Svolta nelle relazioni tra Confindustria e Legacoop
«La svolta di Bologna». È quella tra Confindustria e
Legacoop. È stata tenuta a battesimo dal presidente confindustriale
Giorgio Squinzi e potrebbe sfociare nel clamoroso ingresso delle coop in
Confindustria. Sembra preistoria quando le due organizzazioni si
guardavano in cagnesco, con la Confindustria definita dai cooperatori
comunisti «l'organizzazione dei padroni» e le coop tenute alla lontana
dagli industriali, infette dal virus di essere «cinghia di trasmissione
del Pci».
Per la verità, l'ostracismo è durato fino a qualche anno
fa quando Confindustria ancora sollecitava il governo Berlusconi a
sanare l'anomalia coop, ovvero a rivedere le agevolazioni fiscali
storicamente accordate alle cooperative perché vincolate a reinvestire
gli utili di bilancio.
Gianpiero Calzolari |
Ma ora a capo di Confindustria c'è un
pragmatico come Squinzi, sostenitore del dialogo con tutti, e le coop si
vantano di essersi affrancate da ogni signoraggio partitico.
Non
solo. Ci sono colossi come Unipol, Granarolo, Cmc, Conserve Italia che
ormai stanno stretti nell'ingessatura coop e sanno che avrebbero tutto
da guadagnare da un salto del fosso, verso via dell'Astronomia.
Inoltre
alla guida del paese c'è un governo dei tecnici, quindi la politica ha
rallentato la presa sulle organizzazioni sociali.
Poi,
last but non least, la crisi sta facendo soffrire tutte le imprese e
quando si è sotto tiro, meglio stare vicini e approntare uniti le
contromosse.
Sono queste le ragioni della «svolta di Bologna», con
la cerimonia che è stata officiata all'assemblea cittadina di
Confindustria. Il presidente locale, Alberto Vacchi, è a capo
dell'azienda-leader (Ima) del packaging, giovane e senza appartenenze,
guarda al business e non al colore politico. Il suo dirimpettaio di
Legacoop è Gianpiero Calzolari, niente a che fare col clichè del
dirigente cooperativo filocomunista, tanto da schierarsi contro la Cgil e
contro i Pd filo-sindacato sulla questione dell'articolo 18: «La crisi è
quella che è, e quindi se è vero che l'articolo 18 non è dirimente, non
possiamo neppure cavarcela dicendo che non è il primo problema sul
piatto». Da parte sua, Vacchi gli restituisce l'assist: «Basta coi
contratti di lavoro senza la Fiom».
Ce n'è quanto basta per
intendersi e allora i due hanno deciso di incominciare un cammino comune
e all'assemblea confindustriale di Bologna si sono presentati a
braccetto, poi entrambi seduti in prima fila, quindi i generosi
reciproci complimenti nelle dichiarazioni e dal palco, sotto l'occhio
vigile di Giorgio Squinzi, che nelle conclusioni ha sottolineato che «le
coop rappresentano un tassello importante dell'economia». Inoltre
Confindustria e Legacoop hanno allestito insieme 400 stand e organizzato
Farete, cioè un tentativo di favorire conoscenza, partnership e
business tra aziende. E Calzolari ha annunciato che inviterà Vacchi
all'imminente adunata delle cooperative.
La svolta avviene dopo
due accorpamenti: quello della Confindustria locale che ha risucchiato
la Confapi (confederazione piccole imprese) e quello di Legacoop,
Confcoop (ex-Dc) e Agci (ex Psi e Pri) che hanno incominciato a creare
strutture unitarie. Quando avverrà l'embrasson nous tra Confindustria e
Legacoop si raggiungerà in pratica un'unica rappresentanza per
l'impresa, salvo gli artigiani, gelosi della loro autonomia.
Se
Legacoop si allontana dal Pd, la Cgil rompe gli indugi e si mobilita:
qualche giorno fa sono stati picchettati gli ingressi di alcuni
supermercati ed è come la fine di un lungo feeling: «La ripresa della
mobilitazione in Coop Estense dopo la tregua causata dal sisma», dice
Marzio Govoni, dirigente Cgil a Modena, «ha come obiettivo la
riconquista del contratto aziendale e il miglioramento delle condizioni
di lavoro di migliaia di lavoratrici e lavoratori coop».
Le coop
si sono messe a giocare in proprio e non solo tallonano e a volte
contestano l'operato della giunta a maggioranza Pd guidata da Virginio
Merola, ma debbono subire dalla Cgil un atteggiamento d'attacco come
nelle altre realtà aziendali. Insomma, addio modello consociativo.
Sui
tempi del matrimonio nessuno si pronuncia. Anche perché ci sono ancora
da vincere alcune resistenze. I vecchi cooperatori comunisti gridano al
tradimento e quelli di rifondazione minacciano l'obiezione di coscienza
pur di non sedere al tavolo confindustriale. Roberto Sconciaforni,
dirigente di Rifondazione comunista dice: «ma ormai Legacoop è già come
Confindustria». Poi c'è l'ala bombasseiana di Confindustria che lancia
strali contro l'ingresso dei cooperatori, additati come concorrenti
sleali.
Vacchi e Calzolari dovranno quindi lavorare non poco per
convincere i più riottosi ma considerano già un grande successo della
loro strategia di avvicinamento la predisposizione di eventi comuni e la
decisione di presentarsi con una sola voce nelle riunioni ufficiali con
le istituzioni locali. Conclude Gianpiero Calzolari, il traghettatore: «
Anche a Bologna serve coraggio e discontinuità, occorre che tutti
suonino lo stesso spartito per un grosso sforzo di concretezza». A fare
da battistrada e suonare già lo stesso spartito è l'importante
Cooperativa ceramica di Imola, tre stabilimenti e 227 milioni di euro di
fatturato: è associata sia alle coop che a Confindustria. Paga due
quote associative ma può ben sostenere di essere l'antesignana di una
futura Conficoopimprese.
26 settembre 2012
Giorgio Ponziano
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