All'Usb erano vietate le assemblee perché in prima battuta non aderì all'intesa di Palazzo Chigi
“Il giudice dichiara l’antisindacalità della condotta e ordina” ad Alitalia-Cai “di riconoscere le rappresentanze aziendali del sindacato Unione Sindacale di Base e di riconoscere loro l’esercizio del diritto di assemblea”. Sono le ultime righe del decreto firmato da Francesco Colella, giudice del lavoro del Tribunale di Civitavecchia. Sette pagine pesanti, e non soltanto per i rapporti sindacali all’interno di Alitalia. La decisione del magistrato infatti potrebbe in futuro pesare anche nella vicenda Fiat di Pomigliano d’Arco e Mirafiori.
Il succo della questione: se un sindacato rifiuta di siglare il contratto, l’azienda deve riconoscergli la rappresentanza quando, in un secondo tempo, decida di firmare. Nella sentenza c’è una frase che potrebbe segnare i futuri rapporti tra sindacati e imprese: “La rappresentatività del sindacato non deriva da un riconoscimento del datore di lavoro”.
Ma andiamo con ordine: siamo nel 2008, le polemiche legate alle trattativa Alitalia sono al calor bianco. I sindacati inizialmente respingono il contratto proposto dai nuovi azionisti. Interviene il Governo che si impegna a garantire il rispetto dei patti. Alla fine la maggior parte delle sigle mettono la firma. Sdl però rifiuta di aderire al contratto. Non si tratta di una decisione da poco: Sdl raccoglie una fetta consistente dei dipendenti soprattutto tra gli assistenti di volo. Riccardo Faranda, avvocato del sindacato, spiega: “Una situazione simile a quella che si è verificata alla Fiat, dove un sindacato chiave come la Fiom ha deciso di non sottoscrivere il contratto”.
Riassume il decreto: “Con una lettera dell’aprile 2010 il sindacato (che nel frattempo è diventato Usb) comunica ad Alitalia la propria decisione di sottoscrivere il contratto collettivo aziendale del 2008 e chiede inutilmente alla compagnia aerea di poter ottenere i locali per le proprie assemblee”.
Ecco il nodo: “Alitalia – racconta Francesco Staccioli, responsabile assistenti di volo Usb – sosteneva che non avendo firmato da subito il contratto non avevamo diritto alla rappresentanza sindacale”. E di nuovo viene in mente la situazione della Fiat, dove in ambienti della Cgil c’è chi ha proposto una firma tecnica della Fiom che consenta al sindacato di maggioranza relativa di non essere tagliato fuori. La decisione del giudice del lavoro di Civitavecchia potrà essere invocata dalla Fiom qualora volesse firmare in un secondo tempo il contratto collettivo. Il decreto lascia pochi dubbi: “Il sindacato ha chiesto al giudice che sia dichiarata l’antisindacalità della condotta (di Alitalia, ndr) e che sia ordinato alla società di riconoscere le rappresentanze di Usb consentendo loro l’esercizio del diritto di godere dei permessi sindacali, di convocare le assemblee e di fruire dei locali idonei a svolgere la propria attività” ricevendo anche “i contributi dei propri iscritti con trattenuta sulla busta paga”.
Secondo Alitalia-Cai, è scritto nel decreto, “il sindacato non potrebbe esercitare il diritto di assemblea perché non è firmatario del contratto collettivo aziendale e quindi è privo di rappresentanza”. Questo anche se la compagnia aerea, come ricorda il decreto, “ha ribadito l’invito ai sindacati (esclusi dalla firma, ndr) ad aderire agli accordi sottoscritti”.
Esistono delle condizioni, come ricorda il magistrato: “Per essere considerato firmatario di un contratto collettivo è necessario che il sindacato abbia preso effettivamente parte alle trattative”. Ma Usb ha partecipato alle trattative e quindi può firmare. Anche in un secondo tempo. Di nuovo un discorso che potrebbe non essere applicato soltanto al contratto Alitalia. È la legge, lo statuto dei lavoratori, che definisce chi può firmare un contratto. Non l’impresa.
Alla fine la decisione: il magistrato “dichiara l’antisindacalità della condotta consistita nel diniego del diritto di assemblea opposta alla richiesta di Usb e ordina ad Alitalia di riconoscere le rappresentanze sindacali aziendali appartenenti al sindacato e di consentire loro l’esercizio del diritto di assemblea”.
Insomma, l’Usb rientra in Alitalia anche se dopo i tagli e dopo due anni fuori dall’azienda i suoi iscritti sono passati da duemila a circa cinquecento. Andrea Cavola, segretario nazionale responsabile per il trasporto aereo di Usb, non ha dubbi: “E’ un precedente storico. L’azienda sarà costretta a convocarci agli incontri con i sindacati e potremo impugnare loro eventuali decisioni prese senza un preventivo confronto con noi”.
Il succo della questione: se un sindacato rifiuta di siglare il contratto, l’azienda deve riconoscergli la rappresentanza quando, in un secondo tempo, decida di firmare. Nella sentenza c’è una frase che potrebbe segnare i futuri rapporti tra sindacati e imprese: “La rappresentatività del sindacato non deriva da un riconoscimento del datore di lavoro”.
Ma andiamo con ordine: siamo nel 2008, le polemiche legate alle trattativa Alitalia sono al calor bianco. I sindacati inizialmente respingono il contratto proposto dai nuovi azionisti. Interviene il Governo che si impegna a garantire il rispetto dei patti. Alla fine la maggior parte delle sigle mettono la firma. Sdl però rifiuta di aderire al contratto. Non si tratta di una decisione da poco: Sdl raccoglie una fetta consistente dei dipendenti soprattutto tra gli assistenti di volo. Riccardo Faranda, avvocato del sindacato, spiega: “Una situazione simile a quella che si è verificata alla Fiat, dove un sindacato chiave come la Fiom ha deciso di non sottoscrivere il contratto”.
Riassume il decreto: “Con una lettera dell’aprile 2010 il sindacato (che nel frattempo è diventato Usb) comunica ad Alitalia la propria decisione di sottoscrivere il contratto collettivo aziendale del 2008 e chiede inutilmente alla compagnia aerea di poter ottenere i locali per le proprie assemblee”.
Ecco il nodo: “Alitalia – racconta Francesco Staccioli, responsabile assistenti di volo Usb – sosteneva che non avendo firmato da subito il contratto non avevamo diritto alla rappresentanza sindacale”. E di nuovo viene in mente la situazione della Fiat, dove in ambienti della Cgil c’è chi ha proposto una firma tecnica della Fiom che consenta al sindacato di maggioranza relativa di non essere tagliato fuori. La decisione del giudice del lavoro di Civitavecchia potrà essere invocata dalla Fiom qualora volesse firmare in un secondo tempo il contratto collettivo. Il decreto lascia pochi dubbi: “Il sindacato ha chiesto al giudice che sia dichiarata l’antisindacalità della condotta (di Alitalia, ndr) e che sia ordinato alla società di riconoscere le rappresentanze di Usb consentendo loro l’esercizio del diritto di godere dei permessi sindacali, di convocare le assemblee e di fruire dei locali idonei a svolgere la propria attività” ricevendo anche “i contributi dei propri iscritti con trattenuta sulla busta paga”.
Secondo Alitalia-Cai, è scritto nel decreto, “il sindacato non potrebbe esercitare il diritto di assemblea perché non è firmatario del contratto collettivo aziendale e quindi è privo di rappresentanza”. Questo anche se la compagnia aerea, come ricorda il decreto, “ha ribadito l’invito ai sindacati (esclusi dalla firma, ndr) ad aderire agli accordi sottoscritti”.
Esistono delle condizioni, come ricorda il magistrato: “Per essere considerato firmatario di un contratto collettivo è necessario che il sindacato abbia preso effettivamente parte alle trattative”. Ma Usb ha partecipato alle trattative e quindi può firmare. Anche in un secondo tempo. Di nuovo un discorso che potrebbe non essere applicato soltanto al contratto Alitalia. È la legge, lo statuto dei lavoratori, che definisce chi può firmare un contratto. Non l’impresa.
Alla fine la decisione: il magistrato “dichiara l’antisindacalità della condotta consistita nel diniego del diritto di assemblea opposta alla richiesta di Usb e ordina ad Alitalia di riconoscere le rappresentanze sindacali aziendali appartenenti al sindacato e di consentire loro l’esercizio del diritto di assemblea”.
Insomma, l’Usb rientra in Alitalia anche se dopo i tagli e dopo due anni fuori dall’azienda i suoi iscritti sono passati da duemila a circa cinquecento. Andrea Cavola, segretario nazionale responsabile per il trasporto aereo di Usb, non ha dubbi: “E’ un precedente storico. L’azienda sarà costretta a convocarci agli incontri con i sindacati e potremo impugnare loro eventuali decisioni prese senza un preventivo confronto con noi”.
12 febbraio 2011
Il fatto Quotidiano
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