanto i piccoli azionisti preferiscono togliere il disturbo. Da quando hanno cominciato a circolare le indiscrezioni sul salvataggio Fonsai il titolo Unipol ha perso oltre il 30 per cento.


26 gennaio 2011

Vittorio Malagutti

Il Fatto Quotidiano


25 gennaio 2012

LICENZIATO DA ESSELUNGA, IL TRIBUNALE LO REINTEGRA


Era stato ritenuto inidoneo alla mansione svolta dal medico aziendale





Il Tribunale di Milano ha disposto il reintegro di un lavoratore licenziato lo scorso 19 maggio da Esselunga perchè ritenuto inidoneo alla mansione svolta dal medico aziendale. Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil esprimono grande "soddisfazione per il provvedimento" e sottolinea l’interesse delle 3 organizzazioni dei lavoratori a "stabilire con Esselunga rapporti sindacali corretti che partano dal riconoscimento del ruolo delle parti sociali".

La nota sindacale ricorda che "tra aprile e maggio del 2011 Esselunga licenziò 6 lavoratori in Lombardia, giudicandoli inidonei senza consentire ai lavoratori di ricorrere alla Asl di competenza come previsto dall’articolo 41 del decreto legislativo numero 81 del 2008".

Da qui le proteste ed il ricorso dei lavoratori sostenuti dai 3 sindacati, a cui Esselunga ha risposto sospendendo le relazioni con le organizzazioni sindacali.


24 gennaio 2012

Il Giorno.it

CONSORZIO ETRURIA, APPROVATA LA SCISSIONE DELLA COOPERATIVA

Il 30 gennaio ci sarà l’adunanza dei creditori. Nascerà un nuovo soggetto che assicurerà la continuità dell’attività d’impresa e destinerà una parte consistente degli utili ai creditori del concordato


L’assemblea di Consorzio Etruria (di Montelupo Fiorentino, ndr) ha oggi approvato all’unanimità dei soci presenti (lavoratori e banche) la scissione della cooperativa come previsto dal piano di concordato in continuità. Dopo l’approvazione e l’omologa del concordato nascerà, quindi, una nuova cooperativa che assicurerà la continuità dell’attività d’impresa e destinerà una parte consistente dei suoi utili ai creditori del concordato.

I soci lavoratori auspicano ora - anche nell’interesse di tutto l’indotto - che la proposta di concordato sia approvata dalla maggioranza dei creditori: elemento fondamentale e decisivo per il buon esito della procedura.

Adesso la parola passa ai creditori, chiamati all’adunanza del 30 gennaio 2012: come è stato ricordato in assemblea, chi si astiene dal voto è come se votasse contro la proposta concordataria.


24 gennaio 2011

gonews.it


24 gennaio 2012

UNIPOL: I CINQUE UOMINI FORTI DEL NUOVO POLO ASSICURATIVO





Dagli ambienti esclusivi della finanza milanese ai salumi e agli scaffali dei supermercati della via Emilia. La futura compagine azionaria di Fondiaria-Sai è molto diversa da quella di oggi (i Ligresti): è affollata e il suo cuore batte tra Bologna e Reggio Emilia, culla della cooperazione rossa.

Sono una quarantina le coop che controllano Unipol, ma sono solo undici quelle che contano a livello di governance. Questo perché la semplificazione della catena di controllo ha consentito a chi aveva le risorse di uscire da Holmo (la ex capogruppo) per rilevare direttamente le azioni di Finsoe (la finanziaria cui fa capo il 51% di Unipol).

Gli undici cooperatori che hanno in mano l'84% di Finsoe la sera di Capodanno hanno incontrato l'amministratore delegato di Unipol, Carlo Cimbri, e gli hanno dato il via libera sull'operazione Fonsai. Ora stanno facendo i conti in tasca per capire dove trovare quel mezzo miliardo che serve per non perdere il controllo assoluto della loro compagnia.

In questa pattuglia di azionisti scelti, la parte del leone la fanno le catene della grande distribuzione che, a differenza dei competitori privati, possono contare per finanziarsi sul prestito dei soci invece che sul credito delle banche.

Il socio singolarmente più pesante è la bolognese Coop Adriatica, la seconda delle coop di consumo con 2 miliardi di fatturato e oltre 1 milione di soci. Il presidente di Unipol, Pierluigi Stefanini, è stato presidente di Coop Adriatica, mentre oggi alla sua guida c'è un altro uomo importante della cooperazione emiliana, il 55enne Adriano Turrini, ex numero uno della Coop Costruzioni, e della Legacoop bolognese.

Le altre due realtà del largo consumo che pesano in Unipol sono la reggiana Coop Nordest e la modenese Coop Estense. Coop Nordest è guidata da un uomo chiave del sistema, Marco Pedroni, presidente di Finsoe e consigliere di amministrazione della compagnia. Il manager 52enne è tanto influente nella sua città da essere additato dai partiti di opposizione locale come il «sindaco ombra». Prima di lui al vertice di Finsoe c'era il modenese Mario Zucchelli, presidente di Coop Estense, consigliere di via Stalingrado e bersaglio degli strali del patron di Esselunga Bernardo Caprotti, nel libro «Falce e Carrello».

A Modena hanno base altri due grandi azionisti di Unipol: Unibon cui fa capo il 50% di Grandi Salumifici Italiani, primo gruppo dei salumi italiano con 600 milioni di fatturato, protagonista di una intensa campagna di shopping . A guidare la cooperativa è Milo Pacchioni, vice presidente di Legacoop Modena nonché leader di Assicoop, la potente organizzazione degli agenti assicurativi e di Cooperare spa, banca d'affari dedicata allo sviluppo delle imprese cooperative, socia a sua volta di Finsoe.

Un altro personaggio chiave è Ivan Soncini, presidente di Ccpl, il consorzio di cooperative del settore costruzioni, energia e servizi. Soncini, ex dirigente Cgil, nei giorni scorsi ha deciso di destinare una poltrona del board ai dipendenti. E, insieme al collega Pedroni, ha iniziato ad impiantare le pompe di benzina Enercoop nei supermercati Coop Nordest.

Un ruolo stabile nell'azionariato lo giocano anche le tre imprese della grande distribuzione del Nord Ovest, Coop Lombardia, Coop Liguria e la piemontese Novacoop, che hanno avviato un processo di fusione a tre per dare vita alla prima cooperativa italiana con un fatturato di quasi 3 miliardi e poco meno di 2 milioni di soci. Ernesto dalle Rive, torinese, 49 anni, presiede Novacoop ed è anche consigliere di Unipol e presidente del consiglio di sorveglianza di Coop Italia, anch'esso azionista diretto di Finsoe.

Meno importante è invece la componente toscana. Tra gli azionisti diretti è rimasta Unicoop Tirreno mentre l'impresa più grande di tutte con i suoi 2,3 miliardi di fatturato e il suo storico presidente Turiddo Campaini ha un ruolo più defilato forse perché deve difendere più della posizione in Unipol, il 2,5 % di Mps.

Insieme al colosso toscano nell'azionariato della cassaforte Holmo che detiene il 24% di Finsoe, è raggruppata una trentina di imprese di vari settori produttivi con il cuore sotto le Due Torri. Dalla Manutencoop di Claudio Levorato, gruppo dei servizi quotato in borsa, al Consorzio Cooperative Costruzioni guidato da Piero Collina, vicepresidente di Unipol, alla Camst di Marco Minnella, alla Cesi di Vanes Galanti (consigliere di Unipol ed ex vice di Stefanini) e alle altre realtà del settore produzione e lavoro come Cefla, Cmb di Carpi, Coop Sette e Unieco, fino alla Granarolo.



24 gennaio 2012

Roberta Scagliarini

La Stampa


22 gennaio 2012

UNIPOL-FONSAI: PEDRONI, PRESIDENTE COOP NORDEST, IN CABINA DI REGIA

Marco Pedroni, presidente di Coop Consumatori Nordest e presidente del consiglio di amministrazione di Finsoe, la Spa a capo di Unipol che controllerà il maxi gruppo assicurativo Unipol-Fonsai

E' singolare notare come i "manager" delle Coop col pallino della finanza vengano scelti anche se nei loro curricula non si trovano certo episodi premianti, come quando, nel 2008, la Coop presieduta da Pedroni scommise alla grande in borsa perdendo 394 milioni e si salvò rivalutando il patrimonio immobiliare.

Forse è questo l'approccio che in Coop si intende per Coop-Capitalism, abbastanza lontano però dalle teorie dell'economista Noreena Hertz, invitata anche di recente da coop Consumatori Nordest. La versione riveduta e corretta all'emiliana, consiste nel controllare con delle Cooperative una Spa che ne controlla altre quotate in borsa. Insomma, il solito gioco delle scatole che anche la finanza rossa ha imparato bene. Non si farebbe prima a lasciare il modello Coop e approdare ad una bella Spa, senza girarci tanto intorno?

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C'è un reggiano alla guida di una delle più grosse operazioni che il mondo cooperativo abbia mai tentato dai tempi del fallito acquisto della Bnl ad opera di Unipol (quello, per intenderci, delle telefonate fra Fassino e Consorte con il segretario del PD che diceva al manager: "Allora abbiamo una banca"), una delle operazioni finanziarie più clamorose degli ultimi anni. Quella che darà vita al secondo polo assicurativo italiano, un gruppo da 20 miliardi di premi.


Si tratta di Marco Pedroni, presidente di Coop Nordest e presidente del consiglio di amministrazione di Finsoe, la finanziaria delle coop che di fatto controlla Unipol protagonista dell'acquisto delle società assicurative dei Ligresti. La trattativa sta arrivando a conclusione proprio in queste ore.

Per ora Unipol ha sottoscritto una lettera di intenti non vincolante con i membri della famiglia Ligresti in cui esprime la propria disponibilità ad una fusione con Premafin, Fondiaria-Sai e Milano Assicurazioni. Ma per acquistare le società dei Ligresti servono un sacco di soldi: circa 100 milioni di euro servono alle coop rosse per acquistare la holding del costruttore siciliano, e tra questi anche 14 milioni di euro come "patto di non concorrenza" per i 5 esponenti della famiglia Ligresti, una sorta di buonuscita che ha fatto storcere il naso a più di un cooperatore.

Ma ora Finsoe, che difficilmente sarà disposta a diluire la propria partecipazione in Unipol e quindi probabilmente parteciperà all'aumento di capitale, dovrà chiedere in primo luogo ai suoi soci (Coop Nordest, Ccc, Granarolo, Manutencoop e Camst) e poi alle altre cooperative e al mercato circa un miliardo di euro per ricapitalizzare e inghiottire il boccone FonSai-Milano Assicurazioni. Insomma, anche i cooperatori reggiani si troveranno presto alle prese con un bel dilemma: sostenere o no con risorse finanziarie l'aumento di capitale di Unipol? Al momento la reazione del mercato è interlocutoria, visto che Unipol negli ultimi giorni è scivolata in borsa.


Bologna diventerà capitale delle assicurazioni
L' operazione, come detto, renderà Bologna la capitale italiana delle assicurazioni (dopo Trieste dove ha sede Generali). Batter cassa per Unipol significa in primo luogo rivolgersi alle cooperative, che controllano il gruppo con oltre il 30% delle quote tramite Finsoe. Nata nel 1978, la holding di piazza della Costituzione rappresenta la cassaforte della finanza rossa. Dentro ci sono Coop Adriatica (12,2%), seguono Coop Nordest (9,7%) di Reggio Emilia e Coop Estense (9,8%) di Modena. Queste tre controllano un terzo di Finsoe. Il resto delle quote lo mettono le altre coop emiliane raggruppate nella holding Holmo che possiede a sua volta il 24,5%. Il presidente di Holmo è sempre Marco Pedroni. Qui dentro c'è buona parte dell' universo cooperativo emiliano: le reggiane Unieco e Coopsette, e poi Manutencoop, Consorzio cooperative costruzioni, Granlatte, Ansaloni e Camst. E ancora le imolesi Cesi, Sacmi e Cefla.

I dubbi dei soci di Finsoe
Secondo quanto riporta il Messaggero, due giorni fa i vertici delle principali coop del gruppo emiliano si sarebbero riunite a Bologna nella sede di Finsoe con il management della compagnia, dopo il negoziato svolto con la famiglia Ligresti che ha portato a una lettera d'intenti. All'incontro, che sarebbe durato sei ore, sarebbero emersi i dubbi di quasi tutti i principali soci, che stando al piano di fusione dovranno mettere mano al portafoglio.

Il problema, come detto, è che 1 miliardo - quello che serve per sottoscrivere l'aumento di capitale necessario all'acquisizione del gruppo Ligresti - è una cifra a dir poco impegnativa, soprattutto in tempi difficili come questi, che trovano alcune importanti cooperative, in particolare del settore costruzioni, in condizioni non proprio floride.

Unipol non comprerà direttamente Fonsai, ma la sua controllante Premafin, a sua volta posseduta per oltre il 50 per cento dalla famiglia Ligresti, oltre a un altro 20 per cento in mano ad altre società finanziarie estere. Secondo i calcoli del sito specializzato linkiesta, attualizzando la partecipazione del 51% in Ugf (Unipol gruppo finanziario) a prezzi di mercato si ottiene una minusvalenza di 1,6 miliardi, pari ai mezzi propri di Finsoe, che è indebitata per altri 435 milioni nei confronti delle banche. Scrive linkiesta: "Mediobanca e Unicredit apriranno il portafoglio, ma non è detto che sia conveniente per i piccoli azionisti". Infatti per Mediobanca e Unicredit, esposte, secondo "La Stampa", verso la sola holding dei Ligresti per circa 400 milioni di euro, e per oltre 1 miliardo di euro verso FonSai, l'operazione di Unipol sarà un modo per mettere in sicurezza un credito imponente che rischiava di diventare inesigibile, vista la situazione finanziaria precaria della holding dei Ligresti, fino a ieri a rischio commissariamento. Per i piccoli azionisti delle società Ligresti invece il beneficio è da dimostrare, visto che per loro non è prevista nessuna opa.

L'ingresso nei salotti buoni della finanza italiana
Ma linkiesta fa i calcoli in tasca a Finsoe e scrive: "Il mercato stima che Finsoe debba aprire il portafoglio per 500 milioni di euro, per garantire la quota di sua spettanza nell’aumento di capitale da un miliardo di euro necessario ad acquisire il controllo della filiera Ligresti. Tuttavia, andando a spulciare l’ultimo bilancio al 31 dicembre 2010, le perplessità non mancano. Il prezzo di carico della partecipazione in Unipol, infatti, è pari a 1,813 miliardi di euro, che suddivisa per il numero di azioni ordinarie corrispondenti al 50,75% del capitale, cioè 1.072.888.407 azioni (su un totale di 2.114.257.106, le azioni privilegiate non sono state prese in considerazione poiché sono in carico per soli 9 milioni), corrisponde a un valore unitario di 1,69 euro per azione.

Una cifra molto distante dalle attuali quotazioni, pari a 0,18 euro per azione. Sottraendo il prezzo odierno da quello di carico e moltiplicandolo per il numero delle azioni in pancia a Finsoe si ottiene la minusvalenza che le cooperative sarebbero costrette a sopportare attualizzando la partecipazione ai prezzi correnti: 1,62 miliardi. Detta in altri termini, la quota di maggioranza in Ugf oggi vale 192 milioni, cioè poco più della metà dell’attuale capitalizzazione, che è di 364 milioni". Prosegue l'Inkiesta: "Inoltre l’indebitamento nei confronti delle banche è salito a 435 milioni (rispetto ai 391 milioni di fine 2009) così come la perdita dell'ultimo bilancio approvato, 6 milioni, rispetto ai 26 milioni di utile messi a segno al 31 dicembre 2009. Esigua anche la cassa, attorno ai 3 milioni".

Ma l'acquisizione di Premafin e Fondiaria spalanca alle coop rosse anche l'ingresso nei salotti buoni della finanza italiana: Mediobanca, Generali, Rcs e Camfin, la finanziaria che controlla Pirelli. Perciò un'altra domanda che molti si pongono è la seguente: Unipol chiederà di sedere in questi salotti o valorizzerà, cedendole, le partecipazioni dei Ligresti? Sarà davvero interessante capire come Pedroni e gli altri cooperatori reggiani si schiereranno in questa partita che può alterare i delicati equilibri del capitalismo made in Italy.



20 gennaio 2012

p. p.


Reggionline.com


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Unipol, abbiamo una banca che perde come un colabrodo





«COOP HA INSABBIATO IL CASO INTERCETTAZIONI»

I verbali del responsabile sicurezza del PD: «Informai i vertici di partito e Legacoop e portai da Bersani gli imprenditori che avevano svelato lo scandalo, lui li fece parlare con il presidente di Legacoop Lombardia, Luca Bernareggi»

Da quel momento, però, alla società che ha denunciato presunte malefatte sono stati tagliati i ponti non solo con Coop, «ma non gli vengono più affidati compiti sulla sicurezza del Pd».

Lo scandalo intercettazioni


Dipendenti intercettati in ufficio, filmati illegalmente, ma anche presunte 'consulenze' pretese da almeno un manager per continuare a lavorare con la Coop. Un j’accuse dettagliato, che nel 2008 è stato rappresentato anche all’attuale segretario del Pd, Pierluigi Bersani, e da questi ai vertici della Lega Coop, ma che non avrebbe portato a nessun risultato.

A svelarlo a verbale non è uno degli imprenditori esautorati, bensì l’attuale «responsabile della sicurezza del Pd in Lombardia», Walter Travaini. Ascoltato come testimone nell’inchiesta sui presunti dossieraggi illegali a carico di alcuni dipendenti della Coop, Travaini racconta di come gli imprenditori in questione (Gianluca Migliorati e Fabio Quarta soci della Sis), «mi furono presentati negli anni 2003-2004 da Massimo Carnevali, responsabile sicurezza Coop (tra gli indagati dell’inchiesta, ndr), in quanto la loro società collaborava già all’interno di Coop». Sulla professionalità di questi due imprenditori, Travaini non ha dubbi, definendoli «professionali e seri, gli erano anche affidati delicati compiti di sicurezza all’interno del Pd».

Secondo il testimone i manager della Sis, dopo alcuni anni di collaborazione, si rivolsero a lui per denunciare una serie di inquietanti anomalie. «Mi mostrarono – ha raccontato Travaini al pm Francesca Celle – delle fatture riconducibili a Carnevali, aventi come oggetto consulenze generiche... richieste di denaro per permettere alla Sis di continuare a lavorare all’interno di Coop». Secondo il funzionario del Pd, i due imprenditori gli rappresentavano anche «delle situazioni che riguardavano intercettazioni video ai danni dei dipendenti Coop». Una situazione che Travaini non sottovaluta. Grazie anche «all’amicizia personale che mi lega all’onorevole Bersani, organizzai un incontro».

Durante il tragitto tra Linate e Piacenza, nel 2008, «i signori Quarta e Migliorati mostrarono dei contratti e copie di fatture, evidenziando che le stesse altro non fossero che richieste di denaro da parte del responsabile della sicurezza Coop. Riferirono inoltre anche di alcuni comportamenti scorretti che la Coop aveva nei confronti dei dipendenti. Preso atto di questa situazione, Bersani – ricorda ancora il testimone – disse che avrebbe messo a conoscenza la Lega Coop, in quanto unico organo deputato a far chiarezza sulla vicenda».

L’intervento di Bersani effettivamente ci fu, tanto che Travaini ricorda di come «Quarta e Migliorati sono stati da me accompagnati in Lega Coop dal presidente Luca Bernareggi e dal direttore generale Italo Formigoni. In questa sede i due hanno ribadito gli stessi fatti e anche Bernareggi e Formigoni dissero che avrebbero fatto luce sulla vicenda». Da quel momento, però, alla società che ha denunciato presunte malefatte sono stati tagliati i ponti non solo con Coop, «ma non gli vengono più affidati compiti sulla sicurezza del Pd».

Due anni dopo, nel 2010, un’inchiesta ha scoperto il progetto, poi non portato a termine ma solo sperimentato su una filiale di Vigevano, di intercettazioni telefoniche illegali disposte su alcuni dipendenti. Attualmente rischiano il processo l’ex responsabile sicurezza Coop Lombardia e il suo superiore, il vicepresidente di Coop Lombardia Daniele Ferrè.



22 gennaio 2012

Emilio Randacio

La Repubblica



21 gennaio 2012

CAOS ALLA LOGISTICA CAVALIERI, I COBAS BLOCCANO I CANCELLI

I Cobas: «Volevano far passare i lavoratori da una cooperativa all’altra dandogli quasi nulla. Allora abbiamo bloccato tutto»

Rabbia di Cgil e Cisl: interferiscono sul nostro accordo


«Volevano far passare i lavoratori da una cooperativa all’altra dandogli quasi nulla. Allora abbiamo bloccato tutto». Mattinata movimentata ieri alla logistica Cavalieri di via Majorana a Tavazzano, dove circa 150 simpatizzanti dei Cobas hanno bloccato il traffico dei camion nello stabilimento e picchettato l’area circa fino alle 15. Sul posto per controllare la situazione sono giunte Polizia, carabinieri e anche una volante del Consorzio di Polizia Nord Lodigiano. A parte slogan e bandiere sventolate però tutto si è svolto senza problemi, ed alle 16 la situazione è tornata alla normalità.

«Nell'azienda lavorano 250 persone — spiega Fulvio Di Giorgio, del Si Cobas — che hanno appena trattato il passaggio dalla precedente cooperativa ad una nuova, denominata Quicktrade. Hanno ottenuto l’applicazione del contratto nazionale di trasporti e facchinaggio, ma con il vincolo di un periodo da un mese di prova e l’applicazione a livello contrattuale del sesto livello junior, il più basso della categoria. Inoltre l’azienda ha chiesto ai lavoratori di firmare un verbale, dove in cambio di 150 euro rinunciavano ad ogni contestazione su straordinari e ferie non godute. Ci hanno chiamato segnalandoci la situazione, e alle 10 abbiamo fatto scattare il blocco. Questo è servito ad ammorbidire le posizioni, e alla fine siamo arrivati all’ottenimento di un sesto livello senior per tutti senza alcun periodo di prova. Tra 5 mesi però torneremo per controllare l’applicazione di quanto stabilito».

Ma il blitz dei Cobas ha irritato non poco Cgil e Cisl: «Per anni in quell’azienda, che è rimasta completamente impermeabile ai sindacati confederali, si è applicato solo il contratto Unci, che è ritenuto illegale da tutte le sigle sindacali tranne dalla Confsal che l’ha sottoscritto — spiegano Giorgio Tornusciolo della Fit Cisl e Guido Scarpino della Filt Cgil —. C’era una situazione di caporalato diffuso, e i Cobas non hanno fatto nulla per cambiare la situazione. Poi l’azienda francese Stef che ha acquisito la Cavalieri ha deciso di cambiare rotta, e ha scelto la Quicktrade come nuovo fornitore vista la sua affidabilità. Questa ha deciso di applicare il contratto nazionale di trasporti, così lunedì ci siamo incontrati e abbiamo firmato l’accordo che prevede in media una crescita dello stipendio dei lavoratori di 1,80 euro l’ora con tredicesime e quattordicesime. Ora invece arrivano i Cobas e piantano i blocchi per ottenere 16 centesimi in più all’ora con uno scatto di livello. Dov’erano prima, quando regnava l’illegalità?».


20 gennaio 2012

Alessandro Gigante

Il Giorno.it


20 gennaio 2012

LE COOP NON HANNO SOLDI, FINSOE STA PEGGIO DI PREMAFIN















La Finanziaria dell’economia sociale (Finsoe), la holding delle cooperative che controlla Unipol, non ha soldi per sottoscrivere l’aumento di cap
itale da un miliardo di euro necessario all’acquisizione di Premafin. Attualizzando la partecipazione del 51% in Ugf a prezzi di mercato, infatti, si ottiene una minusvalenza di 1,6 miliardi, pari ai mezzi propri di Finsoe, che è indebitata per altri 435 milioni nei confronti delle banche. Mediobanca e Unicredit apriranno il portafoglio, ma non è detto che sia conveniente per i piccoli azionisti.


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19 gennaio 2012


Antonio Vanuzzo


Linkiesta



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Fusione Unipo Premafin: tutti i dubbi degli analisti del mercato


Unipol-Fondiaria. E se le azioni dopo la fusione valgono zero?




18 gennaio 2012

COOP PAPAVERO, NUOVO RINVIO DELLA SENTENZA


Rinviata al 24 gennaio la sentenza sui licenziamenti dei 15 operai della Coop Papavero, dello stabilimento GLS Italy di Cerro al Lambro (MI)




Abbiamo appena appreso che il tribunale - sezione lavoro di Firenze ha nuovamente rinviato al 24 gennaio la sentenza sui licenziamenti dei 15 operai della Coop Papavero, dello stabilimento GLS Italy di Cerro al Lambro (MI). Dopo aver promesso la sentenza a fine dicembre 2011 e spostato per problemi di errata fissazione della data l'appuntamento per la sentenza al 17 gennaio, ora si dovrà tenere una nuova audizione il 24 gennaio.

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La vicenda giudiziaria degli operai della Coop Papavero, licenziati politici per aver osato rivendicare i propri diritti, è iniziata nell'agosto 2010 con un licenziamento ferragostano in stile FIAT, per accuse relative alle lotte del febbraio 2010 e senza che venissero ascoltati dalla cooperativa.

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Dopo una prima sentenza positiva al tribunale di Milano sulla discriminazione nei loro confronti (ma con il tribunale che ha dichiarato la propria impossibilità ad obbligare la cooperativa a dare i soldi dovuti per i danni) e un primo giudizio positivo a Firenze (il tribunale riconosceva il diritto al reintegro dei lavoratori per la natura di fatto fittizia della figura di socio lavoratore) ribaltato in appello, il procedimento è andato avanti nel tempo.

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Intanto i 15 della Coop, senza alcuna indennità di disoccupazione (perché soci lavoratori), sono sopravvissuti con l'aiuto della cassa di resistenza del SI Cobas e con i soldi ottenuti da altre cause per i mancati pagamenti di salario degli anni precedenti.

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Una volta di più si dimostra quanto sia lenta la giustizia per i lavoratori (che senza lavoro devono aspettare anni una sentenza!!), quanto sia infame la figura del "socio lavoratore" che relega centinaia di migliaia di lavoratori nel limbo di una condizione in cui sono "soci" senza avere i diritti e la divisione degli utili dei veri soci della coop, e sono lavoratori a tutti gli effetti, ma senza avere le garanzie e le tutele dello Statuto dei Lavoratori.

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Una volta di più si dimostra che la figura del "socio lavoratore", che consente ogni sorta di ricatto, sopruso e ingiustizia nei confronti degli operai, deve essere abolita giuridicamente, cancellata dal quadro normativo del lavoro.

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Ma si dimostra anche un'altra cosa. Tra le misure in discussione dal governo Monti c'è per l'ennesima volta la proposta di abolizione dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. La sua abolizione porterebbe tutti i lavoratori nella medesima condizione dei 15 licenziati della Coop. Papavero, dei "soci lavoratori" delle Coop.: lavoratori senza diritti, precari a vita.


18 gennaio 2012


http://sicobas.org



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E' giusto rammentare la legge che regola i licenziamenti dei soci lavoratori: la Legge 3 aprile 2001, n. 142 art. 2 comma 1.

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Per la cronaca il governo in carica era quello di Prodi e il Ministro del Lavoro, Cesare Salvi.


ATTIVO REGIONALE DELEGATI FILCAMS


Quello che segue è un dettagliato resoconto dell'attivo dei delegati Filcams-Cgil, tenutosi all'Iper di Sesto Fiorentino il 21 dicembre 2011 (il giorno prima della firma del CCNL) ricostruito dettagliatamente dal delegato Filcams degli uffici di Scandicci, Vincenzo Galdi.


Vincenzo, oltre a riassumere l'incontro, ci tiene a rimarcare la propria posizione critica su come il segretario regionale Filcams, Betti, ha individuato il percorso che porterebbe alle nuove RSU citando l'antefatto del Coordinamento Filcams del 1° dicembre scorso. Il tutto è preceduto da una sua breve introduzione.


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Come richiesto da chi non è potuto intervenire nel corso delle assemblee di fine dicembre, questo post contiene il resoconto dell'attivo regionale dei delegati Filcams del 21 dicembre.
L'iniziativa che prendo ha come fine quello di provare a dare un segno di discontinuità al tipo di atteggiamento tenuto fino ad oggi da alcuni membri delle Organizzazioni Sindacali e delle RSU di Unicoop Firenze, fin troppo reticenti nell'adoperarsi a praticare una corretta e trasparente informazione nei confronti dei Lavoratori.
Nei prossimi giorni seguirà anche il verbale delle due assemblee degli uffici nel corso delle quali è stato reso pubblico quanto segue.



Sesto Fiorentino, 10 gennaio 2012


ANTEFATTO (COORDINAMENTO FILCAMS-CGIL DEL 1^ DICEMBRE 2011)

Il primo dicembre 2011 si è svolto un Coordinamento dei delegati Filcams-CGIL di Unicoop Firenze presso la sede regionale toscana della CGIL, presieduto dal Segretario Generale Filcams per la Toscana.
Pur non facendo parte di alcun organismo superiore (Esecutivo/Coordinamento) rispetto alle RSU di base, a tale Coordinamento ho potuto partecipare grazie all'invito della Segretaria Generale della Filcams fiorentina.
In quell'occasione argomento all'ordine del giorno era il rinnovo delle RSU in Unicoop Firenze, scadute a Marzo 2010 e, in forza di successive proroghe, ancora in vigore. A tal proposito è da far notare che tutti i delegati di Unicoop Firenze avevano ricevuto, da parte della Responsabile Relazioni Risorse Umane della Cooperativa in data 10 novembre 2011, una lettera che comunicava che dopo il 31 dicembre non sarebbero più stati riconosciuti i permessi sindacali previsti da “un accordo sindacale scaduto”.
Proprio in riferimento a questa lettera si sono aperti i lavori del Coordinamento del 1^ dicembre. Purtroppo non esistendo la buona abitudine di predisporre dei verbali degli attivi sindacali che vengono svolti, non è possibile documentare in maniera ufficiale lo svolgimento dei lavori, pertanto dovrò necessariamente fare riferimento agli appunti personalmente presi.
Ricordo con precisione che il Segretario Generale affermò in quella sede che le RSU di Unicoop Firenze non avrebbero avuto né ruolo politico, né agibilità sindacale da gennaio 2012.
Il Segretario Generale tracciò inoltre un percorso che da quel momento avrebbe dovuto verificarsi, individuando 3 o 4 delegati che avrebbero dovuto coordinare i territori per preparare le elezioni. Queste si sarebbero dovute svolgere secondo le indicazioni del CCNL.
Per ulteriore chiarezza, ricordo che fu fatto riferimento anche alla trattativa per il rinnovo del CCNL, rivolgendo particolare aspettativa all'incontro nazionale che si sarebbe svolto a Roma il 22 dicembre per la conclusione delle negoziazioni per il contratto stesso.
Pertanto, successivamente alla probabile conclusione del contratto e alle votazioni per le RSU, si sarebbe dovuto chiudere l'accordo integrativo e, successivamente, saremmo dovuti procedere con il rinnovo dell'accordo per l'agibilità delle RSU. Questo ultimo punto (accordo agibilità dopo rinnovo CIA) fu indicato come un percorso inderogabile.
Ricapitolando, il percorso avrebbe dovuto essere: 1) CCNL (senza il quale, era stato detto, non si possono indire le elezioni), 2) rinnovo RSU 3) CIA e quindi 4) accordo agibilità RSU.
L'introduzione è proseguita facendo riferimento ad incontro di Betti avuto con Baio (Uiltucs-UIL) e Di Paola (Fisascat-CISL) in merito alla questione delle RSU, nel quale era stato condiviso che le condizioni per un accordo unitario del rinnovo delle RSU ci sarebbero state solo dopo aver chiuso il CIA.
A quel punto è iniziato il dibattito.
Io sono intervenuto dopo una delegata dei Minimercati evidenziando:

1) la mia contrarietà alla linea tracciata dal Segretario, in particolare nel prevedere un accordo per l’agibilità dopo la chiusura del CIA. Purtuttavia ho evidenziato
2) la necessità di convocare un attivo regionale di tutti i delegati per condividere in maniera più ampia possibile un percorso diverso;
3) la necessità di indire le elezioni per il rinnovo delle RSU prima del rinnovo di un Accordo Integrativo, ricorrendo alle modalità già previste per il rinnovo delle R.S.U.;
4) le forti incongruenze e legittime contestazioni che potrebbero emergere da un accordo per l’agibilità delle RSU successivo alle votazioni, che potrebbe alterare quanto potrebbe emergere dalla consultazione elettorale.

Dopo il dibattito che è seguito, le conclusioni del Segretario sono state di seguire il percorso precedentemente tracciato e, per quanto riguarda il rinnovo delle RSU, di formare:

1) una commissione che avrebbe dovuto preparare il volantino con il programma elettorale della Filcams;
2) una commissione tecnica per verificare i passi necessari per indire le elezioni;
3) una commissione per la verifica del consenso.

Le commissioni avrebbero dovuto tracciare le conclusioni prima del 2 gennaio.

A quel punto, su proposta della Segretaria della Filcams di Firenze, l’individuazione dei componenti delle commissioni sarebbe toccata ai membri dell’Esecutivo Sindacale, che si sarebbe dovuto riunire il 9 dicembre.
La data per un attivo regionale dei delegati della Filcams, con i quali condividere il percorso tracciato, era stata individuata invece per il 12 dicembre, riunione da tenersi la mattina in una sede ancora da individuare.

Il susseguirsi degli eventi (sciopero generale del 12 dicembre) ha comportato uno spostamento della data dell’attivo regionale dei delegati, incontro poi avvenuto il pomeriggio del 21 dicembre.




ATTIVO REGIONALE DEI DELEGATI FILCAMS (21 dicembre 2011, Ipercoop Sesto Fiorentino)

Presieduto dal Segretario Generale della Filcams della Toscana, si è svolto l’attivo regionale.
L’ultimo attivo si era tenuto ad agosto.

Il Segretario ha introdotto i lavori parlando di:

1) Rinnovo RSU,
evidenziando la necessità di fare un punto della situazione, ha parlato della possibilità di richiedere a Unicoop Firenze un “congelamento” delle RSU e, già dal 2 febbraio, tentare di individuare una data per indire le elezioni

2) CIA (Contratto Integrativo Aziendale),
ricordando come il 6 luglio 2011 si fosse fermata la trattativa.
Su questo tema ha individuato un percorso: prima il CCNL e le votazioni per il rinnovo delle RSU, poi il CIA e solo successivamente discutere dell’agibilità delle RSU

3) CCNL (Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro).
Su questo argomento ha ricordato il contratto separato del terziario e la forte influenza sulla trattativa per il contratto della cooperazione che ha avuto lo sciopero Filcams 9 luglio.
Ha ricordato che il giorno successivo (22 dicembre) a Roma ci sarebbe stato un importante incontro, in cui sperava che si manifestasse la possibilità di chiudere quella trattativa su alcuni “pezzi importanti”: orario di lavoro, malattia, deroghe, piccole cooperative.

A quel punto si è aperto il dibattito e, dopo l’intervento di un delegato di Pisa e del delegato del Ce.Di. (magazzini), sono intervenuto argomentando su alcune questioni.

1) Ho ringraziato la Filcams per l’impegno al tavolo della trattativa per il rinnovo del CCNL, evidenziando quanto sia importante poter contare su un contratto nazionale in momenti di difficile crisi come quello attuale.
2) Ho illustrato brevemente la costituzione dell’associazione Claudio Pierini Vive in ricordo del collega Claudio tragicamente scomparso lo scorso luglio, mentre svolgeva il suo lavoro, e le finalità benefiche che l’associazione si prefigge. A quel punto ho invitato tutti i delegati a informare i Lavoratori circa la costituzione dell’associazione e ad invitarli ad aderire.
3) Per quanto riguarda la questione del rinnovo delle RSU invece, ho espresso forti preoccupazioni. Dopo aver evidenziato l’evidente stortura nel non aver ancora provveduto al rinnovo delle Rsu, scadute da marzo 2010, ho evidenziato come dal 10 novembre (data in cui è stata recapitata la lettera della Unicoop Firenze, vedi antefatto) ad oggi, il tema del rinnovo delle RSU non sia stato trattato con la dovuta urgenza. A tal proposito ho fatto notare che anzi, piuttosto che vedere le tre OO.SS. (Organizzazioni Sindacali) attive e propositive nell'indire le elezioni o perlomeno attente al tema, queste abbiano tenuto un atteggiamento stranamente attendista, quasi non curante. Ho espresso pertanto il mio parere sul ruolo che invece avrebbe dovuto tenere la Filcams (sindacato leader in Unicoop Firenze) nel proporre alle altre organizzazioni un indirizzo politico cercando di stimolarle a prendere una chiara posizione sul tema. Inoltre, ho fatto notare come in tale comune atteggiamento attendista, si nascondesse il pericolo di una inutile e pericolosa prolungaggine dei tempi per il rinnovo. Ho aggiunto quindi che, continuando su quella linea, ci saremmo ritrovati per un lasso di tempo incerto con un vuoto di rappresentanza sindacale in Unicoop Firenze; cosa che ahimé si sta verificando. A quel punto ho invitato i delegati intervenuti all'attivo ad esprimersi votando un ordine del giorno che ho chiesto al Segretario di mettere in votazione al termine degli interventi. Per chiarezza l'ordine del giorno che ho proposto consisteva in questo: mettere al primo posto dell'agenda sindacale dei temi aziendali in Unicoop, proprio il rinnovo delle RSU. Tutto il resto sarebbe dovuto intervenire solo successivamente, accordo integrativo compreso.

Dopo il mio intervento ne sono seguiti altri, nei quali sono state affrontati molti argomenti e comunque, la quasi totalità degli interventi che sono seguiti al mio, hanno affrontato la mia proposta.
In onor del vero, i primi interventi invitavano i delegati a votare no alla proposta (addirittura qualcuno mi ha chiesto di ritirarla), ma nella seconda parte ce ne sono stati altrettanti a favore.
Nel corso di questi, visto e considerato che alcune persone iniziavano ad andare via, è intervenuta Sandra Giacomelli (delegata degli uffici) che invitava il Segretario a mettere in votazione l'ordine del giorno prima che altra gente se ne andasse.
A quel punto l'Assemblea ha cominciato a rumoreggiare. Infatti davanti a quella richiesta, il Segretario ha risposto che al termine dei lavori avrebbe deciso lui se far votare la proposta oppure no.
Quell'affermazione ha reso il termine dei lavori piuttosto convulso, tant'è che il tono degli interventi è divenuto più polemico e più diretto (nel suo intervento Sandra Giacomelli ha giustamente interrogato il Segretario sul senso della sua presenza all'attivo, qualora i delegati non avessero potuto prendere una posizione, anche attraverso una semplice votazione).

Comunque, alla fine degli interventi e prima dei saluti del Segretario, constatando che la sua volontà era quella di non far votare la proposta, mi sono alzato e ho nuovamente chiesto, con termini pacati, che venisse messa in votazione.
A quel punto il Segretario si è rivolto nei miei confronti alzando il tono di voce, confermando la sua contrarietà a far votare l’ordine del giorno e rimproverandomi di non essere rispettoso delle regole, dato che non tenevo conto delle decisioni del coordinamento del primo dicembre.
Difronte a tale atteggiamento ho dovuto adattare il tono di voce a quello del mio interlocutore e ho controbattuto sostenendo che era stato lo stesso Segretario, nel corso della sua introduzione, ad affermare che quell'attivo avrebbe dovuto prendere una decisione politica sull'argomento per cui eravamo stati convocati, e che prendere una decisione come quella, di non mettere in votazione una proposta, era un atto che ritenevo antidemocratico.
Ovviamente a quel punto la riunione si è conclusa.

Questo è il racconto obiettivo di come si sono svolti i fatti.


CONSIDERAZIONI FINALI

E' evidente che ciò che è accaduto è molto grave e intollerabile per chi si ispira a principi democratici e partecipativi.
Personalmente sono rimasto ferito dall'accaduto.
Quel che è successo non rende onore alla CGIL, ai Delegati, ma soprattutto ai Lavoratori, che vedono in questa maniera umiliati i propri rappresentanti e quindi loro stessi.
La cosa paradossale è che la mia proposta non era neppure contraria alle conclusioni del Segretario del primo dicembre, pertanto anche un voto favorevole non avrebbe fatto altro che avallare la decisione del Coordinamento, per di più rafforzando la sua posizione rappresentativa.
Oltretutto in quella proposta non si individuava neppure un termine perentorio o una scadenza entro la quale indire le elezioni, era solo un impegno politico di tutti i delegati.
Aggiungo che riguardo alle commissioni di cui si era parlato nell'incontro del primo dicembre (per le quali non si sa da quante e quali persone siano composte e secondo quali criteri siano state costituite), non è stato detto assolutamente niente circa il lavoro che è stato svolto. Anche questo è un problema e non contribuisce assolutamente a fare chiarezza sull'argomento rinnovo delle RSU, anzi, circonda la questione di un ulteriore alone di incertezza.
Concludo, ricordando che l'incertezza cui faccio riferimento è direttamente dipendente dalla trattativa per il rinnovo dell'integrativo, rispetto alla quale manca ancora un testo ufficiale riepilogativo e chiarificatore degli affidamenti dati. Pertanto rinnovo RSU e CIA sembrano due argomento inestricabilmente collegati, ma una cosa è certa: il rinnovo dell'integrativo sembra essere ancora in alto mare e, per mio conto, non possiamo lasciare che il vuoto di rappresentanza che si sta manifestando si perpetui fin tanto che l'integrativo non verrà rinnovato.


Vincenzo Galdi
Rappresentante sindacale uffici




17 gennaio 2011

RSU Uffici di Unicoop Firenze