29 ottobre 2013

LIBRETTI COOP, IL SOLO PATRIMONIO NON BASTA

Va attivata al più presto la garanzia suppletiva per i soci prestatori che è stata già prevista dalla Banca d'Italia

Il refuso sui dati del bilancio di Coop Adriatica





«Quali sono le tutele per i soci prestatori? Anche una grande Coop può fallire»? Come ormai puntualmente accade all'indomani della pubblicazione su PLUS24 dell'inchiesta sullo stato di salute delle Coop che emerge dall'analisi dei bilanci, anche quest'anno le mail arrivate in redazione e i commenti lasciati sul sito internet dai lettori manifestano tutta la preoccupazione dei soci prestatori nell'apprendere l'assenza di qualsiasi forma di garanzia sui capitali depositati nei prestiti sociali.

IL SOCIO NON INVESTE, FINANZIA
Non ci sono prestiti sociali sicuri, perché non esistono imprese cooperative troppo grandi da non poter fallire. Dopo il 15 settembre 2008, data del fallimento della banca Lehmann Brothers, e dopo una crisi finanziaria, due recessioni e la crisi dei debiti sovrani, sono rimasti in pochi a credere nel "too big to fail". Crisi dei consumi e finanza "strategica", come abbiamo visto nello speciale di sabato scorso, stanno erodendo la solidità delle grandi cooperative di consumatori. In questo scenario è naturale che i soci prestatori si chiedano quali siano le garanzie di quello che, in prevalenza, continuano a considerare un "investimento", piuttosto che un "finanziamento". Ed è proprio questo l'equivoco di fondo che non consente ai soci di percepire i rischi che si assumono: depositando le somme sui prestiti sociali non investono i risparmi, ma finanziano, concedono credito alla Coop di cui sono soci. L'unica garanzia è data dal patrimonio della cooperativa.

È GIÀ TUTTO SCRITTO NERO SU BIANCO
Difficile pensare che 1,2 milioni di soci prestatori, distribuiti in nove cooperative, possano maturare questa consapevolezza. Sarà anche per questo che la normativa di Banca d'Italia (istruzioni di vigilanza Titolo IX, Cap. 2, sez. V) contempla la possibilità di attivare "schemi di garanzia dei prestiti sociali" promossi dalle associazioni di categoria, ovvero direttamente dalle cooperative interessate, anche nell'ambito d'iniziative di tipo consortile. Si tratta di una forma di tutela che prevede, per le ipotesi di fallimento, liquidazione coatta amministrativa o concordato preventivo della cooperativa, il rimborso dei prestiti effettuati dai soci in una misura almeno pari al 30%, ma auspicabilmente superiore. Nell'ambito di ogni schema di garanzia, poi, è necessario che la somma dei prestiti sociali delle cooperative aderenti (non garantiti da soggetti vigilati) non superi un limite pari a tre volte la somma dei patrimoni delle cooperative medesime.

RISPARMIATORI DA TUTELARE
La disposizione, che attribuisce alle associazioni di categoria del movimento cooperativo un ruolo promozionale decisivo e che è rimasta sino a oggi lettera morta, ripropone, con una portata più contenuta, il modello mutualistico-consortile dei fondi di tutela che garantiscono ai clienti bancari il rimborso, fino a 100 mila euro e entro 20 giorni dal default (7 giorni secondo la proposta di nuova direttiva europea sui sistemi di garanzia dei depositi), delle somme depositate. In entrambi i casi, infatti, la ratio sembra essere quella di tutelare i piccoli risparmiatori inconsapevoli, incapaci di valutare la solidità della banca o della cooperativa

GARANTIRE IL SOCIO O LA COOP?
Resta aperta, per le associazioni di categoria, in presenza di consorzi fortemente coesi come Coop, la scelta fra un "sistema di mutua garanzia", che protegge la singola cooperativa e ne garantisce la solvibilità, e quello di un "sistema di garanzia dei depositi" che tutela i depositanti. Infatti se, grazie al sistema di mutua garanzia, una cooperativa non fallisce, non è necessario rimborsare i soci prestatori. Per contro, un "sistema di garanzia dei depositi" è attivato solo in caso di default dell'impresa cooperativa. Le soluzioni ci sono, basta attivarle.

Coop Adriatica in utile, ma alla Camera di commercio risultava il contrario

Nel servizio pubblicato lo scorso 19 ottobre, PLUS24 ha riportato un risultato netto di esercizio 2012 negativo per Coop Adriatica. Si tratta di un errore: la Cooperativa ha chiuso il 2012 con un risultato di pertinenza del Gruppo di 18,78 milioni nel Consolidato e di 26,59 milioni nel bilancio d'esercizio. L'errore è dovuto a un refuso nel solo conto economico di uno dei documenti di bilancio consolidato depositati alla Camera di commercio, e utilizzati come fonte da PLUS24. Il risultato invece è correttamente riportato sia nello stato patrimoniale dello stesso documento, sia in tutti gli altri atti di bilancio depositati alla Ccia, on line sul sito della cooperativa (www.adriatica.e-coop.it sezione Chi siamo), negli stampati e comunicati stampa di bilancio. Coop Adriatica ha già provveduto a correggere il refuso anche presso l'organismo competente.

Ufficio stampa Coop Adriatica
Per l'inchiesta di sabato sono stati utilizzati i dati dei bilanci consolidati depositati e pubblicati presso il Registro delle Imprese, ciò proprio alfine di indicare solo dati ufficiali. Anche il risultato netto di pertinenza del gruppo Coop Adriatica (-2 milioni), pertanto, è stato rilevato dall'ultima riga del conto economico depositato. Rendiamo atto a Coop Adriatica di aver ammesso che il dato era erroneamente riportato, sia per l'anno 2012 che per il 2011, e che solo ora ne è stata chiesta la correzione. Precisiamo, conseguentemente, che anche L'ammontare complessivo del risultato netto aggregato di pertinenza dei gruppi delle nove Coop è una perdita di 132 e non di 153 milioni. Resta confermato tutto il resto, considerazioni comprese. (G.Ur.)



28 ottobre 2013

Adriano Melchiori, Gianfranco Ursino

Il Sole 24 Ore






26 ottobre 2013

POLTRONE IN COOP, SI CHIUDE IL GIRO DI VALZER


Con la nomina di Elio Gasperoni alla vicepresidenza di Coop Adriatica dovrebbe essersi concluso il valzer di poltrone iniziato con l'avvicendamento di Pedroni al posto di Tassinari alla presidenza di Coop Italia







Possiamo ricorrere a varie metafore, come citare il chimico Lavoisier e il suo conosciuto aforisma per cui nulla si distrugge, tutto si trasforma, oppure trattandosi di terra d'Emilia e Romagna non si può non nominare il maiale di cui notoriamente non si butta via nulla. In Coop pare suonare la stessa musica. I dirigenti, che siano bravi o dei brocchi assoluti, troveranno sempre una collocazione anche in età avanzata.
 
Per gli appassionati della sit-com "Poltrone in Coop", il giro dovrebbe essersi concluso con la nomina di Elio Gasperoni alla vicepresidenza di Coop Adriatica. Ma ricostruiamo con ordine.

Marco Pedroni è divenuto nel giugno scorso presidente di Coop Italia, lasciando la presidenza di Coop Consumatori Nordest alla guida della quale si era distinto per una potente e distruttiva
passione per la finanza, caratteristica ricorrente in questi manager delle Coop, come abbiamo visto anche nei recenti articoli de il Fatto e de il Sole 24 Ore. Quindi con tali premesse, perché non promuoverlo alla presidenza di Coop Italia? Ma la passione, come canta il poeta, spesso conduce a soddisfare le proprie voglie e i soci della Coop Nordest si erano preoccupati specialmente sull'operazione Unipol-Fonsai.

Alla presidenza di Coop Nordest è andato
Paolo Cattabiani, che però ha lasciato vacante la poltrona alla presidenza di Lega Coop Emilia-Romagna prontamente rimpiazzata da Giovanni Monti, vicepresidente di Coop Adriatica, carica da cui si dimette, mantenendo però le seguenti: «Attualmente, Monti è presidente di Cometha, societa cooperativa che svolge attività finanziaria, e di Lima srl; è amministratore unico di Emiliana srl, fa parte dei consigli di amministrazione di: Unipol Assicurazioni Spa, Coopfond, Librerie.coop Spa, Coop Sicilia Spa, Enercoop Adriatica Spa, Unipol Banca Spa». E va beh, avrà un gran numero di segretarie.

Quindi il giro di valzer cooperativo dovrebbe essersi concluso, se non per qualche piccolo dettaglio di non rilevante significato, come chi andrà a sostituire Elio Gasperoni  che dall’anno scorso è presidente della Lega delle Cooperative di Ravenna, o se costui opterà per il doppio incarico, sulla scia del pluri incaricato Giovanni Monti.

Resta un tassello fuori, anzi un Tassinari. Il giro di poltrone prende il via proprio dal siluramento del 64enne ex presidente del consiglio di gestione di Coop Italia, carica che ricopriva da 25 anni. Non dispiacetevi però, Tassinari ci rassicura sul suo futuro: non farò il pensionato che porta a spasso il cane, mi dedicherò a Saiagricola che è l’impresa di investimento in agricoltura del gruppo Unipol della quale sono presidente (faceva parte del gruppo Fonsai e vanta terreni adibiti a vigneti ed uliveti e splendide tenute tra Toscana, Umbria e Piemonte), inoltre rimarrò presidente di Centrale Italiana che è la centrale di acquisto di Coop, Sigma e Despar, continuerò nell’insegnamento alle Università della Bicocca di Milano e alla facoltà di Economia a Bologna oltre a far parte del consiglio di amministrazione di Caricento.

In Coop funziona così. D'altra parte però il resto del Paese non pare distinguersi altrimenti.
 


26 ottobre 2013



 

20 ottobre 2013

COOP, TUTTO QUELLO CHE I SOCI PRESTATORI DEVONO SAPERE



Nel 2012 è diminuita del 7% la raccolta del risparmio dai soci

Dalla finanza 371 milioni di svalutazioni








Come funziona il filo diretto con i lettori

Tutti i numeri delle 9 grandi Coop (Tabella)

La fiducia dei soci è linfa vitale per una Coop. Un attestato di stima che è tutto espresso negli 11 miliardi depositati nei prestiti sociali (anche se sarebbe più appropriato chiamarli libretti di risparmio per i soci), che rappresentano il vero motore per il funzionamento delle cooperative di consumatori che operano con il marchio Coop. Ma la fiducia va conquistata e conservata con fatti concreti e con la massima trasparenza.

Il socio che affida i suoi risparmi alla cooperativa per sostenerne lo sviluppo, ha diritto di sapere come sono utilizzati. Rispetto alle inchieste condotte da Plus24 sui bilanci 2010 e 2111 delle Coop (si vedano le pubblicazioni del 4 febbraio e del 29 dicembre 2012, nonché del 12 e 26 gennaio 20l3) solo Coop Lombardia si è aggiunta a Coop Adriatica, Coop Nordest e Coop Estense nella lista delle cooperative che mettono a disposizione sul proprio sito internet l'intera informativa di bilancio. Per le altre grandi Coop, i buoni Propositi espressi dopo le precedenti inchieste sono rimasti per il momento lettera morta un deficit di informazione e trasparenza che non va nella direzione dell'ostentata attenzione ai quasi 8 milioni di soci (di cui 1,2 milioni anche prestatori) rimarcata negli slogan della Coop. Non si è credibili se non si rendono facilmente recuperabili i bilanci e tutta la documentazione relativa al prestito sociale, comprese le policy d'investimento e di gestione dei rischi.

Anche perché dai bilanci consolidati 2012, emerge chiaramente il peso della finanza rispetto a quello della gestione commerciale: prestiti dei soci anche superiori al 150% del fatturato (Coop Nordest) e al 125% delle attività finanziarie (Unicoop Firenze), oppure pari a 4,9 volte il patrimonio consolidato (Unicoop Tirreno).

Volumi di raccolta di risparmio che surclassano quelli dell'8o% delle banche italiane: con i suoi 2,4 miliardi di prestiti, infatti, Unicoop Firenze si collocherebbe, per raccolta, fra le migliori 100 delle 693 banche italiane. Prestiti gestiti senza alcun presidio di vigilanza finanziaria e privi di un sistema di garanzia a favore dei depositanti. II ruolo di tutela è assegnato al solo patrimonio aziendale, peraltro completamente investito in immobili e beni strumentali che in caso d'insolvenza si deprezzano in modo considerevole. Banca d'Italia ha già fatto sapere, rinviando la palla al ministro dell'Economia, che non può intervenire nemmeno per il solo ripristino della trasparenza informativa e contrattuale.

Che cosa deve succedere perché il quadro delle regole e dei limiti sia adeguatamente ridefinito? Occorre attendere altri "imprevedibili" crack, come quelli descritti a pagina 6? Anche perché dai dati esposti in alto, estratti dagli ultimi bilanci disponibili delle nove grandi Coop emerge con evidenza non solo l'impatto della crisi sulla gestione commerciale e sull'ammontare delle somme raccolte (-7%), ma anche quello delle svalutazioni (spesate, ma ne rimangono anche di latenti) sugli investimenti della cosiddetta "finanza strategica'.

Libretti ma anche polizze, conti correnti e mutui

Ltro della Bce anche per Coop Lombardia e Unicoop Tirreno


Supermercato o banca? Oltre a depositare i propri risparmi nei prestiti sociali, negli spazi commerciali delle grandi Coop i soci possono ormai mettere nel carrello anche polizze, conti correnti, prestiti personali e mutui. Prodotti assicurativi e bancari che le Coop offrono ai soci grazie alla collaborazione con il Gruppo Unipol, di cui sono azionisti di riferimento.

In realtà le Coop non possono svolgere attività bancaria: possono autofinanziarsi attraverso i prestiti sociali solo per sostenere le attività svolte, offrendo ai soci libretti di risparmio a costo zero e con una remunerazione che, a seconda della Coop e degli importi versati, attualmente viaggia fra lo 0,65 e il 3,5% (al lordo della ritenuta del 20%). Da qualche anno alcune Coop propongono anche prestiti sociali vincolati, con rendimenti che non reggono però il confronto con quelli riconosciuti dai conti di deposito bancari con vincoli di pari durata, che in più offrono la garanzia del Fondo interbancario di tutela dei depositi.

Rispetto alle banche, le Coop di consumo non possono esercitare l'attività creditizia, ovvero concedere finanziamenti. Eppure nel bilancio di Coop Lombardia viene sottolineato che nel 2012, attraverso personale specializzato, nei punti vendita sono giunte 73 domande di mutuo prima casa. Coop Liguria evidenzia che attraverso Unipol Banca, e con il supporto della cooperativa, nel 2012 sono stati erogati mutui per un milione e 156mila euro, sono state stipulate 1.030 polizze, per oltre 19 milioni di euro, e 197 piani pensionistici.
 
Coop Adriatica, invece, ha costituito insieme alla rete Assicoop e Unipol Banca, CoopCiConto Srl attraverso la quale nel 20l2 sono stati sottoscritti dai soci 4.498 polizze assicurative, 1.861 conti correnti e 391 prestiti e mutui. Un business creditizio che viene sempre più sviluppato nei punti vendita delle Coop, seppur indirettamente e con l'ausilio del Gruppo Unipol.

Sempre indirettamente, alcune coop (Coop Lombardia e Unicoop Tirreno), tramite Simgest e alcune banche, hanno tratto beneficio da operazioni correlate a quelle di Ltro attivate dalla Bce per consentire al sistema bancario di rifinanziarsi a condizione di favore. Cosa manca ai negozi Coop per aggiungere le insegne di sportelli bancari?

Il vaso di Pandora nei risultati della finanza strategica

Un quinto dei prestiti investito in Unipol, Monte de Paschi, Carige e Popolare di Spoleto


Nell'annus horribilis per i consumi, a pesare sui conti delle nove grandi sorelle Coop non è il risultato della gestione commerciale (+64 milioni di euro), ma la finanza "strategica" degli investimenti in grandi gruppi quotati, come Mps e Unipol. Le svalutazioni delle partecipazioni  (371 milioni) hanno fatto complessivamente chiudere i bilanci consolidati in perdita (153 milioni), nonostante lo straordinario saldo positivo della gestione finanziaria (221 milioni).

INVESTIMENTI «STRATEGICI»
Per comprendere la destinazione dei 10,4 miliardi di risparmi raccolti dai soci è utile parlare dei bilanci consolidati. Un aggregato con un attivo di 22,3 miliardi dove le attività finanziarie rappresentano l'investimento prevalente e pesano per il 52% distribuite tra disponibilità liquide (8%, compresi i depositi a tempo), titoli pubblici (15%), altri titoli e strumenti finanziari quotati e non (19%, di cui 7% immobilizzati) e, infine, partecipazioni (10%). Quest'ultime ammontano a 2,2 miliardi e, oltre ai fondi immobiliari, comprendono i cosiddetti investimenti strategici effettuati per complessivi 1,8 miliardi, in Mps (223 milioni suddivisi tra Unicoop Firenze 129 milioni e Coop Centro Italia 94 milioni), in Banca Carige (72 milioni di Coop Liguria) e in Unipol (1,5 miliardi, investimento presente in ogni Coop). Le partecipazioni assorbono in media il 16% del prestito dei soci, con punte superiori al 20% per Coop Adriatica e Coop Nordest. Sono tre le Coop che hanno chiuso il consolidato 2012 con una perdita significativa fatta eccezione per Unicoop Tirreno (-16 milioni), che evidenzia disequilibri persistenti già nella gestione caratteristica commerciale (-28 milioni), Unicoop Firenze e Coop Centro Italia hanno in comune rilevanti svalutazioni delle loro partecipazioni in Mps.

UNICOOP FIRENZE
Nel bilancio consolidato 2012, chiuso con una perdita di 131 milioni, la Coop ha iscritto una rettifica di valore della partecipazione Mps pari a 198 milioni, portando "prudenzialmente", dicono gli amministratori, il valore medio dell'azione da 0,76 euro a 0,30 (la quotazione di questi giorni è in area 0,25). Ma non si stratta della prima svalutazione. Già nel 2008 era stata spesata una rettifica di 203 milioni alle azioni e bond convertibili Mps. Nell'ultimo quinquennio le svalutazioni arrivano a 430 milioni e sale la preoccupazione, oltre che per il costo delle ambizioni strategiche e per i risparmi dei soci affidati alla Coop, per la consistenza del patrimonio aziendale che a fine 2012 ammonta sì a 1.419 milioni, ma che comprende una rivalutazione dei fabbricati di 749 milioni effettuata nel 2008 in contemporanea con la prima svalutazione e a crisi immobiliare non ancora conclamata, sulla base del 90% del valore di perizia.

COOP CENTRO ITALIA
La Coop Centro Italia chiude il consolidato 2012 con una perdita di 63 milioni innescata da 101 milioni di svalutazioni, di cui 77 su Mps. Ma la peculiarità della cooperativa e di possedere investimenti strategici oltre che in Mps (94 milioni) e Unipol (31 milioni), anche nella popolare di Spoleto (4 milioni) in amministrazione straordinaria dal febbraio 2013.
Per quanto riguarda Unipol, tuttavia, non avendo condiviso con Fonsai, la cooperativa non ha aderito hai relativi aumenti di capitale deliberati nel 2012 e ha mutato lo status delle azioni da partecipazioni strategiche a titoli del circolante. Nonostante la procedura in corso, invece, la Coop ha raccolto l'invito a partecipare all'operazione promossa dal veicolo societario Clitumnus Srl e da una cordata d'imprenditori e istituzioni, sottoscrivendo un accordo per l'acquisizione del controllo della Popolare di Spoleto. Confermato anche l'investimento in Mps, ma svalutato a causa della perdita ritenuta durevole, riducendo il valore delle azioni a 0,44 euro, importo maggiore del 50% del valore di 0,30 euro applicato da Unicoop Firenze.

L'UBIQUITA' DI UNIPOL

Ognuna delle grandi Coop detiene partecipazioni in Unipol, il conglomerato finanziario del settore assicurativo controllato dalle cooperative aderenti a Legacoop. L'ammontare va dai 356 milioni di Coop Adriatica ai 10 milioni di Unicoop Firenze. Effettuati prevalentemente tramite società partecipate (Finsoe, Lima, Holmo, Spring 2), gli investimenti sono valutati in bilancio al costo, perché inferiore al valore di stima. Il confronto con il "prezzo di mercato", in ogni caso, evidenzia rilevanti minusvalenze latenti, anche se con ampie fluttuazioni per la volatilità del mercato. A fine 2012, per esempio, Finsoe deteneva 225.307096 azioni ordinarie Unipol (partecipazione di controllo al 50,75%) al prezzo di carico di 9,954 euro, contro il prezzo medio di dicembre in Borsa di 1,467 euro. Risultato: una minusvalenza latente di 1,9 miliardi che, rapportata alla quota del 12,4% del capitale di Finsoe detenuta da Coop Adriatica, si traduceva, al 31 dicembre, in una minus di 237 milioni che, aggiornata ai prezzi attuali (in area 3,99), si riduce a 166 milioni. Fra le coop c'è quindi apprensione per le sorti degli investimenti "strategici".



19 ottobre 2013

Adriano Melchiori, Gianfranco Ursino

Plus24-il Sole 24 Ore



18 ottobre 2013

MA QUANTE AZIONI MPS HA UNICOOP FIRENZE?

Rocca Salimbeni sede di Mps

I dati riportati dalla stampa sono spesso differenti

Dai documenti che postiamo, ad aprile scorso Unicoop Firenze risulta avere in portafoglio oltre 430 milioni di azioni Mps, pari al 3,68% del capitale





Sulla partecipazione azionaria di Unicoop Firenze in Monte Paschi si leggono percentuali che variano e i numeri sono spesso ballerini. Le dimissioni del presidente di Unicoop, Turiddo Campaini dal Cda dell'istituto senese, hanno riacceso una giostra di numeri e percentuali riportati dagli articoli pubblicati che in questi giorni hanno trattato la vicenda. Vediamo di fare un po' di chiarezza per quanto ci è possibile, seguendo un ordine cronologico.

Unicoop Firenze fino al 26 maggio 2011 deteneva 185.176.232 azioni Mps pari al 2,75% del capitale della banca (si veda a pag. 3 del verbale d'assemblea). Si arriva all'aumento di capitale deliberato il 15 giugno 2011 a cui Unicoop Firenze aderirà ritenendo che le azioni offerte in opzione agli azionisti a 0,446 euro nel rapporto di assegnazione di 18 nuove azioni ordinarie ogni 25 azioni possedute, sia una vera e propria occasione. Campaini infatti tralascerà una volta tanto di ribadire che quello della sua Coop in Mps è un investimento strategico, ma sia da considerare anche come operazione conveniente dal punto di vista finanziario (sic). Dopo la ghiotta occasione dell'aumento di capitale Unicoop Firenze detiene 318.503.114 azioni che corrispondono al 2,73% del capitale di Mps (si veda a pag. 16 del prospetto).

I risultati della conveniente operazione non tarderanno a palesarsi. Il titolo inforca con decisione una spirale ribassista sulla scia dell'esponenziale crescita dello spread e sulla fragilità della banca che si comincia già a intravedere con tutte le magagne che sappiamo e che magari Campaini, sedendo nel Cda avrebbe potuto anche fiutare. Il fiuto non lo sorregge neanche in borsa. Il titolo il 15 giugno 2011 chiude a 0,6223 euro per inabissarsi fino a minimi al di sotto di 0,15 euro nell'estate successiva.

Intanto i soci prestatori di Unicoop preoccupati hanno già cominciato a far defluire i soldi dai libretti (-16,4% dal 2010 al 2012), la stampa che da sempre ha ignorato l'argomento della partecipazione di Unicoop in Mps, comincia a svegliarsi. I nostri eroi paiono smarriti e si trincerano al solito nel mutismo tipico di chi non accetta intromissioni nelle proprie cose. Casomai i panni sporchi si lavano in famiglia, cioè tra Campaini e i soliti fidi che ricoprono ruoli apicali dai tempi dei tempi (per non stare a citare sempre Nixon). Improvvisamente qualcuno ha un lampo e se era conveniente comperare il titolo a 0,446 ora che è sotto i 20 centesimi di euro non si può mancare l'occasione.

Ed infatti si apprende in maniera inconsueta e nel solito mutismo peccaminoso che il consiglio di gestione di Unicoop Firenze presieduto da Golfredo Biancalani
 ha acquistato non proprio sui minimi ma attorno a 0,18 euro altre 111 milioni di azioni dell'istituto di Rocca Salimbeni.

Quindi a quanto siamo? Secondo l'aritmetica e
questo prospetto (pag. 53) le azioni di Mps detenute da Unicoop dall'aprile scorso salgono a 430.403.114 pari al 3,68% del capitale della banca. Successivamente non si ha traccia su movimenti nella partecipazione azionaria di Unicoop in mps. Questo è quanto, nonostante alcuni giornalisti riprendano il dato riportato da Consob che non è aggiornato, infatti è obbligatorio dichiarare la partecipazione solo quando supera il 2% e in seguito il 5%. Meglio non pubblicizzare.



Perdite iscritte in bilancio. Le svalutazioni finora contabilizzate relativamente ad azioni Mps da Unicoop Firenze sono nel bilancio 2008: 'Nel bilancio 2008 Unicoop Firenze ha svalutato di 189 milioni la quota detenuta in Mps, da 2,52 a 1,5 euro per azione. Una svalutazione, ha precisato Campaini, ''prudenziale'' ' (tradotto: un mero scrupolo contabile) - e nel bilancio 2012 (scorrere fino alla voce "Rettifiche di attività finanziarie") 'rettifiche di valutazione relative alla partecipazione in Banca Monte Paschi per circa € 197,9 milioni'. Quindi Unicoop dovrebbe aver già svalutato le proprie quote in Mps per complessivi 387 milioni.

 


18 ottobre 2013


 

16 ottobre 2013

CAMPAINI LASCIA IL CDA DI MPS E PREPARA L'USCITA DI UNICOOP FIRENZE DALLA BANCA


Campaini con il presidente di Mps, Profumo

Campaini lascia il Cda di Mps ufficialmente per ragioni personali, ma forse siamo ad una svolta storica che comprende anche un graduale ma definitivo disimpegno della partecipazione azionaria nella banca senese fino ad un prossimo rinnovamento dei vertici apicali di Unicoop Firenze




Con le dimissioni dal Cda di Monte Paschi annunciate ieri 15 ottobre, nel giorno del 73esimo compleanno, quelle di Turiddo Campaini, presidente del consiglio di sorveglianza di Unicoop Firenze, paiono essere un gesto dalla portata molto più ampia. La partecipazione di Unicoop in Mps viene da lontano, è cresciuta nel tempo stabilizzandosi infine al 3,7%, passando per ben due aumenti di capitale e in attesa di un terzo. L'ultimo periodo è stato terribile, con la banca travolta da bufere giudiziarie, spolpata da anni di malagestione e operazioni truffaldine che ne hanno depauperato la patrimonializzazione e la capitalizzazione fino a scuoterne le fondamenta, segnando il definitivo ridimensionamento del principale azionista, la Fondazione Mps, così decisivo per la vita di Siena.

Le polemiche però sull'investimento strategico, locuzione con cui pappagalescamente la cooperativa toscana cercava di giustificare le robuste minusvalenze di Unicoop in Mps sono state molte, sia per le gigantesche perdite riportate (nei bilanci iscritte complessivamente per circa 400 milioni) sia per l'uso disinvolto del risparmio dei soci in operazioni di finanza, così teoricamente lontane dal mondo cooperativo, tanto che lo stesso Campaini afferma: Per quanto mi riguarda, sono del parere che la Borsa sia assolutamente incompatibile con la società cooperativa, sono due cose agli antipodi. Ormai la situazione dell'istituto senese sta assumendo una direzione che la porterà comunque ad uscire da Siena e via da quella senesità che fino a poco tempo fa il futuro sindaco della città, Valentini, rivendicava e che invece ora appare perduta, sotto i colpi di un piano industriale drasticamente inasprito dal commissario europeo per gli affari economici, Almunia, tanto che anche Valentini sta tendando di far metabolizzare la nuova realtà ai concittadini.
 
Alla vigilia dell'ennesimo onerosissimo aumento di capitale previsto per il prossimo anno per Mps, con il prestito sociale di Unicoop che è passato da 2,815 miliardi del 2010 a 2,352 miliardi del 2012 (-16,4%) si cerca probabilmente di liberarsi da questa emorragia senza fine con la duplice sconfitta per la cooperativa: ingenti perdite immolate sull'impossibilità di mantenere la banca vincolata al territorio. A Campaini, umiliato anche da una multa di bankitalia, non resta che lasciare. C'è la foglia di fico delle ragioni personali, ma si parla di rottura e di forti dissapori con il tandem Profumo-Viola e non potrebbe essere altrimenti per i motivi già esposti.

In quest'ottica le dimissioni di Campaini dal Cda di Mps sembrano indicare l'uscita definitiva dall'avventura nella banca (che fu) di Siena e forse preannunciare anche un cambiamento ai vertici della coop fiorentina, proprio alla vigilia della celebrazione dei 40 anni della nascita.




16 ottobre 2013


Lavoratori Unicoop


 

14 ottobre 2013

VERTENZA 4 NOVEMBRE IN UNICOOP FI, CI SARA' ANCORA TEMPO PER ADERIRE



Oltre le previsioni il numero di adesioni alla vertenza di Usb per il recupero delle festività del 4 novembre non retribuite da Unicoop Firenze

Ci sarà probabilmente una proroga per aderire e nuove date saranno  comunicate quanto prima per permettere ad altri colleghi di firmare la delega





Informiamo  le colleghe e i colleghi che è già iniziata la raccolta delle procure per poter intraprendere l'azione legale nei confronti di Unicoop Firenze, al fine del recupero delle festività del 4 novembre relative agli ultimi 5/6 anni non retribuite dalla stessa.


Anche domani martedì 15 ottobre sarà possibile recarsi allo Studio Legale Conte-Martini-Ranfagni in via Lorenzo il Magnifico 14 a Firenze dalle 15.30 alle 18.30, ma verosimilmente saranno aggiunte ulteriori date nel mese corrente visto le numerose richieste pervenute. 


Ad oggi sono già più di 60 le deleghe firmate. Raccomandiamo a chi fosse interessato di affrettarsi ed eventualmente di richiedere ulteriori informazioni tramite l'indirizzo mail unicoop.firenze@usb.it o telefonando a Gabriele Rinaldi 342 7567973 (ricordiamo che il sindacato di base USB patrocina la vertenza).

Ecco il nostro post che illustra come sia stato perpetrato, a nostro parere, uno scippo nei confronti dei dipendenti, anche con l'avallo colpevole dei sindacati confederali tramite l'ultimo contratto integrativo aziendale.




14 ottobre 2013


Lavoratori Unicoop


10 ottobre 2013

QUELLA PASSIONE DEI DIRIGENTI COOP PER LA FINANZA PAGATA A DURO PREZZO

I conti in rosso degli uomini al potere da decenni




 








 

LA GALASSIA UNIPOL La compagnia assicurativa chiamata a salvare il gruppo Premafin-Fonsai fa capo a una costellazione di cooperative cosiddette rosse, riunite nella holding Finsoe di cui alcune sono azioniste in proprio, altre attraverso Holmo


Potremmo parlare di banca clandestina, se non fosse tutto alla luce del sole. Basta entrare in un supermercato Coop e diventare socio (che è come fare la tessera sconto in qualsiasi catena) per depositare i propri risparmi. Le nove grandi cooperative del consumo raccolgono ben 10,4 miliardi di euro. Sarebbe vietato: non è che un giorno uno si sveglia di buon umore, apre una banca e comincia a farsi affidare i risparmi dei passanti. La Coop infatti lo chiama “prestito soci”, senza però spiegare al popolo che il prestito soci è un capitale messo a rischio nell’impresa che, sia essa una coop o una società di capitali, lo usa per la sua attività, come aprire un supermercato.

Infatti accadono sotto gli occhi di tutti, comprese le autorità di vigilanza, due cose strane. La prima è che le Coop utilizzano i risparmi dei loro soci non per mettere scaffali nuovi, ma per dedicarsi alla speculazione finanziaria. Esempio: l’Unicoop Firenze, la maggiore per fatturato (ben 3 miliardi di euro), ha in bilancio immobilizzazioni tecniche (ciò che serve per funzionare) per 2 miliardi e debiti verso i soci per 2,3 miliardi. Ma il debito complessivo è di 3 miliardi. Che ci fa la Coop con tutti quei soldi? Unicoop Firenze ha in bilancio 644 milioni di immobilizzazioni finanziarie: una vera merchant bank.

I conti in rosso degli uomini al potere da decenni. La seconda stranezza è che queste banche d’affari a marchio Coop non sono sottoposte ad alcuna vigilanza. La Banca d’Italia controlla le banche propriamente dette, ma le Coop non se le fila nessuno, punto e basta. Negli ultimi anni, complice la crisi e nella disattenzione generale, si sono messe nei guai. L’anno scorso le “nove sorelle” (oltre 12 miliardi di fatturato, con 50 mila dipendenti e sette milioni di soci in tutto) hanno chiuso i loro bilanci in rosso per complessivi 135 milioni di euro, e proprio per colpa della finanza.

Ma prima di entrare nei dettagli di un disastro annunciato è bene spiegare il peculiare sistema di potere che consente ai boss delle coop di non rendere conto a nessuno. Il mondo delle cooperative cosiddette rosse ha seguito nel Dopoguerra uno schema sensato: le aziende sono cresciute sotto l’ombrello del Pci, che le governava attraverso la Legacoop, nominalmente un sindacato d’impresa, come la Confindustria, di fatto una sorta di holding attraverso la quale i vertici di Botteghe Oscure sceglievano strategie e manager.

Dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine del Pci decisa da Achille Occhetto nel 1989, il potere del partito si è dissolto e i capi delle cooperative sono diventati padroni assoluti, proprio come gli oligarchi russi che si sono appropriati delle aziende alla fine del regime sovietico. L’uomo simbolo di questo curioso fenomeno italiano è Turiddo Campaini, presidente di Unicoop Firenze dal 1973, cioè da 40 anni. Non c’è alcun meccanismo di controllo e nessuno lo può mandare a casa. I soci sono un milione e 200 mila, ma di essi solo 1288 (uno su mille, verosimilmente amici, dipendenti e sottoposti di Campaini) si sono presentati alle 39 assemblee decentrate che hanno approvato il bilancio. Tutti i colleghi di Campaini sono uomini di potere a 24 carati, che si scelgono in autonomia le amicizie politiche di riferimento. Il presidente della Coop Centro Italia, Giorgio Raggi, ex sindaco di Foligno, ha investito i soldi della cooperativa nella Edib, editrice del Corriere dell’Umbria nella fase in cui il quotidiano era nella sfera di Denis Verdini, e ha perso tutto. Recentemente si è fatto intercettare con la sua sodale di sempre, Maria Rita Lorenzetti, oggi agli arresti domiciliari, mentre si rammaricava di non essere potuto intervenire in tempo per bloccare un articolo de La Nazione sgradito alla zarina umbra. Ma lei cerca lui perché la Coop è la seconda azienda dell’Umbria dopo la Thyssen, e gli chiede di assumere la parente del consulente ministeriale che con la zarina sta curando gli interessi della Coopsette nei lavori Tav di Firenze.

Torniamo a parlare di soldi. Le Coop impiegano gli oltre 10 miliardi del prestito dei soci in operazioni finanziarie, dai Bot alla Borsa. Nel 2012 erano immobilizzati in partecipazioni azionarie 2,2 miliardi di euro. Siccome è buona regola non investire in Borsa i soldi presi in prestito (perché se crollano i listini fai la fine di Romain Zaleski), se la Banca d’Italia vigilasse sull’uso del pubblico risparmio fatto in casa Coop controllerebbe il rapporto tra partecipazioni azionarie e patrimonio netto (che è la somma di capitale sociale e riserve, cioè il vero patrimonio che fa da garanzia per gli investimenti a rischio).

Consorte ha tracciato il solco e gli Stefanini lo difendono. Ebbene, le nove Coop hanno partecipazioni azionarie per 2,2 miliardi e un patrimonio netto di 6 miliardi. Mediobanca ha lo stesso rapporto: 2,6 miliardi su un patrimonio netto di 7. Solo che Mediobanca è una banca d’affari, la Coop una catena di supermercati. Come mai? Il fatto è che gli oligarchi delle Coop sono rimasti abbagliati dall’esempio di Gianni Consorte, padre-padrone dell’Unipol che otto anni fa tentò senza successo la scalata alla Bnl. E siccome gli azionisti di controllo dell’Unipol erano e sono proprio le grandi coop, quando Consorte fu sconfitto i suoi colleghi, fraternamente, lo cacciarono. Pierluigi Stefanini, oligarca storico della Coop Adriatica, salì al vertice dell’Unipol. E i manager-padroni hanno ricominciato a giocare con la finanza, spaccandosi però in due fazioni, i cosiddetti toscani e i cosiddetti emiliani. I primi si sono fatti male con il Monte dei Paschi, i secondi con l’Unipol.

I “toscani” sono tre cooperative: Unicoop Firenze, Unicoop Tirreno e Coop Centro Italia. L’empolese Campaini, leader della corrente toscana, si scontrò a suo tempo con Consorte e non ha più voluto saperne di mettere soldi su Unipol. Ha preferito investire sul Monte dei Paschi, usando i risparmi dei soci per salvaguardare la “toscanità” (testuale) della banca senese. Ha speso oltre 400 milioni e ne ha persi circa 300, e nessuno ovviamente protesta. Unicoop Tirreno e Coop Centro Italia non stanno meglio. Insomma, nel 2012 le tre coop che coprono Toscana, Umbria, Lazio e Abruzzo hanno perso in tutto oltre 200 milioni, dopo aver segnato in bilancio 323 milioni di svalutazioni delle azioni possedute.

La Coop umbra presieduta da Raggi ha fatto addirittura strike, riuscendo a perdere soldi sia sul Montepaschi sia sulla Popolare di Spoleto (commissariata con vertici arrestati). Il capolavoro di Raggi è stato vendere una ventina di supermercati al Fondo Etrusco, società immobiliare del Monte dei Paschi e dell’ex vicepresidente della banca senese, Francesco Gaetano Caltagirone, per non vendere le azioni del Monte dei Paschi, considerate “strategiche” (che non vuol dire niente ma suona bene). Così adesso le azioni non valgono quasi più niente, ma ogni anno la Coop paga milioni in affitti al Fondo Etrusco, di cui però ha preso delle quote, cosicché partecipa alla speculazione contro se stessa.

Le sei cooperative del nord, che hanno in Emilia il loro epicentro, si sono invece inguaiate con l’Unipol. La compagnia assicurativa bolognese, trascinata da Mediobanca nel rischiosissimo salvataggio della Fonsai di Ligresti, fa capo alla holding Finsoe, a sua volta posseduta dalle coop del consumo insieme alla Holmo, scatola che riunisce le quote delle coop di costruzioni, l’altra gamba del potere cooperativo. Se al Centro si sono immolate per la “toscanità”, al Nord le coop sono state sacrificate all’ottimismo degli oligarchi. Le azioni Unipol valgono in Borsa circa 3,5 euro, ma il sistema cooperativo le tiene in bilancio a 10 euro. Il che significa che Finsoe segna le Unipol all’attivo del suo bilancio per 2,2 miliardi quando in Borsa valgono appena 800 milioni: mancano all’appello 1,4 miliardi, evaporati in questi anni in nome del mitico aggettivo: il controllo di Unipol è “strategico”.

Quando è arrivato da Mediobanca l’ordine di salvare Fonsai, oligarchi di primo livello hanno obbedito con entusiasmo: per esempio Ernesto Dalle Rive di Novacoop, Marco Pedroni di Coop Nord Est (ma presidente anche di Finsoe) e Mario Zucchelli di Coop Estense, tutti e tre consiglieri d’amministrazione di Unipol, non si sono fatti pregare per immolare i soldi dei soci al salvataggio dei crediti di Mediobanca e Unicredit verso i Ligresti. Siccome si trattava di far scucire a Finsoe 429 milioni per l’aumento di capitale di Unipol, non solo i “toscani” ma anche grandi cooperative di costruzioni come Cmb e Coopsette si sono tirate indietro e hanno lasciato alle consorelle del consumo, presunte ricche, il conto da pagare. Come nei salotti buoni, anche dentro il mondo coop l’oligarchia è ormai devastata dalle guerre intestine propiziate dall’anarchia.

Il mistero della Manutencoop che non voleva pagare per Unipol. Illuminante il caso della Manutencoop, uno dei maggiori azionisti di Unipol. Quando partì la chiamata alle armi di Mediobanca, Claudio Levorato, presidente da una trentina d’anni di una cooperativa che ha oggi 15 mila dipendenti e circa un miliardo di fatturato, rispose seccamente alla domanda se avrebbe messo mano al portafoglio: “Lo escludo categoricamente, Manutencoop non distoglierà risorse dal proprio core business”. Pochi mesi dopo Levorato ha pagato anche per le coop che si erano rifiutate, inneggiando all’operazione (indovinate?) “strategica”. Alla domanda se svenarsi per salvare la Fonsai non fosse una mossa rischiosa, Levorato ha opposto una risposta sibillina: “Se non l’avessimo fatta ci sarebbero stati dei problemi”.

Per obbedire a Mediobanca e Unicredit gli oligarchi hanno svenato le proprie coop. La Finsoe, non bastando i 300 milioni chiesti alle coop per l’aumento di capitale Unipol, ha aumentato i suoi debiti con le banche. E poche settimane fa la trimurti delle “banche di sistema” (Mediobanca, Intesa e Unicredit) ha soccorso Manutencoop collocando sui mercati internazionali un prestito obbligazionario da 450 milioni (quasi metà del fatturato) al tasso effettivo dell’8,75 per cento. Siamo ai limiti dell’usura e ciò illumina quanto sia conciata male la coop di Levorato. Ma da quando non c’è più il Pci le coop sono rimaste orfane, e gli oligarchi ormai si affidano ai salotti del capitalismo che una volta dicevano di voler combattere. Adesso, sempre in ritardo, fanno a gara a chi si integra meglio in un sistema in declino.



TURIDDO CAMPAINI - Al vertice da quando governava Fanfani

Nel 1973, quando Turiddo Campaini diventò presidente dell'Unicoop Firenze, in Italia c'erano Amintore Fanfani presidente del Consiglio ed Enrico Berlinguer segretario comunista di fresca nomina. Nel mondo Richard Nixon, Leonid Breznev e Mao Tse Tung armeggiavano con i primi tentativi di distensione. Il comunismo e la Dc sono finiti, in Cina il capitalismo a prevalso e a Firenze c'è ancora lui, Turiddo. Regna incontrastato su un gigante della grande distribuzione: tre miliardi di fatturato, 10 mila dipendenti, una raccolta di "prestito sociale" di 2,3 miliardi, in calo del 10 per cento nell'ultimno anno. Nel 2012 Unicoop Firenze ha perso 131 milioni, dopo aver svalutato per 207 milioni le partecipazioni azionarie: più che dimezzate in un anno. Ma nessuno contesta re Turiddo.



9 ottobre 2013

Twitter@giorgiomeletti

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