MILANO – Alla Coop le donne sono discriminate? Secondo il Tribunale di Milano il colosso dei supermercati rossi non avrebbe fatto fare carriera alle donne e ha condannato i supermercati della Lombardia per “discriminazione sessuale”.
Secondo quanto scrive Beatrice Borromeo sul Fatto quotidiano su 14 uomini tutti tranne uno invalido sono stati assunti a tempo pieno. A guardare le file delle donne i numeri citati non sono proprio gli stessi perché su 37 donne, in 34 lavorano con un contratto part time.
Nel 2009 le donne tra i 28 e i 45 anni a Novate Milanese hanno fatto causa alla cooperativa perché solo i maschi facevano carriera, avendo contratti a tempo pieno, visto che con un contratto part time non si possono ottenere promozioni interne.
Le dipendenti, secondo quanto scrive il giudice Riccardo Atanasio nella sentenza di primo grado riferita dal Fatto, “hanno subìto discriminazioni dirette di carattere sessuale: pur lavorando per la Coop da circa vent’anni, non veniva concesso loro il contratto full time per il solo fatto di essere donne. Per questo devono essere risarcite: sia per il mancato guadagno dovuto alla differenza di salario tra part time e full time in questi tre anni, sia per i danni morali (5 mila euro a testa)”. In più il contatto dovrà essere a tempo pieno.
11 febbraio 2011
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QUANDO LA COOP DISCRIMINA
Il tribunale di Milano condanna i supermercati COOP per discriminazione sessuale
Nove lavoratrici, tra i 28 e i 45 anni, di un punto vendita della Coop di Novate Milanese intentano causa alla cooperativa in quanto, in spregio alle pari opportunità, a differenza dei colleghi maschi, non gli veniva offerto un contratto full-time.
La sentenza di primo grado ha dato loro ragione: “le dipendenti hanno subito discriminazioni dirette di carattere sessuale: pur lavorando per la Coop da circa vent`anni, non veniva concesso loro il contratto full time per il solo fatto di essere donne. Per questo devono essere risarcite: sia per il mancato guadagno dovuto alla differenza di salario tra part time e full time in questi tre anni, sia per i danni morali (5 mila euro a testa). Oltre, ovviamente, alla trasformazione del loro contratto in uno a tempo pieno".
La cosa sorprendente è che "Su 51 dipendenti, 14 sono uomini e 37 donne. Degli uomini, tutti tranne uno (peraltro invalido) sono stati assunti a tempo pieno. Su 37 donne invece, ben 34 non sono riuscite ad avere un contratto migliore di un semplice part time. Pur avendo anzianità aziendale maggiore dei colleghi uomini e pur avendolo richiesto più volte, il contratto a tempo e stipendio pieno veniva sempre assegnato agli uomini, anche se neoassunti".
Il virgolettato tratto da un’articolo del il Fatto Quotidiano di oggi, dichiara Francesco Iacovone di USB Lavoro Privato, non stupisce la nostra organizzazione sindacale, ormai da anni impegnata nel cercare di riportare all’interno della grande distribuzione cooperativa i minimi livelli di dignità con l’impegno e l’apporto costante di tanti delegate e delegati.
La grande distribuzione organizzata, continua Iacovone, basa la propria organizzazione del lavoro su contratti part time, esternalizzazioni, precariato, e molto spesso non consente ai lavoratori di guadagnare uno stipendio che consenta una vita dignitosa, i progetti di pari opportunità sono pochi e spesso non rispondono alle esigenze delle tante donne e madri impiegate nel settore, ma a mere esigenze commerciali mascherate da nobili intenti.
USB Lavoro Privato, conclude Iacovone, nel gioire insieme alle nove lavoratrici lombarde, rinnova il proprio impegno per incidere in maniera fattiva nella grande distribuzione organizzata, l’esperienza ci ha già dimostrato che laddove i lavoratori si organizzano le condizioni di lavoro migliorano e questa esperienza, anche se in piccolo, ne è la cartina da tornasole.
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