La vicenda divenne nota grazie ad un articolo su Libero del noto giornalista Gianluigi Nuzzi nel gennaio 2010, che ora si ritrova tra gli indagati
A partire dal 2004 era stato sperimentato solo il progetto pilota. Un centro d' ascolto abusivo all' interno di una delle succursali degli ipermercati Coop, con tanto di cimici e telecamere abusive puntate sugli spostamenti dei propri dipendenti. A svelare l' inquietante retroscena era stato nel gennaio del 2010 il quotidiano Libero.
A oltre un anno di distanza, l' inchiesta del pm Francesca Celle scopre solo marginalmente le sue carte, ma qualcosa si può già intuire: tre persone sono finite nel registro degli indagati. A cominciare dal cronista che pubblicò per primo la notizia, che nel suo articolo confidò anche di aver ascoltato perfino «quasi un migliaio di file audio», e anche di aver «visionato decine di filmati girati da telecamere nascoste in diversi punti vendita». A lui, oltre alla diffamazione, viene contestato un reato che prevede fino a 5 anni di reclusione (articolo 617): aver diffuso il materiale ottenuto illegalmente.
E la stessa accusa viene mossa a quello che è stato il responsabile della sicurezza delle Coop per la Lombardia, M. C., e il titolare di una società di sicurezza, Alberto R., che secondo l' ipotesi accusatoria, avrebbe installato illegalmente le sofisticate apparecchiature. Un metodo, sembra aver accertato ora l' inchiesta, che non si sa bene ancora come, ma che sarebbe stato attuato senza l' autorizzazione dei vertici, ma che permetteva comunque al responsabile della sicurezza di monitorare ogni movimento dei dipendenti, conoscere le loro conversazioni, seguirli nel loro orario di lavoro. A far scoprire la presenza del centro d' ascolto abusivo, una parcella non pagata al responsabile di sicurezza aziendale.
24 maggio
(e. ran.)
La Repubblica
Approfondimenti:
A partire dal 2004 era stato sperimentato solo il progetto pilota. Un centro d' ascolto abusivo all' interno di una delle succursali degli ipermercati Coop, con tanto di cimici e telecamere abusive puntate sugli spostamenti dei propri dipendenti. A svelare l' inquietante retroscena era stato nel gennaio del 2010 il quotidiano Libero.
A oltre un anno di distanza, l' inchiesta del pm Francesca Celle scopre solo marginalmente le sue carte, ma qualcosa si può già intuire: tre persone sono finite nel registro degli indagati. A cominciare dal cronista che pubblicò per primo la notizia, che nel suo articolo confidò anche di aver ascoltato perfino «quasi un migliaio di file audio», e anche di aver «visionato decine di filmati girati da telecamere nascoste in diversi punti vendita». A lui, oltre alla diffamazione, viene contestato un reato che prevede fino a 5 anni di reclusione (articolo 617): aver diffuso il materiale ottenuto illegalmente.
E la stessa accusa viene mossa a quello che è stato il responsabile della sicurezza delle Coop per la Lombardia, M. C., e il titolare di una società di sicurezza, Alberto R., che secondo l' ipotesi accusatoria, avrebbe installato illegalmente le sofisticate apparecchiature. Un metodo, sembra aver accertato ora l' inchiesta, che non si sa bene ancora come, ma che sarebbe stato attuato senza l' autorizzazione dei vertici, ma che permetteva comunque al responsabile della sicurezza di monitorare ogni movimento dei dipendenti, conoscere le loro conversazioni, seguirli nel loro orario di lavoro. A far scoprire la presenza del centro d' ascolto abusivo, una parcella non pagata al responsabile di sicurezza aziendale.
24 maggio
(e. ran.)
La Repubblica
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