E' una storia che risale al 2011. Ma che oggi, a quattro anni di distanza, vede compiere un passo verso l'ingiustizia.
Un morto sul lavoro. Ai magazzini di approvvigionamento della Unicoop
Firenze in via Pratoni a Scandicci. Il primo in tanti anni. Un
procedimento penale in corso con tre indagati per omicidio colposo. E
l'inizio di una storia che sembra avere come protagonisti i forti contro
i deboli. Con i primi che provano ad approfittarsi dei secondi in una
vicenda che non tutela i diritti di un uomo. Non tutela il diritto al
dolore, alla sofferenza, alla dignità. Ad un risarcimento per la morte
di una persona cara avvenuta in circostanze tutte da chiarire. Per dare
giustizia, se solo bastasse, alla morte di un uomo. Da quel giorno
Mattia Alfano, avvocato fiorentino, si batte con determinazione, insieme
al collega Guido Ferradini, per garantire i diritti di un uomo morto
sul posto di lavoro.
E' una storia che risale al 2011. Ma che oggi, a quattro anni di distanza, vede compiere un passo verso l'ingiustizia.
I FATTI - Claudio Pierini muore il 21 luglio 2011 mentre lavorava. Stava effettuando delle manovre con un muletto nel
reparto profumeria del centro di stoccaggio. Una chiazza d'olio sul
pavimento non era stata asciugata e nel percorrere quel tratto col
muletto Pierini ha perso il controllo del mezzo, finendo contro una
scaffalatura e subendo un impatto violentissimo. Un'agonia atroce durata
qualche minuto tra lo strazio dei colleghi. Poi la morte.
LA SOLIDARIETA' DEI COLLEGHI - Moltissime le parole
di solidarietà verso la famiglia ed i lavoratori. Anche dall'Unicoop
Firenze che in quelle ore diffonde un messaggio di cordoglio
stringendosi “attorno alla famiglia” a cui esprime “vicinanza e dolore
per quanto accaduto”. I colleghi di Pierini iniziano una colletta di
solidarietà per i cari. Un affetto encomiabile, commovente.
Disperatamente utile. 10.000 euro per chi aveva lasciato. Un piccolo,
quantomai grande, contributo di solidarietà da chi, per anni, ha
condiviso la stessa divisa da lavoro.
E' MORTO UN UOMO - Perché “il morto sul lavoro” è
anche un uomo. Con tutti quelli che possono essere i problemi che hanno
le persone e che lasciano fuori dalle fabbriche e dalle aziende. E quei
colleghi sapevano che le ore passate in quei magazzini da Claudio
Pierini servivano a mandare avanti una situazione economica familiare
non facile, come le tante che affliggono molti italiani. Affitto di
casa, condivisa con il fratello rimasto senza lavoro dopo il fallimento
della propria ditta di artigiano, bollette, rate della macchina. La vita
quotidiana con un solo stipendio per due persone. Quella tragedia si
abbatte su quella famiglia come un ciclone.
PROBLEMI ECONOMICI - Non ci sono risparmi in casa e
quei soldi raccolti dai colleghi servono per pagare il funerale e
correre a saldare gli affitti arretrati e le bollette delle utenze ormai
disattivate. Denaro che finisce velocemente proprio per pagare quei
debiti accumulati. Questo sarà un problema in tutta la vicenda.
Arriveranno anche gli emolumenti del tfr di Claudio Pierini. Soldi che
gli spettano, nessun regalo o atto di generosità.
PROBLEMI DI SALUTE – Emergerà anche che Claudio
Pierini, morto a Luglio 2011, da Marzo era in possesso di un certificato
di medicina del lavoro che gli vietava l'utilizzo di macchine di
movimentazione a causa dell'assunzione di un farmaco che ne avrebbe
limitato i riflessi. Quindi Claudio Pierini non poteva e non doveva
guidare quel muletto che lo ha portato incontro alla morte.
LA GIUSTIZIA – Ad una incredibile ed incomprensibile
distanza di quattro anni ad oggi è in corso un procedimento penale che
vede tre indagati per omicidio colposo, due amministratori ed il
responsabile del magazzino Unicoop. La famiglia Pierini si è costituita
parte civile ed è rappresentata dagli avvocati Alfano e Ferradini.
QUALI DIRITTI? - Ma quel che accade oggi, lascia
increduli e apre un oscuro sipario su alcune dinamiche che lasciano poco
spazio alla tutela dei diritti di un lavoratore ma prima ancora a
quelli di un uomo. Perchè quella situazione di difficoltà economica sarà
oggetto di discriminazione.
LA COOP SEGNALA LA FAMIGLIA AI SERVIZI SOCIALI: “INCAPACI DI GESTIRE SOLDI”
- Sarà un funzionario di Unicoop a segnalarla ai servizi sociali. A chi
scrive appare una forma di autotutela cercando qualsiasi via d'uscita
davanti ad un risarcimento danni che si prospetta estremamente
importante anche per le responsabilità oggettive dell'azienda rilevate
fin dai primi momenti dopo la morte di Claudio Pierini. Una segnalazione
squalificante anche verso la memoria dell'uomo a cui si imputa di avere
un fratello che non è in grado di gestire il patrimonio economico.
Quando questo signore ha avuto la sola colpa di aver completamente
ripianato i debiti accumulati e di aver vissuto con altri 50.000 euro di
provvisionale pagati da Unicoop.
Un'azienda evidentemente preoccupata per l'esborso economico del
risarcimento e che a loro dire garantirebbe al fratello un patrimonio
che lui non sarebbe capace di amministrare.
“FRATELLO DEL MORTO INCAPACE AMMINISTRARE SOLDI” - E
qui va in scena ciò che lascia senza parole. Ma anche senza diritti.
Unicoop segnala appunto la situazione ai servizi sociali che con un'
unica visita, redigono una relazione in cui si tratteggerebbe una
condizione di incapacità della gestione delle cose da parte del fratello
del Pierini. In pratica è incapace di intendere e di volere.
“DATE UN AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO” - Così viene
chiesto dal pm un amministratore di sostegno che il giudice del
tribunale di Firenze nomina e che il prossimo 14 marzo prenderà
ufficialmente il suo incarico. E il fratello di Claudio Pierini perderà i
suoi diritti. Sarà controllato perchè incapace. In pratica il giudice
concorda con Unicoop sul fatto che il fratello del Pierini sia incapace
di gestire una ingente somma di denaro e che lui e la moglie sono in un
lungo stato di disoccupazione. Quasi voluta, appare capire dalle
conclusioni del giudice.
LA DISOCCUPAZIONE E' UNA COLPA - Quasi come se per
un uomo, lo stato di disoccupazione fosse una colpa personale. Una
punizione da espiare. Come se per un 50enne, che ha sempre lavorato
nella sua ditta di imbianchino con il proprio furgone, sia facile
ripartire dopo essere fallito con la propria piccola attività, aver
perso il lavoro, la dignità e forse molta della stima in se stesso.
Questa per il giudice è la colpa del fratello di Pierini. Colpevole
forse anche di aver avuto una forma depressiva dopo la morte tragica di
un fratello.
“LIMITATA LIBERTA' DI UN UOMO SENZA MOTIVO” - “E'
stata limitata la libertà personale di un uomo senza una perizia di un
Ctu, senza alcuna visita specialistica– scrive l'avvocato Alfano nel suo
reclamo contro la decisione del tribunale di nominare un amministratore
di sostegno – senza che ci sia stato un contraddittorio o che
semplicemente il signor Pierini venisse chiamato a poter rispondere di
queste azioni di incapacità che gli venivano imputate”.
"NESSUNA CERTIFICAZIONE MEDICA" - "Non esiste
documentazione sanitaria che consenta di ritenere il Pierini sia infermo
o menomato a livello fisico o psichico in misura tale da rendere
impossibile provvedere ai propri interessi” scrive il legale
sottolineando come "la conclusione, davvero incredibile a cui giunge
l'assistente sociale è quella per cui il Pierini non sarebbe stato in
grado di gestire i suoi averi quando con le somme ricevute ha saldato i
debiti pregressi accumulati con il fratello".
E' un appello ai diritti civili quello dell'avvocato Mattia Alfano
nel suo reclamo. Che si scontra solo con il cinismo processuale di una
cooperativa che al lavoratore in questo caso non pensa e non ha pensato.
E che lascia da parte anche la dignità umana davanti alla forza dei
soldi. Una vicenda, quella della morte di Claudio Pierini, che
continueremo ad approfondire nei prossimi giorni con altri articoli e
documenti. Non capiamo come un giudice possa accogliere la richiesta
della parte imputata di privare dei propri diritti la parte offesa. Non
lo capiamo soprattutto quando vediamo che è l'azienda contro il suo
lavoratore morto. Quando l'azienda dispiaciuta pensa a come risarcire il
meno possibile un proprio lavoratore morto. Quando si negano i diritti.
Quando si è deboli. E quando i forti provano ad approfittarsene.
16 febbraio 2015
Matteo Calì
http://www.ilsitodifirenze.it