Anche Coop Reno, come Coop Estense e Coop Nordest, ha disdettato il Contratto Integrativo Aziendale
Ma davvero il costo del lavoro è il primo problema?
Mentre i teutonici di Metro festeggiano la ritrovata pax sindacale, gli emiliani delle cooperative, non paghi delle baruffe con Matteo Renzi, continuano a litigare pure con Cgil e compagnia. E così, nella regione culla del mutualismo, si diffonde il modello Coop Estense: la società, lo scorso aprile, ha disdettato il contratto aziendale, sostituendolo unilateralmente con un regolamento interno.
Tale linea di condotta ha presto trovato emuli tra le confinanti consorelle. Ad esempio in Coop Nordest, operante in quella provincia reggiana che che presto si sposerà con quella modenese, provincia che già include parte del distretto ceramico.
Tale linea di condotta ha presto trovato emuli tra le confinanti consorelle. Ad esempio in Coop Nordest, operante in quella provincia reggiana che che presto si sposerà con quella modenese, provincia che già include parte del distretto ceramico.
Dall'l novembre, invece, vige il regolamento interno pure per Coop Reno, i cui negozi si spingono dal ravennate fino alla Bassa padana, inclusa San Giovanni in Persiceto.
Proclamando l'inesorabile sciopero contro Coop Reno, Filcams-Cgil e Uiltucs-Uil hanno quantificato gli effetti del nuovo corso come segue: tre ore settimanali a testa di lavoro in più, per un totale di 144 ore annue e a parità di stipendio, quindi a gratis; con una riduzione della retribuzione annua di circa 3mila curo per ognuno dei circa 600 dipendenti, contando sia lo stipendio netto sia i contributi. Ma perché, allora, arrivare a tanto?
I sindacati denotano come «i bilanci aziendali non evidenzino dati allarmanti». L'affermazione è veritiera: a fronte di un mol stabile, lo scorso anno l'azienda presieduta da Paolo Bedeschi ha persino aumentato l'utile netto, a 1,45 milioni dagli 1,01 del 2010.
D'altra parte, nemmeno l' Estense, in tempi recenti, ha mai visto il rosso a bilancio. Laddove si sono verificati aumenti del costo del personale, non sono stati tali da giustificare allarmismi sui conti.
D'altra parte, nemmeno l' Estense, in tempi recenti, ha mai visto il rosso a bilancio. Laddove si sono verificati aumenti del costo del personale, non sono stati tali da giustificare allarmismi sui conti.
E dunque sono davvero i dipendenti, ovvero la fascia più debole della catena, il vero problema? Sempre stando ai sindacalisti di Coop Reno, il problema non è il passato, ma il futuro. E cioè: la dirigenza vorrebbe intervenire sulla struttura dei costi «per poter reggere il picco della crisi che ci sarà nel 2013».
La risposta è arrivata con tanto di paginate di pubblicità sui giornali: la dirigenza ha rivendicato, ad esempio, i 3,81 milioni di salario variabile distribuiti negli ultimi quattro anni, i 62 nuovi assunti o le 164 stabilizzazioni
contrattuali. Soprattutto, i manager di Coop Reno ritengono che i sacrifici chiesti ora, in futuro, saranno redistribuiti ai dipendenti «per una quota di circa il 60%». E appunto, ecco il modello Coop Estense. Non troppo dissimile dal modello Marchionne: i lavoratori siano più produttivi oggi, e saranno ripagati domani.
In aggiunta a ciò, ModenaQui continua a gettare sul tavolo un'altra ipotesi: i portabandiera di Legacoop nella gdo devono macinare margini per sostenere certe avventure fuori campo, vedi la conquista delle assicurazioni FonSai da parte di Unipol. Non è una certezza, ma un'ipotesi credibile si.
3 novembre 2012
Nicola Tedeschini
ModenaQui
2 commenti:
Il sistema della grande distribuzione, fin qui ritenuto un produttore di ricchezza incontrovertibile, sta mostrando i suoi limiti, e come una tigre in gabbia sfodera gli artigli per sopravvivere, anche a scapito di quelli che sono le sue armi migliori: i dipendenti. Il sistema sta implodendo, lor signori cercano solo il modo di rallentarne l'implosione massimizzando i fatturati, minimizzando la perdita, ma imploderà in quanto insostenibile.
Ci sarebbe il modo per un passaggio meno doloroso e più equo ad una forma sostenibile di commercio, ma si ridurrebbe drasticamente l'introito di quei pochi che detengono il potere in quel sistema di mercato, affiancati da imprenditori senza scrupoli che non esitano a frodare fisco e azionisti.
Fra non molto, i grandi centri commerciali, saranno cattedrali nel deserto, vuoti e desolati.
Il commento del sig. Bulgarelli è un tantino apocalittico ma penso anch'io che abbia colto nel segno con la sua analisi. Stanno grattando il fondo del barile e sul fondo ci siamo noi dipendenti!
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