30 agosto 2011
RIDOTTE LE AGEVOLAZIONI FISCALI DELLE COOP
TASSARE LE COOPERATIVE? UNA CATTIVERIA INGIUSTIFICATA
SCURE SULLE AGEVOLAZIONI ALLE COOP
UN COLPO ALLE COOP: MENO PRIVILEGI FISCALI
COOP, ATTACCO ALLE AGEVOLAZIONI FISCALI
LA CRISI E LA MANOVRA. COSì REAGISCONO LE COOP
29 agosto 2011
L'ASL: «TROPPO CALDO NEI MAGAZZINI COOP». L'AZIENDA RISOLVE: «SI LAVORA DI NOTTE»
Temperature torride, non compatibili con l'attività lavorativa, e l'azienda decide di spostare il turno di lavoro in orario notturno.
A innescare l'episodio un sopralluogo effettuato dalla Asl 10, su segnalazione delle rappresentanze sindacali RSU-RLS, lo scorso 14 luglio dal quale sarebbe emerso in effetti che le attività lavorative di facchinaggio del turno pomeridiano non sarebbero state compatibili con le temperature negli ambienti, spesso superiori ai 30 gradi fino dalle 11 del mattino.
Con una lettera datata 26 luglio fra l'altro le RSU-RLS avevano anche richiesto i risultati del sopralluogo non ricevendo però dai destinatari della missiva (fra gli altri il responsabile reparto e il direttore del settore logistica) alcuna risposta.
Solo tre giorni fa alle 13, dopo l'inizio del turno pomeridiano, con orario regolare dalle 12,52 alle 20,19, i lavoratori sarebbero stati informati dal responsabile del reparto che non potevano effettuare movimentazione dei carichi fino alle 18: anche in questo caso il delegato RSU avrebbe chiesto la documentazione della Asl non ricevendo però alcun riscontro.
Due giorni fa poi, la 'doccia fredda' con una comunicazione, su ordine del datore di lavoro, in cui si precisa che "l'orario del turno pomeridiano è stato posticipato alle 18 e terminerà alle 1,27. Questo come da comunicazione presentata alla Asl competente, con decorrenza immediata e fino a nuova diversa comunicazione del datore di lavoro". Comunicazione che dovrebbe giungere con l'arrivo di temperature più miti.
28 agosto 2011
La Nazione
27 agosto 2011
TROPPO CALDO NEL MAGAZZINO UNICOOP DI SESTO F.NO, L'AZIENDA IMPONE DI LAVORARE DI NOTTE
La soluzione di Unicoop Firenze? Spostare il turno con ordine di servizio immediato dalle 18.00 alle 1.27
L'orario regolare è dalle 12.52 alle 20.19
Da anni i dipendenti chiedono soluzioni al problema, ma invano.
Il magazzino di Unicoop Firenze di Sesto Fiorentino è una struttura degli anni 70, con problemi evidenti di vetustà, il soffitto e il controsoffitto sono in cemento-amianto. La temperatura è sempre stata un problema. Freddo di inverno, con un impianto riscaldante datato che immette aria calda, giusto per alzare di qualche grado la temperatura, ma che spesso si guasta, o rimane privo di gasolio, o fermo per altri misteriosi motivi.
In estate il problema è il caldo, ovviamente. Nel magazzino di Sesto Fiorentino ci lavorano dal febbraio 2007 (precedentemente il magazzino era appaltato) circa 30 dipendenti di Unicoop Firenze.
I FATTI
Dopo varie segnalazioni da parte di RSU e RLS sulle alte temperature e i conseguenti disagi fatte all'azienda in passato, su segnalazione RLS-RSU c'è stato un sopralluogo della ASL 10 di Sesto F.no, in data 14/7/11.
Il 26/7/2011, le RSU-RLS inviano una lettera/fax indirizzata al Direttore alla Logistica; al Resp. Magazzini; al Resp. Reparto; al Rspp; per chiedere la risultanza del sopralluogo della ASL. NESSUNA RISPOSTA.
Il 25/8 alle ore 13.00 (appena dopo l'inizio del turno pomeridiano) il Resp. del Reparto fermava i lavoratori informandoli di aver avuto indicazioni da parte del datore di lavoro e del medico competente, che essi non potevano effettuare movimentazione manuale dei carichi fino alle ore 18.00.
Il delegato RSU informato di questo evento ha NUOVAMENTE richiesto la documentazione dell'ASL e le motivazioni di tale decisione, nonché le intenzioni dell'azienda, che però non gli sono state fornite.
Ieri, 26/8 alle ore 12.30, il Resp. del Reparto ha firmato una comunicazione su ordine del datore di lavoro in cui si precisa che «l'orario del turno pomeridiano è stato posticipato alle ore 18.00 e terminerà alle ore 1.27. Questo come da comunicazione presentata alla ASL competente, con decorrenza immediata e fino a nuova diversa comunicazione del datore di lavoro.»
NON SI DICE, MA ADESSO IL CAPORALATO E' UN REATO
L'articolo 12 della manovra prevede l'inserimento del reato di caporalato, finora punito con una multa di 50 euro per ogni bracciante. Una bella notizia poco pubblicizzata dalla Cgil per non spaccare il fronte del no. Ma chi dovrà farla rispettare? Gli ispettori del ministero, che descrivono una situazione sconfortante.
Susanna Camusso lancia l'anatema contro la manovra economica e proclama lo sciopero generale del 6 settembre. Intanto ci sono due settori della Cgil che dalla Finanziaria-bis hanno ottenuto una vittoria di quelle importanti. Ma non possono dirlo, almeno non ad alta voce. Perché a corso Italia è passata la linea dell'intransigenza.
Sono Flai e Fillea,il sindacato dei braccianti agricoli e degli edili. La loro vittoria è sancita nell'articolo 12 della manovra, quello che introduce il reato di caporalato con pene che vanno dai cinque agli otto anni di carcere.
Una rivoluzione. Fino ad oggi per impiegare manodopera sottopagata e imporre turni di lavoro massacranti – ovviamente in nero – si rischiava una multa da 50 euro per ogni lavoratore e per ogni giornata di lavoro. Nulla, rispetto agli immensi guadagni che il meccanismo del caporalato mette in moto, dall'agricoltura all'edilizia passando per il turismo. Dal gennaio scorso, Flai e Fillea hanno lanciato una campagna itinerante in tutta Italia per presentare una proposta di legge. Obiettivo: trasformare i caporali in criminali e i 50 euro in pene detentive. Le proposte del sindacato sono state tradotte in un disegno di legge (prima firmataria la senatrice Pd Colomba Mongiello) poi ripreso dalla prima all'ultima riga dalla Finanziaria lacrime e sangue. Insomma, una storia a lieto fine che nessuno, dentro Cgil, ha troppa voglia di strombazzare. Per non rompere il fronte del no alla manovra.
Se è vero che l'articolo 12 rimarrà quasi sicuramente invariato anche dopo l'esame delle Camere, il nuovo reato verrà introdotto molto presto. Già, ma chi fa applicare la legge? Gli ispettorati del ministero del Lavoro, gli “sceriffi” dell'Inps e quelli dell'Inail. Il loro compito è quello di setacciare le aziende di tutta la penisola alla ricerca di manodopera sommersa. Il lavoro non manca: secondo il rapporto annuale pubblicato dal Ministero nel 2010 era irregolare il 66% delle 260.000 aziende ispezionate. Per un totale di oltre 130.000 lavoratori invisibili e senza diritti. I numeri fanno impressione, ma la realtà è che sono solo la punta di un iceberg molto più vasto. Che difficilmente emergerà visto che gli ispettorati operano con l'acqua alla gola.
«Il nuovo reato di caporalato? Una splendida notizia. Ma per noi non cambia granché. Eravamo sotto-organico prima, continueremo ad esserlo domani e dopodomani. Contrastare il lavoro nero in queste condizioni non è facile», commenta Agostino Del Balzo, l'uomo che coordina gli ispettori del lavoro nella direzione provinciale di Torino. Gli sceriffi anti-caporalato sparsi in tutta la provincia sono sessanta. Bastano? «Ne servirebbero il doppio», spiega Del Balzo. «In questo momento c'è una sproporzione enorme tra il nostro personale e il numero di aziende che dovremmo controllare. E meno male che ci sono lavoratori coraggiosi che denunciano le loro condizioni. Altrimenti sarebbe difficilissimo trovarli».
Gli ispettori ministeriali sono, a tutti gli effetti, pubblici ufficiali. Ma sono civili, indossano vestiti comuni e viaggiano con la loro automobile personale. «I casi di aggressione sono piuttosto frequenti, al sud come al nord», racconta a Linkiesta un ispettore di Latina che ci chiede l'anonimato. «Del resto, il nostro compito è quello di un poliziotto. Ma senza divisa né armi né manette. Controlliamo chi ha voglia di farsi controllare. E in alcune aziende c'è chi tenta di metterci le mani addosso». Se il titolare di un'azienda, o un caporale, sbatte loro la porta in faccia, gli ispettori non possono fare altro che girare i tacchi e tornare in ufficio. Per testimoniare le difficoltà in cui versano gli ispettorati basta fare l'esempio dei rimborsi benzina, che vengono restituiti quasi sempre in ritardo. Anche di mesi. «Io devo ancora avere 400 euro. Le ultime missioni che mi hanno rimborsato sono quelle di maggio. Ma con chi devo prendermela?»si chiede la nostra fonte pontina «Non è colpa del mio direttore. Qui è un sistema intero che non funziona».
Nella provincia di Latina il caporalato agricolo è una piaga storica. Le vittime sono soprattutto immigrati indiani e bengalesi. Dalla sera alla mattina a spezzarsi la schiena raccogliendo angurie, zucchine, pomodori e melanzane per 30-40 euro al giorno. Centinaia di piccole aziende sparse su tutto l'Agro Pontino a fronte di 43 ispettori. Sommando quelli civili e quelli in divisa. Il nostro ispettore ci confessa tutta la sua frustrazione: «L'impressione è che il nostro mestiere si stia svilendo. Come se ci volessero tarpare le ali. Da quando è entrata in vigore la legge Biagi il nostro lavoro è aumentato a dismisura. Ma le risorse sono sempre le stesse. Qui non c'è un concorso dal 2006, nel frattempo c'è chi lascia per un lavoro più redditizio e meno pericoloso».
Pasquale Scatinio fa l'ispettore a Brindisi. Il suo settore è quello del commercio. «Sappiamo perfettamente che ci sono decine di aziende che impiegano manodopera in nero. Ma noi non possiamo essere ovunque. Quest'anno il ministero aveva fissato per la nostra sezione l'obiettivo minimo di 60 ispezioni a persona. Lo raggiungeremo solo per un pelo».
26 agosto 2011
Federico Formica
Vedi anche:
Cinque euro l'ora, benvenuti nel caporalato al Nord
26 agosto 2011
UNIPOL: MAGGIORANZA IN MANO A COOPERATIVE
E' questo, scrive MF, il senso delle modifiche statutarie approvate dall'ultima assemblea di Finsoe, la holding che detiene il 50,75% del gruppo assicurativo bolognese presieduto da Pierluigi Stefanini.
La delibera arriva al termine di un lungo e complesso riassetto, che ha comportato il taglio della catena societaria e la scissione di Holmo. Questi passi hanno avvicinato le coop azioniste a Unipol, attraverso l'ingresso diretto di dieci di queste nel capitale di Finsoe. Come atto conclusivo di questo processo, l'assemblea di Finsoe ha voluto certificare la natura cooperativa del gruppo.
Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, il nuovo articolo 6 dello statuto prevede che il trasferimento di azioni Finsoe a terzi sia sottoposto al gradimento del consiglio di amministrazione.
In altre parole, come gia' avveniva in Holmo, il board potra' bloccare il trasferimento, qualora il compratore sia una societa' di capitali non controllata da una cooperativa, un consorzio di cooperative, una mutua assicuratrice o un fondo mutualistico. Va detto che il cda puo' intimare lo stop soltanto con un quorum speciale del 60%. E' evidente, comunque, che i nuovi azionisti di Finsoe non vogliono rinunciare all'assetto cooperativo del gruppo.
26 agosto 2011
red/lab
MF Dow Jones
UNIPOL - Andamento del titolo in borsa
UNICOOP FIRENZE FA RIPARTIRE IL CONSORZIO ETRURIA
Nella foto, Riccardo Sani, attuale presidente del Consorzio Etruria, proveniente dal Consiglio di Gestione di Unicoop
Una boccata d'ossigeno. Di più: una vera e propria spinta vitale che consente al Consorzio Etruria di riaccendere i motori. Dopo due mesi di stallo - ovvero da quando è stata presentata al tribunale la proposta di concordato preventivo - la cooperativa di costruzioni che ha sede a Montelupo ha ricevuto un maxi finanziamento da Unicoop Firenze.
Si tratta di una prima parte dei 30 milioni di euro che, come descritto nel concordato, il gruppo guidato da Turiddo Campaini mette a disposizione del Consorzio ricevendo in garanzia parte delle azioni di Inso spa, la società fiorentina del Gruppo Consorzio Etruria specializzata nella progettazione e realizzazione di complessi ospedalieri (ultimo quello commissionatole dal governo turco nella città di Kayseri per ben 350 milioni di euro).
Con il finanziamento di Unicoop Firenze saranno pagati stipendi per tre mensilità a ciascuno dei 316 soci lavoratori oltre alle rate arretrate dei contributi previdenziali. In questo modo, il consorzio tornerà in possesso di alcuni requisiti giuridici necessari a poter riprendere la sua attività lavorativa secondo il piano concordatario.
In altre parole potrà tornare pienamente operativo, partecipare alle gare di appalto, riaprire i cantieri, in primis quelli per i quali aveva già ottenuto le autorizzazioni in Toscana (ad esempio per la ristrutturazione del museo Pecci a Prato). Insomma nonostante il periodo estivo il piano di ristrutturazione proposto dal Consorzio Etruria ha fatto un ulteriore passo in avanti, grazie anche alla tempestività e solerzia con cui gli organi della procedura si sono attivati. Adesso è su questo fronte che si stanno concentrando tutti gli sforzi, affinché si concretizzino tutti i presupposti per riaprire alcuni cantieri e riattivare un circuito virtuoso che possa far riprendere il lavoro e quindi anche le attività dell'indotto.
«Per l'avvio di questa nuova fase - si legge in un comunicato del Consorzio Etruria - è stata determinante la solidarietà espressa nei confronti della nostra cooperativa dai soci di Unicoop Firenze, che hanno approvato l'erogazione di questo finanziamento, il proficuo confronto con le organizzazioni sindacali, il sacrificio dei nostri lavoratori tutt'oggi collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria, che per alcuni mesi hanno dovuto affrontare i loro impegni economici senza il supporto di uno stipendio regolare o l'erogazione del trattamento di integrazione salariale, e il costante sostegno della Lega e dell'Associazione delle Cooperative della Toscana. L'atto compiuto da Unicoop Firenze nei confronti della cooperativa Consorzio Etruria testimonia, ancora una volta, che la solidarietà all'interno del Movimento Cooperativo non è una semplice dichiarazione di intenti, ma un tratto distintivo e caratteristico delle imprese cooperative».
25 agosto 2011
Luciano Menconi
Il Tirreno.it
Vedi anche:
24 agosto 2011
L'ADDIO AL DIRETTORE CONAD MORTO NELLA CELLA FRIGO
Follonica (Grosseto), 24 agosto 2011 - Che Milco Fregosi fosse conosciuto e benvoluto da tanti, a Follonica, lo dimostra l’affetto che si è riversato sulla sua famiglia. Milco aveva solo 42 anni: è morto nel primo pomeriggio di lunedì probabilmente a causa di un infarto (che potrebbe essere stato causato dallo sbalzo termico), sul posto di lavoro, al supermercato Conad della 167 Ovest a Follonica, dov’era responsabile del punto vendita dopo vent’anni di carriera. Si è accasciato nella cella frigorifera che aveva appena aperto per sistemare della merce, a due passi da una collega.
Così si è spento per sempre il suo sorriso, che gran parte della città conosceva bene. Per questo, oggi, saranno in tantissimi a partecipare al funerale che verrà celebrato alle 10 nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Follonica, così come in tanti hanno voluto rendere omaggio alla salma nella camera ardente allestita nell’appartamento della madre in via Pio La Torre, a due passi dal centro commerciale. Intanto il caso della morte di Milco Fregosi, nella cella frigorifera del supermarket in una giornata di caldo record in Maremma come nel resto d’Italia, è diventato un caso nazionale.
A interessarsi alla vicenda è Lidia Rota Vender, presidente dell’Alt (l’Associazione per la lotta alla trombosi e alle malattie cardiovascolari) e responsabile del Centro trombosi dell’istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano): «Che il freddo sia uno dei fattori di predisposizione all’infarto — dice la dottoressa Vender — è cosa nota. Ma che un uomo di 42 anni, non affetto da particolari patologie, possa morire per un infarto provocato dal freddo è abbastanza improbabile». Così Vender commenta il caso del responsabile del supermarket: «L’infarto non e’ una malattia killer — precisa l’esperta —. Scaturisce da una serie di fattori complici come ad esempio il colesterolo, lo stress o il fumo, da una predisposizione genetica oppure da coronarie malate. Pertanto il freddo intenso è da considerarsi come una delle possibili concause scatenanti l’infarto, non come la sola causa».
Ma poco importa, ormai, a chi voleva bene a Milco. «A volte la vita ti riserva delle sorprese a dir poco devastanti — scrive un amico su Facebook — e ti ritrovi a riflettere se non è il caso di viverla giorno dopo giorno intensamente ogni minuto e nel modo migliore. Morire a 42 anni in maniera assurda è catasrofico. Ciao Milco, un grazie da chi ha avuto la fortuna di conoscerti fin da piccolo». E un’amica risponde: «L’ho appena saputo e giuro che il passato mi è apparso davanti: tutti bambini spensierati e felici a giocare sotto il palazzo. Un nodo alla gola immenso mi impedisce anche di piangere». E oggi a Follonica è il giorno dell’addio.
24 agosto 2011
RICHARD GINORI, SINDACALISTI SOSPESI. I DIPENDENTI SCIOPERANO
Firenze, 23 agosto 2011 - Sono oltre 50 i dipendenti che hanno partecipato stamani allo sciopero di un'ora e all'assemblea alla Richard Ginori di Sesto Fiorentino, iniziativa convocata ieri dai Cobas dopo la sospensione di due giorni lavorativi disposta dall'azienda nei confronti dei tre delegati Rsu che avevano manifestato dubbi sulla qualità della produzione.
L'assemblea ha deciso di rimandare ogni altra eventuale iniziativa di lotta al 5 settembre, quando rientreranno tutti i lavoratori dal loro periodo di ferie estive. ''Siamo di fronte ad un attacco alla libertà di fare sindacato e allo Statuto dei lavoratori'', accusa la Rsu Cobas, secondo cui ''i lavoratori sono rimasti molto colpiti anche dal fatto che da parte del mondo politico e sindacale fiorentino non ci sia stata nessuna presa di posizione rispetto a questo atto così grave, a parte Rifondazione Comunista e il gruppo Idv al Consiglio regionale''. Un ''tacito assenso'' secondo i Cobas legato anche alla presenza nella Rsu del sindacato di base di ex esponenti Filcem-Cgil che avevano lasciato la Cgil dopo aspri dissensi con la segreteria.
NEL MIRINO GLI SGRAVI ALLE COOP. IL GOVERNO TORNA ALL'ATTACCO
Pier Luigi Bersani, Pd Nel 2002 i primi interventi per ridurre le esenzioni
Per le coop a mutualità prevalente l' esenzione è al 70% Nel 2007 Il regime fiscale agevolato garantiva sgravi per 300 milioni
Il primo scontro tra il governo Berlusconi e le cooperative risale al 2001 quando Giulio Tremonti, anche allora ministro dell' Economia, per ridurre i presunti privilegi fiscali delle coop rosse, rischiò di scontrarsi con Giorgio Vittadini, presidente della Compagnia delle opere della cattolicissima Comunione e liberazione, che accusò l' esecutivo di «politica di piccolo cabotaggio».
Fino al 2001 gli utili delle coop accantonati a riserva indivisibile non erano soggetti a imposte dirette. Dal 2002 questa esenzione restò solo per le cooperative sociali. Poi, nel 2004 Tremonti, con la riforma del diritto societario, suddivise le cooperative in due categorie: quelle «a mutualità prevalente», dove l' attività rivolta ai soci supera quella esterna, e quelle «a non a mutualità prevalente» ma che rispettano comunque i criteri di non distribuzione dei dividendi e delle riserve tra i soci.
Per queste ultime, più vicine a una normale azienda, l' esenzione dalla tassazione sul reddito d' impresa (Ires) è limitata al 30% degli utili (sul resto si paga) mentre per le coop a mutualità prevalente l' esenzione sale al 70%, ma a patto appunto che realizzino il 50,1% del fatturato con i soci. La partita però non sarebbe ancora chiusa, stando ad alcune indiscrezioni che non escludono un nuovo intervento sulle coop.
Il vecchio scontro si riaprirebbe. Nel 2007 Bernardo Caprotti, patron di Esselunga e finanziatore di Forza Italia, si scagliò con un pamphlet dal titolo «Falce e carrello» contro le cooperative rosse accusate di concorrenza sleale a causa del regime fiscale agevolato. Alcune stime cifravano in circa 300 milioni di euro questi sgravi.
Alla fine del 2008 un nuovo inasprimento, con l' aumento dell' aliquota sul prestito soci dal 12,5% al 20%. La misura interviene su circa undici miliardi di euro di raccolta annua, secondo un' indagine Mediobanca dell' inizio del 2010. Nonostante tutte queste misure, il mondo delle cooperative non conosce crisi e, nel settore della grande distribuzione, costituisce una delle alternative alla penetrazione delle grandi società estere, come Carrefour e Auchan, nel mercato italiano.
Un tempo roccaforte del partito comunista, la Lega delle cooperative ha via via conquistato autonomia. E il 27 gennaio 2011 è nata l' «Alleanza delle cooperative italiane», il coordinamento nazionale tra Legacoop con le centrali cattoliche dell' Agci e della Confcooperative. Un' alleanza impensabile fino a pochi anni fa, per dare più forza di rappresentanza al mondo della cooperazione nei confronti dei governi, indipendentemente dal loro colore.
Le tre organizzazioni cooperative dichiarano oggi 43.000 imprese iscritte, con oltre 1 milione e centomila occupati, 12 milioni di soci, un fatturato complessivo di 127 miliardi. Un gigante che cerca di parlare con una voce sola. Presidente di turno è attualmente Luigi Marino, numero uno della Confcooperative.
«Luci e ombre», è stato il giudizio dell' Alleanza delle cooperative sulla manovra. Sulla politica fiscale che il mondo della cooperazione auspica, Marino era stato chiaro il 7 giugno scorso, in occasione dell' Assemblea della sua associazione. Davanti a Tremonti, seduto in prima fila, Marino, dopo aver rivendicato un aumento dell' occupazione creato dalle cooperative (+5,5% in due anni), aveva detto: «Dalla riforma fiscale ci attendiamo che sradichi l' evasione, renda vita più difficile alla corruzione, e attui una linea di semplificazione. E infine che punti meno sui redditi personali e più sulle cose e i consumi». Altro che nuove tasse sulle cooperative.
23 agosto 2011
Enrico Marro
Corriere della Sera.it
18 agosto 2011
COME COMUNIONE E LIBERAZIONE E' ENTRATA (E COMANDA) NELLE COOP ROSSE
Mancano ormai pochi giorni all’inizio del ciellino “meeting per l’amicizia fra i popoli” di Rimini. La manifestazione costa 8 milioni 475 mila euro, di cui il 71 per cento coperto da sponsor e pubblicità, circa il 20 dai punti di ristoro del meeting, mentre il resto proviene dagli incassi degli spettacoli e dalle donazioni di privati.
Chiamatela “amicizia operativa” come ama definirla Roberto Formigoni, presidente della regione Lombardia e primo fra i Memores Domini di Cl, o se preferite “sussidiarietà dei favori”. Emma Bonino, vice-presidente del Senato usa invece la locuzione “parastatalizzazione del privato”. Vi starete sempre riferendo a quella rete di potere che è stata creata nei decenni da Comunione e liberazione e dalla Compagnia delle opere (CdO), il suo braccio finanziario, una rete di più di 34 mila imprese con un fatturato complessivo di almeno 70 miliardi di euro. Da tempo a questo sistema non sono estranei gli interessi delle cooperative emiliano-romagnole.
Valerio Federico, membro del comitato nazionale dei radicali italiani, nel suo scritto “La peste lombarda”, ha definito questa pratica di governo “lo strumento più efficace e rispondente agli obiettivi di CL di corporativizzazione e confessionalizzazione della società, a partire da quella lombarda, mediante la sistematica acquisizione e gestione del potere politico, religioso, economico, finanziario”.
Anche Cl alla sua maniera festeggia l’unità d’Italia. Il 21 agosto, giorno di apertura del meeting riminese, è previsto per le ore 17 un incontro dal titolo “150 anni di sussidiarietà”. Alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, prenderanno la parola Enrico Letta, vicesegretario del Pd, Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera dei deputati, Giorgio Vittadini, presidente della fondazione per la sussidiarietà che si occupa dell’attività scientifica e di ricerca a supporto dell’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, nato nel 2003 per volontà dello stesso Lupi, di cui fa parte anche il ministro della giustizia Angelino Alfano.
Ai meeting di Rimini e della ciellina Rete Italia l’unico ospite fisso rappresentante l’opposizione è Enrico Letta, membro assieme a Pier Luigi Bersani e a Ermete Realacci dell’intergruppo per la sussidiarietà.
Come sottolinea Federico: “Vi è un trend in corso da anni che vede l’espansione della presenza della CdO nel centro sud, regioni “rosse” comprese e, parallelamente, la penetrazione delle cooperative rosse al Nord, Lombardia in primis”.
Non sarà un caso allora che un altro immancabile del meeting sia Vincenzo Tassinari, presidente di Coop Italia dal 1988 e di Centrale Italiana (la centrale di marketing nata dall’alleanza tra Coop, Despar, Sigma e Il Gigante) dal 2005. Prima di ricoprire tali cariche Tassinari è stato dal 1975 al 1988 capo servizio amministrativo della Camst di Bologna e dal 2001 ha saltato solo un’edizione del meeting di Rimini.
Il libro “La lobby di Dio” del giornalista Ferruccio Pinotti raccoglie una dichiarazione illuminante di Tassinari, rilasciata all’edizione 2009 del meeting: “Le nostre cooperative e le imprese della CdO si muovono sulla base degli stessi valori. Stiamo creando un’unica grande realtà. Faremo grandi cose insieme”.
In questa direzione va anche l’operato del Ccc (consorzio cooperative costruzioni), quello del Civis di Bologna e del Cns (consorzio nazionale servizi), che si sono dati da fare per rappresentare le cooperative associate nel tentativo di aggiudicarsi le gare d’appalto lombarde.
Quanto siano stretti i rapporti tra le coop e la Compagnia delle opere lo evidenzia “La peste lombarda”: “Nel settore costruzioni -fronte rosso- in Lombardia la fanno da padrone le cooperative Cmb di Carpi e Cmc di Ravenna, mentre in quello dei servizi Manutencoop” di Zola Predosa. CMB e le imprese vicine a CL si sono divise recentemente la torta più appetitosa, quella del nuovo ospedale Niguarda di Milano. CMB ha realizzato inoltre il nuovo ospedale di circolo di Varese (100 milioni di euro), gli headquarters milanesi di Pirelli e Sole24Ore (30 milioni), il nuovo teatro Dal Verme per la Provincia di Milano (7 milioni) e l’inceneritore Silla II a Milano (20 milioni, committente Amsa, di A2A)”, una delle aziende sponsor del ventitreesimo meeting di Rimini.
Non da meno è Manutencoop che “ha nel suo consiglio di gestione il ciellino Massimo Ferlini, numero due di CdO nazionale e capo di CdO Milano, ex Pci e oggi uomo ponte tra CdO e coop rosse. Il presidente della holding è Claudio Levorato con trascorsi tra Pci e Legacoop e il consiglio di sorveglianza è presieduto da Fabio Carpanelli, ex numero uno di CCC”.
“Infine –prosegue Federico in “La peste lombarda”- la rossa Cmc (cooperativa muratori e cementisti di Ravenna) ha vinto recentemente il bando di Fiera Milano, in mano agli uomini CL-CdO, per un importo pari a 165 milioni di euro per dei nuovi padiglioni fieristici del Portello, 3 bandi di Metropolitana Milanese” per un totale di 168,3 milioni “e un bando da Sea per dei lavori a Malpensa per 26 milioni. Il totale corrisponde a 359,3 milioni di euro”.
18 agosto 2011
Enrico Bandini
il Fatto Quotidiano
13 agosto 2011
NASCE LA RSA DI USB ALL'IPERCOOP PARCO DORA DI TORINO
Continua la costante crescita di USB nella distribuzione cooperativa
Era nell'aria da tempo, anche l'Ipercoop all'interno del Parco Dora di Torino sceglie l'Unione Sindacale di Base. Questo è il segnale tangibile che i lavoratori accolgono con favore una proposta sindacale che viene dal basso e che li rende protagonisti delle proprie lotte. In buona parte dei lavoratori si avverte l'esigenza di una nuova rappresentanza che si contrapponga all'arroganza aziendale con decisione e non con il solito atteggiamento compiacente.
Il rappresentante sindacale aziendale nominato è Veronese Mauro.
Al nostro delegato i migliori auguri di buon lavoro
21 luglio 2011
USB Lavoro Privato
MAXI APPALTO PER IL GRUPPO ETRURIA. COSTRIURA' UNA CITTADELLA SANITARIA IN TURCHIA
Empoli, 13 agosto 2011 - DOPO tante notizie poco positive per il gruppo Etruria ne arriva una buona, anzi ottima. Inso spa, società interamente controllata dal Gruppo Consorzio Etruria, ha stipulato in Turchia il suo quinto contratto per la realizzazione del Campus Ospedaliero di Kayseri, città situata nel centro della Turchia, è stato sottoscritto tra il Ministero della Sanità e la Atm Saglik , la società di progetto con sede ad Ankara costituita tra Inso e il socio turco Yda.
Si tratta di un investimento di oltre 350 milioni di euro e prevede la progettazione e la realizzazione in tre anni di un ospedale da 1.538 posti letto, oltre alle aree di supporto, quali hotel, centro congressi, centro sportivo e centro commerciale. La società di progetto resterà inoltre impegnata per 25 anni nella gestione dei servizi, i cui ricavi ammontano a circa 2.000 milioni.
«La fase di definizione contrattuale – dichiara il Direttore Generale di Inso Fabrizio Pucciarelli, che assieme al Presidente di Yda Huseyin Arslan ha provveduto alla sottoscrizione dell’atto - è stata molto impegnativa, in quanto Kayseri è il primo dei grandi progetti di partnership pubblico privata promossi dal Governo turco per la riorganizzazione della rete sanitaria nazionale e servirà da apripista per tutti i progetti futuri. Questa firma rafforza ulteriormente la nostra posizione all’estero e conferma il positivo trend di sviluppo realizzato dalla società nell’ultimo decennio, portando il nostro portafoglio ordini a oltre 1600 milioni di euro».
Inso, specializzata in progetti ad elevato contenuto tecnologico rivolti prevalentemente al settore sanitario, realizza la maggior parte del proprio fatturato oltre i confini nazionali e oggi è presente in ben 9 mercati esteri: la Grecia, Malta, la Siria, l’Albania, Martinica e Guadalupe (Francia Dom-Tom), la Polonia, l’Algeria, Santa Lucia (Antille), oltre naturalmente alla Turchia.
Sempre Inso ha in essere contratti di concessione, dopo i quattro già in corso in Italia per gli ospedali di Vimercate, in provincia di Milano, del ‘San Giuseppe’ di Empoli, di Nuoro e anche di Careggi a Firenze.
La Nazione.it
10 agosto 2011
DICO SVILUPPO DISCOUNT, UN SUCCESSO ITALIANO?
«Storia di un successo tutto italiano». Così si legge sulla pagina internet del gruppo discount controllato dalla maggioranza delle Coop della distribuzione. Ma è davvero così?
Da qualche tempo in realtà le cose per il gruppo presieduto da gennaio da Mario Zucchelli, che presto dovrebbe lasciare la presidenza di Coop Estense, non vanno affatto bene, a vedere gli ultimi bilanci. Il 2008 si chiude con una perdita di circa 7 milioni. Stessa situazione nel 2009 con una perdita analoga. Il tracollo nell'ultimo bilancio dove le perdite si triplicano, superando i 23 milioni.
In seguito a questa perdita, il 14 luglio i dirigenti di DICO hanno incontrato i sindacati, comunicandogli modifiche radicali sull'impostazione dell'offerta commerciale e sulla sostituzione del vertice aziendale.
A fine 2010 la rete DICO contava 411 negozi (249 diretti+162 franchising). Durante lo scorso anno, sono sati ceduti i rami d’azienda della Sardegna alla società C. S. & D. S.c.p.A. La società ha varato una robusta ristrutturazione.
Ha nominato alla fine dello scorso anno il nuovo amministratore delegato Antonio Lanari, proveniente da Eurospin, gruppo leader nel segmento discount. Ed Eurospin pare il modello di riferimento, anche se non detto esplicitamente. Lanari afferma in un passo dell'intervista che riportiamo di seguito, di non voler copiare Eurospin, ma di quel modello voler copiare le sue efficienze. Il ragionamento sembra un ossimoro. Si copia, ma non si copia.
Intanto Lanari avrebbe portato con se altre figure professionali provenienti da Eurospin: Responsabile Ortofrutta - Responsabile Extra-alimentari - Responsabile Marketing, che immaginiamo rientrare nelle efficienze sopra citate.
Inoltre pare che il gruppo sia al lavoro per una serie di cambiamenti e ristrutturazioni significative. Sembrerebbe che Dico sia intenzionata a chiudere diversi punti vendita che davano perdita; ad aprire 4 Cedi per il rifornimento dell'ortofrutta direttamente da parte di Dico sui propri PDV; a trasferire parte della sede di Prato (50 persone circa) nella nuova sede di Casalecchio di Reno, per lavorare in collaborazione con Coop Italia, in quanto i buyer di Sviluppo Discount sono di Coop Italia.
E' presto per capire se questi cambiamenti portino in futuro la società alla redditività, anche se Linari sprizza un prematuro ottimismo. Ricordiamo la partecipazione societaria in Dico delle varie Coop. Delle 9 grandi sorelle, sono presenti tutte, ad eccezione di Unicoop Firenze e Coop Centro Italia:
Coop Estense ------------------ (16,02%)
Unicoop Tirreno --------------- (16,02%)
Coop Liguria ------------------- (14,52%)
Coop Lombardia ---------------(14,52%)
Coop Adriatica -----------------(12,50%)
Novacoop -----------------------(10,40%)
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Il 2011 per Sviluppo Discount ( insegna Dico) ha significato un cambio epocale. La nomina di Mario Zucchelli, storico Presidente di Coop Estense, e recente voce Coop nella “querelle” interminabile con Esselunga, a Presidente della Sviluppo Discount Spa ha significato il cambio definitivo dell’atteggiamento del mondo Coop verso il Discount. Gli intenti sembrano delineare la fermissima volontà dei vertici Coop ( con il Presidente Tassinari in primis) a puntare su questo format. Da qui la decisione di rinnovare completamente il management del Gruppo prendendo dei professionisti del format.
L’Amministratore delegato Antonio Lanari, (nella foto) entrato alla fine dello scorso anno nella compagine del Gruppo, in pochi mesi ha già dato il suo segno, organizzazione e format stanno vivendo profondi cambiamenti.
Il risultato è un risultato di fatturato di +6% sull’anno precedente a rete costante. GDONews ha incontrato proprio Antonio Lanari (Ad del Gruppo DICO) e con lui ha sviscerato i futuri progetti del Gruppo ed analizzato il mondo del Discount nella sua generalità
D: La nuova organizzazione quale principale elemento di differenziazione ha portato all’offerta Dico rispetto al suo recente passato?
R: Ha portato in primo luogo una proposta commerciale completamente differente, fatto di nuove sequenze merceologiche, con una apertura di scala delle categorie che si allinea a quella della miglior concorrenza. Abbiamo in mente di sviluppare Brand di fantasia da contrapporre al concorrente diretto in termini di posizionamento, questi saranno affiancati ad una serie di prodotti, che di fatto saranno quelli Coop, ovvero di qualità medio alta in termini intrinseci, ma con un posizionamento inferiore al 15% rispetto alla marca Madre. Verranno inseriti in assortimento anche una serie di prodotti locali a seconda del field approcciato, e verrà ovviamente mantenuta la marca DICO come main claim. Infine per chiudere la scala si sta pensando alla creazione di una marca premium su alcune determinate merceologie.
D: In definitiva in vostro marchio d’insegna DICO, quale nuova funzione avrà nella scala delle categorie?
R: Identifica l’insegna di qualità medio alta.
D: Dico è sempre stato considerato il “brutto anatroccolo” di Coop in passato. Il suo arrivo, unitamente a quello dei manager provenienti da esperienze diverse da Coop, sono un segnale di cambiamento nella mentalità Coop: adesso crede al progetto Discount?
R: Si. Coop ha fatto una scelta anomala, quella di prendere un Ad estraneo al mondo cooperativo con l’obbiettivo di portare novità anche su questo format.
D: L’interesse di Coop potrebbe arrivare ad accomunare il marchio Coop a quello DICO?
R: E’ possibile. Se i risultati che ci siamo prefissati arriveranno, Coop potrebbe decidere di coprire alcuni mercati anche attraverso il format discount laddove trova più difficoltà con il format supermercati.
D: Dico diventerà una nuova Eurospin?
R: No, Dico diventerà Dico, con caratteristiche assolutamente originali e lineari sul mercato. Sarebbe un errore copiare Eurospin; di quel modello vogliamo però “copiare”,ma sarebbe meglio dire, carpire le sue efficienze per svilupparle a seconda delle esigenze di Dico.
D:Chi è secondo Lei il Retailer più efficiente in Europa nel mondo Discount?
R: Aldi può essere considerato un riferimento per il format in questione: opera scelte oculate, svolge profondi studi sulle categorie e sui capitolati dei prodotti,anche se in Italia non è mai arrivato perché è ben cosciente che farebbe “buca”.
D: Quanto è importante la comunicazione del volantino nel format discount?
R: Oggi è ancora importante, ma è obbligatorio andare alla ricerca di nuove e più efficaci alternative a questo strumento; il primo che la troverà sarà in vantaggio, in termini di comunicazione, rispetto alla concorrenza per i prossimi dieci anni.
D: Il Discount in Italia non riesce ad erodere quote agli altri format. La barriera del 10-11% sembra invalicabile. Quale ricetta esiste per migliorare questo limite?
R: L’obbiettivo del Discounter, e quindi anche di Dico, è migliorare sempre e costantemente attraverso una serie di metodi comunicativi. Noi sappiamo che all’interno dei nuclei familiari dei nostri consumatori entrano i nostri prodotti, per cui è necessario lavorare sulla qualità degli stessi e sulla loro offerta a scaffale. C’è bisogno di tempo perché la qualità del lavoro svolto produca i suoi effetti sia attraverso la fidelizzazione degli attuali consumatori, che attraverso lo strumento di marketing più potente del mondo: il passaparola. Per arrivare a ciò dobbiamo anche investire molto sulla formazione degli addetti ai Punti di Vendita. Sotto il profilo assortimentale bisogna accettare la convivenza di qualche grande marca, di fatto ci sono categorie come gli alimenti per bambini e la nutella che sono oggettivamente insostituibili. E’altresì necessario comprendere più in profondità le etnie, un discounter non può prescindere dalle loro esigenze e alla loro soddisfazione: sulla piazza di Roma stiamo sperimentando qualcosa in questa direzione ed i risultati sono estremamente positivi. Che si voglia o no ci dobbiamo rendere conto che siamo nel pieno di una civiltà globalizzata, non a caso il nostro competitor Lidl già da tempo offre un assortimento “ multirazziale”.
D: Il Discount si può considerare Store di Prossimità?
R: No, è trasversale, può essere una alternativa sia ai supermercati che agli Ipermercati. Sarei ben felice di avere l’opportunità di aprire una struttura nel parcheggio di un Ipermercato, sarebbe una bella sinergia, stiamo vedendo anche di cogliere opportunità come questa se ci capiteranno.
D: Quanto è importante la categoria dei freschi in un Discount data la mancanza ( prevalente)del banco taglio?
R: I freschi sono importantissimi ma devono essere fatti bene, comunicati bene. Sono prodotti ad alta fidelizzazione, molto più che qualsiasi altra categoria, e chi vuole essere protagonista nel mercato del Discount deve tenere ben presente questo concetto.
D: Il non food è importante nell’offerta del Discounter, e nella Vostra offerta?
R: Noi la consideriamo come categoria di attrazione, e la impostiamo secondo questa linea.
D: Fate importazione diretta dall’estremo oriente?
R: La faremo. Non subito ma la faremo.
D: Come sarà la Dico tra tre anni, dopo quando si vedranno i risultati del lavoro svolto da lei e dalla sua equipe?
R: Sarà uno store con una buona offerta sui freschi, con un binomio qualità/prezzo il più preciso e profondo possibile, con prezzi estremamente concorrenziali, con una buona proposta sul grocery. Sarà uno Store dove dovranno dominare i seguenti dogmi: pulizia – ordine – accoglienza – competenza. Il cliente deve recepire la qualità in tutti i suoi aspetti. In una frase si può dire: la qualità erogata deve essere pari alla qualità percepita.
1 agosto 2011
Andera Meneghini
GDO News
Vedi anche:
SCIOPERO IN AZIENDA DI LAINATE. L'ATTESA CONTINUA LA RABBIA PURE
Per scongiurare 34 licenziamenti i lavoratori e le lavoratrici della Job & Service, la cooperativa che da Spediservice riceve in appalto le commesse, hanno incrociato le braccia da venerdì scorso
Lainate, 10 agosto 2011 - Un altro giorno di sciopero e presidio di protesta, ieri, davanti ai cancelli della Spediservice di Lainate, associata del Gruppo Anna, società che si occupa di distribuzione, stampa, logistica e trasporti. Per scongiurare 34 licenziamenti i lavoratori e le lavoratrici della Job & Service, la cooperativa che da Spediservice riceve in appalto le commesse, hanno incrociato le braccia da venerdì scorso.
Nel pomeriggio i delegati dei lavoratori con l’Usb hanno avuto un incontro congiunto con Marcello Belotti amministratore delle società del Gruppo Anna e delegato per le committenti dell’appalto e il subappaltatore della coop. Job & Service. «Purtroppo, nonostante i cenni positivi espressi dalle società riguardo alle legittime rivendicazioni ribadite dal sindacato, le aziende non hanno ancora dato seguito ad azioni reali - spiega Giuseppe Tampanella dell’Usb -. I lavoratori sono disposti a rientrare al loro posto purché vi sia il ritiro dei licenziamenti, il rinnovo dei contratti, il rispetto delle condizioni di sicurezza e salubrità del luogo di lavoro».
Nell’appalto con Spediservice srl, i dipendenti per anni hanno subito passaggi da una coop all’altra, passaggi sempre votati al ribasso per i loro già magri salari: «A vantaggio del profitto privato di imprenditori della distribuzione editoriale, sempre più famelici e pronti ad appaltare lavoratori e responsabilità a finte coop», precisano le Usb. L’appalto di distribuzione e resa è stato in parte ceduto ad un altra società a Paderno Dugnano, così a Lainate dall’1 settembre rimarranno senza lavoro. Quella di ieri è stata la terza giornata di agitazione per i lavoratori delle coop appaltatrici del servizio logistico editoriale del Gruppo Anna.
Nei prossimi giorni continueranno le trattative sindacali: «Chiediamo il ritiro dei licenziamenti e diciamo da subito che un eventuale rientro non può essere accettabile se avviato senza un ripristino delle norme di sicurezza». Tra gli scioperanti, intanto, cresce la rabbia. «Lavorando tutti i giorni portiamo a casa 1.100 euro in cambio di orari massacranti – denunciano i lavoratori in presidio -. La misera paga oraria lorda è di circa 7 euro comprensiva di ferie, permessi, tredicesima. In busta mancano tutte le ore lavorate in più, c’è il riconoscimento della malattia ma al 50% e solo dal quarto giorno di assenza. Non abbiamo diritto a ferie o permessi retribuiti, all’indennità di disoccupazione in caso di licenziamento, siamo tagliati fuori dagli ammortizzatori sociali. Sopportiamo carichi di lavoro abnormi e ritmi di produzione intollerabili comandati da “caporali” molto spesso rappresentati dagli stessi responsabili delle aziende committenti». Oggi pomeriggio i lavoratori sono attesi in Prefettura a Milano, se saranno ascoltati l’incontro potrebbe portare al rientro della vertenza. Intanto ieri nello stabilimento di via Settembrini 33, la Direzione si è tenuta alla larga dai giornalisti.
10 agosto 2011
Monica Guerci
Il Giorno.it
Vedi anche:
Agosto di lotta per i lavoratori appalto Spediservice di Lainate
07 agosto 2011
CONCORDATO CONSORZIO ETRURIA: AI SOCI PRESTATORI ANDRA' SOLO IL 33% DEI DEPOSITI, ENTRO DUE ANNI
Sarà restituito solo il 33% nell'arco di due anni.
La cfra complessiva del prestito sociale di Etruria si aggira intorno ai 3,5 milioni
Creditori chiamati dal tribunale a fine ottobre per l'udienza
MONTELUPO. Il Consorzio Etruria è stato ammesso alla procedura di concordato preventivo ed è stata fissata un'udienza, il 24 ottobre alle 10, per l'adunanza dei creditori tra cui ci sono centinaia di artigiani di zona. L'appuntamento si terrà dal giudice delegato Isabella Mariani, al tribunale di Firenze. Oltre al giudice sono stati nominati tre commissari giudiziali, l'avvocato Massimo Cesaroni, il dottor Sandro Quagliotti e il ragioniere Andrea Spignoli.
Il Consorzio ha proposto un concordato preventivo per classi. La prima è composta dai creditori privilegiati con ipotesi di pagamento integrale, la seconda classe è composta dai creditori prelatizi, con ipotesi di pagamento integrale. La terza è dei dipendenti per i trattamenti di fine rapporto con ipotesi di pagamento integrale. La classe quarta è invece composta dai creditori chirografari con ipotesi di pagamento nella misura del 35,9% oltre all'attribuzione del 40% degli utili netti che il Consorszio dovesse conseguire negli anni dal 2012 al 2016. Nella classe quinta sono stati messi i creditori intercompany, cioè i crediti vantati nei confronti del Consorzio da società da quest'ultimo controllate, con ipotesi di pagamento nella misura del 34,4%.
E infine la sesta classe è composta dai soci del consorzio per i libretti di risparmio con promessa vincolante di pagamento nella misura del 33% entro due anni dall'omologazione del concordato. Più il 10% degli utili netti che il Consorzio dovesse conseguire in futuro.
La proposta di concordato prevede l'attribuzione, subito dopo l'omologa del concordato, di gran parte dei beni del Consorzio e delle posizioni debitorie ad una società newco, una "compagnia nuova", la quale dovrebbe ricavare dalla liquidazione dei beni ad essa attribuiti una somma tale da consentire il pagamento dei creditori delle classi 1,2,4 e 5.
I beni dei quali non è prevista l'attribuzione alla newco sono quelli considerati strumentali al proseguimento dell'attività del consorzio che provvederà a soddisfare i creditori delle classi 3 e 6 e a destinare alla newco il 40% degli utili che dovesse conseguire tra il 2012 e il 2016 da attribuire ai creditori della classe 4. Ai creditori verrà inviata una comunicazione con l'indicazione del credito e della classe in cui è stato collocato dal consorzio con l'invito, in caso di difformità, di inviare una comunicazione.
28 luglio 2011
UNICOOP FIRENZE: «QUELLA DEGLI IPERMERCATI E' UNA FORMULA SUPERATA»
Come già ampiamente annunciato le due Coop toscane confermano l'uscita dal formato degli ipermercati. Nell'articolo de Il Tirreno si parte da un assioma per cui : «Quella dell'ipermercato è una formula superata». Così dichiara Unicoop Firenze.
Ma è davvero così? Recentemente Carrefour ha rilanciato il format iper con il progetto Planet, inoltre non trova la stessa difficoltà una delle maggiori Coop nazionali, Coop Adriatica, dalla quale non pervengono segnali di ridimensionamento del settore iper.
Rimanendo sempre nell'ambito Coop, si apprende che Coop Liguria sta per aprire a La Spezia il centro commerciale Le Terrazze, con all'interno un iper di 11.000 mq, un ampliamento dovrebbe riguardare anche l'ipercoop di Sarzana.
Coop Consumatori Nordest avrebbe in programma un iper a Gorizia, Coop Lombardia sta aprendo un iper a Peschiera Borromeo (MI).
Quindi? Quella dell'ipermercato è una formula davvero superata?
Cominciamo invece col dire che la gestione degli iper per Unicoop Firenze non è redditizia da anni. L'azienda si è lanciata con pressappochismo e superficialità in questa partita, e non ha saputo sviluppare un proprio know how su questa tipologia, non riuscendo ad essere competitiva con i grandi specialisti del settore non food.
In tipico stile Coop, il fallimento viene fatto passare per una sconfitta del format, non dell'azienda. Non si traggono logiche conseguenze di una evidente incapacità gestionale, con relativi avvicendamenti nei ruoli di responsabilità. Si riduce la superficie degli iper, lanciando il messaggio ai soci, che a quanto ci risulta qualche mugugno lo hanno emesso (oltre non vanno), che Unicoop è saggia e preveggente, anticipando una tendenza che altri ottusi big del settore si ostinano nel rilanciare. Siamo allo stravolgimento della realtà.
Pur non essendo competenti come i geniali manager addetti al non food, si può comprendere facilmente che, oltre le difficoltà connesse alla normale competizione, se ne vengono aggiunte di ulteriori, lo sforzo diventa inane. Ci debbono spiegare come si può competere nei settori dell'elettronica, dell'attrezzatura sportiva, della profumeria, se all'interno dello stesso centro commerciale Unicoop affitta i fondi proprio alle catene di negozi specializzati.
La realtà è che Unicoop Firenze esce dal format iper per manifesta incompetenza e preferisce fare «l'agenzia immobiliare», locando la superficie che risulta in eccedenza dopo il ridimensionamento degli spazi. Un businness molto più facile e assai più sicuro.
Per Unicoop Tirreno poi, il discorso è diverso. Fermo restando le cose appena dette, il tutto si moltiplica per una evidente incapacità nel gestire molti negozi campani. Non solo iper, ma normali supermercati, come si può leggere in questo articolo.
Si punta dunque esclusivamente sul modello superstore, quello che ha reso celebre Esselunga. Più in generale parlando di tutte le coop, il dubbio che ci viene è: saprà il gruppo Coop sviluppare con successo un proprio know how in grado di competere in un mercato sempre più agguerrito?
Nutriamo qualche dubbio. Il problema vero è che Coop non è abituata a relazionarsi con mercati competitivi, avendo operato da sempre in aree protette e con scarsa competizione. Lo scenario però è cambiato e occorre misurarsi con i migliori competitors specialisti nelle varie tipologie. Coop non pare avere una chiara visione strategica di dove vuole andare a parare e i bilanci intanto sono quelli che sono, come abbiamo visto nella recente tornata.
Inoltre, anche nel segmento discount (le Coop sono presenti con l'insegna DICO, esclusa Unicoop Firenze e Coop Centro Italia) le cose vanno male. Ma di questo capitolo avremo modo di parlare in un prossimo articolo.
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Unicoop Firenze è recisa: «Quella dell'ipermercato è una formula superata». E sta riorganizzando i propri iper con una formula diversa. Unicoop Tirreno ha fatto di più: ha chiuso o venduto alcuni ipermercati ache aveva aperto al Sud. Uno dei pochi a salvarsi sarà le Fonti del Corallo a Livorno.
La formula iper, insomma, non va più. Troppo grandi, troppo lontani, troppo dispersivi: un po' la crisi, un po' il cambiamento dei comportamenti dei consumatori, fatto sta che la grande distribuzione sta cambiando pelle. Meno elefantiaca e più a misura d'uomo.
«Tra i nostri tre canali di vendita - spiega Pasquale Rotta, responsabile commerciale di Unicoop Tirreno - l'ipermercato è quello che mostra più la corda. E' una tendenza ormai consolidata. Il consumatore, soprattutto in un periodo di crisi, vuole evitare di usare l'auto e avere un maggior controllo della propria spesa, in modo da ridurre gli sprechi». Anche a costo di recarsi più spesso a fare la spesa.
«L'ipermercato - dicono a Unicoop Firenze - è senz'altro una formula superata e da tempo abbiamo deciso di percorrere altre strade». I 6 ipermercati di Unicoop Firenze, infatti, saranno sottoposti a una robusta revisione, cominciando da quelli di Sesto Fiorentino e Montecatini. «Trasformeremo queste strutture in superstore, ossia in centri di taglia intermedia rispetto al tradizionale supermercato». Cambiano quindi le dimensioni, ma anche la tipologia.
Negli iper, alimentare e no food sono generalmente equilibrati, mentre i superstore presentano una netta prevalenza dei generi alimentari sulle altre merci. «Il no food in queste strutture di fatto assumerà una funzione di integrazione dell'offerta che si concentrerà sull'alimentare».
A determinare la crisi degli iper è l'affermazione delle catene di negozi specializzati, soprattutto nei settori dell'elettronica, dell'attrezzatura sportiva, della profumeria. «Per questi settori, già oggi - precisano a Unicoop Firenze - l'ipermercato non è più il punto di riferimento principale per la clientela. E allora tanto vale tenere un buon assortimento di questi prodotti, ma non farne uno degli asset fondamentali di vendita».
E questo cosa comporta? Prendiamo l'esempio dell'Ipercoop di Montecatini. La superficie di vendita sarà quasi dimezzata, da 10mila a 4/5mila metri quadri, e nella parte liberata si insedieranno altri negozi specializzati, come ad esempio Decathlon o Euronics. Una scelta simile è stata adottata da Unicoop Tirreno per la nuova struttura che dovrebbe nascere a Grosseto e i cui lavori dovrebbero essere avviati entro la fine dell'anno. «Non abbiamo ancora definito con esattezza la superficie - aggiunge Rotta - ma sarà attorno ai 5mila metri quadrati».
Quindi, niente ipermercato a Grosseto, anche perché queste strutture hanno senso se riescono a generare un polo di attrazione di almeno una trentina di chilometri, ma questa caratteristica si scontra con due fattori. In primo luogo, nei consumatori c'è sempre meno voglia di prendere la macchina per andare a fare la spesa e poi perché queste strutture sono a rischio di cannibalizzazione con altri centri nella stessa area. Allora, che senso ha costruire un iper che farà concorrenza, in un periodo di vacche magre, anche a molti supermercati della stessa società?
Lo stop agli ipermercati non stupisce le associazioni dei commercianti, anche se tutto il settore risente della crisi. «Se la grande distribuzione piange - afferma Andrea Nardin, direttore della Confcommercio regionale - il commercio al dettaglio di certo non ride e quando va bene va in pari rispetto ai volumi dello scorso anno. Certamente, auspichiamo che ci sia un ritorno alla piccola distribuzione, soprattutto dove la professionalità dell'esercente e la qualità dei prodotti riescono a intercettare una fascia di mercato interessante».
La fuga dagli iper secondo Nardin si spiega con la scelta dei consumatori di esercitare una maggior attenzione negli acquisti. «Nel negozio sotto casa si evita infatti di acquistare prodotti che non sono indispensabili. C'è, in generale, un ritorno alla logica dell'acquisto a breve e alla scelta, per i beni di fascia alta, di prodotti durevoli. In questo caso, più che il risparmio immediato si cerca l'affidabilità e la durata nel tempo».
Massimo Biagioni, presidente regionale della Confesercenti punta il dito contro l'eccessiva crescita della grande distribuzione. «Con 800mila metri quadri di superficie di vendita, a cui vanno ad aggiungersi i tanti centri commerciali mascherati costituiti con più strutture di media grandezza, la Toscana è ormai satura. Lo dimostrano le disponibilità ancora presenti, ma non sfruttare nelle province di Siena, Arezzo e Grosseto e il fatto che ormai la realizzazione di mega strutture commerciali è appetita soltanto dove c'è una forte rendita immobiliare o speculazione». Al sovradimensionamento della grande distribuzione si somma la dilatazione degli orari e dei giorni orari di apertura, «una situazione - conclude Biagioni - che mal si concilia con una tendenza alla diminuzione dei consumi».
Carlo Bartoli
Il Tirreno.it
UNICOOP TIRRENO RIDIMENSIONA
Nella foto storica, la la nascita di Unicoop Tirreno, quando si chiamava La Proletaria di Piombino, 26 febbraio del 1945.
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Appena quattro anni fa puntava a diventare l'azienda leader in regione per la grande distribuzione, con un piano che prevedeva sette ipermercati per un investimento di circa ioo milioni e1.500 dipendenti. Ma i programmi di Unicoop Tirreno, una delle nove cooperative di consumo del sistema Coop con sede a Piombino e che conta in Campania 137.000 socie 700 dipendenti, sono naufragati. Nei giorni scorsi, infatti, il gruppo ha chiuso il superstore di Benevento, inserito all'interno del centro commerciale "I Sanniti", mettendo in cassa integrazione 66 dipendenti.