26 ottobre 2014

PRESTITI SOCIALI COOP, TANTA FIDUCIA E POCA VIGILANZA


Le regole sono lasciate all'autodeterminazione del sistema cooperativo ma il crack di Tieste mostra che non bastano


 

Alla luce della recente richiesta di fallimento delle Cooperative Operaie di Trieste, Istria e Friuli avanzata dalla Procura, il giornalista Gianfranco Ursino per l'inserto Plus24 de Il Sole 24 Ore, torna ad occuparsi del mondo del risparmio Coop che nonostante coinvolga 1,2 milioni di soci e raccolga 10,86 miliardi di risparmio, soffre di evidenti mancanze di controlli e garanzie, di opacità e di scarsa trasparenza informativa. Ursino ha già scritto vari articoli sull'argomento, sempre pubblicati dalla medesima testata. Quelli ripresi dal blog sono leggibili qui.  Di seguito è possibile leggere gli articoli e l'intervista al presidente di Legacoop, comparsi sull'edizione del 25 ottobre 2014. Questo corsivo è del blog.

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Gli stress test condotti ormai con cadenza periodica sulle banche dalle autorità di vigilanza andrebbero estesi al sistema delle cooperative. Anche perché ormai sono delle vere e proprie banche: l'aggregato delle nove grandi cooperative di consumatori rientra tranquillamente tra le prime 30 posizioni se inserite nella graduatoria dei depositi da clientela. Molte coop sono anche attive nella vendita di servizi finanziari alla clientela, mutui immobiliari, polizze assicurative e carte di credito.

Ma in un contesto di persistente crisi economica, negli ultimi anni la redditività delle cooperative di consumo è stata messa a dura prova, ponendo sempre con maggiore insistenza alcuni interrogativi sui rischi che corrono i soci nel versare i propri risparmi nei libretti di prestito sociale. Un fenomeno che nonostante coinvolga 1,2 milioni di soci e raccolga 10,86 miliardi di risparmio (solo considerando cooperative di risparmio che operano col marchio Coop) non è presidiato da Bankitalia, né assistito dai fondi di garanzia che proteggono la clientela bancaria fino a 100mila euro per depositante.

Le regole che lo disciplinano sono lasciate all'autodeterminazione delle singole Coop e le verifiche affidate al controllo interno. Anche i criteri suggeriti dal livello associativo (Ancc-Legacoop) per il momento sono insufficienti per vincolare policy d'investimento che restano sconosciute ai soci, costretti a rilasciare una delega che lasci ampi margini di manovra a chi gestisce i loro risparmi dirottandoli in gran parte in investimenti in gruppi finanziari.

Prestito sociali, quindi, che dovrebbero essere destinati al conseguimento dell'oggetto sociale e che, invece, producono "finanza per la finanza" più che per l'impresa cooperativa. La richiesta di fallimento delle Cooperative Operaie evidenzia che non ci sono prestiti sociali sicuri, perché non esistono Coop troppo grandi da non poter fallire. sulla scia della crisi dei consumi, ma anche della cosiddetta "finanza strategica". Quest'ultima negli anni ha in più occasioni imposto alle Coop di svalutare le partecipazioni detenute nelle varie Unipol, Carige, Mps. In particolare l'attuale disciplina dei prestiti sociali dispone che, le Coop con più di 50 soci, devono contenere l'ammontare dei prestiti entro il triplo (il quintuplo in presenza di costose garanzia suppletive) del patrimonio formato dal capitale sociale, riserva legale e riserve disponibili, anche se indivisibili, risultanti dall'ultimo bilancio approvato.

La delibera Cicr del 19 luglio 2005 e le istruzioni di Banca d'Italia disciplinano il requisito patrimoniale, ma non specificano se considerare il patrimonio netto civilistico o consolidato. Finora le associazioni di categoria hanno dato indicazioni alle associate di considerare il valore indicato nel bilancio civilistico, ma la vicenda delle Coop Operaie, con operazioni infragruppo realizzate per aumentare il patrimonio netto civilistico a discapito di quello consolidato dovrebbe suggerire qualche accorgimento.

Per il momento è rimasta lettera morta la stessa disposizione che attribuisce alle associazioni del movimento cooperativo un ruolo promozionale per avviare uno schema di tutela sul modello  dei fondi di tutela interbancari. Ma come spiega il presidente di Legacoop nell'intervista di seguito qualcosa si sta muovendo. Ed anche il Governo nel decreto competitività ha fatto una prima mossa. Il crack annunciato delle Coop operaie di Trieste  forse aiuterà a introdurre le attese maggiori tutele per i soci prestatori.

In arrivo obblighi e trasparenza

Oggi nemmeno tutte le grandi cooperative pubblicano i bilanci sul web
 
La centralità del socio è un dichiarato punto fermo delle cooperative. Eppure non tutte le Coop pubblicano sul loro sito web, per trasparenza e correttezza informativa nei riguardi dei soci, i bilanci civilistici consolidati, il regolamento del prestito, i relativi fogli informativi e le linee guida cui deve attenersi nell'investire i risparmi dei soci. Anche perché ad oggi l'unica tutela per i prestatori risiede nella solidità patrimoniale delle Coop e quindi devono essere messi nelle condizioni di verificare lo stato di salute delle loro imprese a cui prestano i soldi.

Dall'ormai consueta ricognizione condotta da Plus24 tra le nove grandi Coop, rispetto allo scorso anno hanno pubblicato i bilanci sui loro siti Coop Liguria e Unicoop Firenze, mentre ha fatto retromarcia Coop Nordest (o perlomeno al momento sul sito non è stato pubblicato il bilancio 2013). Novità su questo fronte potrebbero però arrivare a giorni. L'art. 17bis del decreto competitività approvato lo scorso agosto, prevede che il Ministro dello sviluppo economico (Mise) deve definire con un decreto attuativo le misure che le cooperative al consumo con più di 100mila soci dovranno adottare per migliorare i livelli di coinvolgimento dei soci nei processi decisionali.

E tra le misure suggerite è previsto anche l'aumento di trasparenza dei dati finanziari e di bilancio della cooperativa, inclusa la nota integrativa, anche attraverso la loro pubblicazione integrale sul sito della società. i 30 giorni di tempo che aveva il Mise sono già trascorsi, ma contattati da Plus24 dal Ministero fanno sapere che il decreto è stato adottato ma è in corso di pubblicazione. Dove non è arrivata l'autoregolamentazione, forse arriverà la nuova norma.

Quei rendimenti azzoppati dal fisco

Le offerte attuali
I tassi pagati dai libretti sono compresi tra lo 0,65% e il 3,1% annuo lordo
 
Per disporre della liquidità necessaria per realizzare il proprio oggetto sociale, le Coop nel corso degli anni si sono impegnate a garantire ai soci prestatori una remunerazione sostenibile e in linea con il mercato dei titoli di stato a breve termine. Ma negli ultimi anni hanno dovuto fronteggiare sempre di più le offerte lanciate dalle banche con i conti deposito vincolati ad alta remunerazione.

Attualmente i rendimenti offerti dai libretti di risparmio Coop uscirebbero spesso perdenti dall'analisi rischio-rendimento con altri prodotti finanziari. Per giocare ad armi pari con le banche, alcune cooperative hanno deciso di affiancare alla storica offerta dei libretti di risparmio liberi (con somme che il socio può disporre in qualsiasi momento) anche i prestiti sociali vincolati. I tassi attuali riconosciuti ai soci prestatori si collocano, a seconda della Coop e dell'importo, fra lo 0,65% e il 3,1% al lordo della ritenuta fiscale.

Di recente i prestiti sociali hanno anche perso il loro appeal fiscale della ritenuta al 12,5% che invece non è cambiata per strumenti finanziari concorrenti come i titoli di stato e i Buoni fruttiferi postali. In più, l'aumento dell'aliquota al 26% sugli interessi corrisposti ai soci prestatori, varato con la legge 89 del 23 giugno 2014, si applica sugli interessi divenuti esigibili dal primo luglio 2014, ma anche con effetto retroattivo su quelli maturati in precedenza.
 
A dicembre una proposta per rafforzare le tutele

Intervista a Mauro Lusetti presidente Legacoop
 
«La vicenda delle Coop operaie è certamente seria e traumatica in sé e non è nostra intenzione sottovalutarla». Esordisce così Mauro Lusetti, presidente di Legacoop, che prosegue: «Dobbiamo però sottolineare che i singoli casi come questo, per quanto gravi, sono una netta minoranza rispetto a un sistema cooperativo che nelle sue articolazioni ha affrontato questi anni di crisi, tenendo sul piano dell'occupazione e delle capacità di generare valore. A partire dal sistema delle coop di consumo, che a fronte di una drammatica caduta dei consumi, ancora nel 2013, ha registrato nella sua generalità risultati di bilanci positivi»

Ma anche in passato singole Coop per ragioni di mercato o per scelte imprenditoriali si sono trovate in difficoltà?

Il sistema cooperativo ha saputo esprimere sostegno, solidarietà ai soci  e quando possibile, supporto ai piani di rilancio.

E nel caso di Coop Operaie?

Data la caratteristica del provvedimento del Tribunale di Trieste, è nell'ambito delle nuove condizioni che i soggetti cooperativi interessati (in primis Coop Nordest, ndr) valuteranno se e cosa fare al fine di recuperare un quadro sociale ed economico sostenibile.

Riconosce che devono essere fatti passi in avanti sul fronte delle tutele? A che punto è l'attivazione di uno "schema di garanzia dei prestiti sociali" che Bankitalia già affida alle associazioni di categoria?

Da tempo Legacoop ha deciso di introdurre rigorose norme di autodisciplina obbligatorie per le proprie associate. In particolare le regole sulle quali abbiamo lavorato riguardano i principi di trasparenza, informazione ai soci, responsabilità degli amministratori e, qualora necessario, di intervento nei confronti delle coop inadempienti. Fino a prevedere sanzioni molto severe, proprio a tutela dei soci prestatori.
 
Tempi previsti?

Già nell'imminente congresso di Legacoop del prossimo dicembre porteremo una proposta organica sulla materia.

E sul rapporto prestito soci/patrimonio netto?

Questo sarà uno dei punti che verrà attentamente verificato nel nuovo impianto regolamentare.




25 ottobre 2014

Gianfranco Ursino

Plus24 - Il Sole 24 Ore



A RISCHIO 103 MILIONI DI 17MILA SOCI DELLE COOP OPERAIE



La Procura di Trieste ha chiesto il fallimento e punta il dito sulle operazioni immobiliari infragruppo  




 «Passaggi di immobili infragruppo, per gonfiare il patrimonio netto e rientrare - solo fittiziamente - nei parametri per il prestito sociale, la cui entità non deve superare il quintuplo del patrimonio netto stesso». Con questo incipit la Procura della Repubblica di Trieste ha chiesto al Tribunale civile il fallimento delle Cooperative Operaie di Trieste, Istria e Friuli.
 
Nel contempo è stato nominato un amministratore giudiziario che, «per salvare la società e conservarne il patrimonio», come prima misura ha disposto la sospensione dei rimborsi del prestito sociale, ovvero dei soldi che i soci hanno prestato alla Cooperativa e che, almeno per il momento (si spera), non possono ritirare. Oltre 100 milioni di euro, di proprietà di 17mila piccoli risparmiatori, «serviti in questi anni - continua la Procura - come una stampella per reggere tutta la struttura. Soldi che di fatto non esistono più». Un artifizio contabile, per il quale al momento risulta unico indagato per falso in bilancio l'ex presidente Livio Marchetti e, secondo le indagini condotte dai Pm Federico Frezza e Matteo Trapani, è stato messo in atto «per tamponare una gestione in perdita costante e irreversibile da ben più di un quinquennio».

Ma la gravità della situazione, legata alle pesantissime perdite di esercizio, e le irregolarità erano evidenti da tempo. «Le perdite per complessivi 12,1 milioni di euro, prodotte dalla gestione commerciale delle Cooperative Operaie di Trieste, sono state coperte nei bilanci grazie alla contabilizzazione di plusvalenze di 15 milioni su vendite di immobili ceduti internamente a società controllate al 100%». E' quanto sosteneva Plus24 il 26 gennaio 2013, nell'ambito delle ampie inchieste che questo giornale da anni dedica alla carenza di tutele per i soci prestatori delle cooperative di consumo. In quell'occasione veniva anche sottolineato a Pier Paolo Della Valle, ex direttore generale Coop Operaie (silurato pochi giorni fa da Marchetti) che, alla luce delle operazioni infragruppo, il rapporto con i prestiti sociali se si fosse preso come riferimento il patrimonio netto consolidato sarebbe stato pari a 8,2 volte, più del quintuplo del massimo consentito. A questa osservazione Della Valle rispondeva questo punto è stato «già affrontato con la vigilanza cooperativa e ormai è acclarato che il patrimonio da considerare è quello civilistico e non consolidato. Tuttavia, vorrei sottolineare che le operazioni immobiliari non sono altro che l'emersione di una riserva occulta. Potevamo fare anche una rivalutazione dei valori immobiliari iscritti a bilancio e non sarebbe cambiato nulla». Dichiarazioni che, rilette oggi, lasciano ulteriormente con l'amaro in bocca i malcapitati 17mila cittadini che si fidavano molto di più delle Coop sotto casa che delle banche.

Adesso è emersa la totale mancanza di una reale azione di vigilanza che, in questo caso, poiché il Friuli Venezia Giulia è Regione a statuto speciale, viene esplicata non solo attraverso le associazioni di rappresentanza del movimento cooperativo, ma anche da parte della Regione, in virtù della legge regionale 27/2007. «Tutte le revisioni effettuate dal 2007 al 2013 dai revisori su incarico di Confcooperative o della Lega delle Cooperative - afferma Sergio Bolzonello, assessore alle Attività produttive e vicepresidente della Giunta regionale - si sono concluse con la mancata emersione di irregolarità o di rilievi sulla situazione contabile e gestionale della società, tali da indurre ad adottare eventuali provvedimenti sanzionatori da parte dell'Amministrazione regionale».

Ma anche alla Regione spettano specifici compiti e funzioni di vigilanza sull'operato delle cooperative. «Nella revisione straordinaria effettuata nel 2012 - continua Bolzonello -, laddove il revisore ha verificato la regolarità della globale situazione patrimoniale della società, seppur in presenza di una sofferenza dell'attività caratteristica, si è rilevata comunque la sussistenza di un patrimonio netto positivo e il rientro del prestito sociale nei limiti e nel rispetto delle condizioni previste dalla normativa di riferimento. Né il collegio sindacale, né la società di revisione incaricata hanno evidenziato alcuna irregolarità nella gestione patrimoniale della cooperativa». Solo la recente azione della Procura è stata determinante per dare una svolta al caso.
 
 
 
25 ottobre 2014
 
 
Plus24 - Il Sole 24 Ore
 
 
 

21 ottobre 2014

LA DURA VIA PER LA DEMOCRAZIA SINDACALE IN UNICOOP FIRENZE


I rappresentanti alla sicurezza sono un elemento essenziale di democrazia sindacale, ma la vicenda verificatasi in Unicoop Firenze dimostra quanto sia stato difficile veder riconosciuto il diritto a questa basilare delega





Avevamo già scritto di quanto fosse difficile vedere riconosciuti diritti elementari di democrazia sindacale in Unicoop Firenze. Questi si esplicitano principalmente nella possibilità di eleggere i propri rappresentanti, che siano delegati o alla sicurezza. Se non fosse che nel luglio del 2011, all'interno dei magazzini Unicoop di Scandicci, si è verificato il primo infortunio mortale in una piattaforma logistica italiana, la vicenda che andiamo a raccontare avrebbe talmente del surreale da apparire comica. Invece non lo è.

Stiamo parlando della nomina e/o elezione dei Rappresentanti alla Sicurezza per il Lavoratori (RLS) in Unicoop Firenze, un gruppo che conta quasi 8.000 dipendenti dislocati in ben oltre 100 unità produttive. Una nomina che sarebbe dovuta avvenire nel periodo immediatamente successivo alle elezioni RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie) avvenute nel maggio del 2013 e che invece ha avuto luogo solo nei giorni scorsi. Infatti solo adesso si stanno effettuando i corsi obbligatori per la formazione degli RLS presso gli uffici di Scandicci.

Andiamo per ordine:
Nel settembre 2012 viene sottoscritto il Verbale di Accordo del nuovo Contratto Integrativo Aziendale. Tutti sanno che, come da tradizione, contemporaneamente si arriva ad una intesa tra Organizzazioni Sindacali Confederali ed Unicoop Firenze sulla rappresentanza sindacale all'interno del gruppo. Vengono indicati i criteri elettivi, il numero dei delegati, la composizione degli organismi interni e soprattutto le ore di "agibilità sindacale", ovvero le ore di permesso retribuite che l'azienda mette a disposizione. Questo vale non solo per le RSU ma anche per gli RLS, per i quali deve essere indicato il numero e la dislocazione all'interno delle varie Unità Produttive, oltre a stabilirne i criteri di eleggibilità.

Questo è l'accordo che regola l'elezioni RSU che, con indecente ritardo, si sono svolte nel maggio 2013. Ma questo è anche l'accordo che nessuno pare conoscere o avere. Il sindacato di base USB ne fa formale richiesta ad azienda e sindacati anche prima di partecipare al suddetto rinnovo elettorale, ma il fantomatico accordo viene negato. Successivamente i delegati eletti della USB ne chiedono conto in via informale anche al Segretario Regionale Uiltucs, ad un membro dell'Esecutivo aziendale Filcams ed anche all'ex delegato rsu/rls dei magazzini per la Uiltucs. Tutti negano di aver mai sottoscritto tale accordo (anche se in seguito le loro firme risulteranno esserci).

Nel marzo del 2014 sempre la USB promuove una vertenza per "comportamento antisindacale" (ex-art.28) nei confronti di Unicoop Firenze. Lo fa per molteplici motivi. L'azienda le sta negando la stanza spettante alle RSU dei magazzini e si rifiuta di consegnarle l'Accordo sulle Rsu/Rls sottoscritto con le OO. SS. confederali. Unicoop viene condannata e dunque si vede costretta a rendere noto il famigerato accordo (e a concedere la stanza, ovviamente).

Si scopre che è datato 5 settembre 2012, perciò di poco antecedente alla sottoscrizione dell'Integrativo. Tutto come da antica e consolidata tradizione. Gli RLS previsti per l'intero gruppo Unicoop sono scandalosamente pochi. Non si capisce neanche se siano 43 o 48 perchè c'è addirittura un evidente errore di calcolo nell'attribuzione degli stessi. Poco cambia in effetti, visto l' esiguità del numero. Per il magazzino di Scandicci, quasi 300 dipendenti divisi in vari reparti e in tre turni di lavoro, è previsto un solo delegato alla sicurezza! Dopo la morte del nostro collega la Direzione Aziendale e i vertici delle Organizzazioni Sindacali di categoria si erano impegnati ad un cambio di passo  in materia di sicurezza sul lavoro e mai avremmo potuto immaginare che queste parole si sarebbero potute tradurre in un atteggiamento talmente irresponsabile e beffardo.

Fortunatamente i delegati RSU dei magazzini non erano stati con le mani in mano nell'attesa di ottenere l'accordo e stante l'immobilismo delle OO.SS. confederali avevano indetto nel gennaio del 2014 delle elezioni che indicassero un terzo membro RLS che andasse ad aggiungersi ai due RSU, così come previsto dal Dlgs 81 del 2008. Esso indica infatti un minimo di tre RLS come spettanti alle Unità Produttive con più di 200 addetti. Ma la Direzione di Unicoop Firenze ha insistito nel non riconoscere la legittimità di tale elezione citando per l'appunto un diverso accordo intercorso fra Unicoop e le OO.SS. Filcams-Cgil, Uiltucs-Uil e Fisascat-Cisl. L'accordo è quello del 5 settembre e non viene mostrato, forse per vergogna. Ce ne sono tutti i motivi.

I delegati USB non mollano. Insistono per essere riconosciuti e come detto vengono finalmente in possesso dell'accordo. A questo punto qualcosa improvvisamente cambia. Unicoop pare ravvedersi anche dopo che USB minaccia una campagna stampa che denunci l'accaduto. Convoca al tavolo i sindacati firmatari dell'accordo del 5 settembre in modo da poterlo migliorare. L'iniziativa aziendale però incontra un comportamento inspiegabilmente ostruzionistico da parte sindacale che  si traduce in un nulla di fatto. Pazzesco. Nel luglio di quest'anno Unicoop si vede costretta ad un'azione unilaterale che implementa di ben 16 unità gli RLS previsti e, manco a dirlo, riconosce tutti e tre i RLS del magazzino di Scandicci.

Sappiamo che la vicenda potrà risultare talmente ingarbugliata e grottesca da apparire inverosimile. Ma questi sono i fatti per come li abbiamo visti e per come li conosciamo e se qualcuno avrà avuto l'interesse e la pazienza necessari alla lettura di questo resoconto, non potrà che essersi convinto, così come noi, dell'atteggiamento deficitario da parte di Unicoop Firenze, ma soprattutto del comportamento dei Sindacati Confederali estremamente superficiale ed omissivo.

Di seguito potrete trovare il link all'intero Accordo RSU/RLS del 5 settembre 2012. Vi troverete anche il monte ore di "agibilità sindacale" concessa da Unicoop Firenze: 36.140 ore annue di permessi in gran parte riservate ai membri degli organismi sindacali.

Accordo RSU/RLS del 5 settembre 2012