Un documento a firma della minoranza Cgil mette a nudo i principali punti dell'accordo che i Confederali hanno firmato con Confindustria
Senza consultare e neanche informare i diretti interessati, Cgil, Cisl e Uil hanno stipulato con Confindustria un patto sulla rappresentanza che viola platealmente principi democratici e principi costituzionali, impedendo che lavoratrici e lavoratori siano liberi di scegliersi i propri rappresentanti. Potranno infatti partecipare alla elezione dei rappresentanti sindacali solo liste presentate da Cgil, Cisl e Uil o da altri sindacati che (come loro hanno fatto con questo patto) rinuncino ad ogni azione di sciopero e accettino gli accordi decisi a maggioranza dagli stessi firmatari.
Per anni si era denunciato che i sindacati firmatari dei contratti si fossero automaticamente attribuiti un terzo delle RSU. Oggi essi non si accontentano più di questo e si accaparrano d’ufficio, con questo meccanismo, il 100% della rappresentanza, a prescindere da quale sia il consenso di altre organizzazioni!
Sulla rappresentanza il principio é: prima mi dici che sei d’accordo, poi ti siedi al tavolo. Infatti, la conta degli iscritti e dei voti, che garantisce la presenza alle trattative di chi ha più del 5%, si fa solo tra i firmatari del patto, cioè tra chi ha già detto che accetterà l’accordo, quale che sia.
Non solo. Il patto punta a impedire il dissenso interno alle stesse organizzazioni firmatarie. Infatti, secondo le clausole del patto, se un delegato non risulta più iscritto alla organizzazione sindacale con cui è stato eletto (se si è dimesso o è stato espulso per dissenso, appunto), egli decade da delegato. In questo modo si impedisce la presenza nelle rappresentanze dei delegati e delle delegate più fedeli alle rivendicazioni delle lavoratrici e dei lavoratori, li si fa decadere e, avendo perso le tutele proprie dei delegati, li si espone alle vendette dei padroni, peraltro oggi più facili anche grazie alla manomissione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Insomma, i delegati rispondono alla organizzazione e non ai lavoratori.
Si fa molta propaganda sul fatto che l’accordo garantirebbe la verifica democratica del consenso delle lavoratrici e dei lavoratori sulle intese contrattuali. Non è vero. In realtà sui contratti non si garantisce alcun referendum vincolante ma solo ”una consultazione certificata a maggioranza semplice”. Cioè al massimo assemblee gestite e “certificate” dagli stessi sindacati firmatari. Senza accordo tra i firmatari, il referendum non c’è.
Sugli accordi aziendali valgono le regole dell’accordo del 28 giugno 2011, cioè le deroghe e non è previsto alcun voto delle lavoratrici e dei lavoratori ma basta la maggioranza della RSU, che ricordiamo sarà eletta solo su liste presentate dai sindacati firmatari.
Il patto introduce una pesantissima limitazione al dissenso, con il cosiddetto principio di esigibilità voluto dalla Confindustria: i padroni, mentre peggiorano le condizioni dei lavoratori, pretendono anche che essi rinuncino alle lotte o alle cause legali. E Cgil, Cisl e Uil sono d’accordo. L’intesa prevede che nei prossimi contratti si inseriscano le sanzioni contro chi trasgredisce e sciopera.
E’ molto grave che insieme al gruppo dirigente della Cgil anche quello della Fiom esalti l’accordo, mentre proprio tre anni fa la Fiom disse giustamente NO all’accordo di Pomigliano in Fiat. La verità è che questo accordo è il modello Fiat esteso a tutti i luoghi di lavoro. Chi non ci crede ha un modo molto semplice di verificarlo: leggere il testo dell’accordo!
No all’appropriazione privata della democrazia!
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La democrazia è di tutti!
5 giugno 2013
R28aprile - opposizione CGIL
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