31 marzo 2012

LE COOP SONO DIVERSE, MA I COOPERATORI NON LO SANNO PIU'

Le cooperative sono diverse dalle altre forme di impresa, scrive Carlo Borzaga, ordinario di Politica Economica presso la Facoltà di Economia dell’università di Trento. Operano non per garantire un profitto sul capitale investito, ma per rispondere in modo imprenditoriale ad un bisogno dei propri soci. Ma forse in questi anni le cooperative hanno imitato troppo le imprese capitalistiche, i loro modelli di governance e di business.


Forse il tema della biodiversità cooperativa può risultare nuovo a molti, perché abituati a riflettere direttamente sulla forma cooperativa in quanto tale. Lo trovo invece particolarmente azzeccato, in particolare in questa fase non solo di crisi, ma probabilmente di transizione da un modello economico tutto incentrato sul mercato (quello che il premio Nobel Joseph Stiglitz definisce del «fondamentalismo del mercato») verso un nuovo modello di cui riusciamo per ora solo ad intravvedere alcune caratteristiche come crescita più lenta, consumi di beni in contrazione, spesa pubblica in progressiva riduzione, domanda che si orienta sempre più verso i servizi alla persona e di interesse generale, domanda più di qualità che si quantità, ecc. Un nuovo modello che è ancora da definire, ma dove la diversità tra forme imprenditoriali sembra destinata ad assumere un rilievo maggiore che nel passato.

Molti sono i segnali che indicano che si sta andando in questa direzione. Qualche esempio: ogni paese negli ultimi tempi (dagli Usa, all’Europa, ai paesi asiatici) ha riconosciuto e regolato nuove forme di impresa a forte orientamento sociale, stanno riemergendo le mutue sanitarie, cresce l’interesse per le cooperative di utenza nella gestione di servizi pubblici locali, etc.

Parlare di biodiversità cooperativa richiede però alcuni chiarimenti, perché comporta una particolare declinazione di un concetto, quello della diversità tra forme di impresa, che non è di per sé nuovo, ma che è stato raramente applicato all’impresa cooperativa. Fino ad oggi infatti il concetto di diversità tra imprese è stato utilizzato essenzialmente in due direzioni. La prima è quella della diversità nella proprietà, pubblica o privata delle imprese, con le cooperative da alcuni considerate semplicemente come una forma di impresa privata, da altri come impresa senza una precisa appartenenza e quindi né carne né pesce. La seconda direzione è quella della diversità a seconda delle dimensioni, della distinzione tra piccole, medie e grandi imprese cui sono legate molte politiche comunitarie e nazionali, con le cooperative ancora una volta difficili da collocare e spesso assimilate alle piccolo-medie imprese, indipendentemente dalle sue dimensioni. Ambedue queste distinzioni hanno perso negli ultimi anni gran parte della loro utilità a seguito della progressiva riduzione del numero e del peso delle imprese pubbliche e a causa dell’emergere di piccole e medie imprese più performanti e più profittevoli delle grandi (le multinazionali tascabili).

Dobbiamo essere consapevoli che proporre una riflessione sulla biodiversità cooperativa significa introdurre nel dibattito un diverso criterio di distinzione tra le forme di impresa: quello dell’obiettivo e quindi dei valori su cui si fonda l’attività imprenditoriale, nonché delle forme prioritarie e di governance. È allora necessario riflettere sulle conseguenze di questo diverso modo di intendere e definire la diversità sulle performance dell’impresa, sulle modalità di utilizzo dei fattori produttivi e di distribuzione dei risultati tra i partecipanti all’attività. Ed è necessario riflettere su come la compresenza di imprese mosse da obiettivi e valori diversi e gestite secondo regole diverse può contribuire a migliorare il funzionamento complessivo dell’economia.

L’impresa cooperativa rappresenta un caso emblematico da questo punto di vista. È diversa dalle altre forme di impresa (sia di capitali che a proprietà familiare) soprattutto perché persegue obiettivi diversi. In particolare la cooperativa si forma e opera non per garantire un profitto sul capitale investito, ma per rispondere in modo imprenditoriale, cioè attraverso la produzione di beni o servizi, ad un bisogno – di consumo, di lavoro, di potenziamento dell’attività produttiva – dei propri soci o della più ampia comunità a cui essi appartengono.

Da questa diversità di fondo derivano alcune conseguenze che finiscono per accentuare la diversità stessa. In particolare nei valori: la cooperativa pone al centro bisogni diversi dall’arricchimento e quindi tutti possono creare una cooperativa; nella proprietà, la cooperativa è e può essere solo impresa di proprietà di persone; nella governance, essendo impresa di persone non può che essere gestita dalle stesse in modo democratico.

Questa diversità non è stata tuttavia fino ad ora pienamente riconosciuta. E ciò soprattutto perché delle diversità che caratterizzano le cooperative ne sono state in genere considerate solo alcune, quando non addirittura una sola. E spesso sono state considerate più quelle formali (servizio al socio, democraticità, ecc.) che quella sostanziale che riguarda appunto l’obiettivo perseguito. La conseguenza principale di questa mancata comprensione delle vere ragioni della diversità fondante delle forme cooperative è stata ed è ancora la sottovalutazione della sua rilevanza. E la sempre più evidente contraddizione tra la rilevanza oggettiva dell’impresa cooperativa in tutti i sistemi economici e una teoria economica e un sistema di politiche economiche che continuano a considerarla marginale.

Ma quali sono i vantaggi della diversità? E in particolare i vantaggi che si hanno quando l’economia è popolata non tanto da imprese di diverse dimensioni o da un mix di imprese pubbliche e private, ma da imprese che sono diverse perché diverso è l’obiettivo che perseguono? Sintetizzando i vantaggi più evidenti di un’economia diversificata sono i seguenti.

  • In primo luogo maggiore libertà: le persone hanno più possibilità di scegliere come e per cosa lavorare, da chi e cosa consumare, a chi affidare i propri risparmi, ecc.
  • In secondo luogo maggiore vicinanza della produzione ai bisogni reali: quando ci sono imprese che producono per soddisfare bisogni concreti e che non utilizzano i bisogni per aumentare i profitti (ad esempio inventandosi bisogni attraverso la pubblicità) tutte le imprese sono costrette a tenere in maggior conto i bisogni reali. Non solo: avremo imprese che operano anche in attività che non sono abbastanza remunerative per attrarre investitori interessati al profitto e, in alcuni casi neppure attività imprenditoriali familiari.
  • In terzo luogo, la diversità crea maggiore concorrenza e quindi una più ampia offerta di beni e prezzi più bassi per i consumatori, migliori condizioni di lavoro e redditi più alti per i piccoli produttori. Solo quando le imprese che operano sullo stesso mercato sono non solo molte ma anche diverse (negli obiettivi) si ha vera concorrenza.
  • Infine un'economia diversificata garantisce livelli più elevati di innovazione, perché permette di mettere alla prova nuove idee produttive potendo contare sul diverso tipo di flessibilità e sulle diverse capacità di attrarre risorse di diversa provenienza.

Questi vantaggi andrebbero meglio declinati per essere pienamente apprezzati. Ad esempio guardando alle conseguenze che la diversità ha o dovrebbe avere sul management delle imprese cooperative. Forse in questi anni le cooperative hanno imitato troppo le imprese capitalistiche, i loro modelli di governance e di business.

Vi sono quindi sufficienti elementi per affermare che un’economia diversificata, cioè con più cooperative e più in generale con più imprese che perseguono obiettivi diversi dal profitto dei loro azionisti, è più produttiva, più dinamica, più efficiente e soprattutto, meglio in grado di soddisfare i bisogni. C’è da sperare che lo capiscano tutti, in particolare i responsabili della politica italiana ed europea.



29 marzo 2012


Carlo Borzaga


Linkiesta



30 marzo 2012

UNICOOP TIRRENO E IL SALARIO VARIABILE... SIAMO ALLE SOLITE

USB ritiene inaccettabile che i lavoratori di moltissimi IPERMERCATI, SUPERMERCATI e MINIMERCATI UNICOOP TIRRENO ancora non sappiano se vedranno erogata la parte di salario legata agli obbiettivi, il cosiddetto Salario Variabile.

USB ritiene inaccettabile che i lavoratori di moltissimi IPERMERCATI, SUPERMERCATI e MINIMERCATI UNICOOP TIRRENO ancora non sappiano se vedranno erogata la parte di salario legata agli obbiettivi, il cosiddetto Salario Variabile.

Ad oggi non è dato sapere se esiste un accordo per il 2011 e quali siano i parametri di riferimento. Siamo sicuri che la flessibilità, la disponibilità, il sudore che i lavoratori hanno messo in campo durante l’anno siano sufficienti al conseguimento dell’obbiettivo, ma i meccanismi che permettono l’erogazione del salario accessorio sono poco controllabili e sbilanciati a favore della parte padronale.

I lavoratori hanno avuto la possibilità, durante tutto l’anno, di partecipare e condividere con il loro Capo Negozio e/o Direttore l’evoluzione dei dati gestionali? Se chiedete al Capo Negozio forse rimanderà al suo superiore che a sua volta dovrà chiedere al proprio Dirigente, finalmente siamo arrivati al problema!

Il lavoratore salariato, per definizione, dovrebbe percepire uno stipendio per il lavoro che svolge, non partecipa ai rischi d’impresa, ne si spartisce gli utili a fine anno, perché legare il suo salario alla produttività? Perché creare un nuovo lavoro a cottimo? Noi crediamo che l’accordo fatto (?????) dall’azienda con i sindacati confederali non sia funzionale per i lavoratori, avremmo voluto un aumento reale per tutti piuttosto che un aumento del tipo “forse, se sei bravo, e lo decido io, secondo i parametri che impongo e che tu non controlli.” Gli scellerati accordi di aumento salariale legato alla produttività non funzionano, non vengono condivisi e soprattutto il lavoratore non partecipa!

Quanti lavoratori sostengono e hanno sempre detto che sull’altare della produttività si sacrificano le vendite, il servizio al cliente e l’attenzione verso la qualità?

SIAMO RIMASTI INASCOLTATI! CHIEDIAMO CHE FINE HA FATTO IL SALARIO VARIABILE 2011, QUALI SONO I PARAMETRI CHE LO DETERMINANO, ATTRAVERSO QUALE ACCORDO… NOI L’INFORMAZIONE SUL NOSTRO SALARIO LA PRETENDIAMO!!!




30 marzo 2012

USB Lavoro Privato






27 marzo 2012

CONTRATTO INTEGRATIVO UNICOOP FIRENZE: LA UIL FA LA VOCE GROSSA


Un volantino Uil sull'integrativo di Unicoop Firenze pare destinato a riaprire le polemiche, puntualizzando distanze con l'organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa in Unicoop, la Filcams-Cgil


Quello che segue è il testo di un volantino Uiltucs-Uil sul contratto integrativo di Unicoop Firenze. Nel testo la Uiltucs ci tiene ad informare i lavoratori su 7 punti in discussione molto importanti, chiarendo la propria posizione e prendendo le distanze da quella di Filcams-Cgil che è apparsa fin'ora più accomodante verso le esigenze di Unicoop.


UILTUCS TOSCANA INFORMA

LO DICIAMO CHIARAMENTE


ORARIO DI LAVORO
Conferma delle 36 ore settimanali; soluzione al problema della vestizione e regolamentazione dell'orologio marcatempo

ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
Confronto costante con RSU/OO. SS. riportando al centro dell'organizzazione il lavoro a tempo pieno

SALARIO VARIABILE
Bisogna stabilire parametri raggiungibili e percentuali retributive certe escludendo ogni tipo di penalizzazione per le lavoratrici ed ei lavoratori che hanno svantaggi di ogni genere (apprendisti, maternità, malattie gravi, ecc.)
Per il Magazzino e le Sedi, un salario, innovativo, che tenga conto delle numerose specificità tecniche e gestionali

SVILUPPO OCCUPAZIONALE
Un accordo che contempli una gradualità utile ad aumentare i lavoratori FT e diminuire i PT (trasformazioni a FT a a prtire già dall'eventuale sottoscrizione del contratto integrativo)

FORMAZIONE
Bisogna stabilire con certezza che verranno pianificati corsi di formazione e specializzazione a tutte le lavoratrici ed i lavoratori (e non solo ai soliti noti).

LAVORO DOMENICALE E FESTIVO

Mantentimento della volontarietà; stabilire un limite massimo di domeniche lavorabili; scrivere elenco delle festività con chiusura certa; riconoscere, sia economicamente che normativamente, il disagio dovuto ad un maggiore impegno; realizzare un sistema di recupero che contempli anche il sabato

MINIMERCATI
Nessuna società e nessuna ista nera dei Negozi


NON FARTI PRENDERE IN GIRO!! SE VUOI INFO SULLO STATO DELLA TRATTATIVA E SULLE VARIE POSIZIONI, CONTATTA LE NOSTRE DELEGATE ED I NOSTRI DELEGATI.


Marzo 2012

Uiltucs-Uil Toscana



SUPERMERCATI E GDO: LE PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE CHE STROZZANO I PRODUTTORI



In allegato una breve raccolta di documenti originali nei quali si mostra la realtà concreta delle pratiche commerciali inique qui di seguito descritte



Ilfattoalimentare ha già dedicato idue articoli al “decreto liberalizzazioni”, che definisce i termini inderogabili di pagamento dei prodotti agricoli e alimentari (30, 60 giorni) e vieta una serie di pratiche commerciali manifestamente scorrette che la GDO è solita imporre ai fornitori. Uno studente dello IULM di Milano, Arnaldo Santi, ha voluto condividere un capitolo della sua tesi di laurea dedicato a queste pratiche commerciali.

Riportiamo in allegato una breve raccolta di documenti originali nei quali si mostra la realtà concreta delle pratiche commerciali inique qui di seguito descritte .

INSERIMENTO PRODOTTI (“LISTING FEE”)

Al fornitore viene richiesto di pagare un contributo affinché il suo prodotto sia inserito a scaffale. In molti casi risulta che i “listing fee” siano pretesi ogni anno per garantire la presenza del prodotto sugli scaffali, a prescindere da impegni di acquisto o fatturato. Si tratta di vere e proprie barriere all’accesso al mercato, il cui costo è variabile tra gli 800 e i 1.500 € per ogni prodotto per ciascun punto vendita. Facendo un pò di calcoli il sogno di ogni impresa di essere presente nell’intera rete della distribuzione moderna (22.000 punti vendita), richiederebbe un investimento variabile da 17 a 33 milioni di euro (dati de “Il Sole 24 Ore”) .

SCONTI “DI FINE ANNO”

È prassi comune dei supermercati pretendere sconti retroattivi (o “premi”) di fine periodo, indipendentemente dal raggiungimento di obiettivi di fatturato o di volumi di vendita. Questo sconto, richiesto a fine anno dalla Catena/Centrale di acquisto, incide in misura anche significativa, oltreché imprevedibile, il problema non è solo la redditività ma anche l'impossibilità di programmare gli investimenti .

SCONTI PER IL RISPETTO DEI TERMINI DI PAGAMENTO

Prima ancora dell’entrata in vigore del decreto liberalizzazioni, il d.lgs. 231/2002 fissava in 60 giorni dalla consegna il termine massimo di pagamento degli alimenti deperibili. Nessuna autorità però vigilava sul rispetto di questo termine (come è ora invece previsto faccia l’Antitrust, all’art. 62 del D.L. 24.1.12 n. 1). In assenza di controlli alcuni catene di supermercati pretendono uno sconto non solo per pagare le merci nei termini pattuiti, ma anche per rispettare i termini di legge.

SCONTI NON CONCORDATI

Un esempio per tutti, nel mese di luglio 2009 il gruppo Carrefour Italia “per affrontare la crisi dei consumi che sta colpendo molte famiglie italiane ha deciso di premiare la fedeltà dei propri clienti con sconti sulla spesa applicati a tutti i possessori di Carta Spesamica. Questa attività verrà effettuata nel mese di agosto 2009. Il gruppo Carrefour, al fine di remunerare questa iniziativa promozionale decisa unilateralmente, ha richiesto un contributo straordinario - a tutti i fornitori delle merceologie fresche quali Ortofrutta, Carne, Pesce, Salumi e Formaggi, Gastronomia e Panetteria - ovvero uno sconto pari al 20% sul consegnato di una settimana.”

È il classico esempio di sconto retroattivo imposto unilateralmente dalla catena di distribuzione per remunerare una propria iniziativa commerciale.

NUOVE APERTURE, RINNOVO LOCALI

In occasione dell’apertura di nuovi punti di vendita, del loro ampliamento o del rinnovo dei locali, la GDO chiede ai fornitori la remunerazione di presunte attività di co-marketing sui prodotti.

Di fatto al fornitore viene richiesto di contribuire agli investimenti fatti dal supermercato, a prescindere dalle effettive ricadute positive sulle vendite dei suoi prodotti.

APPLICAZIONE DI ‘PENALI’ PER PRESUNTI DIFETTI DELLE MERCI

Alcune catene della GDO inviano ai propri fornitori lettere di contestazione tardiva dicendo che, a causa di “prodotti forniti non idonei alla vendita”, è stata trattenuta a titolo di “penale” una parte delle somme dovute per le forniture. Spesso senza indicare quali sono i prodotti “non idonei alla vendita” (referenza, data e luogo di consegna, numero di lotto), né i motivi. I prodotti non vengono resi e non viene data possibilità di verificare gli addebiti.

MIGLIORIE TECNICHE

Ai fornitori sono richiesti ulteriori sconti in ragione di soluzioni tecniche che la catena di supermercati adotta per rendere più efficiente la gestione amministrativa dei documenti di vendita. In buona sostanza, il cliente pretende che i fornitori contribuiscano alle sue proprie spese di aggiornamento di 'software' (!)".


TRASFERIMENTO A MONTE DEGLI ONERI AMMINISTRATIVI

In un periodo dove il costo del lavoro è una voce di bilancio importante, alcuni distributori trasferiscono agli uffici amministrativi dei fornitori l’onere di calcolare gli ‘sconti’ e i ‘premi’ da detrarre dalle somme dovute. Nonostante i fornitori paghino i cosiddetti “servizi di centrale” (che dovrebbero appunto comprendere la gestione e il coordinamento centrale di fatture e sconti).

A quanto pare i fornitori agro-alimentari in Italia sono costretti ad accettare un'ampia varietà di ‘sconti’ che la GDO si arroga e ‘porta in compensazione’ con le somme dovute per le merci ricevute. A ciò si aggiungono i ritardi di pagamento, che costringono i fornitori a ulteriori esposizioni debitorie con le banche. Il concetto di ‘fair trade’ pare assai lontano da questa realtà.


In allegato alcuni esempi di pratiche scorrette analoghe a quella che segue.


10 febbraio 2012

Dario Dongo

Il Fatto Alimentare



25 marzo 2012

COOP CENTRO ITALIA: CAMBIAMENTI PER IL PRESTITO SOCIALE


Novità nella formula del prestito sociale dalla più piccola delle 9 grandi Coop della GDO; Coop Centro Italia




L'universo del prestito sociale delle cooperative è stato da sempre poverissimo di cambiamenti e novità. Le Coop si limitano a offrire al socio rendimenti generalmente non molto generosi, ma superiori a quelli offerti da un comune conto corrente bancario. D'altra parte i libretti Coop non godono della tutela del Fondo Interbancario dei Depositi che garantisce il correntista fino a 100.000 euro.

Le recenti bufere finanziarie che hanno colpito il Paese (e ancora non possiamo essere certi dello scampato pericolo, come dimostrano le turbolenze di questi ultimi giorni) determinando un possibile rischio default con rendimenti dei Titoli di Stato in costante ascesa, fino a raggiungere soglie preoccupanti, insieme ad una marcata aggressività dei rendimenti offerti dai conti deposito on line, stanno lentamente spingendo il pachiderma Coop a scegliere soluzioni più dinamiche nell'offerta del risparmio verso i soci prestatori.

Ma ci sono anche altri fattori che orientano in questa direzione. La crisi sta portando molti ad attingere ai risparmi, la fiducia nelle istituzioni finanziarie in genere è in calo. La Coop gode ancora di un'ottima reputazione (i soci prestatori hanno complessivamente riversato sui libretti delle 9 grandi Coop della distribuzione quasi 12 miliardi di euro - dati 2010) ma qualche scricchiolio che si avverte qua e nel mondo del risparmio Coop, non giova certamente ed evoca amare vicende non ancora definite.

Aveva stranamente cominciato una delle Coop più conservatrici ad innovare, Unicoop Firenze, introducendo il Prestito Vincolato a 18 mesi, circa un anno fa. Non solo, ma la Coop fiorentina pareva intenzionata a rilanciare sulla stessa formula, almeno prima che l'Italia fosse investita dallo tzunami finanziario. Si sono giustamente presi una pausa di riflessione.

Il titolo preso a riferimento da Unicoop per il prestito vincolato, come avevamo scritto tempo addietro, pareva essere il Buono Fruttifero Postale, che come tipologia di strumento e per la clientela a cui è indirizzato (persone anziane e poco finanziarizzate) si può individuare come il maggior concorrente al libretto Coop.

Ora è la volta della più piccola delle 9 grandi sorelle Coop, Coop Centro Italia, a lanciare questa novità, collegando i rendimenti proprio a quelli dei Buoni Fruttiferi Postali.
Le proposte per i soci prestatori sono le seguenti:
  • Prestito non vincolato (la normale giacenza dei risparmi sul libretto di sempre) cosi remunerato : «Il Tasso del Prestito da Soci sarà compreso tra il tasso lordo del Buono Postale Fruttifero ordinario -0,9% e il tasso lordo del Buono Postale Fruttifero ordinario.» Attualmente viene corrisposto 1,40% netto (precedentemente era al 1,52%);
  • Prestito vincolato con scadenze di 6 e 12 mesi, con questi rendimenti: «Il Tasso di interesse del Prestito Vincolato è determinato dal Consiglio di Gestione di Coop Centro Italia ed è ancorato al rendimento lordo dei Buoni Fruttiferi Postali Ordinari (BFP): tasso minimo coincidente con i BFP; tasso massimo BFP +0,9%.» Attualmente il prestito vincolato a 6 mesi rende il 1,6% netto, quello a 12 mesi il 2%, sempre al netto della ritenuta fiscale (20%).
Per qualsiasi opzione scelta dal socio, le somme depositate non potranno eccedere i 33.580 euro.


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ART. 18: NON ACCETTANO DI CAMBIARE IL TURNO, LICENZIATE IN 12



Causa lavoro per dipendenti due supermercati Carrefour di Pirri e Quartucciu, nel cagliaritano





Non hanno accettato la modifica dei rispettivi turni part-time nelle casse del supermercato e, per questa ragione, sono state licenziate. Undici donne ed un uomo che lavoravano negli ingrossi Carrefour e Auchan di Quartucciu e Pirri si sono rivolti al Tribunale del Lavoro chiedendo di essere reintegrate al proprio posto.

''Se al momento del licenziamento fosse stata in vigore la riforma attualmente in discussione - ha spiegato l'avv. Gianni Benevole - non sarebbe stato possibile agire in giudizio per riottenere il posto di lavoro, ma solo un indennizzo economico''.




24 marzo 2012

Ansa



24 marzo 2012

COOP NORDEST DISPOSTA A TRATTARE, MA LA DOMENICA E' LAVORO ORDINARIO

La direzione aziendale della Cooperativa di Consumo di Coop Nordest ha dichiarato la disponibilità a trattare anche sulla delicata partita della maggiorazione economica da riconoscere ai lavoratori impiegati la domenica e nelle giornate festive, ma con la previsione che tali prestazioni vengano considerate come lavoro ordinario.

Nelle scorse settimane Coop Nordest aveva comunicato di non ritenere più applicabili le norme del vigente contratto integrativo sul lavoro in deroga domenicale e festivo prevedendo per tali prestazioni la sola maggiorazione del 35% e del 135% per il lavoro effettuato nel periodo natalizio.

Su questo punto la Fisascat ha espressamente richiesto di mantenere l'attuale griglia delle maggiorazioni previste dal vigente contratto integrativo aziendale. La trattativa è aggiornata al 30 marzo prossimo.


16 marzo 2012

Fisascat-Cisl

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22 marzo 2012

IL BLOG COMPIE 5 ANNI





Il Blog Lavoratori Unicoop giunge al suo 5° anno di attività







Decidemmo di aprire uno spazio in rete proprio il 22 marzo del 2007.

Volevamo dar voce ad una vertenza di allora, che per alcune caratteristiche ci sembrava significativa. Unicoop FI aveva cambiato nel gennaio del 2005 la turnazione dei magazzini unilateralmente, senza un accordo sindacale. Così, con uno schiocco di dita. Lavoravamo su due turni (mattina, pomeriggio) e Unicoop, guidata dal direttore alla logistica, Covelli, decise di toglierci il turno di pomeriggio per passarlo all'appalto (CFT) obbligandoci al turno di mattina. In pochi giorni furono consegnati gli ordini di servizio o spediti via telegramma, nel silenzio totale e complice della struttura Filcams-Cgil alla quale ci eravamo rivolti perché ritenevamo che tutto questo fosse un abuso bello e buono.

Il diniego della Filcams («Non ci sono elementi per una vertenza sindacale») non ci scoraggiò e decidemmo di muoverci autonomamente. Non fu facile trovare un legale che prendesse l'incarico del nostro caso, non tanto perché fosse di difficile soluzione, ma gli avvocati parevano avere tutti qualche dubbio o timore ad andare contro la Coop. Arrivammo addirittura al caso di un signore che prima ci ricevette, si fece lasciare le nostre carte al fine di studiarle, per poi dirci in seguito che aveva un conflitto d'interesse essendo legale della cooperativa che aveva l'appalto e che quindi non ci poteva tutelare. Un compagno, ovviamente.

Lasciammo perdere orpelli ideologici e tramite un consigliere di Forza Italia a Palazzo Vecchio approdammo all'avvocato Paolo Fanfani che non ebbe problemi a seguire la nostra vertenza contro Unicoop. Nel frattempo avevamo messo su un'armata Brancaleone di 25 lavoratori dei magazzini Unicoop FI di Scandicci.

La cosa poi si risolse positivamente per noi. Unicoop fece marcia indietro, ricollocò sui due turni i 25 vertenti (non gli altri) e pagò le non indifferenti spese legali, comprese ovviamente quelle del Prof. Fanfani.

La vicenda ci parve degna di uno spazio documentativo, poi da lì abbiamo sempre più esteso il campo e gli interessi, fino ad occuparci delle Coop in generale, delle loro partecipazioni finanziarie, del mondo spesso opaco delle cooperative sociali, del prestito sociale, delle questioni sindacali e di tutti quegli argomenti che trovate alla vostra destra sotto la voce etichette.

E' indubbio che l'evento tragico della morte sul lavoro del nostro collega Claudio Pierini, avvenuta nel luglio scorso, è la vicenda di gran lunga più importante occorsa nei nostri luoghi di lavoro. Il nostro impegno sul Blog continuerà soprattutto per seguire gli sviluppi di quella morte.

Questo è quindi il nostro quinto compleanno, il Blog pur essendo un po' di nicchia data la specificità degli argomenti che tratta, ha avuto nel corso del tempo un discreto e sempre crescente successo di accessi (attualmente intorno a 300 al giorno) e partecipazione, nell'ambiente è sufficientemente noto da indispettire più di qualcuno (e questo ci piace) ma più che altro per informare i nostri colleghi di Unicoop e possibilmente delle altre Coop della GDO e anche di ricevere informazioni e di rispondere a domande, laddove siamo in grado di farlo. Siamo inoltre presenti su Facebook e Twitter.

Ai nostri lettori e amici che ci seguono e che partecipano, un sentito grazie con l'invito a collaborare con noi ed aiutarci in questo prezioso compito informativo.

Un caro saluto


Blog Lavoratori Unicoop




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