Il giudice condanna la cooperativa RM, che opera in appalto per il Gruppo GS/Carrefour a riammettere in servizio 64 soci-lavoratori licenziati l’8 giugno
Comunicato stampa
di
Nino Cortorillo – Segretario Generale FILT Lombardia
Rocco Ungaro – Segretario Generale FILT Milano
Con sentenza del 2 giugno, su iniziativa e assistiti dalla Filt Cgil e dai suoi avvocati, il giudice ha ordinato la riammissione in servizio di 64 soci-lavoratori che la Cooperativa RM, che opera in appalto per conto del gruppo Gs/Carrefour nei magazzini di Pieve Emanuele, aveva licenziato l’8 giugno. Questo senza nemmeno comunicarlo per iscritto.
La vertenza era nata a maggio quando la Cooperativa RM aveva preteso la riduzione del 10% della retribuzione e del TFR, la malattia non pagata i primi 3 giorni, l’aumento spropositato dei carichi di lavoro senza volerli concordare. Tutto questo in assenza di qualunque crisi aziendale o produttiva.
Al primo sciopero di protesta il Consorzio Gemal, di cui RM fa parte, aveva tolto l’attività in appalto alla Coop.
RM, per assegnarla ad un’altra Coop, La Gioventù, sempre facente parte del Consorzio ma che mai aveva operato in Lombardia e che, guarda caso, applicava al proprio interno le regole che il sindacato aveva rifiutato.
In questo spregiudicato gioco di prestigio nel quale i Consorzi e le Cooperative possono nascere e morire o uscire di scena per farne entrare di nuove, si chiedeva ai lavoratori di dimettersi dalla vecchia Cooperativa per esser assunti dalla nuova, alle nuove condizioni. A chi non ha accettato il ricatto il Gruppo Gs ha sbarrato i propri ingressi consentendo di fatto al Consorzio Gemal di licenziare tutti i lavoratori.
La vertenza è proseguita mantenendo un presidio permanente di oltre due mesi e a nulla sono valsi tutti i tentativi che abbiamo prodotto, presso l’Ufficio Provinciale del Lavoro, la Prefettura e la Provincia, per raggiungere un accordo.
La proposta del Consorzio era provocatoria: assunzione di soli 26 lavoratori a Pieve, a loro scelta, per altri 22 il trasferimento immediato, come pacchi postali, in Piemonte e per la parte residua nessun impegno. Al limite la cassa integrazione in deroga. Hanno sempre sostenuto che nessuna legge poteva impedire alla Cooperativa di decidere chi e quanti lavoratori assumere, nonostante molti lavorassero a Pieve da quasi 10 anni.
Il pronunciamento del Giudice, nel condannare RM alla riammissione in servizio, ha riconosciute le ragioni dei lavoratori cui era venuto meno sia il lavoro che il reddito, senza mai aver ricevuto nessuna lettera di licenziamento.
Con questa sentenza, che auspichiamo venga prontamente eseguita, esce sconfitto sia il comportamento dei committenti GS/ Carrefour che quello del Consorzio, fautori, di fatto, di una logicao barbarica nella gestione degli appalti.
La filiera che porta dai Committenti all’ultima Cooperativa è un susseguirsi di scatole cinesi che trattengono ad ogni passaggio parte degli introiti dell’appalto, determinando alla fine che sono solo i lavoratori a dover pagare.
Ad alcuni i profitti, ad altri il venir meno di diritti fondamentali.
Ci auguriamo ora che finisca un conflitto aperto solo per volontà di GS/Carrefour, del Consorzio e delle Cooperative e che si permetta ai lavoratori di rientrare serenamente nel loro luogo di lavoro che hanno riconquistato, loro si, nel pieno rispetto della legge e della legalità.
La vertenza era nata a maggio quando la Cooperativa RM aveva preteso la riduzione del 10% della retribuzione e del TFR, la malattia non pagata i primi 3 giorni, l’aumento spropositato dei carichi di lavoro senza volerli concordare. Tutto questo in assenza di qualunque crisi aziendale o produttiva.
Al primo sciopero di protesta il Consorzio Gemal, di cui RM fa parte, aveva tolto l’attività in appalto alla Coop.
RM, per assegnarla ad un’altra Coop, La Gioventù, sempre facente parte del Consorzio ma che mai aveva operato in Lombardia e che, guarda caso, applicava al proprio interno le regole che il sindacato aveva rifiutato.
In questo spregiudicato gioco di prestigio nel quale i Consorzi e le Cooperative possono nascere e morire o uscire di scena per farne entrare di nuove, si chiedeva ai lavoratori di dimettersi dalla vecchia Cooperativa per esser assunti dalla nuova, alle nuove condizioni. A chi non ha accettato il ricatto il Gruppo Gs ha sbarrato i propri ingressi consentendo di fatto al Consorzio Gemal di licenziare tutti i lavoratori.
La vertenza è proseguita mantenendo un presidio permanente di oltre due mesi e a nulla sono valsi tutti i tentativi che abbiamo prodotto, presso l’Ufficio Provinciale del Lavoro, la Prefettura e la Provincia, per raggiungere un accordo.
La proposta del Consorzio era provocatoria: assunzione di soli 26 lavoratori a Pieve, a loro scelta, per altri 22 il trasferimento immediato, come pacchi postali, in Piemonte e per la parte residua nessun impegno. Al limite la cassa integrazione in deroga. Hanno sempre sostenuto che nessuna legge poteva impedire alla Cooperativa di decidere chi e quanti lavoratori assumere, nonostante molti lavorassero a Pieve da quasi 10 anni.
Il pronunciamento del Giudice, nel condannare RM alla riammissione in servizio, ha riconosciute le ragioni dei lavoratori cui era venuto meno sia il lavoro che il reddito, senza mai aver ricevuto nessuna lettera di licenziamento.
Con questa sentenza, che auspichiamo venga prontamente eseguita, esce sconfitto sia il comportamento dei committenti GS/ Carrefour che quello del Consorzio, fautori, di fatto, di una logicao barbarica nella gestione degli appalti.
La filiera che porta dai Committenti all’ultima Cooperativa è un susseguirsi di scatole cinesi che trattengono ad ogni passaggio parte degli introiti dell’appalto, determinando alla fine che sono solo i lavoratori a dover pagare.
Ad alcuni i profitti, ad altri il venir meno di diritti fondamentali.
Ci auguriamo ora che finisca un conflitto aperto solo per volontà di GS/Carrefour, del Consorzio e delle Cooperative e che si permetta ai lavoratori di rientrare serenamente nel loro luogo di lavoro che hanno riconquistato, loro si, nel pieno rispetto della legge e della legalità.
Vedi il precedente:
TRATTATI COME SCHIAVI IN CATENE DAVANTI AL GS
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italcarni di carpi I sindacati: «L’azienda non sta ai patti, porta il lavoro all’esterno»
di Paola Benedetta Manca
Si erano lasciati a giugno con un accordo di mobilità volontaria per gli operai e di cassa integrazione straordinaria per gli impiegati. Accanto a questo impegno, la Italcarni di Carpi aveva assicurato ai sindacati (Flai/Cgil e Fai/Cisl) il congelamento, per il momento, di qualsiasi ipotesi di esternalizzazione, per poi riparlarne insieme a settembre, dopo la presentazione del piano industriale. Le sigle sindacali, però, adesso accusano la Italcarni di non rispettare i patti e di aver proposto ad alcuni lavoratori di entrare in un’altra cooperativa. Riferiscono che si sarebbe svolta una riunione tra i vertici aziendali e gli addetti di un reparto (quello del macello sporco) che figura tra quelli che dovrebbero essere esternalizzati, senza che i sindacati ne sapessero nulla. Agli operai della Italcarni sarebbe stato proposto di entrare in una cooperativa (era presente anche un suo rappresentante) che fa parte di un consorzio interessato all'affitto del reparto. «Abbiamo firmato un accordo che prevedeva un confronto fra i sindacati e il gruppo prima di procedere a qualsiasi fase di esternalizzazione di rami o reparti dell’azienda» ricorda Daniela Pellacani, rappresentante di Flai/Cigil che ha seguito i dipendenti durante tutta la lotta portata avanti per non venire licenziati dalla ditta. «Prima di sederci attorno ad un tavolo per parlare dell’argomento – sottolinea – l’azienda si è impegnata a sottoporci il piano industriale. Senza vederlo, non si può discutere di ipotesi di esternalizzazione e la dirigenza non deve convocare gli operai per parlarne, soprattutto senza consultarci». I sindacati hanno quindi richiamato l’azienda e gli operai «bloccando questo meccanismo non corretto che non deve più verificarsi» precisa Pellacani. Il prossimo incontro ufficiale fra le parti, invece, è fissato per il 2 settembre quando ci sarà una verifica degli accordi già presi a giugno: «Solo in quella sede - anticipa Pellacani – entreremo nel dettaglio del piano industriale che riguarderà le esternalizzazioni, la modifica e l'ottimizzazione del processo produttivo, l’organizzazione e gli orari di lavoro». E si riprenderà anche il discorso degli ammortizzatori sociali. I lavoratori, infatti, dopo 84 ore di sciopero e diversi presidi, avevano ottenuto dall’azienda il ritiro della procedura di mobilità per 43 dipendenti, a favore di quella volontaria e dell’erogazione della cassa integrazione straordinaria per sette impiegati. Ad oggi, hanno aderito alla mobilità volontaria tre lavoratori, con un incentivo all’esodo di dodici mila euro lordi, ma sono previste altre adesioni in questo mese (c’è tempo per scegliere questa soluzione fino a settembre del 2011). Da settembre, poi, partirà la Cigs per gli impiegati e, durante l’incontro del due, spiega Pellacani, si deciderà anche la ricollocazione per alcuni di loro mentre altri divideranno una forma di cassa integrazione speciale a rotazione. MODENA emiliaromagna@unita.it
17 agosto 2010
pubblicato nell'edizione di Bologna
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