31 agosto 2010

CARREFOUR , LA PROTESTA DEGLI EX MAGAZZINIERI: FANNO LA SPESA E NON VOGLIONO PAGARE IL CONTO

I lavoratori in appalto ai magazzini GS-Carrefour di via Pieve Emanuele a Milano non ricevono lo stipendio da giugno e sono stati reintegrati dal giudice, ma l'azienda si rifiuta di riammetterli al lavoro


Protesta al Carrefour di Assago, alle porte di Milano, da parte dei 60 magazzinieri del Gs-Carrefour di Pieve Emanuele lasciati a casa a giugno. I dipendenti licenziati si sono presentati alle casse con i carrelli della spesa pieni di generi di prima necessità e hanno chiesto di non pagare: "In questo modo l'azienda ci anticipa parte degli stipendi arretrati che ancora ci deve e che ci servono per sfamare le nostre famiglie".

Il direttore del supermercato ha avviato la trattativa invitando gli ex dipendenti a desistere: in caso contrario, ha spiegato, li avrebbe denunciati per furto. Nel frattempo è arrivata la polizia, ma la situazione non è mai degenerata. I carrelli sono stati lasciati all'interno e fuori dall'ipermercato è cominciato il volantinaggio fra i clienti.

Si assottigliano però le speranze di un accordo tra i magazzinieri e il consorzio Gemal, affidatario dell'appalto. Forti di due sentenze del tribunale del lavoro che impongono il reintegro dei 60 lavoratori, funzionari e delegati della Filt-Cgil si erano incontrati in prefettura con il Consorzio e con Carrefour - intervenuta in qualità di osservatore - ma senza un risultato definitivo. "La nostra proposta è di reintegrare tutti i lavoratori - ha detto Ettore Montagna, della FiltCgil - perché prima di tutto bisogna rispettare la sentenza. Poi si potrà discutere di cassa integrazione".

31 agosto 2010

La Repubblica Milano.it

30 agosto 2010

CAMUSSO, REINTEGRARE I LAVORATORI CARREFOUR




Fiat fa scuola: negato il rientro nonostante una sentenza del giudice del lavoro. Oggi incontro in Prefettura Milano







“Reintegrare immediatamente i lavoratori
che lavorano per il gruppo GS - Carrefour nel polo di Pieve Emanuele a carico del consorzio Gemal e, allo stesso tempo, l’assunzione di responsabilità da parte del gruppo francese nei confronti di una vicenda che non la vede assolutamente estranea”. A chiederlo è la vice segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, in merito alla vicenda che coinvolge 64 lavoratori, e un delegato sindacale, del polo logistico in provincia di Milano, licenziati e poi reintegrati dal giudice mentre l’azienda nega loro il rientro al lavoro.

Per oggi è in programma, dopo la continua mobilitazione della Cgil, un incontro presso la Prefettura di Milano a cui siederanno la Filt Cgil, il consorzio Gemal ed il gruppo GS-Carrefour. In contemporanea si terranno due presidi: uno sottola la Prefettura, l’altro davanti al supermercato del gruppo GS - Carrefour di Via Sottocorno 46 per informare tutti i cittadini e i clienti dell’ipermercato del trattamento riservato ai lavoratori del polo logistico di Pieve Emanuele.

Camusso ricorda che nel mese di agosto la Magistratura ha emesso due sentenze di condanna nei confronti della cooperativa RM e del consorzio Gemal di cui fa parte: “Le sentenze - osserva la vice segretaria generale Cgil - qui come a Melfi, vanno rispettate per garantire legalità e il rispetto dei diritti dei lavoratori: non si può pensare di agire calpestando le regole, così come la stessa GS - Carrefour non può nascondersi dietro responsabilità altrui perché in questa vicenda non è assolutamente estranea”. La dirigente sindacale, inoltre, punta il dito contro il trattamento riservato ai lavoratori della logistica che, dice, “vivono troppo spesso in assenza di tutele, costretti in una condizione di moderna schiavitù. A Pieve Emanuele - conclude - va ristabilita la legalità altrimenti il conflitto resterà aperto”.

30 agosto 2010

Rassegna.it



29 agosto 2010

IPERCOOP DI LIVORNO: SCIOPERO RIUSCITO

Sciopero all'Ipercoop di Livorno per chiedere l'immediata applicazione del CCNL. USB, che ha organizzato lo stato di agitazione parla di un'adesione pressoché totale dei dipendenti interessati.

Il successo di questa battaglia è importante, e pone il sindacato di base in una posizione di avanguardia nella tutela dei diritti dei lavoratori Coop, dopo decenni di stagnazione e connivenza con la dirigenza delle grandi Coop da parte della Cgil-Filcams e degli altri sindacati "autorizzati".


La Rsu USB dell'Ipercoop di Livorno ha dichiarato (ieri in tarda serata in forma immediata) sciopero per l'intera giornata di oggi nei reparti di produzione.

Lo sciopero - tuttora in corso e che ha visto l'adesione pressoché totale dei dipendenti interessati dalla vertenza, tanto che i reparti gastronomia, pescheria, gelateria e cucina del centro commerciale sono chiusi da questa mattina- è stato proclamato per chiedere l'immediata applicazione del CCNL di categoria dopo una lunga trattativa che non ha portato risultati soddisfacenti.

In pratica, nell'Ipercoop di Livorno, ma in generale nella grande distribuzione, i lavoratori svolgono mansioni superiori senza che le stesse siano retribuite. Spesso si tratta di lavoratori Part-Time con anni di anzianità e nessuna prospettiva di aumenti orario, di conseguenza con stipendi che non consentono di arrivare alla fine del mese, ma neanche alla terza settimana.

Le lavoratrici e i lavoratori dell'ipermercato hanno incrociato le braccia contro l'arroganza dell'azienda che non intende riconoscere le professionalità e continua a sfuggire ad un confronto serio con la nostra organizzazione sindacale, in spregio alla democrazia, dato che in molte realtà siamo maggiormente rappresentativi, e contestualmente nega un miglioramento delle condizioni di lavoro imposto dal contratto di categoria.

Da questa mattina le RSU USB presidiano la saletta sindacale dell'Ipermercato per fornire spiegazioni e chiarimenti, contestualmente hanno proclamato lo stato di agitazione (il quale potrà portare ad altre forme di protesta nei prossimi giorni) che si sono dichiarate pronte a revocare in caso di disponibilità aziendale a riavviare un dialogo sull'argomento. Inoltre per lunedì è annunciata un'assemblea dei dipendenti, per valutare quanto accaduto e decidere come proseguire la vertenza.

Unicoop Tirreno sposa in pieno la filosoFIAT, in realtà è già da tempo che rifiuta qualsiasi confronto con i rappresentanti sindacali e procede con scelte unilaterali, in molti casi lascia inapplicato il CCNL di categoria senza il disturbo di dover creare una NEWCO, non ottempera alle sentenze di reintegra della magistratura del lavoro e passa sui diritti e la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori.

USB respinge al mittente l'attacco ai diritti e al salario delle lavoratrici e dei lavoratori e la riuscita di questo sciopero ne è la dimostrazione. Vedi anche:

28 agosto 2010

USB Lavoro Privato

Ancora agitazioni sindacali all'Ipercoop

PER LE "COOP ROSSE" GLI AFFARI NON HANNO PIU' COLORE



Oggi le cooperative fanno di testa loro. La cinghia di trasmissione con il partito si è rotta. E per la prima volta la Legacoop diserta un dibattito alla festa dell'Unità



Per la prima volta nella storia delle Feste dell’Unità (ora Feste democratiche), la Legacoop ha annunciato che diserterà un dibattito (tema: l’economia cittadina) a Bologna, capitale delle coop rosse. Che cosa sta succedendo tra le cooperative e il più grande partito del centrosinistra? Che cosa si è rotto? Il caso Bologna è solo una spia, la più clamorosa, di una trasformazione in atto: le coop fanno di testa loro, la vecchia “cinghia di trasmissione” del partito non funziona più.

Certo, il contesto bolognese è del tutto particolare: nella città che è stata anche la capitale del comunismo italiano, il primo partito della sinistra litiga su chi indicare come candidato sindaco. E una battuta fuorionda del segretario bolognese del Pd, Raffaele Donini (“Cevenini non piace al patron di Unipol, Stefanini”), scatena addirittura la rissa.

Pierlugi Stefanini è il presidente del gruppo assicurativo del mondo coop Maurizio Cevenini è il candidato favorito. Eppure non è amato dalle coop, che ora cercano però di raffreddare gli animi: “È stato montato un caso giornalistico sulla semplice non partecipazione a un dibattito”, spiegano dalla sede bolognese di Legacoop. “Ma i dirigenti delle cooperative erano presenti, giovedì, all’inaugurazione della festa e le singole aziende coop continuano, come gli anni scorsi, a finanziarla con i loro stand e le loro sponsorizzazioni. Noi ci tiriamo fuori dalla tombola dei nomi. Per noi contano i progetti politici. Certo che un bolognese su due è o socio o dipendente di una coop: dunque è giusto che la politica ascolti il mondo della cooperazione”.

Circa un terzo delle entrate di tutte le (ex) Feste dell’Unità arrivano dalle aziende coop. Quest’anno come in passato, spiega Lino Paganelli, responsabile feste della direzione nazionale Pd. Se infatti dalle beghe bolognesi si allarga lo sguardo alla situazione complessiva, si deve prendere atto che comunque molto è cambiato da quando il primo partito della sinistra si chiamava Pci e le coop erano sotto il suo ombrello politico (con una piccola parte che faceva riferimento invece al Psi e al Pri). “La cinghia non trasmette più”, dice chiaro Carlo Ghezzi, a lungo dirigente sindacale e oggi presidente della Fondazione Di Vittorio della Cgil. “Una volta pesava l’appartenenza, dunque il rapporto con il partito. Oggi contano di più le spinte di categoria”.

“Sì, c’è stato un progressivo distacco delle coop dai partiti”, conferma Guido Galardi, vicepresidente di Coop Lombardia. Il Pci è diventato Pds, poi Ds, infine Pd. La cinghia di trasmissione si è prima allentata, poi sfilacciata. In alcuni casi, ha cominciato addirittura a girare al contrario: nell’estate 2005, era Giovanni Consorte, allora presidente di Unipol, a decidere le strategie, trascinando il partito nell’avventura della scalata a Bnl. Il segretario di allora, Piero Fassino, doveva limitarsi a chiedere (“Allora, siamo padroni di una banca?”) e a fare il tifo.

Rifondazione comunista non ha mai stretto rapporti organici con il mondo coop. E, oggi, neppure Sinistra e libertà. I comunisti italiani del Pcdi sono stati per un attimo la boa a cui si è aggrappato Gianni Donegaglia, il vecchio padre padrone della Coop Costruttori di Argenta, ma non gli sono serviti a evitare né i guai giudiziari né il fallimento dell’impresa.

Dal fatale 2005 delle scalate, sono successe due cose. Da una parte il partito che poi è diventato Pd si è trasformato in una formazione magmatica, dove è difficile trovare l’ingranaggio che possa far girare una qualsiasi cinghia di trasmissione. Ha addirittura qualche imbarazzo a mostrarsi a viso aperto come il rappresentante del mondo cooperativo. Come se temesse che gli elettori, dietro il richiamo ai valori della cooperazione (che ci sono), vedessero ormai soltanto affari, appalti, spartizioni. Sospetto fondatissimo, dopo la brutta esperienza dei “furbetti” e, prima ancora, il pesante coinvolgimento delle coop in Tangentopoli.

Dall’altra parte, il movimento cooperativo è diventato orgoglioso della propria separatezza. Nell’assemblea dei delegati coop che si è tenuta a Firenze nel maggio scorso, il ritornello martellante degli interventi era: autonomia, autonomia e ancora autonomia. Lontananza dalla politica e dai vecchi rapporti. “Ma c’era anche, nello stesso tempo, il dispiacere di non sentirsi più rappresentati da niente e da nessuno”, spiega Galardi. “La politica di centrosinistra non ha più il coraggio di farsi interprete dei valori del movimento cooperativo, un mondo che cerca di tenere insieme ideali e interessi, valori e mercato. Un grande partito dovrebbe almeno tentare”.

Il mondo di Legacoop è fatto di 7 milioni di soci, 15 mila imprese, 500 mila addetti. Produce il 7 per cento del pil. È coop il 40 per cento della grande distribuzione e la cooperazione è ben piazzata anche nel settore delle costruzioni, dei servizi sociali, dell’agricoltura, dell’abitazione. Nelle prime 150 aziende italiane, 30 sono coop.

Senza punti di riferimento, le coop rosse si sono in più d’una occasione trovate a fianco di Cl, che pure non ha peso nel movimento cooperativo. Patto degli affari, spartizione degli appalti, certamente.
“Ma attenzione, c’è anche un motivo semplice. E nobile”, fa osservare Galardi. “Siccome non c’è più un pezzo della politica che ci rappresenta più degli altri, allora il movimento cooperativo fa tratti di strada insieme a chi difende i valori della cooperazione e chiede leggi che difendano il settore”.

Resta comunque una convivenza difficile, quella tra valori e affari. In una lettera, difende l’orgoglio coop Gianpiero Calzolari, presidente di Legacoop Bologna: “Le cooperative non saranno mai omologabili all’impresa privata: non è l’ideologia, ma la proprietà collettiva che fa la vera differenza”.

28 agosto 2010

Gianni Barbacetto

il Fatto Quotidiano

28 agosto 2010

MAGAZZINO GS-CARREFOUR PIEVE EMANUELE: COOP R.M. CHE DETIENE L'APPALTO CONDANNATA PER ATTIVITA' ANTISINDACALE


Lo annuncia la Filt-Cgil
Prosegue la mobilitazione dei lavoratori




"Questa mattina un'altra sentenza condanna al reintegro la cooperativa fantasma R.M. e il Consorzio Gemal per attività antisindacale nei confronti di un delegato della Filt-Cgil".

Lo annuncia lo stesso sindacato, spiegando che "il delegato era stato sospeso solo perché aveva organizzato uno sciopero" e che prosegue anche oggi la mobilitazione dei lavoratori di Pieve Emanuele (Milano) che da giugno non ricevono alcuna retribuzione e che, nonostante una sentenza del 3 agosto scorso che obbliga la coop a rentegrarli, non sono ancora stati riammessi dentro lo stabilimento.

Alla sentenza del 3 agosto scorso si aggiunge dunque la sentenza di questa mattina che stabilisce l'obbligo di riammissione del delegato sindacale a seguito di attività antisindacale della cooperativa R.M. e il Consorzio Gemal che lavora per conto del gruppo GS-Carrefour nel polo di Pieve Emanuele, dove ieri i lavoratori hanno organizzato due presidi all'entrata e all'uscita impedendo l'approvvigionamento dei prodotti da parte dei mezzi che riforniscono il gruppo GS-Carrefour.

Questa è la seconda sentenza nel mese di agosto contro la coop fantasma RM e contro il Consorzio Gemal di cui fa parte e quella di questa mattina conferma che la cooperativa e il consorzio pensano di poter agire in assenza di regole e il gruppo GS-Carrefour si nasconde dietro la responsabilità di altri" spiega Nino Cortorillo, segretario generale lombardo della Filt-Cgil, sottolineando che "a Pieve Emanuele i lavoratori sono costretti a una moderna schiavitù e una raffinata tratta delle braccia, simile a quelle del secolo scorso".

GS-Carrefour, consorzi e cooperative fantasma, si scordino che noi accetteremo ricatti o subiremo la loro illegalità" continua Cortorillo, sostenendo che "non c'é nessuna crisi, le finte cooperative nascono e muoiono per espellere i lavoratori che vogliono difendere i loro diritti e l'obiettivo è solo quello di aumentare i profitti e neppure i consumatori finali di GS-Carrefour ne traggono beneficio: questa situazione o viene ricondotta alla legalità oppure saremo costretti a tenere il conflitto aperto".

Il comportamento del consorzio Gemal oltre a danneggiare i lavoratori, compromette l'immagine del gruppo Carrefour GS - afferma Rocco Ungaro, segretario milanese della Filt-Cgil - eci aspettiamo che ora il gruppo impegni il consorzio al rispetto delle regole".

Per discutere della situazione, alle 16 di lunedì prossimo, presso la Prefettura di Milano è previsto un tavolo a cui siederanno la Filt-Cgil, il consorzio Gemal (date un'occhiata al sito, per curiosità - nota Blog) ed il gruppo GS-Carrefour.

Contemporaneamente il sindacato ha organizzato due presidi, uno sotto il palazzo del Governo in corso Monforte e l'altro davanti al supermercato del gruppo GS-Carrefour di via Sottocorno 46, "per informare tutti i cittadini e i clienti dell'ipermercato del trattamento riservato ai lavoratori del polo logistico di Pieve Emanuele".

27 agosto 2010

Virgilio Notizie


Precedenti:

TRATTATI COME SCHIAVI IN CATENE DAVANTI AL GS




ALLA CONAD CHI SCIOPERA VIENE SOSPESO


Sulla via di Melfi?

Sospensione cautelativa di quattro lavoratori del centro smistamento alimentari Conad di San Salvo (Chieti) in appalto alla CFT Firenze, che avevano partecipato ad uno sciopero. Due sono sindacalisti dello Slai Cobas che si rivolgerà al Tribunale di Vasto invocando l'articolo 28 dello statuto dei lavoratori per attività antisindacale.

Per accompagnarli ai cancelli sono stati chiamati i carabinieri


E' singolare che si torni dopo poco tempo a parlare ancora di tensioni nei magazzini Conad, dopo i noti fatti di Montopoli Valdarno. Altrettanto singolare che la protagonista della vertenza che dovrebbe portare al licenziamento di 4 lavoratori sia la coop CFT di Firenze, la quale aveva ripreso l'appalto a Montopoli dopo la malsana gestione di Alma group, per girarlo ad una subordinata, la Csl di Civitavecchia.

Ricordiamo che CFT gestisce, tra le varie attività, anche buona parte della logistica dei magazzini Unicoop Firenze di Scandicci e la loro condotta non è stata proprio contraddistinta dal rispetto dei soci-lavoratori.

CFT ed Unicoop sono legate a filo doppio e la cooperativa sociale fiorentina sta sempre più prendendo spazi in Unicoop. Lo dimostrerebbe anche il fatto che, secondo voci insistenti, il presidente della CFT nonché vicepresidente di Legacoop Toscana, Giulio Bani, sarebbe entrato nella stanza dei bottoni di Unicoop Firenze: il consiglio di gestione.

Unicoop Firenze deve fare molta attenzione, cosa che Conad pare non aver capito bene, nello scegliere le cooperative sociali a cui appaltare. Compromettere l'immagine patinata solidaristica di Coop perché l'appalto dei magazzini è in mano ad una cooperativa con pochi scrupoli e molti extracomunitari (miscela potenzialmente esplosiva) è assai facile. E i lavoratori di queste coop sociali cominciano pericolosamente a parlare delle condizioni in cui sono costretti a lavorare ed a rivendicare diritti e salari dignitosi. Cominciano persino a scioperare. Non c'è più morale, contessa.

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Sospensione cautelativa per 4 lavoratori del centro smistamento alimentari Conad a San Salvo: il provvedimento è stato comunicato tramite lettera al loro ingresso in azienda a inizio turno questo pomeriggio. «Si tratta del passo che precede il licenziamento», spiega Andrea Di Paolo, coordinatore provinciale Slai Cobas di Campobasso, giudicandolo un atto «inaudito e gravissimo.

Per accompagnarli fuori dai cancelli sono stati chiamati i Carabinieri». La motivazione contenuta nella lettera dell'azienda (la Cft di Firenze, cooperativa facchinaggio e trasporto, circa 1.500 dipendenti in Italia, 200 a San Salvo), riferisce Di Paolo, è legata allo sciopero di ieri, dalle 15 alle 18, durante il quale i quattro - due sindacalisti attivi dello Slai Cobas e due iscritti - avrebbero impedito «il corretto svolgimento dell'attività lavorativa».

Lo sciopero di reparto, spiega Di Paolo, ha coinvolto venti persone «ed è stato indetto dai lavoratori, insieme alle Rsa dello Slai Cobas, per protesta contro le precarie condizioni di lavoro, dal punto di vista igienico e della sicurezza». Al centro smistamento, aggiunge il sindacalista, oltre il 60% dei dipendenti è rappresentato da cittadini extracomunitari, assunti con contratto multiservizio. «Siamo in stato d'assedio.

Fatto ancora più grave è che l'azienda abbia chiamato i Carabinieri per accompagnare fuori i dipendenti», dice Di Paolo, annunciando che lo Slai Cobas si rivolgerà al Tribunale di Vasto invocando l'articolo 28 dello statuto dei lavoratori per attività antisindacale. Di Paolo - che segue direttamente anche la vicenda di Giovanni Musacchio, il dipendente della Fiat di Termoli (Campobasso) licenziato dopo aver partecipato al presidio di Pomigliano d'Arco del 22 giugno scorso - conclude: «Non ci piegheremo a questo diktat nazionale. Queste rappresaglie avranno risposte di piazza pesanti».

27 agosto 2010

NUOVASOCIETA'



27 agosto 2010

ALIMENTI SCADUTI SUGLI SCAFFALI DELLA COOP




















Negozio Unicoop Firenze di Via Carlo del Prete rinvenuti insaccati "scaduti" da quasi due mesi
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FIRENZE - Via Carlo del Prete: Insaccati "vecchi" di quasi 2 mesi, andavano consumati preferibilmente entro il 10 luglio.
Petrioli (ASL): "Oltre quella data peggiorano le qualità organolettiche".

Quando ha visto sugli scaffali del supermercato quei prodotti -soprattutto insaccati- ha prima ringraziato la sua abitudine a controllare scrupolosamente le date di scadenza prima di mettere la merce nel carrello, e poi è andata a protestare con i commessi.

Mille scuse, ma il giorno dopo nulla era cambiato. E così, dopo l'ennesima scoperta, una cliente della COOP di via Carlo del Prete ci ha segnalato una "cattiva abitudine" del supermercato in zona Firenze Nova. Macchina fotografica alla mano, mercoledì pomeriggio abbiamo verificato di persona: sugli scaffali della COOP c'erano effettivamente prodotti scaduti. O almeno, prodotti sui quali la data indicata in etichetta era già passata.

E nemmeno da poco: un lonzino di maiale era infatti scaduto da quasi tre settimane, l' 8 agosto scorso. Poco distante, un analogo pezzo di carne suina: prezzo leggermente superiore, identica data di produzione (il 9 febbraio) e soprattutto di scadenza. Il tempo di fare pochi passi e troviamo due confezioni di salame, in particolare due finocchione "suino cinto toscano" prodotte da un' azienda di Montaione: in questo caso, la data di scadenza è addirittura il 10 luglio scorso. Poco distante, in un grosso contenitore, troviamo altri insaccati di diverse marche,: tecnicamente dovrebbero essere tenuti sottovuoto, in realtà si vede chiaramente come all' interno ci sia aria.

"Me n'ero accorta per la prima volta qualche tempo fa - racconta la cliente - e sono andata più volte a segnalare la vicenda ai commessi. Specie quando trovai una confezione di olio di semi scaduta da oltre un anno. In qualche caso gli impiegati si sono scusati e mi hanno detto che avrebbero subito rimediato, in altri si sono giustificati dicendo che non potevano certo controllare tutti i prodotti.

Di certo, mi chiedevano sempre di non presentare reclami formali, per le conseguenze che ciò avrebbe potuto avere per loro. Eppure, soprattutto in estate, qui vengono a comprare molte persone anziane: nessuno pensa a loro, considerato che ormai sono in pochi a controllare l'etichetta dei prodotti?".

A onor del vero, in tutti e quattro i casi che abbiamo riscontrato l'etichetta indica quella data come quella entro cui il prodotto andrebbe consumato "preferibilmente". Una differenza sostanziale:"Quella dicitura -spiega Giuseppe Petrioli, direttore del Dipartimento di prevenzione dell' Asl- significa che passata la data di scadenza iniziano a peggiorare le qualità organolettiche del prodotto, ma non ci sono grossi rischi per il consumatore".

27 Agosto 2010

Marco Gemelli

TERREMERSE, INDAGINI IN CANTINA




Ipotizzata la truffa aggravata per l'ex presidente Giovanni Errani, fratello di Vasco, attuale governatore dell'Emilia-Romagna, al terzo mandato



L’indagine è stata avviata per truffa aggravata, aggravata dal fatto che sarebbe stata compiuta ai danni di ente pubblico. L’indagato è Giovanni Errani, ex presidente della cooperativa di Bagnacavallo Terremerse, che nel 2002 si fuse con la coop agricola imolese Pempa, e fratello maggiore di Vasco Errani.

La vicenda, l’abbiamo raccontata nel 2009 quando lo stesso presidente della Regione decise, a seguito delle polemiche che avevano coinvolto l’ente bolognese e anche il Comune di Imola, di presentarsi spontaneamente alla procura a consegnere la documentazione. A distanza di 10 mesi il pubblico ministero Antonella Scandellari ha deciso di iscrivere il fratello del governatore sul registro degli indagati. Ma i nomi potrebbero essere anche altri. Nei confronti di alcuni funzionari della Regione sembra essere ipotizzato il reato di abuso d’ufficio.

A Imola l’oggetto dell’indagine è la cantina in via Bicocca che dopo lo scorporo da Terremerse delle attività enologiche passò alla società Colli imolesi e quindi, chiusasi la breve esperienza di quest’ultima, nel 2008 attraverso la fusione con la Copa di Faenza alla Cantina dei Colli romagnoli, che orbita nel gruppo Cevico.

Per costruire quella cantina nel novembre del 2005 la Regione erogò un contributo di 1 milione di euro. Inizialmente il progetto di Terremerse non risultava ammesso a contributo, dodicesimo in graduatoria. Un ripescaggio che insospettì alcune forze politiche di opposizione che in consiglio regionale sollevarono la questione. Ma tant’è.

Per incassare il contributo regionale i lavori per la nuova cantina sarebbero dovuti essere conclusi entro il 30 aprile 2006. Fu quindi chiesta una proroga che venne concessa. I tempi erano comunque strettissimi.

Un primo permesso a costruire venne concesso dal Comune il 17 giugno 2005. Il secondo permesso chiesto al Comune di Imola il 28 marzo dopo le modifiche al progetto arrivò dagli uffici comunali il 23 maggio. Il 31 dello stesso mese Terremerse dichiarò di avere ultimato l’opera, almeno per quanto attinente il contributo pubblico. L’assenza del certificato di agibilità e di conformità edilizia sarebbe stata superata attraverso una delibera della giunta regionale che dichiarava questi atti non necessari al fine del bando.

L’ex sindaco di Imola Massimo Marchignoli in più occasioni ha ribadito l’estraneità sua e dell’Amministrazione comunale al tempo in cui lui era primo cittadino, posizione ribadita nei giorni scorsi anche dall’attuale assessore all’Urbanistica Andrea Bondi.

Oltre alla concessione del contributo e al rispetto della correttezza delle procedure, al vaglio degli inquirenti c’è anche la vicenda del passaggio di proprietà dello stabilimento di via Bicocca, che secondo il bando regionale era vincolata per almeno 10 anni mentre passò di mano nel giro di alcuni mesi.

Se sono state commesse illegalità ad appurarlo sarà la magistratura. C’è da dire però che sulla vicenda Terremerse di certo la politica non è stata a guardare. E’ sufficiente ricordare come si svolse l’operazione di incorporazione della Pempa: il topolino, che non navigava proprio in buone acque, si mangiò l’elefante. E incamerò il suo patrimonio immobliare, valutato 28 milioni euro.

La vecchia cantina della Pempa in via Cesena, il cui destino era già segnato dal nuovo Piano regolatore che identificava su quel terreno lo sviluppo urbano in direttrice sud, portò valore ai bilanci della coop di Errani.

Ci fu battaglia, sindacati e le lavoratrici costrette alla trasferta negli altri stabilimenti del gruppo cercarono di difendere le prospettive di lavoro, il vicepresidente della cooperativa se ne andò sbattendo la porta. La storica sede di via Cesena passa a Unagro, società controllata da Terremerse che di fatto funziona da immobiliare del gruppo, che poi li trasferisce a Federcoop Ravenna, Unipol Merchant Bank e Sara.

Per la nuova cantina dovevano servire, così almeno fu inizialmente annunciato, 2,5 milioni di euro. Uno di essi arrivò dalla Regione. Al taglio del nastro annunciato per la vendemmia del 2006 si giunse tre anni dopo.

27 agosto 2010

Stefano Salomoni

Il nuovo diario messaggero

26 agosto 2010

PIEVE EMANUELE, LICENZIATI COME A MELFI. I LAVORATORI BLOCCANO LE MERCI GS-CARREFOUR

L'aggressività antisindacale di Marchionne fa subito scuola e proseliti. E' Importante una reazione immediata e forte dei lavoratori conro questa feroce ondata padronale che nega diritti costituzionali, prima che sindacali.
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La moda di non rispetare le leggi e le decisioni dei magistrati viene dall'alto ed è stata subito raccolta da chi vuole imporre la prepotenza e la prevaricazione sui lavoratori e i loro diritti.

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All'origine della protesta il no dell'azienda a reintegrare 64 dipendenti

Pieve Emanuele come Melfi. Con un gruppo di lavoratori e un delegato sindacale licenziati che vengono reintegrati dal giudice, ma a cui l'azienda nega il rientro al lavoro. E ora i lavoratori della provincia di Milano protestano. La vicenda di Pieve comincia la scorsa primavera, spiegano dalla Filt-Cgil, quando la cooperativa R.M. decide di far licenziare i lavoratori e riassumerne solo una parte in una nuova società riducendo loro retribuzione e diritti.

Dopo uno sciopero dei lavoratori, la RM. sospende il delegato sindacale della Filt-Cgil e vieta l'entrata nello stabilimento dei lavoratori, che dallo scorso giugno ricevono la busta paga azzerata. Parte la causa e il 3 agosto scorso il giudice ordina alla cooperativa di reintegrare i 64 lavoratori. Il 4 agosto tutti si presentano ai cancelli del polo logistico Gs-Carrefour e gli viene comunicato l'impossibilità al reintegro.

Da allora i lavoratori sono in presidio permanente davanti ai cancelli e questa mattina alle 8, al termine di un'assemblea sindacale, hanno bloccato i cancelli di entrata e di uscita delle merci del polo logistico del gruppo Gs-Carrefour, concludendo la manifestazione solo dopo la garanzia della prefettura di riaprire lunedì prossimo il tavolo di confronto azienda-sindacati.

"La somiglianza con la vicenda di Melfi è inquietante, ancora una volta non vengono rispettate le sentenze della magistratura a danno della legalità e dei lavoratori", afferma Nino Cortorillo, segretario generale Filt-Cgil Lombardia, spiegando che "a differenza di Melfi, nello stabilimento di Pieve Emanuele da giugno i lavoratori e le loro famiglie non percepiscono alcuna retribuzione e nel frattempo l'azienda ha cercato di dirottare i lavoratori verso una new company, esattamente come si vorrebbe fare a Pomigliano, riducendo diritti e retribuzioni".

26 agosto 2010

La Repubblica


RIAMMESSI AL LAVORO DAL GIUDICE 64 SOCI-LAVORATORI IN APPALTO NEI MAGAZZINI GS-CARREFOUR



Il giudice condanna la cooperativa RM, che opera in appalto per il Gruppo GS/Carrefour a riammettere in servizio 64 soci-lavoratori licenziati l’8 giugno


Comunicato stampa
di
Nino Cortorillo – Segretario Generale FILT Lombardia
Rocco Ungaro – Segretario Generale FILT Milano

Con sentenza del 2 giugno, su iniziativa e assistiti dalla Filt Cgil e dai suoi avvocati, il giudice ha ordinato la riammissione in servizio di 64 soci-lavoratori che la Cooperativa RM, che opera in appalto per conto del gruppo Gs/Carrefour nei magazzini di Pieve Emanuele, aveva licenziato l’8 giugno. Questo senza nemmeno comunicarlo per iscritto.

La vertenza era nata a maggio quando la Cooperativa RM aveva preteso la riduzione del 10% della retribuzione e del TFR, la malattia non pagata i primi 3 giorni, l’aumento spropositato dei carichi di lavoro senza volerli concordare. Tutto questo in assenza di qualunque crisi aziendale o produttiva.

Al primo sciopero di protesta il Consorzio Gemal, di cui RM fa parte, aveva tolto l’attività in appalto alla Coop.
RM, per assegnarla ad un’altra Coop, La Gioventù, sempre facente parte del Consorzio ma che mai aveva operato in Lombardia e che, guarda caso, applicava al proprio interno le regole che il sindacato aveva rifiutato.

In questo spregiudicato gioco di prestigio nel quale i Consorzi e le Cooperative possono nascere e morire o uscire di scena per farne entrare di nuove, si chiedeva ai lavoratori di dimettersi dalla vecchia Cooperativa per esser assunti dalla nuova, alle nuove condizioni. A chi non ha accettato il ricatto il Gruppo Gs ha sbarrato i propri ingressi consentendo di fatto al Consorzio Gemal di licenziare tutti i lavoratori.

La vertenza è proseguita mantenendo un presidio permanente di oltre due mesi e a nulla sono valsi tutti i tentativi che abbiamo prodotto, presso l’Ufficio Provinciale del Lavoro, la Prefettura e la Provincia, per raggiungere un accordo.

La proposta del Consorzio era provocatoria: assunzione di soli 26 lavoratori a Pieve, a loro scelta, per altri 22 il trasferimento immediato, come pacchi postali, in Piemonte e per la parte residua nessun impegno. Al limite la cassa integrazione in deroga. Hanno sempre sostenuto che nessuna legge poteva impedire alla Cooperativa di decidere chi e quanti lavoratori assumere, nonostante molti lavorassero a Pieve da quasi 10 anni.

Il pronunciamento del Giudice, nel condannare RM alla riammissione in servizio, ha riconosciute le ragioni dei lavoratori cui era venuto meno sia il lavoro che il reddito, senza mai aver ricevuto nessuna lettera di licenziamento.

Con questa sentenza, che auspichiamo venga prontamente eseguita, esce sconfitto sia il comportamento dei committenti GS/ Carrefour che quello del Consorzio, fautori, di fatto, di una logicao barbarica nella gestione degli appalti.

La filiera che porta dai Committenti all’ultima Cooperativa è un susseguirsi di scatole cinesi che trattengono ad ogni passaggio parte degli introiti dell’appalto, determinando alla fine che sono solo i lavoratori a dover pagare.
Ad alcuni i profitti, ad altri il venir meno di diritti fondamentali.

Ci auguriamo ora che finisca un conflitto aperto solo per volontà di GS/Carrefour, del Consorzio e delle Cooperative e che si permetta ai lavoratori di rientrare serenamente nel loro luogo di lavoro che hanno riconquistato, loro si, nel pieno rispetto della legge e della legalità.

Vedi il precedente:
TRATTATI COME SCHIAVI IN CATENE DAVANTI AL GS

25 agosto 2010

MAGAZZINO CONAD MONTOPOLI: "GARANZIE AI LAVORATORI"

Ultime sulla vicenda Conad Montopoli.
Una patata bollente che nessuno vuole.
La CFT, già detentrice dell'appalto prima della discussa gestione di Alma Group, passa l'appalto ad una subordinata


Su questa vicenda il sindacato tutto deve rispondere. Come è possibile che 270 lavoratori (ma non erano 280? Vabbé, son extracomunitari... 10 più 10 meno.. si saranno persi per strada) dopo un palleggio di mesi e polemiche senza fine tra Cgil e Cisl, finiscano prima nell'orbita della CFT (come se questa fosse la paladina dei diritti) e poi neanche questa se li prenda, subappaltando i moderni schiavi ad una subordinata, la misteriosa CLS di Civitavecchia.

Questa vicenda puzza dalla testa, come il pesce. Troppe cose che non tornano. Alma Group, la cooperativa che ha perso l'appalto, in odore di mafia, e sostenuta dalla Cisl. La cgil attacca, i sindacati che si scannano senza esclusione di colpi, facendo intuire che sulle coop sociali nessuno ha la coscienza pulita. La CFT che aveva l'appalto precedente ad Alma Group, se ne riappropria grazie anche alla Filt-Cgil e subito subappalta, come fosse una patata bollente.

Non inciderà mica anche il fatto che Giulio Bani, presidente della chiacchierata CFT, abbia finalmente fatto, dopo anni di vassallaggio (ad esempio presidente a tempo di Legacoop Toscana dopo il siluramento di Armando Vanni caduto in disgrazia), il grande salto entrando (dai e dai) nell'olimpo, cioè nel Consiglio di Gestione di Unicoop Firenze, come da voci insistenti?

E si sa, quando si entra in Unicoop Firenze, almeno le scarpe puzzolenti bisogna lasciarle fuori dall'uscio. Lì, c'è tutto un altro... puzzo.

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Il segretario provinciale della Filt Cgil, Goffredo Carrara, cerca di rassicurare i lavoratori: "Tutti i 270 dipendenti del magazzino Conad di Montopoli Valdarno saranno riassorbiti dal nuovo soggetto che gestirà la logistica e si apriranno nei prossimi mesi nuove opportunità di lavoro, con la possibilità di almeno cento nuove assunzioni''.

''Il nuovo soggetto gestore della logistica - ha spiegato il sindacalista - dopo la revoca dell'appalta al consorzio Alma Group da parte di Conad, sarà la cooperativa Cft Lostica, che a sua volta darà il servizio in subappalto alla Cls di Civitavecchia. I vertici di Cft avevano prospettato una doppia soluzione: l'assunzione dei dipendenti in qualità i soci della Cft oppure un contratto di lavoro dipendente direttamente con Cls. E quest'ultima è stata la soluzione preferita dai lavoratori anche su nostra indicazione''.

I vertici di Cft avevano prospettato una doppia soluzione: l'assunzione dei dipendenti in qualità di soci della Cft oppure un contratto di lavoro dipendente direttamente con Cls. E quest'ultima è stata la soluzione preferita dai lavoratori. Ma la Cgil vigilerà sui nuovi posti di lavoro.

La Nazione

25 agosto 2010


Nessuno vuole fare il socio lavoratore

LICENZIATI DOPO LE FERIE CHIEDONO IL REINTEGRO


Lasciati a casa dall'oggi al domani, senza giusta causa 16 lavoratori della Coop Il Papavero impiegati alla Gsl di Cerro al Lambro




— CERRO AL LAMBRO —
«LASCIATI A CASA dall’oggi al domani, senza giusta causa». Si respira aria di tensione a Cerro, dopo il licenziamento di 16 lavoratori della coop Papavero impiegati alla Gls, azienda logistica di via Autosole 8.

Lunedì sera le persone che hanno ricevuto il “benservito” si sono presentate davanti ai cancelli per chiedere spiegazioni. Attorno a loro un cordone di carabinieri, che ha controllato documenti e permessi di soggiorno (gli operai della Papavero sono per lo più africani).

Gli stessi operai ieri hanno raggiunto la sede dell’Ispettorato del lavoro e nel pomeriggio hanno incontrato i sindacati Cobas per concordare azioni di protesta. «Colpevoli di aver scioperato due volte senza preavviso, lo scorso inverno», sono le motivazioni del licenziamento. «Motivazioni inaccettabili — dice Fulvio Di Giorgio, del Cobas —. I lavoratori hanno esercitato un diritto, chiedendo condizioni umane».

Tra febbraio e marzo gli addetti della Gls hanno promosso presidi sfociati, talvolta, in tafferugli con le forze dell’ordine. «Abbiamo avanzato richieste legittime. Siamo stati accerchiati da polizia e carabinieri — attacca Di Giorgio —. Oggi, un’altra doccia fredda: 16 persone che, al rientro dalle ferie, si trovano senza lavoro».

I licenziati chiedono il reintegro. Il Cobas ha creato una “Cassa di resistenza” a sostegno delle loro famiglie e promette lotta dura.

25 agosto 2010 A.Z.

IL GIORNO


Vedi il precedente:
GLS (Cerro al Lambro)/Coop Papavero: sciopero n. 2


PD-COOP, L'AUTOSTRADA DEL TRAMONTO





Levorato (Manutencoop): «Non so se alle prossime elezioni voterò ancora Pd»








Che in Emilia Romagna il Pd e le coop fossero in rotta era ormai ovvio da diverso tempo, e la clamorosa defezione dei vertici del colosso economico dalla festa dell’Unità bolognese è stata la celebrazione dell’allontanamento.

Del resto, business is business, e fintanto che la Lega continuerà la cavalcata di consensi che l’ha portata ad amministrare sempre più centri nevralgici della spesa pubblica le cooperative non torneranno sui loro passi.

La posizione di Claudio Levorato, presidente di «Manutencoop», realtà da 800 milioni di fatturato, è esemplare: «Non so se alle prossime elezioni - ha dichiarato a Italia Oggi - voterò ancora Pd».

Probabilmente no, se è vero che sono gli affari a determinare le alleanze: il più grande business dei prossimi anni, la nuova Autostrada Cispadana - 60 chilometri da Reggiolo a Ferrara - nasce sotto il segno del Carroccio, visto che il 51% del miliardo che servirà per la nuova opera lo metterà sul piatto Autobrennero. Autobrennero significa Nordest, e Nordest significa Lega. Ergo...


25 agosto 2010

Il Giornale.it


La Cispadana da 1 mld di euro dietro al no alla festa dell'Unità


22 agosto 2010

EMILIA ROMAGNA, TRUFFA ALLA REGIONE: INDAGATO IL FRATELLO DEL GOVERNATORE ERRANI

Dopo l’inchiesta del Giornale la Procura di Bologna al lavoro sul finanziamento da un milione di euro concesso dal governatore alla coop guidata dal congiunto.

Nel mirino dei pm anche due collaboratori del presidente


Aveva visto giusto il Giornale. Qualcosa non filava nel dorato mondo dei fratelli Errani: Vasco, potente presidente della regione Emilia-Romagna, e il fratello Giovanni, numero uno della coop Terremerse. A suo tempo il governatore aveva finanziato la boccheggiante coop di Errani senior.

Un milione di euro: questo l’aiuto concesso dalla Regione, ma vincolato al rispetto di numerosi paletti. Paletti che, invece, la coop aveva interpretato a modo suo e probabilmente saltato in un comodissimo slalom fra norme, leggi e circolari.
Così, nell’autunno scorso il Giornale con una serie di articoli firmati da Stefano Filippi aveva denunciato anomalie e ritardi di quel progetto, legato alla realizzazione di un impianto enologico.

Errani senior si era dimesso, il fratello invece si era precipitato in procura per spiegare e chiarire.
Spiegare, ha spiegato, ma evidentemente non ha chiarito. Una prima risposta alle domande poste dal Giornale arriva ora dalla procura di Bologna: Giovanni Errani è indagato per truffa aggravata ai danni della Regione. Insomma, del fratello. Con lui sono sotto inchiesta due funzionari regionali che avevano istruito e seguito la pratica. Per loro l’accusa è di abuso d’ufficio. Siamo nel perimetro di una vicenda imbarazzante, nel cuore dell’Emilia rossa e di un sistema che intreccia politica e affari: un modello, ma anche un blocco di potere, costruito dal Pci nel primo dopoguerra e ancora egemone.

La storia comincia nel 2005. Terremerse, coop rossa con sede a Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, naviga in acque tempestose e perde 6-7 milioni di euro l’anno. Una situazione disastrosa, prossima al collasso. Come fare per sopravvivere? La soluzione è dietro l’angolo: Eranni chiama Errani. Ovvero, la coop scomoda la Regione, guidata dal fratello che è anche il numero uno dei governatori italiani e una figura di primo piano dell’ex partito comunista, oggi Pd.

Errani senior vuol realizzare nel territorio di Imola un impianto per la produzione del vino: si fanno due conti si fissano le griglie. Lo stabilimento verrà a costare 2,5 milioni di euro, la Regione concede un finanziamento di 1 milione tondo. Un aiuto robusto. L’impianto dovrà però essere pronto entro aprile 2006. Inoltre, la coop si impegnerà a non cederlo per almeno dieci anni.

Sulla carta tutto funziona a meraviglia. In realtà il progetto s’impiglia quasi subito e decolla con enorme fatica e gravi ritardi. Il 27 aprile 2006 la coop chiede una proroga perché il Comune non ha ancora ceduto i terreni, la Regione la concede, finalmente il 23 maggio arriva l’ok. I lavori partono quando dovrebbero essere conclusi e incredibilmente, come documenterà il Giornale, il 31 maggio l’opera viene dichiarata finita. In otto giorni, manco la coop fosse l’Onnipotente. In realtà, i certificati di idoneità non vengono presentati per la banalissima ragione che la costruzione è ancora molto indietro. Il seguito lo sta accertando il pm di Bologna Antonella Scandellari che ha messo sotto inchiesta Errani senior e i due funzionari dopo aver letto un rapporto della Guardia di finanza.

L’impianto slitta nel tempo. Si accampano persino incredibili scuse climatiche: si parla di ritardi dovuti ad un inverno piovoso, anche se in realtà la stagione è stata fra le più secche degli ultimi anni. Poi, la Regione batte un colpo: chiede l’ammontare della produzione vinicola per il 2006-2007.

Terremerse, che non ha ancora vendemmiato un solo grappolo d’uva, si dimentica semplicemente di rispondere e tutto va avanti come prima. Finalmente, all’inizio del 2008 il sospirato impianto è pronto, la coop è salva e il milione piove sulla testa di Errani senior. Ritardi e problemi sono stati in qualche modo superati. Ma la coop fa di più: in breve cede il ramo d’azienda vinicolo, proprio quello oggetto del finanziamento collegato al piano decennale. Che cosa succede? Ancora niente.

È solo l’inchiesta di Filippi, ad ottobre scorso, a smuovere le acque paludose della Regione. Errani senior è costretto a dimettersi e si difende spiegando che non ha ceduto l’attività ad altri ma ha gestito la fusione fra due società, il fratello corre in procura, in Consiglio regionale scoppia il finimondo. Il Giornale aveva visto giusto. Tutti, dalle coop al Pd, invocano la trasparenza e mettono la mano sul fuoco, giurando sulla correttezza del governatore. Certo, nessuno fa una bella figura in questa storia.

22 agosto 2010

Stefano Zurlo

Il Giornale.it


Della vicenda se ne era occupata anche la trasmissione l'ultima parola, nell'aprile scorso:



21 agosto 2010

CASO CONAD MONTOPOLI, IL PD: HA VINTO LA LEGALITA'

Per il PD di Montopoli sulla vicenda Conad-Alma Group trionfa la legalità.
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Visto il clima di palese illegalità ed opacità che caratterizza alcune (molte?) cooperative sociali che hanno in appalto magazzini e logistica, dobbiamo agurarci che questo sia solo un primo passo verso una legalità ed una trasparenza più diffuse, indipendentemente dai colori di appartenenza della cooperativa.



Quella che segue è la ricostruzione del caso Conad di Montopoli da parte del PD locale e delle polemiche sindacali da una parte e dall'altra, seguite a causa della passata gestione dell'appalto del magazzino Conad dalla discussa cooperativa Alma Group, che parrebbe essere in qualche modo vicina a Cisl.

Crediamo che sia un intervento importante, ma auspichiamo che il PD (e la Cgil) segua con la stessa intransigenza e innalzi la bandiera della legagalità e dei diritti sindacali, se non addirittura umani, anche quando si tratta di altre cooperative. Tanto per essere più chiari, riportiamo un articolo di qualche tempo fa, che descriveva, non proprio in termini lusinghieri, le condizioni di lavoro dei soci-lavoratori della CFT che operano nei magazzini di Unicoop Firenze.

Polemiche sindacali come questa non nascono a caso. L'intervista del segretario Uilm Marcello Casati, lascia intendere, evitando molto cautamente di entare nel dettaglio, che la questione dei diritti non si ferma certo al caso Conad-Alma Group.

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HA VINTO LA LEGALITA'


I documenti del PD in PDF

30 luglio 2010

Montopoli Valdarno (PI)
Ha vinto la legalità
Speciale sul caso del magazzino Conad di Capanne.


20 agosto 2010

LA PISTA DEI CLAN NELLE INDAGINI DELL'AVVOCATO UCCISO A RODANO

L'inquietante scenario dietro l'omicidio dell'avvocato Maglione apre una riflessione improrogabile su alcune cooperative sociali e su una realtà sempre più fuori controllo



Che succede in molte delle cooperative sociali? Quelle che in particolare hanno gli appalti del facchinaggio e logistica nei magazzini o nelle imprese di pulizia?

L'omicidio dell'avvocato Pasquale Maglione è senza dubbio il fatto recente più rilevante, che evidenzia con ogni probabilità il clima inquinato da interessi e faide camorristiche cui sono fatte oggetto alcune di queste coop.

Ma ormai gli episodi di cronaca che coinvolgono le coop sociali, anche se non si arriva all'assassinio, sono giornalieri. Il blog se ne occupa sempre più frequentemente perché pensiamo che sia giunto il momento di una risposta forte sullo sfruttamento di migranti e non, su condizioni di lavoro irregolari o peggio, su facili infiltrazioni mafiose, su aziende e grandi cooperative di consumo che chiudono più di un occhio pur di avere un appalto a bassissimo costo rendendosi così complici di questo abominio, ma anche su sindacati cinici che ottengono facilmente tessere e altri favori girando la testa quando invece ci sarebbe da fare una battaglia rigorosa sui diritti e sulle tutele.

Proprio sulla scia del ribasso dei costi si innesca la guerra degli appalti, che ha come scudi umani persone disperate, spesso non italiane, che per una miseria di stipendio sono disposte a subire ritmi di lavoro disumani, trattamenti irrispettosi se non crudeli, ricatti veri e propri.

Di seguito l'articolo di Repubblica, che anche se di un mese fa risulta attualissimo, nella cronaca di Sandro De Riccardis.

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Non era solo un consulente del lavoro, l' avvocato Pasquale Maglione. Lavorava per la Dhl, il suo nome è su decine di accordi tra la Dhl Supply, divisione che si occupa di magazzinaggio e trasporto su strada, e i lavoratori delle cooperative.

Ma il suo raggio d' azione era molto più ampio e complesso, teneva dentro un imprecisato numero di consorzi di origine campana e di altri appalti della logistica in Lombardia, un settore tenuto sotto controllo da tempo dalle forze dell' ordine perché a rischio d' infiltrazione delle mafie, soprattutto quelle dei Casalesi, e indicato come uno degli ambiti privilegiati del riciclaggio.

Ora è proprio sull' asse Milano-Campania che il Nucleo Investigativo di Monza sta scavando per spiegare un' esecuzione a colpi di pistola, venerdì notte, portata a termine da professionisti davanti alla sua casa di Rodano. La storia al nord di Maglione, originario di Moiano, provincia di Benevento - ogni weekend tornava dalla moglie e i due figli, studenti universitari - inizia nel 1998, quando l' avvocato 56enne inizia a lavorare per la FaustFarm, azienda di logistica di medicinali che ha sede a Caleppio di Settala. Acquistata nel 2003 da Pharma Logistic, nel 2006 è incorporata in Dhl.

Da allora il nome del legale compare su ogni accordo sottoscritto tra Dhl Supply e le cooperative che hanno in appalto logistica e facchinaggio per la multinazionale tedesca. Lo ricordano lavoratori e delegati sindacali a Caleppio di Settala, a Cerro a Lambro, a Peschiera Borromeo, a Pieve Emanuele, a Trezzano, fino a Corteolona, provincia di Pavia.

Anche se non aveva nessuna carica formale, Pasquale Maglione lo ricordano anche a Brembio, provincia di Lodi, sede di una piattaforma di logistica europea. Gli operai delle cooperative, anche qui quasi tutte campane, occupano l' azienda per rivendicare salari e ritmi di lavoro migliori.

Ed è nel mezzo di quella protesta, in una notte dello scorso dicembre, che Pasquale Migliore chiama un sindacalista. «Cerchiamo insieme una soluzione» dice l' avvocato, che si appoggiava a Milano come nel Lodigiano a studi professionali di legali casertani.

Per il Nucleo Investigativo di Monza non ci sono dubbi che dietro l' omicidio di Maglione ci sia una questione legata al suo lavoro. Un' esecuzione decisa da una parte della fazione a cui lui stesso apparteneva, o da rivali che gli hanno fatto pagare decisioni che non doveva prendere.


18 luglio 2010

Sandro De Riccardis


La Repubblica

BOLOGNA INQUIETA, NIENTE COOP AI DIBATTITI DELLA FESTA DELL'UNITA'


Le coop rosse disertano, per la prima volta, i dibattiti della festa de l’Unità di Bologna




Il motivo - ufficialmente - è legato al momento politico ed economico particolarmente «confuso». Ma non è escluso che ci sia una sorta di «piccolo avvertimento» al Pd che, sotto le Due Torri, sta vivendo un’estate a dir poco movimentata.

SETTIMANE “ROVENTI”: I FATTI Il 2 agosto scorso, durante il corteo per la strage alla stazione, il colloquio “intercettato” dalle telecamere tra il segretario bolognese, Raffaele Donini, e il leader Pierluigi Bersani. Una discussione “riservata”, ma fatta in luogo pubblico, in cui l’esponente locale riportava i dubbi di Pierluigi Stefanini (numero uno di Unipol, la “cassaforte” cooperativa) su Maurizio Cevenini, il più popolare tra i possibili candidati a sindaco per il 2011, descrivendo come «datato» Luciano Sita, ex assessore e cooperatore di grande esperienza. Nonostante si sia ritirato dalla corsa, Sita è ancora molto apprezzato nel mondo cooperativo. E può essere che le parole di Donini non siano piaciute.

A questo, hanno fatto seguito 10 giorni di polemiche sulla possibilità di aprire un dialogo con Giorgio Guazzaloca, l’ex sindaco in quota Udc che nel ‘99 strappò la città alla sinistra. Un’ipotesi che ha fatto fibrillare gli alleati come Idv e Sel, fino alla marcia indietro con cui Donini ha certificato «l’innaturalità» di un rapporto con chi chiede di rinnegare gli ultimi anni di amministrazione. Un “botta e risposta” sui giornali che può aver pesato sulla decisione di Legacoop. L’associazione, ieri, non ha voluto alimentare le polemiche. Ma l’altro ieri il direttore Ethel Frasinetti, al Corriere di Bologna , aveva detto: «Abbiamo scelto di non partecipare perché quest’anno preferiamo ascoltare. Non è una decisione casuale, questo è un momento particolare, a livello nazionale e locale. Il nostro percorso di autonomia ci porterà a dialogare con tutte le forze politiche, ma questo non significa che mancheremo di presentare, in settembre, le nostre idee per la città».

Al Pd si cerca di sdrammatizzare: «Se qualcuno resta in ascolto, significa che pensa che tu abbia qualcosa da dire, è un segnale di attenzione - osserva Luca Rizzo Nervo, coordinatore della segreteria di via Rivani -. Non pensiamo certo che l’interlocuzione con Legacoop si esaurisca in un dibattito alla Festa». Si fa poi notare come sul palco si alternino forze che non possono certo essere accusate di collateralismo con la sinistra: al dibattito “disertato” da Gianpiero Calzolari, numero uno della Legacoop, non mancheranno invece Maurizio Marchesini (Unindustria), e Loretta Ghelfi (Cna).

GHEDINI (PD) TRA DUE MONDI Anche Rita Ghedini, dirigente cooperativa e senatrice Pd, slega la decisione dalle ultime polemiche. «Il dialogo con parti così importanti dello scenario economico non può essere ridotto alla benedizione o alla maledizione di un candidato - osserva -. Le coop hanno una base associativa diffusa che le rende un importante termometro sociale che sente di essere in un momento di turbolenza politica». Solo un rinvio, insomma: «Sono sicura - chiude - che le coop interverranno quando avranno più chiara la direzione da intraprendere per la città».

19 agosto 2010

Andrea Bonzi


L'Unità


Vedi anche: Coop, attrazione fatale per la Lega


GROSSETO: UNICOOP TIRRENO VA AVANTI SUL PROGETTO IPER DEL COMMENDONE

GROSSETO. Il progetto dell'Ipercoop va alla Via, la valutazione di impatto ambientale. Unicoop Tirreno ha presentato la documentazione e entro 90 giorni il Comune dovrà dare una risposta.


Quello che è stato avviato, con la pubblicazione sul bollettino unico della Regione Toscana, è il procedimento che serve a verificare se il progetto del centro commerciale che sorgerà nell'ambito del Piano integrato dei servizi (Pis) del Commendone debba essere, o meno, assoggettato alla valutazione di impatto ambientale.

In caso di risposta positiva i tempi di realizzazione del centro commerciale si allungherebbero, mentre una risposta negativa significherebbe il via libera al progetto e, dunque, al rilascio delle concessioni edilizie. L'assessore all'ambiente Giuseppe Monaci spiega che «siamo arrivati a fase di progettazione più definita e in base alla legge, essendo un centro commerciale, il procedimento di Via è di competenza del Comune. Adesso è iniziata la verifica di Via e entro 90 giorni si saprà se è necessaria o meno la valutazione di impatto ambientale».

Unicoop Tirreno ha presentato all'amministrazione comunale la documentazione relativa alla verifica del progetto di centro commerciale da oltre 25mila metri quadrati con annesso parcheggio da oltre 3.100 posti auto, previsto all'interno del Polo Integrato dei Servizi. Copia della documentazione è stata depositata anche in Provincia, all'Arpat, all'Usl 9, al Bacino regionale Ombrone, al Consorzio di Bonifica, alla Comunità d'Ambito Toscana Sud e alla Soprintendenza Archeologica. Si apre la fase delle osservazioni che durerà 45 giorni. Poi il Comune avrà altri 45 giorni per decidere, tenuto conto delle osservazioni e dei pareri.

L'intervento, che per Unicoop Tirreno significa un investimento non inferiore ai 120 milioni di euro: su 33 ettari compresi tra la via del Commendone, l'insediamento Il Borgo e le ultime abitazioni della Cittadella, sorgeranno il centro commerciale con l'Ipercoop, due grandi distribuzioni e due medie distribuzioni, un'area ambulatoriale e una trentina di negozi, mentre all'esterno ci saranno altre cinque attività commerciali: una grande distribuzione e quattro medie distribuzioni. Nella stessa area è prevista una nuova viabilità, con sostanziale raddoppio della via Senese attraverso un nuovo collegamento tra la città e lo svincolo dell'Aurelia all'altezza di Roselle.

19 agosto 2010

Enrico Pizzi

Il Tirreno

CASO CONAD MONTOPOLI, APPELLO ALLA CHIAREZZA




Mentre si susseguono gli appelli a fare chiarezza, nel caso dei magazzini Conad di Montopoli, la vicenda dei 280 lavoratori passa in secondo piano
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A prendere la scena sono i sindacati e le loro polemiche. Scende di nuovo in campo l'amministrazione comunale e il Sindaco sembra intenzionato a denunciare Cisl e Uil
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I due sindacati paiono apprezzare il gesto, purché si faccia chiarezza.

Però si parte male. Non sappiamo se a chi ci legge sembra chiaro quello che dice la UIL sulla vicenda. A noi pare aggiungere ambiguità ad una storia dai contorni molto opachi, fatta di relazioni pericolose tra sindacati e strane cooperative.

Ci aspettiamo la solita tempesta in un bicchier d'acqua, con buona pace dei lavoratori
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CISL E UIL: CHI CONOSCE CASI DI REATO DEVE DENUNCIARLI

MONTOPOLI.
«Abbiamo appreso con piacere che il sindaco di Montopoli attiverà i propri legali per denunciare la Cisl e la Uil per le accuse e le infamie ricevute».

È quanto replicano con una nota congiunta le segreterie di Fit-Cisl e Uilt-Uil in merito al caso del magazzino Conad. «Finalmente verrà fatta chiarezza sull'operato dell'amministrazione comunale - sottolineano le segreterie - Nel magazzino conosciamo solo uomini liberi e rispettosi delle leggi del nostro paese, se qualcuno è a conoscenza di situazioni diverse ha il dovere, soprattutto se ricopre una carica pubblica, di denunciarle agli organi competenti».

E sul fronte dei rapporti con Cgil. «È singolare che da una parte si chiede l'unità e dall'altra si lanciano accuse verso quei sindacati che rappresentano la maggioranza del personale presente nel magazzino e che da sempre operano per la difesa dei lavoratori».

10 agosto 2010

Il Tirreno