28 novembre 2012

MAGAZZINI UNICOOP FIRENZE: PRIMA VERTENZA USB

Riceviamo e pubblichiamo il volantino della prima vertenza Usb nei magazzini

L'oggetto è un errato conteggio, secondo i vertenti, sul salario variabile degli anni che vanno dal 2007 al 2011



E' partita la prima vertenza USB all'interno dei magazzini Unicoop Firenze di Scandicci.

Al cancelletto di partenza 7 lavoratori del reparto vuoti/imballaggi.

Oggetto del contendere un errato conteggio del salario variabile da parte di Unicoop Firenze per gli anni 2007-2008-2009-2010-2011.

Interpellato, il neo responsabile dei magazzini, risponde picche.

Noi di USB proveremo a tutelare i diritti dei lavoratori e a far rispettare gli accordi vigenti.

I lavoratori saranno rappresentati dallo studio legale CONTE-MARTINI-RANFAGNI (Io studio che ha vinto la vertenza sulla vestizione al negozio del Neto)

Rimanete sintonizzati sulle nostre frequenze.

Vi terremo aggiornati


UNITI SI PUO'!!!!

UNITI SI DEVE!!!!





Coordinamento USB per l'Unicoop Firenze





25 novembre 2012

UNICOOP TIRRENO CAMPANIA: IPER E SUPERMERCATI CHIUSI PER LO SCIOPERO

Ipercoop di Afragola
Non era mai successo in Campania: ieri l'astensione proclamata da Cgil, Cisl e Uil ha messo in ginocchio i cinque Ipercoop

Motivo: cessione in vista a un imprenditore sotto inchiesta e paura di licenziamenti e chiusure.



Ipermercati e supermercati, Ipercoop e Coop, costretti a chiudere contemporaneamente, per tutta la giornata di ieri: carrelli vuoti e clienti costretti a fare dietrofront. Non era mai successo. Chiusi gli ipermercati di Afragola, Quarto e Avellino e i supermercati di Napoli-Arenaccia e di S.M. Capua Vetere per lo sciopero dei 662 lavoratori campani della Unicoop Tirreno e dei circa 300 addetti dell’indotto. Già a partire dalle nove del mattino le cinque strutture della grande distribuzione avevano le saracinesche abbassate. Striscioni più che significativi: “La Coop sei tu ma ora non c’è più ”, la scritta parafrasata da una pubblicità resa celebre da Luciana Littizzetto. I sindacati confederali e i lavoratori temono licenziamenti, chiusure.

L’addio di Unicoop alla Campania e la cessione di addetti, mezzi e merci a un’azienda di dimensioni medio piccole, di proprietà di un imprenditore casertano arrestato l’anno scorso per bancarotta fraudolenta, è per il momento solo un’ipotesi non confermata dal colosso cooperativistico di Vignale Riotorto, provincia di Livorno.“ Il problema – replica Peppe Metitiero, segretario regionale della Filcams- Cgil – è che Unicoop non ha mai smentito: è del tutto silente ”. Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil stanno chiedendo invano un incontro con Unicoop. Ieri i lavoratori di Avellino (161) sono stati ricevuti dal prefetto Umberto Guidato. Gli addetti di Quarto (180) e di Afragola (210) hanno presidiato fino alle nove di sera le aree delle gallerie commerciali antistanti le barriere casse. “ I clienti hanno fraternizzato con noi ”, racconta una delegata di Quarto.

“ Perché Auchan ha creduto nella Campania mentre Unicoop no? ”, si chiede Vincenzo Patrizio, rsa Filcams. E Giuseppe Pezzella, rsa Uiltucs: “ La coop è di tutti a parole ma nei fatti è un’azienda che si comporta male ”. L’obiettivo è sventare qualsiasi forma di cessione a privati. “ Verrebbe meno lo spirito della cooperativa – conclude Vincenzo Panico, rsa Fisascat – ci devono dire che resteremo in Coop ”. Anche il sindacato Usb, che aveva già proclamato, a inizio settimana, uno sciopero per l’8 dicembre, festa dell’Immacolata, ha aderito all’astensione.



25 novembre 2012

Pino Neri



Vedi anche:

Quarto, dipendenti contro il piano-vendita, sciopero all'ipercoop




24 novembre 2012

SICUREZZA SUL LAVORO, TESTO UNICO: L'EUROPA DA' DUE MESI ALL'ITALIA PER MODIFICARLO

La procedura d'infrazione da parte della Comunità Europea nei confronti dell'Italia era stata aperta in seguito ad un esposto di Marco Bazzoni sulle aberrazioni contenute nel Testo unico per la sicurezza sul lavoro come modificato dal governo Berlusconi.


Ci è voluto un anno ma alla fine la lettera della Commissione europea contenente il parere motivato per la messa in mora dell’Italia in merito al recepimento della Direttiva europea 89/391/CEE, concernente le norme di salute e sicurezza sul lavoro è arrivata. 

A comunicarlo è Marco Bazzoni metalmeccanico e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, che dopo una serie di pressioni è riuscito ad ottenere l’attenzione dell’Europa sulle aberrazioni contenute nel Testo unico per la sicurezza sul lavoro come modificato dal governo Berlusconi.

La messa in mora riguarda due punti specifici della normativa vigente: 
1) Deresponsabilizzazione del datore di lavoro in caso di delega o subdelega (violazione dell’articolo 5 della Direttiva europea 89/391/CEE) 
2) Proroga dei termini prescritti per la redazione di un documento di valutazione dei rischi per una nuova impresa o per le modifiche sostanziali apportate a un’impresa esistente (violazione dell’articolo 9 della direttiva 89/391/CEE).

L’Italia a questo punto avrà due mesi di tempo per “adottare le misure necessarie per adeguarsi al parere motivato”, altrimenti incorrerà nel procedimento di infrazione.
Esprime soddisfazione Marco Bazzoni che così commenta: “ Mentre il Governo Monti cerca di ridurre la salute e sicurezza sul lavoro con  il Disegno di legge semplificazioni bis, la Commissione Europea gli fa capire chiaramente che non ci possono essere degli arretramenti sul diritto alla salute e sicurezza sul lavoro.



23 novembre 2012

Articolo 21

22 novembre 2012

VENDUTA L'IPERCOOP DI AVELLINO, SABATO LAVORATORI IN SCIOPERO

Unicoop Tirreno sta gestendo l'uscita dalla Campania nel peggiore dei modi, il che fa riflettere sulla situazione complessiva della cooperativa toscana
L'articolo che proponiamo è più che imbarazzante per coloro i quali riconoscono ancora il mondo Coop portatore di valori

La risposta del sindacato appare quantomeno sospettosamente tardiva


Le organizzazioni sindacali di categoria, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uil Tucs hanno proclamato una giornata di sciopero dei lavoratori dell’Ipercoop di Avellino, unitamente ai lavoratori di tutte le strutture campane che fanno capo al marchio Coop. I motivi dell’agitazione e dell’astensione dal lavoro si riferiscono al piano di vendita deliberato dalla UNICOOP TIRRENO, che ha ceduto il 49% della proprietà della rete campana, ad un imprenditore del casertano. Le sedi che saranno dunque cedute sono quelle di Afragola, Quarto, Arenaccia, S. Maria Capua Vetere e di Avellino che ha in organico oltre 150 dipendenti.

“Nonostante l’ufficialità del piano di vendita - dichiarano le organizzazioni sindacali – l’azienda UNICOOP TIRRENO si sottrae ad ogni tipo di confronto, evitando di far conoscere ai lavoratori il proprio futuro lavorativo e i soggetti che hanno acquisito la rete campana. Ancor più preoccupante l’aspetto per il quale si rincorrono voci, mai smentite da UNICOOP TIRRENO, riguardo alla cessione ad un noto imprenditore campano già operante nel settore commerciale e della grande distribuzione, senza che i lavoratori e le organizzazioni sindacali possano essere messe a conoscenza delle intenzioni dell’acquirente, riguardo alla produttività ed ai livelli occupazionali delle sedi campane”.

I lavoratori dell’Ipercoop di via Pescatori, nella giornata di sabato 24 novembre presidieranno il punto vendita di Avellino, dove i rappresentanti sindacali incontreranno gli operatori dell’informazione, per illustrare le motivazioni alla base dell’agitazione e le preoccupazione dei lavorativo riguardo al proprio futuro occupazionale. Si comunica che domani i lavoratori incontreranno a Napoli, l’assessore alle attività produttive del capoluogo partenopeo, Enrico Panini. Per Avellino, i lavoratori hanno interessato il Prefetto ed il commissario prefettizio del capoluogo irpino, per manifestare le preoccupanti ricadute che la fuga dell’UNICOOP TIRRENO potrebbe determinare nel comparto del commercio, già pesantemente colpito dalla crisi.



22 novembre 2012

Irpinia News



COOP CAMPANIA - UNICOOP TIRRENO

CONFERENZA STAMPA NAPOLI COORDINAMENTO LAVORATORI USB



20 novembre 2012

UNICOOP TIRRENO LASCIA LA CAMPANIA

Nessuna lettera è stata inviata dall’azienda ai lavoratori, per il momento.

La conferma della «trattativa ormai in fase avanzata di cessione del marchio in franchising e della vendita di depositi e magazzini » è arrivata dall’assessorato al Lavoro del Comune Enrico Panini


Napoli - IN CENTO si sono presentati nella Sala Nugnes del palazzo del consiglio comunale in via Verdi. Poi, nel pomeriggio, l’incontro con il presidente Giorgio Napolitano in prefettura. I lavoratori dell’Ipercoop lottano perché la cooperativa non lasci la Campania e non abbandoni loro nell’incertezza. La notizia che l’Unicoop Tirreno (presidente Marco Lami) lascia la regione circola da giorni ma solo ieri i lavoratori ne hanno avuto la certezza.

Nessuna lettera è stata inviata dall’azienda ai lavoratori, per il momento. La conferma della «trattativa ormai in fase avanzata di cessione del marchio in franchising e della vendita di depositi e magazzini » è arrivata dall’assessorato al Lavoro del Comune Enrico Panini. E loro, i lavoratori, scrivono una lettera al presidente Napolitano: «Rischiamo di perdere non solo il posto ma la perdita di valori e di una modalità di lavoro onesto e sano che in una terra come quella campana è difficile da ritrovare ». Il riferimento è allo spirito cooperativistico e all’attività di Vanda Spoto nella regione. «Siamo e operiamo in una realtà cooperativistica - concludono i dipendenti - dove i valori etici, umani e sociali sono al centro e stiamo assistendo invece alla perdita di garanzia dei redditi per molte famiglie e una perdita di socialità in cui tanti di noi hanno creduto ».

Mille i dipendenti a rischio, 2 i supermercati e 3 gli ipermercati da dismettere e cedere in franchising all’azienda Catone, probabile acquirente della provincia di Caserta. «Vogliamo evitare il caso della Carrefour di Casoria - dice una lavoratrice - da 2 anni i lavoratori sono in bilico, prendono la cassa integrazione ma non sanno cosa sarà del loro futuro. Temiamo che un acquirente del nostro territorio ci lasci senza prospettive». «La situazione è preoccupante - sostiene Francesco Staccioli del sindacato Usb - in primis perché la decisione di lasciare la Campania è del tutto territoriale, poi perché il passaggio da un contratto di cooperativa a un privato comporta una riduzione notevole del trattamento per i dipendenti. Non è ammissibile che una bad company gestisca il personale. Si rischia la perdita di occupazione e di salario».

Sin dall’inizio, l’avventura Ipercoop in Campania non è stata semplice, tra battaglie per i permessi, i ricorsi dei commercianti e lo scandalo assunzioni. Quattro anni fa, le prime avvisaglie. Unicoop Tirreno lascia cinque supermercati a Castellammare di Stabia, Nocera Inferiore, Solofra, Rione Traiano a Soccavo e Teverola, in provincia di Caserta, con 150 lavoratori e 25 mila soci.
 
 
 
20 novembre 2012
 
(tiz.co.)
 
La Repubblica
 
 
 
L'Ipercoop di Afragola-Acerra e quello di Quarto stanno per essere ceduti a una società privata
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Napoli - C’è un accordo preliminare che stabilisce i tempi di chiusura della trattativa (tra qualche mese) ma la notizia sta già facendo il giro degli ambienti che contano: L’Ipercoop di Afragola-Acerra e quello di Quarto stanno per essere ceduti a una società privata. Dipendenti, merci e mezzi saranno trasferiti a un imprenditore casertano.

L'ipercoop di Quarto (NA)


L’operazione sarà poi estesa anche agli altri impianti di Unicoop Tirreno, la coop toscana della grande distribuzione. Oltre agli ipermercati di Afragola (210 addetti) e Quarto (180) saranno interessati alla cessione l’ipermercato di Avellino (161) e i supermercati di Napoli-Arenaccia (51) e di S.M. Capua Vetere (60). Complessivamente si tratta di 662 dipendenti attualmente di Unicoop Tirreno e di altri 300 dell’indotto, il cui futuro non è ancora delineato.

Il trasferimento dovrebbe essere concretizzato con una società mista, controllata al 51 per cento dalla Unicoop e al 49 dall’impresa che entrerà in possesso di addetti, merci e logistica. In capo alla Unicoop resterà per il momento il marchio e il prestito sociale. L’attività commerciale sarà affidata all’acquirente.

La notizia è stata confermata dall’assessore comunale di Napoli, Sergio D’Angelo, intervenuto nella sua veste di ex presidente della Lega Coop Campania all’assemblea dei lavoratori, svoltasi ieri nella sala multimediale del consiglio comunale partenopeo. La riunione è stata organizzata dal sindacato Usb Hanno partecipato circa 100 dipendenti delle varie strutture.

Temono di perdere tutto. La notizia della cessione imminente degli Ipercoop è stata confermata anche dall’ europarlamentare Pd Andrea Cozzolino, che ha ricevuto una delegazione dell’assemblea nella sede della Fondazione Sudd, al corso Umberto. «Siamo contro una vendita oscura - ha dichiarato Cozzolino - che non sia chiara e che non dia prospettive». «Comunque non è detto - è la speranza dall’europarlamentare - che la trattativa si chiuda con un solo imprenditore: in Campania sono disposte a venire le cooperative emiliane e sempre qui ci sono imprese serie, in grado di garantire produzione e occupazione».

I timori scaturiscono dal fatto che l’imprenditore che ha stipulato l’accordo preliminare con Unicoop è stato arrestato nel 2011 per una sospetta bancarotta. «L’intento è di attaccare l’occupazione, i salari e i diritti - è il commento di Francesco Iacovone, dell’Usb – l’unica strada è la lotta». L’assemblea dei lavoratori ha votato per lo sciopero, entro dicembre. I confederali hanno chiesto a Unicoop un incontro.



20 novembre

il Mattino

Pino Neri



ARIA DI DIVORZIO TRA COOP TOSCANE E QUELLE EMILIANE E DEL NORDOVEST

I toscani minacciano di separarsi per creare una centrale acquisti separata, ma rischiano di perdere il marchio

Strategie post-Unipol: il pericolo di un'altra divisione

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Tassinari (Coop Italia): «Visioni differenti»

Niente super gruppo, prevale il regionalismo

Tira aria di divorzio tra le cooperative toscane e quelle del Nordovest (Emilia, Lombardia, Piemonte e Liguria). Dopo la spaccatura del 2005 sulla scalata alla Bnl che ha portato il movimento a separare i propri destini finanziari (i toscani arroccati in Mps e gli altri tutti in Unipol), il dibattito si è riaperto. Ma questa volte verte su argomenti più concreti dell'etica mutualistica. Si discute su come affrontare la crisi, la perdita di clienti e di ricavi e su come gestire i rapporti con l'industria e i consumatori. 

Due le figure che dominano la discussione al di qua e al di là degli Appennini: Turiddo Campaini, 72 anni, da più di 30 anni a capo di Unicoop Firenze, e Vincenzo Tassinari, 63 anni, da 24 presidente di Coopitalia. 

Addio supercoop   Tre anni fa, dopo lunghe discussioni i big delle cooperative avevano deciso di avviare un processo di rafforzamento dei poteri di Coopitalia a scapito dell'autonomia delle insegne locali. Era il primo passo di un processo di convergenza al centro che doveva portare le coop di consumo a fondersi in un supergruppo della distribuzione con 12 miliardi di fatturato. Avevano cominciato a parlarne le coop del Nordovest (Novacoop, Coop Liguria e Coop Lombardia) seguite a distanza da quelle del distretto adriatico (Coop Adriatica, Coop Nordest e Coop Estense), le grandi azioniste di Unipol. Ma quell'idea di creare un campione nazionale in grado di rivaleggiare con le catene estere è tramontata insieme alla crescita dei consumi.

Autonomia    Prioritaria ora, hanno deciso i cooperatori, è la ricerca dell'efficenza e il presidio del territorio, non la dimensione. Marcia indietro quindi sulla centralizzazione delle strategie e spazio invece all'autonomia di ciascuna insegna e di ciascun manager. Ma se questo è il contesto, Firenze è andata più in là. Di fronte all'impoverimento delle famiglie, ragionano i toscani, le coop sono state chiamate a svolgere un ruolo anti-inflattivo ma possibile che l'unica che riesce a farlo con successo è Unicoop Firenze? La catena toscana, oltre ad essere la più grande d'Italia con quasi 3 miliardi di fatturato, è anche quella che da anni vince la classifica nazionale della convenienza davanti ad Esselunga, e con uno scarto rispetto alle altre Coop (secondo l'indagine di Altroconsumo). Listini alla mano Campaini ha minacciato la scissione da Coopitalia trascinando con sé le altre organizzazioni toscane e umbre, ventilando l'idea di creare una propria centrale acquisti separata. Il dibattito all'ultima assemblea di Coop Italia è stato infuocato e lo sarà, probabilmente, anche al consiglio di sorveglianza della prossima settimana presieduto dal piemontese, Ernesto Dalle Rive.

Il marchio   I toscani, che hanno i bilanci in rosso, hanno fretta di cambiare strategia commerciale. Campaini ha annunciato l'eliminazione degli ipermercati, canale classico della grande distribuzione, ma da tempo in sofferenza. Le grandi strutture toscane perderanno l'insegna Ipercoop e diventeranno superstore di dimensioni ridotte e con la parte non food affidata a catene specializzate. E nel resto d'Italia? Applicare la stessa ricetta a tutti e 100 gli Ipercoop nazionali creerebbe problemi di personale e di magazzino non facili da risolvere per le altre coop. Le divergenze strategiche sono acuite dalla diffidenza nei conforti del sistema di potere costruito intorno ad Unipol. Ma una vera e propria scissione per i toscani avrebbe un prezzo altissimo: la perdita del marchio Coopitalia, e soprattuto dei prodotti private label con il bran delle coop, che rappresentano il 25% del giro d'affari del sistema.

«Pur in presenza di visioni strategiche differenti - auspica Tassinari - anche necessarie in una fase di crisi economica come quella che tutti stiamo affrontando, serve la conferma della leadership di Coop con tutta la sua forza e unità per le cooperative e i nostri 8 milioni di soci. Nessuno disconosce questo valore tanto che i mandati da parte di tutte le cooperative per le negoziazioni con i grandi fornitori sono pervenute a Coop Italia puntuali e complete».



19 novembre 2012

Roberta Scagliarini

Corrirere della Sera


19 novembre 2012

UNICOOP FIRENZE POTREBBE USCIRE DA COOP ITALIA


Turiddo Campaini (foto), presidente del Consiglio di Sorveglianza di Unicoop Firenze, sembra abbia minacciato di separarsi da Coop Italia e di portare con sé le altre cooperative toscane e umbre, per fomare un’unica centrale d’acquisto






C’è maretta in casa Coop. Sulla base di quanto pubblicato oggi da CorriereEconomia, sembra che le cooperative della Toscana vogliano separarsi da quelle del Nord Ovest (Emilia, Lombardia, Piemonte e Liguria). A spingerle in questa direzione, è la situazione economica attuale. In cui le Coop sono chiamate a svolgere un ruolo anti-inflattivo. Ma sembra che l’unica che riesca ad ottenere risultati in questo senso sia Unicoop Firenze. La quale da un lato è la cooperativa più grande, dall’altro riesce sempre a ‘battere’ Esselunga sul fronte della convenienza.

E’ per questo che Turiddo Campaini, presidente della cooperativa, sembra abbia ‘minacciato’ di separarsi da Coop Italia e di portare con sé le altre cooperative toscane e umbre, per fomare un’unica centrale d’acquisto. Già la cooperativa procederà alla chiusura degli ipermercati. Che diventeranno dei superstore. Mentre l’area non food verrà affidata a catene specializzate. Uscire da Coop Italia, però, significherebbe perdere anche i prodotti a marchio Coop, un business che vale ben il 25% del giro d’affari complessivo.



19 novembre 2012

(NC)




17 novembre 2012

QUELL'INTERESSE DELLA COOP PER L'ACQUA PUBBLICA

La Coop parte con una nuova campagna di sensibilizzazione sull'acqua del rubinetto

Ci si domanda se tanta insistenza civile non celi qualche interesse particolare, alla luce di alcuni articoli del decreto Monti sulle liberalizzazioni e viste alcune dichiarazioni in recente passato di esponenti del mondo della politica e delle Coop

Nel frattempo i comitati per l'
Acqua bene comune, indicono una manifestazione nazionale a Reggio Emilia per il 16 dicembre




Negli ultimi giorni ha preso il via una campagna di sensibilizzazione a favore dell'acqua pubblica da parte di numerose grandi Coop della distribuzione. Ieri, venerdì 16 novembre, è stata presentata da Coop, l’impresa leader della grande distribuzione nel nostro Paese, e da Federutility, la federazione delle imprese energetiche e idriche, la campagna informativa “Sull’acqua il massimo della trasparenza”.

Coop Estense. All’interno dei punti vendita della cooperativa emiliana, per la prima volta in Italia, vengono esposte le etichette sulla qualità dell’acqua “di casa. I consumatori, nei reparti acque di supermercati e ipermercati, possono consultare una scheda informativa con le caratteristiche chimiche e microbiologiche dell’acqua del rubinetto di casa propria, in modo da effettuare una scelta di acquisto (o di non acquisto) ancor più consapevole. L'iniziativa di Coop Estense coinvolge anche la Basilicata con l'acquedotto lucano, la coop modenese è infatti presente a Matera con un ipermercato, come già in precedenza era stato fatto con la Puglia, altra zona dove Coop Estense è attiva.

Coop Lombardia. I gestori delle acque milanesi, Cap Holding con Amiacque e MM si sono alleati con Coop Lombardia per sostenere una campagna di comunicazione relativa alle qualità dell’acqua erogata dai rubinetti di casa.

Coop Liguria. La coop lancia l'operazione trasparenza. Acqua del rubinetto sana e buona.

Insomma, l'operazione sulla bontà e convenienza dell'acqua dei sindaci è stata lanciata da Coop in grande stile e coinvolgerà in tutta Italia ben 500 punti vendita. Questa iniziativa non è nuova, prosegue infatti la precedente Acqua di casa mia, lanciata nell'ottobre 2010 che vide molto attiva Unicoop Firenze. Nella discussione sui referendum sulla privatizzazione dell'acqua, ci furono alcune prese di posizioni interessanti, come quella del presidente della Toscana, Enrico Rossi, che pensava di far entrare direttamente i cittadini nella gestione dell'acqua, trasformando le comunità in public company o in tante piccole cooperative. 

Anche Giorgio Raggi, presidente di Coop Centro Italia, proponeva l'azionariato Coop per l'acqua. Intanto Rossi, Renzi, De Angelis (Publiacqua) e Campaini (Unicoop Firenze) innaugurano fontanelli pubblici in po' ovunque. Nella foto il taglio del nastro per  quello davanti l'ingresso del Centro Coop di Gavinana.

Più di recente arrivano le liberalizzazioni del governo Monti e i promotori dei referendum sull'acqua pubblica cominciano seriamente a preoccuparsi. Secondo i promotori della consultazione, infatti,  nel decreto del governo ci sono due articoli che vietano la possibilità della gestione pubblica degli acquedotti e costringono gli enti locali a cedere i loro asset nelle società di gestione dei servizi pubblici locali.

La preoccupazione dei sostenitori dell'acqua pubblica tornerà ad esprimersi a Reggio Emilia, con una manifestazione nazionale per il 15 dicembre 2012. L'obiettivo dei comitati per l'Acqua bene comune è far tornare in mano ai cittadini il servizio idrico in scadenza contrattuale con Iren e protestare contro una grande multiutility del nord, voluta da Passera.

Sembra dunque riaccendersi la battaglia sull'acqua pubblica e pare che se c'è qualcosa da spartirsi, le grandi Coop non vogliano restarne fuori. Alcune delle principali multiutility sono presenti in borsa, con quote di maggioranza detenute da comuni ed enti. A seguire potete vedere la composizione dell'azionariato.

A2A (Milano-Brescia)
Hera (Bologna-Modena e altri comuni emiliani)
Iren (Genova-Torino)
Acegas-Asp (Trieste-Padova)
Acea (Roma)
Publiacqua (Firenze e soci pubblici - Acque Blu Fiorentine Spa)


15 novembre 2012

RICHARD GINORI VA OLTRE IL CONFINE

A far pendere la bilancia verso Lenox-Apulum è stato sia l'offerta economica che quella occupazionale




I liquidatori della Richard Ginori hanno deciso: la storica manifattura di porcellane di Sesto Fiorentino (Firenze), chiusa dal 31 luglio scorso, andrà in affitto (con impegno irrevocabile e garantito all'acquisto) alla multinazionale americana Lenox e all'azienda rumena (controllata dalla italiana Rodytime) Apulum, che si sono impegnate a riassumere 280 addetti su 319 e a pagare 13 milioni, destinati al concordato preventivo. L'offerta della cordata internazionale è stata preferita, ieri al termine di una riunione-fiume del collegio dei liquidatori guidato da Marco Milanesio, a quella del gruppo piemontese Sambonet, leader nelle posate e proprietaria anche delle porcellane tedesche Rosenthal, che aveva messo sul piatto 7 milioni (rilanciando dopo l'iniziale offerta di 5,1 milioni) e la riassunzione di 150 lavoratori.

A far pendere la bilancia verso Lenox-Apulum è stato dunque sia l'offerta economica che quella occupazionale (mentre poco ha pesato il piano industriale), anche se l'incognita ora è rappresentata dalla prevista scissione tra il marchio Richard Ginori – asset assai prestigioso, con 277 anni di storia alle spalle e un appeal di mercato ancora elevato nonostante le difficoltà attraversate negli ultimi anni dall'azienda – e gran parte dei lavoratori impiegati nella fabbrica di Sesto Fiorentino. Lenox si è infatti impegnata a riassumere solo 46 dipendenti, mentre gli altri 234 saranno riassorbiti dall'azienda rumena Apulum. È per questo motivo che la Cgil aveva espresso preferenza per la proposta italiana, mentre i Cobas ieri hanno festeggiato la vittoria da parte della cordata internazionale.

La parola definitiva, in ogni caso, sarà ora emessa dal tribunale di Firenze, chiamato a esprimersi sulla scelta dei liquidatori. Sambonet, che puntava sull'integrazione di gruppo di Richard Ginori, resta alla finestra in attesa della decisione dei magistrati. Sull'altro fronte, Lenox è leader di mercato nella tavola di qualità, articoli da regalo e complementi d'arredo, titolare dei marchi Lenox, Dansk e Gorham; Apulum (che, come da bilancio 2011 di Richard Ginori, è già stato in affari con l'azienda fiorentina in qualità di fornitore attraverso Rodytime) come uno dei principali produttori di porcellana da tavola, proprietaria di uno stabilimento in Romania con una capacità annua di 40 milioni di pezzi.



15 novembre 2012

Silvia Pieraccini


14 novembre 2012

CENTRALE ADRIATICA, SI FIRMA L'ACCORDO MA I CONTRARI PROSEGUONO I BLOCCHI

I lavoratori sono divisi su due fronti: una sessantina di loro ha votato sì all’accordo tra sindacati confederali, Ugl e la nuova coop subentrante nell’appalto di gestione, Astercoop. Mentre l’assemblea si svolgeva però più di settanta lavoratori mantenevano i blocchi
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13 nov. – La situazione ancora in stallo dopo la seconda giornata di blocco all’ingresso dei camion nel magazzino di Centrale adriatica ad Anzola Emilia. I lavoratori sono divisi su due fronti: una sessantina di loro ha votato sì all’accordo tra sindacati confederali, Ugl e la nuova coop subentrante nell’appalto di gestione, Astercoop. Mentre l’assemblea si svolgeva però più di settanta lavoratori mantenevano i blocchi che per due giorni hanno fermato la consegna delle merci nei supermercati Coop e al momento del voto, quando volevano entrare per esprimere il voto contrario, hanno trovato i cancelli chiusi. “Problemi di ordine pubblico” fanno sapere da Centrale adriatica, “avrebbero dovuto entrare prima, all’inizio dell’assemblea”.

I facchini, che confermano in ogni caso la prosecuzione dei blocchi, contestano il cambio di appalto dall’azienda Pluriservice ad Astercoop temendo che le nuove condizioni siano peggiorative visto che il cambio coincide anche con la modifica del contratto che passa dal settore del commercio a quello della logistica.

Le organizzazioni di categoria di Cgil, Cisl, Uil e Ugl (Filt, Fit, Uiltrasporti e Ugltrasporti) hanno sottoscritto l’accordo che, secondo una nota, prevede l’assunzione di 140 lavoratori a tempo indeterminato, 13 in più rispetto alla vecchia gestione, su 184 lavoratori totali. I contratti a tempo determinato verranno rinnovati fino alla loro naturale scadenza, a fine dicembre. Molti di loro sono preoccupati di ciò che accadrà ai precari nel 2013: alcuni lavorano lì dal 2009 e spiegano che un contratto a tempo determinato significa spesso un maggiore carico di lavoro. “Gli altri sollevano i profumi, più leggeri, io le casse di birra” ci dice un lavoratore. Alcuni di loro temono il cambio di settore, dal commercio alla logistica perchè, dicono, rischierebbe di non garantire loro le ore necessarie per la disoccupazione che hanno accumulato.

Nell’accordo è previsto, poi, l’inserimento dei lavoratori al livello 6S del contratto logistica e il passaggio, dopo sei mesi, al livello 5. L’istituzione del servizio mensa e una gradualità nel versamento della quota sociale della cooperativa. I lavoratori però contestano il passaggio secondo cui òa cooperativa avrebbe 6 mesi di tempo per attestare l’idoneità del nuovo socio, “un periodo di prova cammuffato” lamentano. Infine è previsto l’impegno per aprire entro giugno 2013 il confronto per l’integrativo aziendale.

Venerdì e lunedì il responsabile del personale di Aster Coop incontrerà i lavoratori. Chi, dopo quelle date, non avrà firmato i contratti verrà lasciato a casa. Una scadenza, che solleva lo spettro della disoccupazione, che pesa su una lotta che vorrebbe continuare nella forma così decisa e radicale dei blocchi delle merci.



13 novembre 2012



12 novembre 2012

COOP CENTRALE ADRIATICA: I COBAS BLOCCANO L'ACCESSO AL MAGAZZINO


Una cinquantina di manifestanti protesta dall'alba: quaranta posti di lavoro a rischio e per chi resta condizioni peggiorative


Il magazzino rifornisce diversi punti vendita Coop del nord e del centro Italia

 
Circa cinquanta manifestanti, in maggioranza appartenenti ai Cobas, bloccano questa mattina gli accessi della Centrale Adriatica Coop ad Anzola Emilia, nel bolognese. La protesta, con bandiere e striscioni, davanti al deposito sulla via Emilia, è cominciata alle 5.30: il piazzale è pieno di camion che non possono scaricare o caricare merce destinata ai punti vendita dell'Emilia-Romagna.

La manifestazione è organizzata dal S.I.Cobas, lo stesso sindacato protagonista della protesta all'Ikea di Piacenza. Scioperano i facchini che stanno per essere assorbiti in una nuova cooperativa, la Aster coop. Nell'accordo siglato da Cgil, Cisl, Uil e Ugl si parla di 140 posti di lavoro, mentre attualmente sono 180; i lavoratori sarebbero assunti con contratti da apprendista "quando qualcuno di noi fa questo lavoro da 9-10 anni". Il Cobas parla di condizioni di lavoro peggiorative, con più ore di servizio. "Il lavoro non si tocca, sciopero sciopero sciopero" gridano i manifestanti.


12 novembre 2012

Marco Bettazzi



11 novembre 2012

REFERENDUM INTEGRATIVO UNICOOP FIRENZE, NETTO NO DI PONTE A GREVE

Con il 73% il punto vendita di Ponte a Greve dice no all'ipotesi del Contratto Integrativo Aziendale






La Filcams-Cgil fiorentina è alle prese con uno sciopero indetto dalla Cgil nazionale, ma che pare non interessarle un gran che, se come ci dicono numerose testimonianze dai punti vendita e dai magazzini, l'evento europeo (il primo) è stato scarsamente pubblicizzato. Pochissime informazioni, volantini in bacheca che ci sono e non ci sono, informazioni dei delegati pressoché nulle. E' la solita vecchia storia di non disturbare il manovratore, specialmente in periodo natalizio e la Filcams fiorentina pare adeguarsi di buon grado, come del resto ha fatto con lo sciopero del luglio scorso sul CCNL e in numerose altre occasioni.

Questo comportamento ambiguo meriterebbe una approfondita riflessione da parte degli iscritti (almeno quelli in buona fede) a quel sindacato. Ci aspetta un periodo difficile e i segnali negativi si riverberano nelle difficili relazioni sindacali di alcune Coop emiliane, che una via l'altra hanno disdetto il contratto di secondo livello e dove la Cgil in quei casi sta reagendo, come del resto fu in primis la Cgil emiliana a sostenere lo sciopero sopra citato sul Contratto Nazionale, praticamente snobbato dalla consorella fiorentina.

In Unicoop Firenze sull'integrativo si è giunti alla firma, ma questo contratto ha in se penalizzazioni rilevanti e i punti vendita dove l'opera persuasiva Filcams è meno permeante e dove i dipendenti hanno sviluppato una maggior capacità critica, stanno votando contro.
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E' il caso del negozio di Ponte a Greve, dove hanno votato venerdi e ieri con il seguente risultato:


Aventi diritto  211

Votanti 163

Si            41    (25.15 %)

No        120    (73.62 %)

Nulle        2    (1.23 %)


07 novembre 2012

LA TENDENZA DI DISDIRE I CONTRATTI AZIENDALI IN COOP: FA SCUOLA IL MODELLO COOP ESTENSE

Anche Coop Reno, come Coop Estense e Coop Nordest, ha disdettato il Contratto Integrativo Aziendale

Ma davvero il costo del lavoro è il primo problema?






Mentre i teutonici di Metro festeggiano la ritrovata pax sindacale, gli emiliani delle cooperative, non paghi delle baruffe con Matteo Renzi, continuano a litigare pure con Cgil e compagnia. E così, nella regione culla del mutualismo, si diffonde il modello Coop Estense: la società, lo scorso aprile, ha disdettato il contratto aziendale, sostituendolo unilateralmente con un regolamento interno.

Tale linea di condotta ha presto trovato emuli tra le confinanti consorelle. Ad esempio in Coop Nordest, operante in quella provincia reggiana che che presto si sposerà con quella modenese, provincia che già include parte del distretto ceramico.

Dall'l novembre, invece, vige il regolamento interno pure per Coop Reno, i cui negozi si spingono dal ravennate fino alla Bassa padana, inclusa San Giovanni in Persiceto.
Proclamando l'inesorabile sciopero contro Coop Reno, Filcams-Cgil e Uiltucs-Uil hanno quantificato gli effetti del nuovo corso come segue: tre ore settimanali a testa di lavoro in più, per un totale di 144 ore annue e a parità di stipendio, quindi a gratis; con una riduzione della retribuzione annua di circa 3mila curo per ognuno dei circa 600 dipendenti, contando sia lo stipendio netto sia i contributi. Ma perché, allora, arrivare a tanto?

I sindacati denotano come «i bilanci aziendali non evidenzino dati allarmanti». L'affermazione è veritiera: a fronte di un mol stabile, lo scorso anno l'azienda presieduta da Paolo Bedeschi ha persino aumentato l'utile netto, a 1,45 milioni dagli 1,01 del 2010.

D'altra parte, nemmeno l' Estense, in tempi recenti, ha mai visto il rosso a bilancio. Laddove si sono verificati aumenti del costo del personale, non sono stati tali da giustificare allarmismi sui conti.

E dunque sono davvero i dipendenti, ovvero la fascia più debole della catena, il vero problema? Sempre stando ai sindacalisti di Coop Reno, il problema non è il passato, ma il futuro. E cioè: la dirigenza vorrebbe intervenire sulla struttura dei costi «per poter reggere il picco della crisi che ci sarà nel 2013».

La risposta è arrivata con tanto di paginate di pubblicità sui giornali: la dirigenza ha rivendicato, ad esempio, i 3,81 milioni di salario variabile distribuiti negli ultimi quattro anni, i 62 nuovi assunti o le 164 stabilizzazioni
contrattuali. Soprattutto, i manager di Coop Reno ritengono che i sacrifici chiesti ora, in futuro, saranno redistribuiti ai dipendenti «per una quota di circa il 60%». E appunto, ecco il modello Coop Estense. Non troppo dissimile dal modello Marchionne: i lavoratori siano più produttivi oggi, e saranno ripagati domani.

In aggiunta a ciò, ModenaQui continua a gettare sul tavolo un'altra ipotesi: i portabandiera di Legacoop nella gdo devono macinare margini per sostenere certe avventure fuori campo, vedi la conquista delle assicurazioni FonSai da parte di Unipol. Non è una certezza, ma un'ipotesi credibile si.



3 novembre 2012

Nicola Tedeschini

ModenaQui



LA COOP SIAMO NOI… NON SIETE VOI !!!

Ieri , 6 novembre 2012, nella sede provinciale USB di Roma, si è svolta la riunione del coordinamento allargato USB dei lavoratori Unicoop Tirreno.




 

La riunione ha avuto ad oggetto le preoccupanti notizie che ci giungono dai nostri colleghi campani e le ripercussioni che le stesse potrebbero avere sul territorio laziale.

La riunione, partecipata da 70 delegati e lavoratori, è stata convocata con l'obiettivo di condividere un percorso di lotta che impedisca a Unicoop Tirreno la cessione del territorio campano e di quello laziale a soggetti privati, con qualsiasi forma societaria che non sia quella cooperativa; che impedisca a Unicoop Tirreno di calpestare la sua stessa carta dei valori, la dignità di chi vi lavora, insomma che Unicoop Tirreno torni all'orientamento originario della forma di impresa cooperativa teso a fornire un servizio alla persona attraverso un dualismo di azioni quale la creazione di posti di lavoro e la salvaguardia del potere d'acquisto dei soci; al momento lo spirito sociale e mutualistico si è trasferito, probabilmente, ad aiutare solo gli interessi della classe economica di quelli che la coop la dirigono.

La Coop in Campania non ha mai esercitato quella funzione sociale così fortemente declamata nelle pubblicità… Anzi, al pari di altri marchi, è andata solo ad occupare un territorio per ragioni puramente speculative. Qui sta il fallimento del progetto, qui sta la ragione della macelleria sociale già vista in analoghe situazioni sul territorio, in una terra in cui la crisi si è sommata alle già disastrose condizioni strutturali ed in cui l’occupazione e' l'unico antidoto alle attività illecite.

Sono anni che si perde il fatturato in Campania e nel Lazio, offrendo un servizio pessimo a soci e clienti, senza avere un progetto capace di invertire la tendenza, ora la cooperativa vorrebbe scaricare le colpe di una classe dirigente inadeguata sui lavoratori, una riproposizione del malgoverno del paese che scarica i suoi errori su milioni di cittadini, mantenendo i privilegi della casta e aggredendo i salari, le pensioni, il diritto di cura, del reddito, dell’abitare e aumentando le tariffe alle famiglie sempre più in crisi, un modello che noi non accettiamo e rispediamo al mittente, un modello che non ha nulla a che vedere con lo spirito cooperativo, un modello che oltretutto non ottiene alcun beneficio a livello commerciale.

Il coordinamento USB dei lavoratori Unicoop Tirreno ha poi analizzato l’ennesimo “Progetto” di efficentamento del personale che Unicoop Tirreno sta applicando nei negozi. Dopo i vari progetti di efficientamento del personale che si sono susseguiti nel tempo  l’Azienda continua a non raggiungere gli obiettivi di vendite che si prefigge, mentre continua ad aggiungere ulteriori tasselli al puzzle di precarietà, basso salario, difficoltà nella vita di relazione e degli ormai pochissimi diritti dei lavoratori Unicoop Tirreno.

Il nuovo “progetto” incide in maniera pesante sugli orari e sui carichi di lavoro del personale, siamo tornati ai tempi della peggiore fabbrica, vengono conteggiati con il cronometro i lavoratori per verificare quanto tempo impiegano a disossare un prosciutto o a rifornire a scaffale una gabbia di merce, vengono aumentati i turni spezzati, vengono abbassati i presidi nei reparti abbassando di conseguenza il servizio alla clientela, un suicidio commerciale che peggiorerà, a nostro avviso, il conto economico dei negozi, ma questa non è più una novità.

Noi diciano no, non è questo il modo di affrontare la crisi, non se ne esce scaricandola sui lavoratori ormai allo stremo, non ci sono più margini per devastare ulteriormente la nostra vita di relazione e per gravarci di insopportabili carichi di lavoro; noi diciamo no ad un’azienda che invece di ridistribuire i profitti in maniera equa a tutti coloro che hanno concorso a realizzarli li accentra ai soliti pochi noti.

Non sappiamo quali sono gli obiettivi del “PROGETTO” ma possiamo immaginare gli effetti, visti i precedenti, NON CI SARANNO MIGLIORAMENTI SULLA REDDITIVITA' DELLE STRUTTURE MA CI SARANNO DI CERTO PEGGIORAMENTI EVIDENTI PER LE NOSTRE VITE.

Il coordinamento USB dei lavoratori Unicoop Tirreno ha dibattuto sulla condizione delle donne nel commercio e sono emerse criticità enormi, un concetto di pari opportunità quantomeno bizzarro, l’impossibilità di poter gestire i tempi di vita, la cura dei figli, a volte di poter andare in bagno durante l’orario di lavoro; non ultime le molestie sessuali in un clima omertoso e maschilista, mentre Luciana Littizzetto, testimonial Coop, esalta qualità, sicurezza e convenienza della catena di grande distribuzione in tv, a volte ammiccando al commesso di turno.

Il coordinamento USB dei lavoratori Unicoop Tirreno, in tal proposito, dà mandato ad un gruppo ristretto di lavoratrici e delegate di elaborare un testo per una lettera aperta che verrà messa alla firma di tutte le colleghe dei punti vendita e verrà pubblicizzata con ogni mezzo a disposizione. 

Il coordinamento USB dei lavoratori Unicoop Tirreno esprime piena solidarietà ai colleghi campani, consapevole dell’importanza della loro vertenza che, sin da oggi, diventa la vertenza di tutti; costituisce un gruppo di lavoro snello che si impegnerà a definire un percorso che porti alla massima visibilità e che consenta di tirare fuori tutte le contraddizioni di un’Azienda che offre ai consumatori un marchio segno di garanzia ma che in realtà cela ben altro.

Il coordinamento USB dei lavoratori Unicoop Tirreno affida allo stesso gruppo di lavoro la costruzione di iniziative tese a portare alla luce la vera natura del “progetto”.
Tali iniziative saranno articolate, verranno coinvolti gli organi di informazione, le sezioni soci, si svolgeranno presidi ed assemblee per arrivare ad una grande assemblea cittadina.

Il coordinamento USB dei lavoratori Unicoop Tirreno sin da ora cercherà un allargamento all’interno e all’esterno del mondo cooperativo per dar forza a questa complessa vertenza.

Il coordinamento si chiude con l’approvazione del verbale all'unanimità… BUONA LOTTA.



6 novembre 2012


04 novembre 2012

IL DRAMMA DEI LAVORATORI EX UNICOOP TIRRENO DELLA CAMPANIA IN UNA LETTERA

Riceviamo e pubblichiamo un'accorata e addolorata lettera di un ex dipendente del l'ex negozio di Unicoop Tirreno di Nocera Inferiore





Il calvario per questi nostri colleghi inizia nell'aprile del 2009 con una lettera di licenziamento che fa seguito alla cessione di ramo aziendale da parte di Unicoop Tirreno ad una società campana, la Cavamarket, che ne avrebbe dovuto assicurare la continuità lavorativa. Non sarà così.


Mi chiamo Vincenzo Granito e sono stato dipendente della COOP di Nocera Inferiore per 18 anni.
Scrivo questa lettera per descrivere, almeno in parte, la terrificante situazione in cui io e la mia famiglia siamo costretti a vivere a causa delle scelte aziendali della UNICOOP TIRRENO.


Ho 50 anni,una moglie casalinga (non per scelta ma perché è stato impossibile trovare lavoro), 3 figli che ancora vanno a scuola (tra cui una bimba di appena 5 anni), un mutuo da pagare e tante spese che non riesco più fronteggiare da quando, dall’oggi al domani, sono rimasto disoccupato.


Ho lavorato per quest’azienda sempre con puntualità e coscienza, fiero di essere riuscito a far parte della grande famiglia che pensavo fosse la COOP, rispettando i colleghi e l’azienda stessa che mi aveva permesso a trent’anni, di guardare finalmente con fiducia al futuro.


Ero orgoglioso, dicevo. Orgoglioso di far parte di un’azienda che da sempre si muove nel campo del sociale attraverso iniziative benefiche, tenendo ben presente anche l’aspetto etico nella scelta dei prodotti a marchio Coop. Ora mi sembra così incredibile pensare ad un società che si vanta di fare del bene e che non è, però, riuscita a pensare a tutte le famiglie che all’improvviso si sono trovate a vivere nel peggiore degli incubi: quello di dover negare ai propri figli le più semplici cose, dire "non so se domani avremo i soldi per mangiare"!


Non ho vergogna ad esprimere la mia disperazione, un malessere interiore sempre più grande, sempre più profondo, il terrore del domani perché so che per me, ormai cinquantenne, sarà quasi impossibile trovare un lavoro che mi possa permettere almeno di non far soffrire la fame a mia figlia di 5 anni, che sicuramente, come i tanti bambini sfortunati degli altri paesi che la coop cerca di aiutare, ha diritto di crescere nel migliore dei modi.


Il mio sogno più grande, quello che faccio ogni volta che riesco a dormire un po', è quello di poter continuare a lavorare con la COOP e poter guardare, senza dover abbassare gli occhi, la mia famiglia, fiducioso.



La vicenda riassunta in un articolo di Antonella Beccaria dal quale riprendiamo i passaggi principali:

Quattro supermercati: un ramo d’azienda da vendere 

Ma come si è arrivati a questa situazione? Per raccontarla, questa storia, occorre fare un passo indietro e tornare al 1999 quando la Coop Campania, dopo un breve transito sotto la Coop Toscana-Lazio, passa in un piano di riorganizzazione territoriale sotto la Unicoop Tirreno, che ha sede a Piombino e che al suo attivo ha 111 punti vendita di varie dimensioni, 820 mila soci e 6.300 dipendenti. Tra il 2008 e il 2009, però, iniziano a percepirsi i primi problemi: per ragioni di bilancio, quattro supermercati campani devono essere ceduti come ramo d’azienda. Una volontà ufficializzata il 19 aprile 2009 con la lettera di licenziamento recapitata a una sessantina di lavoratori. Ma non c’era da preoccuparsi, dicevano in azienda, perché sarebbero stati assorbiti dalla nuova società.

Tutto a posto, dunque? Mica tanto perché il primo acquirente a farsi avanti è l’azienda Cavamarket di Antonio Della Monica, a cui in Campania è demandata la gestione del marchio Despar. La Filcams Cgil si oppone, i dipendenti rumoreggiano e inizia un braccio di ferro contro la cessione perché il timore è che i contratti di lavoro non vengano rispettati, una volta perfezionata la vendita. La situazione viene resa pubblica e un volantinaggio organizzato dai sindacati attira l’attenzione al punto che la Cavamarket, dopo una serie di incontri napoletani e romani tra le aziende, si tira indietro. Il suo posto viene preso da un imprenditore di Castellammare di Stabia, Michele Apuzzo, che gestisce il marchio Sunrise e che, visure camerali alla mano, risultava proprietario della Immobilmare Srl (dalla cui compagine societaria la Cavamarket è passata uscendone quasi subito). Si tratta di una società creata nel 2003 e con un capitale sociale di 95 mila euro interamente versati, ma che fino al 2009 non risultava aver gestito attività economiche né aver fatturato alcunché.

Insomma, la storia aziendale della Immobilmare inizierebbe con i supermercati di Solofra, Castellammare di Stabia, Soccavo e Nocera e i suoi primi dipendenti sarebbero proprio quelli che giungono dalla Unicoop Tirreno. Sessanta persone in tutto, a cui era stato chiesto per il tramite del sindacato se fossero disposti ad andarsene. In caso affermativo sarebbero stati messi in mobilità per un periodo variabile tra i tre e i quattro anni, a seconda dell’età. «Il suggerimento del sindacato è stato quello di accettare la proposta perché, in caso contrario, i dipendenti avrebbero potuto fare una brutta fine con la nuova azienda», dice Carlo Vuolo, ex dipendente della Unicoop Tirreno e rappresentante sindacale del punto vendita di Nocera Inferiore. Ma Vuolo, 46 anni, residente a Sarno e con tre figli da mantenere, ha fatto quello che diversi colleghi hanno deciso: in diciassette rifiutano l’opzione di abbandonare il campo e vanno avanti nella battaglia per un posto di lavoro.

E arrivano i licenziamenti per tutti
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Di fronte a questa scelta, però, la Filcams locale e nazionale si tirano indietro e il matrimonio-cessione tra Unicoop Tirreno e Immobilmare prosegue. Di questi diciassette dipendenti, riuniti intorno a un comitato sindacale di base (con cui successivamente l’Immobilmare non vorrà trattare perché – scriverà l’azienda – non appartiene alle associazioni che hanno firmato i contratti collettivi), inizia un tour de force tra carte bollate, avvocati, querele e trattative (o presunte tali). Se all’inizio, per esempio, i dieci di Nocera prendono servizio, il rapporto con la nuova azienda va avanti per poco, fino a giugno 2010, in condizioni in cui si lamenta un crescente precariato. Poi arriva il licenziamento. Ma va ancora peggio ad altri esercizi commerciali. Il magazzino di Soccavo, sottoposto a lavori di ristrutturazione, non apre perché i lavoratori sono finiti in cassa integrazione. Invece a Solofra, quello delle cause vinte dalle due dipendenti, non solo non si inizia alcuna attività commerciale, ma il locale che dovrebbe diventare il nuovo supermercato va a fuoco senza che si sia capito come e perché. Il risultato, per tutti, non cambia: perdita del posto di lavoro.

Michele Apuzzo, amministratore della Immobilmare, nel frattempo si è sfilato. È l’agosto 2010 e il suo incarico è stato assunto da un uomo di Pignataro Interamna, provincia di Frosinone, che si chiama Renzo Iannattone. I lavoratori non si lasciano tuttavia disorientare da questi cambiamenti, cui si aggiunge il trasferimento della sede legale a Pompei, ma quando Vuolo e altri suoi colleghi vi si recano trovano solo un’abitazione privata. Inoltre gli ex dipendenti di Nocera Inferiore si presentano a più riprese dal giudice del lavoro per veder riconosciuti i propri diritti. E si presentano anche quando, dopo la metà di novembre, vengono invitati a lavorare in un altro punto vendita Immobilmare, ma il 29 novembre – riporta una recente cronaca del quotidiano Il Mattino – trovano solo un locale fatiscente. E chiuso.

Tra rassicurazioni a tutt’oggi senza esito, i lavoratori si difendono da soli
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Sul versante “tribunale del lavoro”, le ultime udienze sono dell’autunno 2010 e il procedimento di fronte al giudice del lavoro è stato rinviato al 13 gennaio 2011 per consentire la raccolta di ulteriori elementi sulla società e sul suo proprietario (nello specifico è stato chiesto alla guardia di finanza di verificare se risultino a suo carico atti come protesti o istanze di fallimento). In tutto questo baillame c’è anche un contatto tra i lavoratori di Nocera e la direzione del personale di Unicoop Tirreno, che a parole manifesta l’intenzione di risolvere il problema, ma tutto finisce qui, non succederà più niente. Nel frattempo l’azienda toscana, interpellata in merito, si dimostra fiduciosa verso una felice risoluzione della controversia e chiede una serie di domande scritte a cui, finora, non è tuttavia giunta risposta.

«Siamo disponibili a trasferirci, ad andare al Nord, in Croazia o dove ci collocano», prosegue Vuolo riferendosi al vecchio datore di lavoro, Unicoop Tirreno, a cui viene imputato l’inizio della fine della vita professionale dei lavoratori campani. «In cooperativa ho lavorato venticinque anni e anche gli altri hanno più o meno la mia stessa esperienza nel settore. Un bagaglio che però sembra non valere niente, in barba a qualsiasi dichiarata solidarietà sbandierata in campagne pubblicitarie». Anche in questo senso si inquadrerebbe un accordo stipulato ai tempi della cessione dei supermercati. Un accordo con Cavamarket – nel frattempo fallita – che prevedeva una fidejussione: quindicimila euro per ogni lavoratore da corrispondere al venditore in caso di licenziamento. Inutile dire che, ai dipendenti e per l’avvenuto fallimento, di questo denaro non è mai arrivato neanche un centesimo. E nemmeno un centesimo i lavoratori di Nocera hanno visto a tutt’oggi dell’ultimo mese di stipendio loro dovuto, quello di giugno 2010, così come di liquidazione e ferie non godute.

In proposito commenta Sergio Caserta, ex presidente dell’associazione delle Coop di consumatori in Campania e della Coop Campania, che proprio al consolidamento di quei supermercati aveva lavorato negli anni Ottanta: «Mai nella storia della Coop un processo di ristrutturazione aziendale in Toscana e in Emilia ha comportato il licenziamento dei dipendenti, essendo nei suoi territori tradizionali ben attenta ai legami sociali e alla sua immagine di impresa mutualistica. Al contrario lo sviluppo cooperativo al Sud, realizzato con mentalità “coloniale e padronale” e con evidenti obiettivi di mero profitto economico, senza consolidare una rete associativa locale, ha comportato già in precedenti esperienze (come nel settore edilizio) errori imprenditoriali, incontri con la malavita economica locale e conseguenti gravi danni all’immagine dell’intero movimento cooperativo».

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ASSOLTO IL VICEPRESIDENTE DI COOP LOMBARDIA


Il vicepresidente della Coop Lombardia, Daniele Ferrè, è stato assolto con formula piena dal gup di Milano, Anna Maria Zamagni nel processo con rito abbreviato con al centro la vicenda di un presunto spionaggio ai danni di dipendenti Coop attraverso l'ascolto illegale delle loro telefonate.

Il giudice ha anche prosciolto, in sede di udienza preliminare, altri due imputati, Massimo Carnevali, capo della sicurezza del punto vendita di Vigevano (Pavia) e Alberto Rancarani, titolare di una società di tecnologie investigative.

Riguardo alla posizione di quest'ultimo, però, il gup ha ordinato la trasmissione degli atti alla Procura, perché da quanto si è saputo, potrebbe configurarsi per lui un'ipotesi di calunnia.




4 ottobre 2012

il Giornale