In questa direzione va il nuovo spot di Unicoop Firenze, definito spot impossibile, perché non commercializza nulla, ma rilancia valori antitetici a quelli della commercializzazione dei prodotti. Nel filmato pubblicitario infatti, si rilancia il concetto di consumo consapevole, di qualità della vita che passa principalmente attraverso gli affetti ed il tempo libero, non nello shopping compulsivo.
Il tema è stato proposto con forza dal presidente di Unicoop, Campaini, nel suo recente libro-intervista Un'altra vita è possibile e precedentemente in una crociata contro la domenica lavorativa (quelle eccedenti ad una, come attualmente consentito dalle deroghe comunali), iniziativa sulla cui genuinità nutrimmo alcuni dubbi.
Il Presidente ha impiegato molto del suo tempo nel divulgare il verbo e non c'è quasi stata sera in cui non fosse impegnato in qualche Casa del Popolo o altre sedi, dove presentare il libro dal sottotitolo inequivocabile: «Quando i valori dell’uomo condizionano le leggi del profitto».
Peccato che Campaini non abbia trovato tempo e modo di esprimere i suoi sentimenti sull'incidente mortale che è costato la vita a Claudio Pierini, nostro collega dei magazzini di Unicoop Firenze con un'anzianità di quasi 30 anni. Non ci aspettavamo certo una presenza al funerale, ma almeno una frase di cordoglio, che facesse sentire il Presidente vicino alla famiglia e a noi dipendenti , quello si. Tanto più che è in grado di esprimere cordoglio, quando vuole.
Il percorso di Unicoop su un recupero valoriale dell'immagine, comunque continua. Dopo il libro, ecco che viene lanciato lo spot impossibile. L'idea prende corpo dall'economista Stefano Bartolini, già citato nel libro del presidente Campaini, che insegna Economia della Felicità all'università di Siena.
Lo spot, a dire il vero bruttino, mette a confronto due stili di vita: quello del padre premuroso anche se povero, a giudicare dalla vettura, che ha tempo e desiderio da dedicare alla figlia e quello di un presunto manager, costipato in una vettura e circondato da collaboratori tristi che si nega al figlio per impegni di affari e delega la segretaria per l'acquisto di un regalo riparatore dalla sua perenne assenza di padre. In entrambi i casi, regna la presenza ossessiva del telefonino: anche il padre buono usa il cellulare per far scendere la figlia di casa, anziché suonare il campanello, come farebbe chiunque. Ma lasciamo correre le facezie.
La parte interessante sta nell'intervista dell'economista Bartolini, che nella versione dello spot che proponiamo, afferma: «E' una pubblicità valoriale che non vedremo mai, perché non commercializza un prodotto. Se hai qualche problema, qualche insicurezza, la soluzione ai tuoi problemi è nel cercare di più i tuoi affetti e nell'avere più tempo. Il che magari comporta lavorare di meno e consumare di meno»
Abbiamo capito bene? Unicoop Firenze che ha realizzato lo spot vuole che noi dipendenti abbiamo più tempo per le nostre famiglie e lavoriamo di meno?
Come si spiega allora:
- la richiesta delle Coop nell'attuale trattativa sul CCNL di regolamentare la malattia, attraverso un meccanismo che riduce il riconoscimento economico per i primi 3 giorni di carenza? Qui non solo tratta neanche di tempo da dedicare agli affetti, come da spot buonista, ma si intacca un diritto fondamentale che è quello di stare a casa retribuiti quando siamo malati.
- Il salario variabile legato alla presenza. Più ti ammali meno prendi.
- Il generalizzato peggioramento per i neoassunti con aumento dell'orario di lavoro da 38 a 40 ore e sulla maturazione del ROL in quattro anni ?
E sul Contratto aziendale di Unicoop Firenze le cui trattative sono anch'esse in corso che dire?
- Sui Minimercati Unicoop si ipotizza un aumento delle ore ed un congelamento dell'integrativo sul salario variabile (più lavoro meno soldi)
- E La richiesta di alzare il divisore contrattuale?
E ci fermiamo qui. Certo che siamo un pò stanchi di queste prese in giro. Buoni solo negli spot pubblicitari, ma quando c'è da fare i conti coi dipendenti, la musica è tutta un'altra. Può darsi che scioperiamo davvero, la prossima volta.