La Procura di Trieste ha chiesto il fallimento e punta il dito sulle operazioni immobiliari infragruppo
«Passaggi di immobili infragruppo, per gonfiare il patrimonio netto e rientrare - solo fittiziamente - nei parametri per il prestito sociale, la cui entità non deve superare il quintuplo del patrimonio netto stesso». Con questo incipit la Procura della Repubblica di Trieste ha chiesto al Tribunale civile il fallimento delle Cooperative Operaie di Trieste, Istria e Friuli.
Nel contempo è stato nominato un amministratore giudiziario che, «per salvare la società e conservarne il patrimonio», come prima misura ha disposto la sospensione dei rimborsi del prestito sociale, ovvero dei soldi che i soci hanno prestato alla Cooperativa e che, almeno per il momento (si spera), non possono ritirare. Oltre 100 milioni di euro, di proprietà di 17mila piccoli risparmiatori, «serviti in questi anni - continua la Procura - come una stampella per reggere tutta la struttura. Soldi che di fatto non esistono più». Un artifizio contabile, per il quale al momento risulta unico indagato per falso in bilancio l'ex presidente Livio Marchetti e, secondo le indagini condotte dai Pm Federico Frezza e Matteo Trapani, è stato messo in atto «per tamponare una gestione in perdita costante e irreversibile da ben più di un quinquennio».
Ma la gravità della situazione, legata alle pesantissime perdite di esercizio, e le irregolarità erano evidenti da tempo. «Le perdite per complessivi 12,1 milioni di euro, prodotte dalla gestione commerciale delle Cooperative Operaie di Trieste, sono state coperte nei bilanci grazie alla contabilizzazione di plusvalenze di 15 milioni su vendite di immobili ceduti internamente a società controllate al 100%». E' quanto sosteneva Plus24 il 26 gennaio 2013, nell'ambito delle ampie inchieste che questo giornale da anni dedica alla carenza di tutele per i soci prestatori delle cooperative di consumo. In quell'occasione veniva anche sottolineato a Pier Paolo Della Valle, ex direttore generale Coop Operaie (silurato pochi giorni fa da Marchetti) che, alla luce delle operazioni infragruppo, il rapporto con i prestiti sociali se si fosse preso come riferimento il patrimonio netto consolidato sarebbe stato pari a 8,2 volte, più del quintuplo del massimo consentito. A questa osservazione Della Valle rispondeva questo punto è stato «già affrontato con la vigilanza cooperativa e ormai è acclarato che il patrimonio da considerare è quello civilistico e non consolidato. Tuttavia, vorrei sottolineare che le operazioni immobiliari non sono altro che l'emersione di una riserva occulta. Potevamo fare anche una rivalutazione dei valori immobiliari iscritti a bilancio e non sarebbe cambiato nulla». Dichiarazioni che, rilette oggi, lasciano ulteriormente con l'amaro in bocca i malcapitati 17mila cittadini che si fidavano molto di più delle Coop sotto casa che delle banche.
Adesso è emersa la totale mancanza di una reale azione di vigilanza che, in questo caso, poiché il Friuli Venezia Giulia è Regione a statuto speciale, viene esplicata non solo attraverso le associazioni di rappresentanza del movimento cooperativo, ma anche da parte della Regione, in virtù della legge regionale 27/2007. «Tutte le revisioni effettuate dal 2007 al 2013 dai revisori su incarico di Confcooperative o della Lega delle Cooperative - afferma Sergio Bolzonello, assessore alle Attività produttive e vicepresidente della Giunta regionale - si sono concluse con la mancata emersione di irregolarità o di rilievi sulla situazione contabile e gestionale della società, tali da indurre ad adottare eventuali provvedimenti sanzionatori da parte dell'Amministrazione regionale».
Ma anche alla Regione spettano specifici compiti e funzioni di vigilanza sull'operato delle cooperative. «Nella revisione straordinaria effettuata nel 2012 - continua Bolzonello -, laddove il revisore ha verificato la regolarità della globale situazione patrimoniale della società, seppur in presenza di una sofferenza dell'attività caratteristica, si è rilevata comunque la sussistenza di un patrimonio netto positivo e il rientro del prestito sociale nei limiti e nel rispetto delle condizioni previste dalla normativa di riferimento. Né il collegio sindacale, né la società di revisione incaricata hanno evidenziato alcuna irregolarità nella gestione patrimoniale della cooperativa». Solo la recente azione della Procura è stata determinante per dare una svolta al caso.
Ma la gravità della situazione, legata alle pesantissime perdite di esercizio, e le irregolarità erano evidenti da tempo. «Le perdite per complessivi 12,1 milioni di euro, prodotte dalla gestione commerciale delle Cooperative Operaie di Trieste, sono state coperte nei bilanci grazie alla contabilizzazione di plusvalenze di 15 milioni su vendite di immobili ceduti internamente a società controllate al 100%». E' quanto sosteneva Plus24 il 26 gennaio 2013, nell'ambito delle ampie inchieste che questo giornale da anni dedica alla carenza di tutele per i soci prestatori delle cooperative di consumo. In quell'occasione veniva anche sottolineato a Pier Paolo Della Valle, ex direttore generale Coop Operaie (silurato pochi giorni fa da Marchetti) che, alla luce delle operazioni infragruppo, il rapporto con i prestiti sociali se si fosse preso come riferimento il patrimonio netto consolidato sarebbe stato pari a 8,2 volte, più del quintuplo del massimo consentito. A questa osservazione Della Valle rispondeva questo punto è stato «già affrontato con la vigilanza cooperativa e ormai è acclarato che il patrimonio da considerare è quello civilistico e non consolidato. Tuttavia, vorrei sottolineare che le operazioni immobiliari non sono altro che l'emersione di una riserva occulta. Potevamo fare anche una rivalutazione dei valori immobiliari iscritti a bilancio e non sarebbe cambiato nulla». Dichiarazioni che, rilette oggi, lasciano ulteriormente con l'amaro in bocca i malcapitati 17mila cittadini che si fidavano molto di più delle Coop sotto casa che delle banche.
Adesso è emersa la totale mancanza di una reale azione di vigilanza che, in questo caso, poiché il Friuli Venezia Giulia è Regione a statuto speciale, viene esplicata non solo attraverso le associazioni di rappresentanza del movimento cooperativo, ma anche da parte della Regione, in virtù della legge regionale 27/2007. «Tutte le revisioni effettuate dal 2007 al 2013 dai revisori su incarico di Confcooperative o della Lega delle Cooperative - afferma Sergio Bolzonello, assessore alle Attività produttive e vicepresidente della Giunta regionale - si sono concluse con la mancata emersione di irregolarità o di rilievi sulla situazione contabile e gestionale della società, tali da indurre ad adottare eventuali provvedimenti sanzionatori da parte dell'Amministrazione regionale».
Ma anche alla Regione spettano specifici compiti e funzioni di vigilanza sull'operato delle cooperative. «Nella revisione straordinaria effettuata nel 2012 - continua Bolzonello -, laddove il revisore ha verificato la regolarità della globale situazione patrimoniale della società, seppur in presenza di una sofferenza dell'attività caratteristica, si è rilevata comunque la sussistenza di un patrimonio netto positivo e il rientro del prestito sociale nei limiti e nel rispetto delle condizioni previste dalla normativa di riferimento. Né il collegio sindacale, né la società di revisione incaricata hanno evidenziato alcuna irregolarità nella gestione patrimoniale della cooperativa». Solo la recente azione della Procura è stata determinante per dare una svolta al caso.
25 ottobre 2014
Plus24 - Il Sole 24 Ore
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