22 agosto 2010

EMILIA ROMAGNA, TRUFFA ALLA REGIONE: INDAGATO IL FRATELLO DEL GOVERNATORE ERRANI

Dopo l’inchiesta del Giornale la Procura di Bologna al lavoro sul finanziamento da un milione di euro concesso dal governatore alla coop guidata dal congiunto.

Nel mirino dei pm anche due collaboratori del presidente


Aveva visto giusto il Giornale. Qualcosa non filava nel dorato mondo dei fratelli Errani: Vasco, potente presidente della regione Emilia-Romagna, e il fratello Giovanni, numero uno della coop Terremerse. A suo tempo il governatore aveva finanziato la boccheggiante coop di Errani senior.

Un milione di euro: questo l’aiuto concesso dalla Regione, ma vincolato al rispetto di numerosi paletti. Paletti che, invece, la coop aveva interpretato a modo suo e probabilmente saltato in un comodissimo slalom fra norme, leggi e circolari.
Così, nell’autunno scorso il Giornale con una serie di articoli firmati da Stefano Filippi aveva denunciato anomalie e ritardi di quel progetto, legato alla realizzazione di un impianto enologico.

Errani senior si era dimesso, il fratello invece si era precipitato in procura per spiegare e chiarire.
Spiegare, ha spiegato, ma evidentemente non ha chiarito. Una prima risposta alle domande poste dal Giornale arriva ora dalla procura di Bologna: Giovanni Errani è indagato per truffa aggravata ai danni della Regione. Insomma, del fratello. Con lui sono sotto inchiesta due funzionari regionali che avevano istruito e seguito la pratica. Per loro l’accusa è di abuso d’ufficio. Siamo nel perimetro di una vicenda imbarazzante, nel cuore dell’Emilia rossa e di un sistema che intreccia politica e affari: un modello, ma anche un blocco di potere, costruito dal Pci nel primo dopoguerra e ancora egemone.

La storia comincia nel 2005. Terremerse, coop rossa con sede a Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, naviga in acque tempestose e perde 6-7 milioni di euro l’anno. Una situazione disastrosa, prossima al collasso. Come fare per sopravvivere? La soluzione è dietro l’angolo: Eranni chiama Errani. Ovvero, la coop scomoda la Regione, guidata dal fratello che è anche il numero uno dei governatori italiani e una figura di primo piano dell’ex partito comunista, oggi Pd.

Errani senior vuol realizzare nel territorio di Imola un impianto per la produzione del vino: si fanno due conti si fissano le griglie. Lo stabilimento verrà a costare 2,5 milioni di euro, la Regione concede un finanziamento di 1 milione tondo. Un aiuto robusto. L’impianto dovrà però essere pronto entro aprile 2006. Inoltre, la coop si impegnerà a non cederlo per almeno dieci anni.

Sulla carta tutto funziona a meraviglia. In realtà il progetto s’impiglia quasi subito e decolla con enorme fatica e gravi ritardi. Il 27 aprile 2006 la coop chiede una proroga perché il Comune non ha ancora ceduto i terreni, la Regione la concede, finalmente il 23 maggio arriva l’ok. I lavori partono quando dovrebbero essere conclusi e incredibilmente, come documenterà il Giornale, il 31 maggio l’opera viene dichiarata finita. In otto giorni, manco la coop fosse l’Onnipotente. In realtà, i certificati di idoneità non vengono presentati per la banalissima ragione che la costruzione è ancora molto indietro. Il seguito lo sta accertando il pm di Bologna Antonella Scandellari che ha messo sotto inchiesta Errani senior e i due funzionari dopo aver letto un rapporto della Guardia di finanza.

L’impianto slitta nel tempo. Si accampano persino incredibili scuse climatiche: si parla di ritardi dovuti ad un inverno piovoso, anche se in realtà la stagione è stata fra le più secche degli ultimi anni. Poi, la Regione batte un colpo: chiede l’ammontare della produzione vinicola per il 2006-2007.

Terremerse, che non ha ancora vendemmiato un solo grappolo d’uva, si dimentica semplicemente di rispondere e tutto va avanti come prima. Finalmente, all’inizio del 2008 il sospirato impianto è pronto, la coop è salva e il milione piove sulla testa di Errani senior. Ritardi e problemi sono stati in qualche modo superati. Ma la coop fa di più: in breve cede il ramo d’azienda vinicolo, proprio quello oggetto del finanziamento collegato al piano decennale. Che cosa succede? Ancora niente.

È solo l’inchiesta di Filippi, ad ottobre scorso, a smuovere le acque paludose della Regione. Errani senior è costretto a dimettersi e si difende spiegando che non ha ceduto l’attività ad altri ma ha gestito la fusione fra due società, il fratello corre in procura, in Consiglio regionale scoppia il finimondo. Il Giornale aveva visto giusto. Tutti, dalle coop al Pd, invocano la trasparenza e mettono la mano sul fuoco, giurando sulla correttezza del governatore. Certo, nessuno fa una bella figura in questa storia.

22 agosto 2010

Stefano Zurlo

Il Giornale.it


Della vicenda se ne era occupata anche la trasmissione l'ultima parola, nell'aprile scorso:



2 commenti:

Anonimo ha detto...

UE INCENTIVA LE COOP DEL POMODORO
giovedì 10 giugno 2010

Per questa forma giuridica è previsto un contributo del 4,1% del fatturato.
Il settore insorge.
Mutti: così si arrotondano i bilanci di imprese a tutti gli effetti.

Tanto aspra da rievocare una querelle come quella fra le coop ed Esselunga protrattasi per anni. In fondo, la battaglia tra le aziende di trasformazione del pomodoro (Mutti in testa) da una parte e le società cooperative dall’altra, si combatte anch’essa sugli scaffali dei supermercati. «Casus belli», l’erogazione da parte della Comunità europea di un incentivo pari al 4,1% del fatturato per quelle imprese che si presentano sotto la forma giuridica di cooperativa. «Ma il contributo percepito dalle coop, in realtà, ammonta al 4,6% - tuona Francesco Mutti, amministratore delegato dell’omonima azienda, leader nazionale del settore col 44% della produzione del pomodoro concentrato -. Ma i consumatori sono consapevoli del rincaro che, in fin dei conti, grava sulle loro tasche? Siamo contro ogni informazione sotterranea, contro l’assenza di totale trasparenza, e questa ne è un esempio». Ciò di cui Mutti si fa portavoce ma non esclusivo portabandiera, spalleggiato come si ritrova dall’intero mondo delle passate, è il pensiero secondo cui «gli aiuti economici siano casomai da destinare al settore agricolo, per un’agricoltura più forte. Discriminazioni come quella che ci vede oggi penalizzati rischia seriamente di minare i principi stessi del libero mercato, basato su regole uguali per tutti, sulla trasparenza, sulla rigidità dei controlli e sul rispetto dei patti». Antonio Ferraioli, patron di La Doria, e Antonino Russo, titolare di Ar, il maggiore copacker continentale, sottoscrivono. Anche il presidente di Anicav e vice di Federalimentare Annibale Pancrazio si allinea. Anche quando Mutti prospetta «la nascita di truffe commerciali, motivate da una condizione di concorrenza inquinata dall’intervento a sproposito della politica ». Ecco dove la pressione si fa più forte: sulla contaminazione tra mondo economico e sfera politica. «In base a quale principio si domanda Mutti - le istituzioni favoriscono alcune parti in gioco piuttosto che altre? Il provvedimento comunitario, in origine, intendeva agevolare la formazione di filiere agricole, ma in fin dei conti si è rivelato soprattutto una strada per arrotondare i bilanci di quelle che sono vere e proprie aziende di mercato e che approfittano di una determinata denominazione giuridica. Se la Mutti volgerà da Spa a cooperativa? Non è nei nostri progetti afferma l’amministratore dell’industria di Montechiarugolo -, ma sono certo che altri imprenditori, specie fra quelli di piccole dimensioni, terranno in forte considerazione questa via». Poter disporre di risorse sì, a patto «che non favoriscano né l’uno né l’altro - conclude Mutti -, ma che diano un impulso all’in tero settore». Pare inoltre che non solo l’Italia, paese dalla forte vocazione cooperativa, sia coinvolta dal contrasto tra società per azioni e mutualistiche: anche la francese Bonduelle si è appena associata alla protesta, chiedendo all’Unione europea la revoca del provvedimento. Fedagri - Confcooperative, da par suo, ha già annunciato mobilitazione nel caso la Ue dovesse rimangiarsi la parola.

Anonimo ha detto...

Il Pd tra inchieste e Legacoop
Repubblica — 22 agosto 2010 BOLOGNA

MAI vigilia della Festa dell' Unità fu più tormentata. Dall' inchiesta sul fratello del governatore Vasco Errani, allo schiaffo di Legacoop che diserterà i dibattiti al Parco Nord. Mentre il Pd assicura fiducia piena nel lavoro dei pm (c' è ancora il Cinzia-gate in sospeso) a far più discutere in queste ore sono le tensioni con i cooperatori, riassumibili in un unico concetto: lo scontro tra dirigenti Pd e coop per il controllo del partito. UN RAPPORTO tumultuoso nato nei giorni del dopo-De Maria, peggiorato dalla gaffe di Raffaele Donini su Pierluigi Stefanini di Unipol ("Ha dubbi sul candidato Cevenini") e alimentato dall' avvicinarsi del voto. Cosìi "falchi" del movimento cooperativo hanno avuto buon gioco a far saltare il banco («per il Pd siamo un fastidio» dice Marco Minella della Camst). L' anomaliaè tutta nel caso-Bologna, non altrove dove la Lega rossa va e parla alle Feste dell' Unità. E sale pure sul palco del Meeting ciellino di Rimini con Vincenzo Tassinari di Coop Italia. L' autonomia rivendicata dal presidente Gianpiero Calzolari - «ci rivolgiamo ad una popolazione di soci che attraversa trasversalmente ceti e identità politiche» - vale per Bologna, meno per Modena, Reggio o Ravenna. Quando si è trattato di scegliere il nuovo segretario Pd, la Legacoop si è mossa lanciando un' Opa su via Rivani, con la benedizione di Calzolari, che aveva il volto di Matteo Lepore, 29 anni, sostenuto, con lo slogan di "Bologna adesso", anche dal sindaco di Casalecchio Simone Gamberini e dalla direttrice Legacoop Ethel Frasinetti. Uno schieramento che è più di un manifesto politico e che ha dimostrato di non gradire la scelta di Donini. Una situazione di stress aggravata dallo stallo amministrativo del commissariamento. Con la paralisi delle grandi opere e i tagli sul welfare: due ambiti in cui la Lega ha interessi sia con le coop di costruzione che con quelle sociali e sui quali Donini non si è speso più di tanto. Calzolari sembra proprio bussare alle porte di via Rivani quando quasi a voler stemperare le polemiche dice: «Sul progetto di città chi vuole può contare sulle nostre idee», come dire, noi ci siamo. Come c' era Calzolari quando nella breve stagione di Flavio Delbono spuntò l' idea - poi bloccata guarda caso dal Pd - di costruire uno stadio al Parco Nord.E chissà se Calzolari quest' anno, oltre ai dibattiti, boicotterà anche l' osteria della Festa dove era solito improvvisarsi cameriere. - ANDREA CHIARINI