28 dicembre 2010

COOP ESTENSE: IL SINDACATO CEDE E RINVIA LO SCIOPERO SINE DIE

Il minacciato sciopero dei lavoratori di Coop Estense sotto le feste rientra, senza che se ne capisca il motivo.

L'azienda non offre contropartita apprezzabile. I sindacati si accontentano di blande rassicurazioni. Sulla questione pagelle, motivo principale dell'abortito sciopero, Coop Estense non molla un centimetro.

Lavoratori Coop verso la sconfitta?



ESITO DELL'INCONTRO DEL 28 DICEMBRE DEI DELEGATI SINDACALI DI MODENA E FERRARA


Cari colleghi, oggi 28 dicembre 2010 si sono riunite congiuntamente le RSU Filcams CGIL di Modena e Ferrara, per esaminare le novità emerse nell’incontro tenutosi a Roma lo scorso 24 dicembre tra Coop Estense e le Segreterie nazionali FILCAMS, FISASCAT e UILTUC, e sulla base di queste, decidere in merito alle azioni più opportune da mettere in campo.

I nuovi scenari emersi hanno costretto la delegazione delle RSU ad un confronto che potesse giungere a decisioni sulla base di un comune senso di responsabilità che tenesse conto sia dei motivi che hanno portato allo stato di agitazione dei lavoratori, sia dei percorsi intrapresi tanto dall’azienda, quanto dallo stesso sindacato a seguito della rottura del tavolo delle trattative , sia delle esigenze espresse dai lavoratori consultati nelle assemblee nei giorni scorsi.

La novità emersa dall’incontro del 24 dicembre riguarda la proposta fatta da Coop Estense di mantenere inalterata l’attuale validità del contratto integrativo aziendale fino all’aprile del 2012. Inalterata validità che di fatto annullerebbe richieste che hanno determinato lo stato di agitazione tra i lavoratori (tema delle maggiorazioni festive, conguaglio ecc..).

Allo stesso tempo la cooperativa ha espresso la disponibilità immediata ad avviare un importante numero di stabilizzazioni di contratti a termine e di aumento di ore per il personale part time.

E’ evidente che le ulteriori proposte aziendali decurtate di quegli elementi onerosi per il lavoratore, hanno trovato un rinnovato interesse da parte della delegazione sindacale.

Allo stesso tempo, però, permangono forti resistenze nei confronti di altri due temi posti da Coop il 24 dicembre:

- l’inapplicazione del contratto di secondo livello ai futuri nuovi assunti fino al 2012 che rischierebbe di sancire un doppio regime strutturale tra vecchi e nuovi assunti (e che nel tempo potrebbe mettere in discussione anche la condizione degli attuali occupati).

- L’introduzione di parte dei principi ispiratori del sistema delle cosiddette “pagelline” (sebbene in merito a tale argomento Coop Estense fa intravedere la disponibilità a nuovi argomenti di confronto con il sindacato).

Tutte le tematiche affrontate nella discussione del 24 saranno riprese in un incontro che si terrà con l’azienda il 10 gennaio a Roma e che darebbe inizio ad una nuova fase fatta di accordi necessari per la concretizzazione delle stabilizzazioni dei contratti a termine e per l’aumento delle ore dei part time (accordo ponte).

Ma, ribadiamo, nessuna modifica strutturale troverà attuazione nel vigente contratto integrativo.

A seguito, sia di nuovi contenuti emersi nell’incontro del 24 , sia di un diverso approccio dialettico che ha superato lo stile dell’out out imposto dalla cooperativa nei precedenti incontri, le RSU decidono per la sospensione dell’iniziativa di sciopero indetta a livello nazionale.

Attenzione: sospensione, e non revoca in attesa che l’incontro per il 10 gennaio produca i suoi auspicabili frutti. Se la situazione è cambiata e migliorata ciò è avvenuto in primo luogo grazie alla straordinaria mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori, che, in massa, hanno partecipato alle assemblee sindacali tanto a Modena quanto a Ferrara e che hanno dimostrato anche durante gli incontri che la cooperativa ha predisposto con loro, una sorta di insofferenza all’ adesione incondizionata alle scelte della cooperativa. Sono esemplari, in tal senso, le contestazioni emerse dai lavoratori in merito al tema delle “pagelline”, durante le riunioni che la cooperativa ha, in questo periodo, predisposto con i lavoratori stessi! Se la cooperativa nutriva ancora qualche dubbio in merito al sistema delle “pagelline”, oggi, quel dubbio non esiste più. Così come non vi sono dubbi che le affollatissime assemblee sindacali hanno registrato una piena condivisione dei lavoratori al nostro dissenso rispetto alla proposta “ultimativa” comunicata dall’azienda il 23 novembre.

Confidiamo, a partire da oggi, che si apra una nuova fase, all’interno della quale si possa iniziare a ragionare insieme su come ricostruire i gruppi di lavoro, su come migliorare il clima aziendale, su come ricostruire la partecipazione dei lavoratori alle sorti dell’azienda.

Confidiamo, ancora, si possa ragionare insieme su come ridurre la precarietà, su come migliorare la qualità del lavoro e su come migliorare le condizioni economiche di tutti i lavoratori.

Se, quanto auspichiamo, non avverrà, a partire dal 10 gennaio, la responsabilità ricadrà tutta sulle spalle del gruppo dirigente di Coop Estense.


28 gennaio

Iolavoroin Coop Estense Modena

PRESIDIO DAVANTI A COOP ESTENSE


Scende in campo anche un sindacato autonomo contro le famigerate pagelle

L'immagine di Coop Estense sempre più compromessa da un'operazione accostata allo stile Marchionne

Intanto si attende la decisione dei sindacati trattanti sull'eventuale sciopero annunciato prima di Natale



"La Coop come Marchionne".
Questa la scritta sullo striscione che un gruppetto di 7 persone dell'Asi-Ait, ha esposto alle porte della Coop Estense di Viale Virgilio ieri mattina, alla vigilia dell'atteso incontro con la dirigenza aziendale per il rinnovo del contratto integrativo.

L'Asi Ait è un "sindacato" non riconosciuto in trattativa, ma chi vi aderisce non vuole rinunciare a dire la propria. Ad essere incriminate sono le cosiddette "pagelline", «una scheda di valutazione - dice Gianluca Silvagni che lavora alla Coop di Nonantola presente alla protesta con il segretario provinciale Franco Bertoli - individuale, a discrezione del capo negozio. Un'operazione con cui la Coop consegue un elevato risparmio economico, logica che tradisce i valori fondanti della cooperazione».

Diversa l'opinione della cooperativa di consumo, secondo la quale «legare questa prassi ad un salario variabile non fa che dare valore all'impegno, al lavoro, alla responsabilità e alla dedizione delle singole persone. Stiamo parlando di una proposta che porterebbe un beneficio economico, in varia misura, a quasi 5mila lavoratori»

24 dicembre 2010

(f.b.)

La Gazzetta di Modena

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27 dicembre 2010

PIU' STRAORDINARI, PAUSE CORTE E MENO GIORNI PAGATI DI MALATTIA

Il contratto di Mirafiori, destinato per unanime ammissione di tutti i protagonisti a modificare radicalmente il sistema di relazioni industriali in Italia, sarà sottoposto a referendum a gennaio, probabilmente tra il 18 e il 20 del mese.

L'operaio che sciopererà contro il contratto, da lui stesso sottoscritto, sarà licenziato. Possibili turni di 10 ore più una di straordinario. I critici: "Rischi per la salute"

TORINO - Trentasei pagine più allegati. Il contratto di Mirafiori, destinato per unanime ammissione di tutti i protagonisti a modificare radicalmente il sistema di relazioni industriali in Italia, sarà sottoposto a referendum a gennaio, probabilmente tra il 18 e il 20 del mese. "Pomigliano è stato un sasso che ha cominciato a rotolare lungo un pendio pieno di neve. Mirafiori lo dimostra", dice il leader del Fismic, Roberto di Maulo, capofila dei sindacati favorevoli all'intesa. "Di Maulo ha ragione - risponde Giorgio Airaudo della Fiom - e per questo vogliamo provare a fermare la valanga. Il rischio è un modello aziendalista in cui i sindacati vengono usati come fornitori del consenso alle tesi dell'impresa".

Ecco i punti principali dell'accordo della discordia.

Orario di lavoro

Nella nuova società in joint-venture tra Fiat e Chrysler (che nascerà nel 2012) saranno possibili 4 tipi di orario a seconda delle esigenze produttive. Oltre all'attuale con due turni di 8 ore al giorno per cinque giorni alla settimana (5 per 2), è previsto uno schema con l'introduzione del turno di notte su cinque giorni lavorativi (5 per 3) e un altro schema con il turno di notte su sei giorni compreso il sabato (6 per 3). Al momento del passaggio da un sistema all'altro, "l'azienda avvierà un esame con i sindacati". La procedura dovrà durare "al massimo 15 giorni", dopodiché l'azienda applicherà l'orario da lei prescelto. Al momento del passaggio dal sistema "5 per 3" al sistema "6 per 3", "le parti valuteranno anche l'eventuale sperimentazione, per un periodo non inferiore ai 12 mesi" di uno schema che prevede turni di 10 ore (due al giorno) per sei giorni alla settimana. I lavoratori che lavoreranno dieci ore per quattro giorni potranno riposare i successivi tre. L'azienda avrà mano libera sugli straordinari: potrà ordinare ai lavoratori fino a 120 ore all'anno (oggi sono 40) e contrattare con i sindacati altre 80 ore per ogni lavoratore.

I sindacati favorevoli sottolineano che "il ricorso massiccio ai turni di notte e agli straordinari produrrà un incremento in busta paga fino a 3.700 euro lordi all'anno". I contrari osservano che "far lavorare per 10 ore consecutive una persona in linea e poi chiedere anche l'undicesima ora di straordinario mette a rischio la salute".

Pause e mensa
Le tre pause di ciascun turno di lavoro saranno di 10 minuti ciascuna per un totale di 30 minuti. Oggi la loro durata complessiva è di 40 minuti. I dieci minuti lavorati in più verranno monetizzati: 45 euro lordi al mese. La pausa mensa (mezz'ora) non sarà a fine turno, ma la questione verrà nuovamente discussa quando nascerà la joint-venture con Chrysler. Nel caso di turni di 10 ore, le pause rimarranno invece di 40 minuti complessivi. Il nuovo sistema di pause entrerà in vigore dal 4 aprile 2011. Per i sindacati favorevoli "con i nuovi metodi di lavoro la fatica è minore e dunque il taglio di dieci minuti di pausa non è così grave". Per i contrari "anche la riduzione delle pause può diventare un rischio per la salute, così come dimostrano le più recenti indagini mediche".

Malattia e assenteismo
L'accordo collega assenteismo e malattia. Quando il tasso di assenteismo è giudicato eccessivo (il 6% a luglio 2011, il 4% a gennaio 2012, il 3,5% dal 2013) non si paga il primo giorno di malattia a chi si sia ammalato subito prima di un giorno di riposo o di ferie, negli ultimi 12 mesi. Sono escluse patologie gravi. "Un sistema per colpire i furbi", dicono i sindacati favorevoli. "Se un lavoratore è ammalato lo stabilisce il medico, non il caposquadra", ribattono i contrari.

Contratto e scioperi
"Il nuovo contratto non aderisce al sistema confindustriale" e dunque non prevede l'elezione dei delegati di fabbrica. Solo i sindacati firmatari possono nominare dei rappresentanti aziendali. I sindacati che sciopereranno contro l'accordo potranno essere puniti con l'annullamento dei permessi. L'azienda inoltre rinuncerà a trattenere le quote di iscrizione dalle buste paga (scaricando sul sindacato l'onere di raccogliere i soldi). I lavoratori che sciopereranno contro l'intesa potranno essere licenziati. Ognuno di loro avrà personalmente firmato il nuovo contratto al momento della nascita della joint-venture.

27 dicembre 2010

Paolo Griseri

La Repubblica.it



Il contratto di Mirafiori



26 dicembre 2010

ADDIO ALLE RSU, SOLO CHI FIRMA E' RAPPRESENTATO

Nelle regole della futura newco di Mirafiori si fa riferimento alla legge 300, lo Statuto dei lavoratori.

Sarà l'articolo 19 che stabilirà nella futura joint-venture come sarà definita la rappresentanza sindacale: si prevede la costituzione delle Rsa, rappresentanze sindacali aziendali, composte dai sindacati che firmano gli accordi.

Chi non firma, quindi, è fuori e non può esercitare i diritti sindacali (dai permessi alla facoltà di indire assemblee)


L'avevano messa sul tavolo già dall'inizio della trattativa: la richiesta di nuove regole sulla rappresentanza sindacale in azienda. Un tassello fondamentale per arrivare a quella «governabilità» degli stabilimenti che l'ad di Fiat, Sergio Marchionne, ha sempre messo come condizione per far partire gli investimenti.

Ed il cambiamento ora è arrivato, con il consenso dei sindacati che hanno firmato: Fim, Uil, Fismic e Ugl. Nelle regole della futura newco di Mirafiori si fa riferimento alla legge 300, lo Statuto dei lavoratori. Sarà l'articolo 19 che stabilirà nella futura joint-venture come sarà definita la rappresentanza sindacale: si prevede la costituzione delle Rsa, rappresentanze sindacali aziendali, composte dai sindacati che firmano gli accordi. Chi non firma, quindi, è fuori e non può esercitare i diritti sindacali (dai permessi alla facoltà di indire assemblee).

Un passaggio su cui l'azienda di Torino ha insistito e che è stato uno dei passaggi chiave della trattativa. La necessità dell'ad del Lingotto è di evitare che le organizzazioni contrarie alle intese firmate, in questo caso la Fiom, potessero creare ostacoli all'organizzazione aziendale, penalizzando la produzione (le Rsa saranno paritetiche e dovrebbero raccolgiere 15 rappresentanti a tste tre i quattri firmatari).

La newco di Mirafiori, non applicando il contratto nazionale dei metalmeccanici e non aderendo a Confindustria, si svincola dall'applicazione delle regole dell'accordo tra governo, Confindustria e sindacati del 23 luglio 1993 (e perfezionato nell'accordo interconfederale sulla rappresentanza del 20 dicembre 1993) che prevede le Rsu, rappresentanze sindacali unitarie, aperte a firmatari e no. E questo varrà anche per lo stabilimento di Pomigliano, in quanto la newco non è iscritta a Confindustria e non applica il contratto nazionale. «È una conseguenza naturale della non applicazione dell'accordo del 1993: l'unica regola applicabile diventa l'articolo 19 della legge 300, così come è stato modificato dopo il referendum del 1995», spiega Pietro Ichino, senatore Pd e giuslavorista.

La Rsu è formata da associazioni sindacali che hanno firmato il contratto o che comunque presentino liste corredate da un numero di firme pari al 5% degli aventi diritto (per un terzo è riservata in proporzione ai voti ottenuti a membri eletti o designati dai sindacati che hanno stipulato il contratto nazionale e presentato liste).

I metalmeccanici, in particolare, avevano il patto di solidarietà, siglato tra Fiom, Fim e Uil: veniva garantita una rappresentanza anche a chi non avesse raccolto voti. Ma la Fiom lo ha disdettato nel 2009.

«Le Rsu si basavano su una sostanziale unità d'azione tra le organizzazioni sindacali. Venuta meno questa, si stanno diffondendo di nuovo le rsa, una realtà che è ancora a pelle di leopardo, più diffusa nei servizi e meno nelle industrie», spiega ancora Ichino.

Sempre per garantire la governabilità, nell'accordo di ieri è prevista la clausola di responsabilità: l'impegno delle organizzazioni firmatarie di non proclamare lo sciopero, senza intaccare, viene specificato, il diritto del singolo lavoratore, tutelato dalla Costituzione.

Il tema della rappresentanza sarà sul tavolo del confronto tra Federmeccanica e sindacati sulle regole specifiche per il comparto dell'auto che si è appena avviato (prossimop incontro, il 24 gennaio). Si vedrà se sarà più funzionale la strada delle deroghe o se magari si arriverà a quel contratto dell'auto su cui insiste la Fiat. Sul no dei sindacati già si vede qualche apertura. Sarà una partita dei prossimi mesi.

Potrebbe anche ripartire l'iter di alcuni disegni di legge come quello Ichino: «La mia proposta prevede che i diritti sindacali in azienda vengano ripartiti in proporzione ai consensi nelle elezioni, con l'aggiunta che la coalizione sindacale maggioritaria contratta con efficacia per tutti i dipendenti e la stessa efficacia è attribuita alla clausola di tregua, in modo che le minoranze non possano esercitare un veto. In questo modo verrebbe meno ogni ostacolo all'iscrizione a Confindustria».

24 dicembre 2010

Nicoletta Picchio

Il Sole 24 Ore


24 dicembre 2010

LA COOP TRA ETICA E NEWCO


La crisi che morde non lascia immuni le Coop della grande distribuzione

I segnali sono riscontrabili nelle difficili trattative per il rinnovo degli integrativi aziendali e nella diminuzione dei rendimenti sui libretti del prestito sociale



Che per le Coop della grande distribuzione sia un momento difficile non vi sono molti dubbi. Del resto la crisi che il Paese sta vivendo con una congiuntura economica delicata come poche volte in passato, non poteva lasciare immuni i colossi delle cooperative.

Come stanno reagendo le grandi Coop?
Da un lato si cerca di rilanciare l'immagine caratteristica, quella dei valori, dell'eticità, della solidarietà, ecc. In effetti ce n'era bisogno dopo che episodi piccoli e grandi avevano alquanto inzaccherato l'effigie.

Non è stata certo una gran bella pubblicità per Coop la vicenda delle intercettazioni verificatesi in Coop Lombardia, che l'inchiesta giornalistica denominata "grande fratello" ha portato alla luce.

Così come non ha fatto certo una bella figura Unicoop Firenze nel suo accanimento contro alcuni dipendenti dei magazzini "colpevoli" di aver utilizzato (come da usanza consolidata e nota alle gerarchie aziendali) alcuni oggetti privi di valore perché danneggiati durante la normale movimentazione e quindi esclusi dalla vendita e quasi certamente destinati al cassonetto dell'immondizia. La vicenda è passata agli annali come "I ladri di merende", cominciata con un licenziamento di 7 colleghi e conclusasi con la loro riassunzione decisa dal tribunale. In questo caso addirittura Unicoop bevve l'amaro calice dell'umiliazione, esponendosi ad una figuraccia televisiva senza precedenti.

Ma la più truce e rivoltante è stata quella che ha visto protagonista Coop Centro Italia del presidente Giorgio Raggi, con la vicenda della zona in località Sant'Antonio su cui doveva nascere l'Ipercoop, poi destinata dal comune de L'Aquila alla Protezione Civile in seguito al sisma dell'aprile 2009 e il successivo ricatto occupazionale della Coop di chiudere i tre supermercati presenti nella zona mettendo in mobilità 90 dipendenti, se non fosse stata concessa l'area per l'Ipercoop.

Insomma bisognava reagire. E allora ecco che, oltre ad iniziative minori, parte una campagna di sensibilizzazione sull'acqua con tanto di Littizzetto come testimonial. In buona sostanza la Coop dice che l'acqua del rubinetto è buona da bere. Peccato che la tempistica sia decisamente sfortunata. Pochi giorni dopo infatti, neanche a farlo apposta, arriva un'ordinanza dell'Unione Europea che nega al ministro della salute la deroga ai limiti di potabilità dell'acqua pubblica e ne vieta l'uso alimentare in 128 comuni per la presenza di sostanze come l'arsenico che considera dannoso per la salute se superiori ai 10 microgrammi di per litro, come nei casi presi in esame.

Ma allora questa è sfiga. Però c'era una cosa che mica tornava tanto. Chi è Coop per dichiarare senza dubbi che l'acqua del rubinetto è buona? E' forse un ente nazionale preposto alle analisi delle acque? Compie continue e costanti verifiche a tappeto sugli acquedotti e le tubature d'Italia? E inoltre, visto che nella campagna si parla esplicitamente di "acqua del rubinetto", come può Coop garantire anche per il tratto condominiale che porta l'acqua in casa?
Era un mezzo pastrocchio, ma hanno avuto sfortuna ad incappare in quegli anticomunisti della UE.

Poi c'è stata l'uscita del libro-intervista al presidente di Unicoop Firenze, Turiddo Campaini. Anche qui l'operazione, oltre che celebrare i 70 anni del Grande Capo, avrebbe nelle intenzioni lo stesso scopo: rilanciare il mondo valoriale della Coop. Il titolo promette bene "Un'altra vita è possibile", il sottotitolo meglio ancora: "Quando i valori dell'uomo condizionano le leggi del profitto". La copertina mostra una vecchia casa del popolo disegnata con dei commoventi e nostalgici colori pastello, niente rosso acceso che potrebbe far pensare chissà che. Pare proprio un'idea buona.

Macché. Sembrano le avventure di willy il coyote. Nonostante il massimo riserbo di Unicoop Firenze e sindacati, una voce dal sen fuggita informa i giornali che c'è una trattativa in corso per formare una newco che ingloberebbe inizialmente 17 negozi dei minimercati.
Grande disappunto (per usare un eufemismo) di azienda e sindacati che ci lavoravan sopra zitti zitti e che individuano ingiustificatamente questo blog quale responsabile di tutte le loro sciagure. Intanto il titolo del libro di Campaini diventa una barzelletta.

C'è da aggiungere che Campaini prova da qualche tempo a rimbellettare i valori della Cooperativa ed a ingraziarsi anche il consenso dei dipendenti con posizioni apparentemente audaci, come la sua crociata contro i negozi aperti la domenica e per le festività. Però, leggendo quello che dice, la morale del presidente non convince.
Allora, citando il noto testo di Lenin, domandiamo: "Che fare?"

Le Coop intanto fanno come tutte le aziende e come lo stato quando sono in difficoltà. Tagliano.
Le cooperative della grande distribuzione hanno due leve principali su cui agire per reagire alle difficoltà, e le hanno già messe in moto.

La prima è quella di ridurre i costi del personale.
Un segnale inequivocabile lo stanno dando le trattative di alcuni integrativi, come il tentativo di Coop Estense di introdurre un meccanismo individuale sul salario variabile (le cosiddette pagelle) che consentirebbe alla Coop emiliana un buon risparmio sui dipendenti.
Anche il progetto di Unicoop Firenze sulla Newco è riconducibile ad un abbattimento dei costi del personale.

La seconda leva su cui agire è quella delle remunerazioni ai soci prestatori.
In questo senso molte delle 9 grandi Coop si sono già portate avanti col lavoro, decurtando ulteriormente gli interessi corrisposti ai detentori dei libretti Coop. Di Unicoop Firenze abbiamo già scritto, quando due mesi fa, in assenza di movimenti generali sui tassi, la cooperativa ritenne di ridurli al 1,12% netto dal precedente 1,40%. Un segnale che spiega tutta la difficoltà del momento, se Unicoop è costretta ad un rendimento inferiore a quello del Bot ad un anno che ha un rendimento netto dell'1,5% circa e che costituisce per la Coop un vero e proprio riferimento con cui confrontarsi.
Non parliamo poi di altri esempi, come Coop Estense, che fino a 15.000 euro corrisponde un interesse miserrimo (0,40% netto).
Vedi i rendimenti sui libretti delle 9 Coop.

Nel frattempo le pulsioni di fusione tra le Coop, di cui il distretto nord-ovest pareva essere l'anticipatore, stanno rientrando. E' probabile che i bilanci in arrivo con la fine dell'anno non siano proprio di quelli da incorniciare e tutte le 9 grandi sorelle stanno guardandosi con qualche legittimo sospetto.


24 dicembre 2010


22 dicembre 2010

ORTOMERCATO DI MILANO, BLITZ DELLA POLIZIA. E' GUERRA FRA CAPORALI ED ISPETTORI



Trovati cinque lavoratori irregolari.
Violenze e intimidazioni a chi si oppone ai pagamenti in nero

Spunta il tentato omicidio nei confronti di un dipendente Sogemi che ha denunciato lo sfruttamento







Clandestini che caricano e scaricano casse di frutta in cambio di un pasto caldo. Caporali che ogni notte scelgono i muscoli da dare in appalto alle cooperative. E ora, dopo minacce e intimidazioni, anche un tentato omicidio contro chi si batte per riportare un minimo di legalità all’Ortomercato di via Lombroso. Gli uomini del commissariato Mecenate, guidati dal vicequestore Francesca Fusto, con i funzionari della società che gestisce il mercato, la Sogemi, hanno varcato prima dell’alba i cancelli e, tra i bancali di frutta e verdura, hanno subito trovato quattro nordafricani senza permesso di soggiorno che lavoravano come facchini alle dipendenze delle cooperative, mentre un quinto con permesso di soggiorno lavorava senza contratto per i grossisti.

Il blitz punta ora a individuare i registi del caporalato all’interno del più grande mercato ortofrutticolo d’Italia, dove appena una settimana fa un dipendente della Sogemi, da sempre impegnato sul fronte della lotta al caporalato, ha subito una grave intimidazione, ora finita in una denuncia proprio al commissariato Mecenate: il figlio di un caporale da lui più volte segnalato alla direzione della Sogemi ha tentato di travolgerlo con una macchina. Erano le passate le due di notte quando, all’ingresso di via Varsavia, il funzionario Sogemi stava controllando i badge di accesso dei lavoratori, e ha visto un’auto avvicinarsi. Di fronte all’intimazione dell’alt, la vettura — carica di uomini — invece di rallentare ha accelerato all’improvviso. «Per un attimo non sono stato investito — scrive nella denuncia l’ispettore — fortunatamente mi sono spostato in tempo evitando l’impatto».

Insieme con una guardia giurata memorizzano il numero di targa, rintracciano il veicolo al parcheggio 47 e scoprono che alla guida c’era il proprietario, C. D., figlio dell’uomo contro cui il funzionario ha sporto una querela in procura per minacce di morte. Proprio ventiquattro ore prima del tentativo d’investimento, c’era stata la prima udienza in tribunale per le minacce e altre gravi intimidazioni, come l’incendio della porta della propria abitazione, che l’uomo ricollega alle minacce precedenti. «Chiedo un intervento delle forze dell’ordine — scrive nella sua denuncia — . Ho paura per la mia sicurezza, dopo i numerosi episodi di cui sono stato vittima. Anche stamattina ho incontrato il padre di C. D. che dalla sua auto mi faceva cenno con la mano per farmi capire che voleva picchiarmi».

Ora quest’ultima denuncia — e quelle sugli irregolari trovati dai poliziotti del commissariato Mecenate — si aggiunge a quelle sulle precedenti intimidazioni e confluirà nel fascicolo sulle irregolarità dell’Ortomercato. «Sono l’ennesima conferma di uno stato di vera putrefazione nel mercato che il sindaco Moratti non vuole affrontare — accusa Antonio Lareno, segretario della Camera del lavoro — È evidente che c’è una situazione fuori controllo, con l’amministrazione che fa finta di non vedere e diventa così complice delle pesanti irregolarità più volte accertate e della presenza di vera criminalità economica. Da mesi aspettiamo che il Comune pubblichi il bando per fare pulizia nel settore della movimentazione delle merci». Il presidente di Sogemi, Luigi Predeval, assicura che «l’ente sta preparando il nuovo bando per l’appalto che permetterà il controllo delle attività e il rispetto delle nuove regole». Un’iniziativa già annunciata dal suo predecessore, Roberto Predolin. Era la fine del 2008.

20 dicembre 2010

Sandro De Riccardis

La Repubblica.it



20 dicembre 2010

PAURA COOP: "I NOSTRI POSTI SONO A RISCHIO"

La comunicazione ufficiale del progetto NewCo che inizia col negozio di via Burzagli a Montevarchi sarebbe stato annunciato già dal 9 dicembre scorso in un incontro tra i vertici della direzione e i soci della sezione montevarchina.



LO SPETTRO della privatizzazione si allunga sul punto vendita della Coop di Montevarchi e tra i lavoratori sale la preoccupazione. La notizia, per ora ufficiosa, del progetto di Unicoop Firenze di aprire una società privata in cui far confluire 17 negozi, sarebbe stato annunciato il 9 dicembre in un incontro tra i vertici della direzione e i soci della sezione montevarchina.

Montevarchi addirittura potrebbe essere proprio la realtà capofila dell'operazione, che punta alla creazione di un nuovo format di vendita, basato sulla razionalizzazione degli spazi e della forza lavoro. La comunicazione, prima ancora di diventare ufficiale, ha fatto insorgere i 14 addetti in via Buzagli che temono pesanti ripercussioni salariali e occupazionali.

"Il problema è che sarà adottato un modello contrattuale diverso a quello di oggi. Ma quel che è peggio è che temiamo di andare incontro a una forte riduzione dell'organico, che potrebbe addirittura essere dimezzato, spiega Delia Scala, delegata Cgil del punto vendita. Nella sua voce il timore di perdere il posto di lavoro e i diritti acquisiti. Ma non solo.

"Una scelta politica inaccettabile. Unicoop Firenze, con questa operazione, finisce per privilegiare la logica del profitto, ignorando i principi della solidarietà e della cooperazione a cui si è sempre ispirata. Noi confidiamo in un chiarimento. Per questo abbiamo chiesto un incontro con la società. Vogliamo conoscere i dettagli del progetto. Chiaramente, se non avremo le rassicurazioni necessarie, ci attiveremo e adotteremo tutte le forme di mobilitazione necessarie. D'altronde la società aveva già incassato la bocciatura di Filcams Toscanasull'ipotesi di privatizzare di una serie di punti vendita".

L'ultimatum? A fine mese, subito dopo le feste. Dopo scatterà la protesta.

16 dicembre 2010

P. S.


La Nazione

19 dicembre 2010

QUANDO CGIL ERA PREOCCUPATA PER LA "COOPPINA" DI MONTEVARCHI

La Filcams di Arezzo esprimeva preoccupazione per lo storico negozio di Montevarchi già un anno fa

La Filcams nazionale continua a inquietare col suo silenzio sul progetto di Unicoop Firenze di una newCo
in stile Marchionne

Ora che la
cooppina di Montevarchi sarebbe stata indicata da Unicoop Firenze come apripista dell'operazione newCo (i soci Coop di Montevarchi sarebbero già stati informati in una specifica assemblea da un autorevole esponente di Unicoop pochi giorni or sono) operazione che riguarderebbe inizialmente 17 negozi, ricordiamo che le preoccupazioni sul futuro dello storico negozio Coop di via Burzagli vengono da lontano.

Già oltre un anno fa, il segretario della Cgil-Filcams di Arezzo, Loretto Ricci, affermava in una conferenza stampa: "Abbiamo quindi la preoccupazione che l'Unicoop Firenze non abbia tra le sue priorità la coop di via Burzagli.
Ne temiamo un ridimensionamento o, peggio ancora, un progressivo abbandono. La nostra contrarietà, da questo punto, di vista è netta".

Vista la (non) reazione della Filcams nelle sue varie declinazioni, da quella nazionale a discendere la gerarchia, non si capisce se Filcams Arezzo, la più autorizzata a gestire la vicenda se non altro per
competenza territoriale, abbia adeguata voce in capitolo. Insomma, la Filcams nazionale tiene in dovuta considerazione la posizione dei loro rappresentanti aretini?

Ci attendiamo che Filcams, attraverso i loro esponenti più autorevoli, prenda posizione chiara su tutta la vicenda newco di Unicoop. Per adesso il silenzio dei delegati presenti "alla ristretta" con Unicoop sull'argomento è inquietante e fa immaginare i peggiori scenari.

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Cgil: "preoccupazioni per la coop di Montevarchi"


La chiamano la "cooppina" per distinguerla dall'Ipercoop che ha sede nella stessa città, Montevarchi. Il punto vendita dell'Unicoop Firenze in via Burzagli è sotto la lente d'ingrandimento della Cgil e della Rsu aziendale.

Stamani conferenza stampa di Loretto Ricci, segretario Filcams Cgil; Franco Ligori, responsabile della zona Valdarno per la Cgil e Delia Scala della Rsu."Abbiamo forti preoccupazioni sul futuro di questo negozio - affermano i sindacalisti. Assistiamo a continui spostamenti del personale da un punto vendita all'altro del gruppo. E' una mobilità costante che interessa molti dei 15 addetti e che non trova giustificazione. Tanto meno se consideriamo che l'azienda non attua alcuna consultazione preventiva con la Rsu e il sindacato".

Personale qualificato e di lunga esperienza viene trasferito e sostituto da personale ancora da formare. "Abbiamo quindi la preoccupazione che l'Unicoop Firenze non abbia tra le sue priorità la coop di via Burzagli. Ne temiamo un ridimensionamento o, peggio ancora, un progressivo abbandono. La nostra contrarietà, da questo punto, di vista è netta. Non solo in relazione ai conseguenti problemi occupazionali e di mobilità ma anche in rapporto alla domanda dei cittadini, in modo particolare di quelli anziani, di Montevarchi. Questo negozio è in centro e, nonostante le sue dimensioni, possiamo dire che assolve al compito di un negozio di vicinato".

Da qui gli incontri del sindacato con l'amministrazione comunale e la sezioni sezi coop. "Auspichiamo chiarezza da parte di Unicoop - concludono Ricci, Ligori e Scala. Chiarezza sul futuro del punto vendita di via Burzagli e sull'occupazione".


27 ottobre 2009

Cgil Arezzo


18 dicembre 2010

PROCLAMAZIONE SCIOPERO IN COOP ESTENSE



Contratti integrativi difficili


I lavoratori di Coop Estense verso lo sciopero



È passato circa un mese dalla interruzione della trattativa e Coop Estense ha sprecato molte energie nello spiegare ai lavoratori che il sindacato non ha mai fatto proposte durante i circa due anni di negoziato ed ha rifiutato l’aumento d’orario per 600 lavoratori e la stabilizzazione per ulteriori 300 addetti.

I lavoratori sanno che non è così, e sanno che questi due anni sono trascorsi perché il tavolo è stato interrotto dal lungo periodo dedicato alla trattativa per l’acquisizione dei Carrefour in Puglia, e perché il sindacato si è trovato costantemente di fronte a richieste aziendali tali da rendere il confronto un vero e proprio calvario.
 
Nell’ultimo incontro la rottura della trattativa è stata provocata dall’insistenza dell’azienda nel proporre la trasformazione del salario collettivo in salario totalmente individuale calcolato attraverso la scheda di valutazione. Su questo tema, come su altri, il sindacato, per proseguire la trattativa, ha formulato una proposta alternativa, che accoglie parzialmente l’istanza aziendale senza distruggere il salario collettivo, Coop Estense non l’ha neanche presa in considerazione.
 
Nel precedente comunicato unitario il sindacato si è reso disponibile a riprendere il confronto se impostato su pari dignità e quindi ripartendo dalla proposta presentata sul salario nonché dagli altri temi compresi quelli contenuti nella piattaforma rivendicativa.
 
Non avendo ricevuto alcuna disponibilità in tal senso da parte dell’azienda, la Filcams CGIL, cogliendo il grande malcontento dei lavoratori, ritiene inevitabile proclamare fin da subito una giornata di sciopero da effettuarsi entro la fine del mese di Dicembre.



 
Roma, 17 dicembre 2010
 
p. La Filcams CGIL Nazionale
 
L. Carlini – V. Sgargi – A. Di Labio


 

16 dicembre 2010

MERCATONE UNO E COOP, NUOVE ACCUSE AI FINANZIERI


L'ordinanza: irregolarità anche nei controlli fiscali ai supermercati



Non solo Rimini Yacht. Nelle carte in mano alla Procura ci sono altre tre importanti verifiche fiscali effettuate dagli ufficiali della Finanza Massimiliano Parpiglia ed Enzo Di Giovanni che destano molti sospetti. Si tratta degli accertamenti nei confronti della Falber di Saverio Moschillo (grosso imprenditore della moda e creatore del marchio John Richmond), del Mercatone Uno e del colosso Coop Italia. «Vi è l’esigenza inderogabile di approfondire altri fatti di uso distorto delle rispettive funzioni pubbliche svolte in relazione ad altre verifiche», scrive a questo proposito il gip Pasquale Gianniti nell’ordinanza di custodia cautelare notificata due giorni fa a Di Giovanni e Parpiglia, ai marescialli Felice Curcio e Luigi Giannetti, al ragioniere bolognese Alberto Carati e al commercialista ferrarese Giorgio Baruffa. Tutti accusati di corruzione, tutti ai domiciliari.

La verifica diretta da Parpiglia alla Falber di Moschillo risale al 2006. In seguito i due sono diventati amici, tant’è che nell’ottobre 2007 l’imprenditore regala al colonnello un Rolex Oyster da 17mila euro. Sentito dagli investigatori, Moschillo ha detto che l’orologio era il dono per la nascita del figlio dell’ufficiale, a cui era riconoscente per i consigli che gli aveva dato sull’amministrazione della sua società. Dagli appunti trovati nell’agenda di Parpiglia risulta però che questi abbia svolto un «ruolo attivo» anche in un contenzioso fiscale della Falber successivo alla verifica, cioè fra il 2007 e il 2008. Fatti che meritano qualche approfondimento.

Le altre due verifiche di cui parla il gip (entrambe dell’estate 2010) hanno in comune un nome: quello di Paolo Ferrari, imprenditore amico di Parpiglia e Di Giovanni con interessi economici sia verso il Mercatone Uno che Coop Italia. Dall’analisi di email e telefonate è emerso come l’imprenditore mirasse ad aprire punti vendita nei centri Mercatone e negli ipermercati Coop. Nel caso della verifica alla Coop Italia è emerso come Parpiglia spingesse attraverso la sua rete di amicizie per creare entrature a Ferrari, col quale sarebbe a sua volta in affari.

Per il gip, il colonello si è mosso nella doppia veste di pubblico ufficiale e uomo d’affari, confondendo a tal punto le acque che, in una telefonata intercettata del 30 giugno 2010, il responsabile finanziario di Coop Italia lo chiama credendo che sia il referente di due società di Ferrari. Parpiglia «tra imbarazzo e mezze risate lo corregge, asserendo che lui è il colonnello della Finanza, amico del presidente della Coop Estense, e dicendo che comunque si sarebbero visti la settimana dopo per la verifica e per un caffè», recita l’ordinanza. Parpiglia, insomma, «era così addentrato nell’ambiente delle cooperative che Baruffa lo definisce "uomo Coop"», prosegue Gianniti. In un’intercettazione del 10 giugno 2010 il colonnello viene a sapere da un sottoposto addetto alla verifica alla Coop di presunte irregolaritò per 400mila euro: Parpiglia gli impone di non metterlo a verbale, dicendo che deve vederlo lui. «È necessario riscontrare se questi rilievi siano poi stati scaricati sul verbale», sottolinea il giudice.

Vi è infine un altro filone su cui indagare: gli intrecci fra Giulio Lolli (il titolare della Rimini Yacht che è fuggito), Baruffa, Carati, il faccendiere Flavio Carboni e il commercialista forlivese Fabio Porcellini (lo stesso che finanziava le attività di Carboni nel «progetto eolico sardo», quello per cui il faccendiere era finito in carcere). Porcellini compare in relazione alla barca Azimut 85, venduta da Rimini Yacht a Monte dei Paschi leasing e poi affittata alla società della moglie di un socio di Rimini Yacht. Nell’estate 2009 viene prenotato un posto in un porto sardo per la Azimut 85: che però risulta intestata a una società di Porcellini. Una strana faccenda. Ancora tutta da chiarire.

16 dicembre 2010

Amelia Esposito

Corriere di Bologna.it


EUTELIA: TRIBUNALE, ILLEGITTIMA LA CESSIONE AD AGILE


E' antisindacale, quindi illegittima, la cessione effettuata da Eutelia del ramo d'azienda Agile ad Omega





Confermata la sentenza di primo grado dal tribunale di Roma per condotta antisindacale - art. 28/300 - violando la procedura obbligatoria di informazione sindacale disposta dall’art. 47 della l. n. 428/1990

Il Tribunale di Roma ha confermato questa mattina la sentenza di primo grado che aveva stabilito la illegittimita' della cessione da parte di Eutelia del ramo d'azienda Agile ad Omega. Rigettato dunque il ricorso presentato dai commissari di Eutelia contro il giudizio di ''comportamento antisindacale nella cessione di ramo di azienda''.

La sentenza, come quella gia' espressa lo scorso gennaio, annulla gli effetti della cessione di Agile, cioe' il trasferimento di 1.900 dipendenti. Per i giudici si e' in presenza di una violazione della legislazione sui traferimenti dei rami di azienda.

Venditore e compratore devono darne comunicazione per iscritto, almeno venticinque giorni prima, alle rispettive rappresentanze sindacali costituite. L'informazione deve riguardare: i motivi del trasferimento d'azienda; le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori; le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi. Tutte formalita' non esperite secondo il Tribunale.

Tutto comincia il 7 gennaio 2009, quando il Cda di Eutelia, presieduto da Angelo Landi, esponente dell'omonima famiglia principale azionista di Eutelia (27% del capitale) decide la cessione del ramo Information Technology (It) del Gruppo. Eutelia, che opera nel settore tlc ed It, e' cresciuta rapidamente a suon di acquisizioni, nel carnet Edisontel, Noicom, NTSFreedomland, C3 Europe, Alpha Telecom, Getronics Italia e Bull Italia, gia' naviga' in acque perigliose. L'esercizio 2008 registra un rosso di 178 milioni di euro rispetto alla perdita di 41 milioni del 2007. Il 30 aprile l'assemblea dei soci rinnova gli organi statutari, diventa presidente del Cda, Leonardo Pizzichi, arrivato in Eutelia come presidente del collegio sindacale nell'autunno del 2008. Il 15 di giugno del 2009, i lavoratori del ramo It di Eutelia si ritrovano prima trasferiti alla Agile srl, controllata della stessa Eutelia e, subito dopo la Agile viene ceduta al gruppo Omega. Dall'operazione Eutelia dichiara una plusvalenza di 17,9 milioni.

La cessione non convince. In primis si esprimono i revisori della PriceWaterhouseCoopers che il 28 agosto 2009 bocciano la semestrale di Eutelia. ''Non abbiamo ottenuto adeguati elementi ed evidenze a supporto della soddisfazione dei requisiti previsti dai principi contabili di riferimento per la cancellazione di attivita' e passivita' in relazione alla cessione'' di Agilie, scrivono i revisori. E ancora, ''il ramo di azienda ceduto non e' stato rappresentato in base a quanto previsto dai principi contabili (regola Ifrs 5)''. Cosi' nella semestrale consolidata di Eutelia, ''la perdita del periodo ed il patrimonio netto di gruppo risultano rispettivamente sottostimata e sovrastimato per euro 4,5 milioni'', concludono i revisori. Settembre 2009: Dipendenti senza lavoro e stipendio. La maggiore passivita' corrente cancellata dal bilancio di Eutelia grazie alla cessione di Agile e' rappresentata dalle liquidazioni dei dipendenti pari a 49,4 milioni di euro. Se ne accorgono subito i 1.900 mila dipendenti trasferiti da Eutelia a Omega.

Dalla cessione sono appena passati due mesi.L'operazione di trasferimento avviene il 15 giugno del 2009: prima i lavoratori del ramo It di Eutelia furono trasferiti alla Agile srl, controllata della stessa Eutelia e, nello stesso giorno, la stessa Agile fu ceduta al gruppo Omega. La passivita' piu' rilevante cancellata dal bilancio di Eutelia grazie alla cessione di Agile risulta essere il Tfr dei dipendenti per 45,4 milioni.

Il Tfr, da quando sono in vigore le regole contabili Ias (numero 19), entra nel calcolo dell'indebitamento ed ha quindi una sua rilevanza per valutare lo standing creditizio delle imprese. Dopo due mesi dalla cessione, per gran parte dei dipendenti ex Eutelia cominciarono i problemi con i dipendenti, da agosto 2009, senza stipendio.

L'inchiesta Eutelia-Agile-Omega subisce un colpo d'acceleratore nel luglio del 2010, quando il Gip di Roma, Elvira Tamburelli, dispone la custodia cautelare per 8 manager e azionisti di Eutelia per bancarotta fraudolenta. Si tratta di Pio Piccini, presidente e amministratore di Omega e Agile, il dirigente di Agile e tesoriere del gruppo Omega, Marco Fenu; l 'ex presidente del Cda Eutelia Leonardo Pizzicchi (a cui sono stati revocati gli arresti domiciliari); l'amministratore di Agile Claudio Marcello; il procuratore di Agile Salvatore Cammalleri ; il consigliere di amministrazione di Eutelia Isacco Landi, Samuele Landi, presidente di Eutelia, che si rende irreperibile.

Con la sentenza odierna, i dipendenti Agile dovrebbero tornare in Eutelia, ma nel frattempo quest'ultima e' finita in amministrazione straordinaria.

15 dicembre 2010

men/mcc/bra


Asca


Gli articoli del nostro blog sulla vertenza Eutelia

LAVORATORI AGILE IN LOTTA




15 dicembre 2010

A PROCESSO LA CRICCA DELLA LOGISTICA


Frode al fisco da 30 milioni di euro, centinaia di lavoratori in nero: a giudizio Zampieri, Sinagra e Trivellato



Willi Zampieri

PADOVA - Arriva a processo l’inchiesta sulle cooperative illegali che nel settembre scorso ha portato all’arresto di tre persone. Il sostituto procuratore Orietta Canova ha chiesto il giudizio immediato per l'imprenditore Willi Zampieri, la consulente del lavoro Patrizia Trivellato e il commercialista Paolo Sinagra Brisca. I tre sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla falsità materiale commessa in privato, omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali nonché evasione fiscale. A fissare l’udienza per il 17 gennaio 2011 di fronte al tribunale Collegiale ci ha pensato il gip Paola Cameran.

I protagonisti. A processo i tre principali attori dell’associazione radicata tra Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Toscana. Willi Zampieri, 40 anni, presidente della società di calcio dilettanti Villatora-Saonara, già esponente di Forza Italia di cui è stato delegato al congresso nazionale nel 2004 e nel 2007, è considerato il capo e si trova ora agli arresti domiciliari. Paolo Sinagra Brisca, messinese di 62 anni, consulente di diritto tributario nell’organizzazione sventata dalla Finanza; e Patrizia Trivellato, consulente della cooperativa, accusata di aver falsificato i modelli F24 per i versamenti Inps dei dipendenti delle cooperative. Per loro due il giudice ha disposto invece l’obbligo di dimora.

L’accusa. Secondo l’accusa i tre (a capo di un’organizzazione che vedeva altre 21 persone indagate) avevano messo in piedi un meccanismo in grado di portare nelle loro tasche 30 milioni di euro tra oneri previdenziali e fiscali e contributivi non versati. Tutto era ottenuto falsificando i documenti contabili di decine di cooperative legate al mondo della logistica con un migliaio di addetti, a cui però non venivano versati contributi. Secondo la Finanza il sodalizio incassava oltre 10mila euro giornalieri. Frutto appunto dei soldi non versati alle casse degli enti previdenziali dei titolari delle cooperative, che invece li consegnavano ai capi dell’organizzazione, e da qui reinvestiti in attività lecite quali bar e negozi.

Old Wild West. Tra le quote societarie e i conti correnti sequestrati (14 società, 80 tra conti correnti, 600mila euro in contanti e terreni e fabbricati per 18 milioni di euro) ci sono anche quelli della Free West srl, riconducibile a Zampieri e che gestisce in franchising le birrerie- ristoranti Old Wild West al Cinecity di Limena e di Silea. Anche attraverso queste attività la banda riciclava il denaro sottratto all’Erario (14,5 milioni di omesse contribuzioni Inps; 13,8 milioni di omesse dichiarazioni ai fini dell’Ire, oltre a 2,2 milioni di Iva non pagata). Cooperative intestate a prestanome che nascevano e morivano a seconda delle esigenze.

La frode. Attraverso un consorzio Zampieri vinceva le gare d’appalto della logistica per affidare infine i lavori delle cooperative con sede in Corso Stati Uniti 18/b. Peccato però che i lavoratori venissero pagati in nero e i documenti contabili falsificati in modo quasi perfetto.


15 dicembre 2010

Nicola Munaro

Corriere del Veneto.it


Inchiesta del Mattino di Padova su La cricca della logistica

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AMPLIAMENTO CENTRO COMMERCIALE SESTO F.NO, CONFCOMMERCIO ACCUSA L'ASSESSORE

Sotto accusa l'assessore all'urbanistica del comune di Sesto Fiorentino, Maurizio Soldi






Secondo Bongiorno (Confcommercio) «l'ampliamento concesso arreca danno al tessuto commerciale tradizionale»


L'assessore all'urbanistica del comune di Sesto Fiorentino Maurizio Soldi sul banco degli imputati per l'ampliamento della superficie concesso al «Centro Sesto», di Via Pasolini.

A mettere l'assessore sotto accusa è la Confcommercio che con il suo presidente Filippo Bongiorno non ripsarmia critiche: «Quello che dice soldi è un'offesa all'intelligenza delle persone, perché voler banalizzare la questione e ridurla ad un problema urbanistico, dimensionale della struttura, non fa giustizia della sostanza delle cose: non sono certo la stessa cosa 4.000 metri di magazzino e 4.000 metri di superficie di vendita».

«Il nostro incontro non è servito ad ottenere rassicurazioni - prosegue Bongiorno - l'ampliamento è stato accettato senza porsi il problema di quelle che potrebbero essere le ricadute sul tessuto commerciale tradizionale».

14 dicembre 2010

La Nazione

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14 dicembre 2010

MODELLO MARCHIONNE ALLA COOP: SI PENSA AD UNA BAD COMPANY PER I NEGOZI MENO REDDITIZI


Nella società confluirebbero 17 market toscani





IL MODELLO
Marchionne tenta anche Unicoop Firenze. Il colosso della grande distribuzione Toscana (un milione e centomila soci, 102 punti vendita, due miliardi e duecento milioni di vendite, quasi ottomila dipendenti) ha presentato ai sindacati un progetto per il riassetto aziendale che strizza l’occhio alle idee del manager del Lingotto.

L’IDEA di partenza alla quale sta lavorando il presidente Turiddo Campaini con il suo staff è questa: creare una new company dove far confluire i punti vendita meno redditizi. In tutto si tratta di 17 piccoli negozi Incoop che si trovano nelle province di Firenze, Prato, Pisa e Arezzo.

Una ‘lista nera’ che però rappresenta anche lavoratori, una settantina in tutto, i quali avrebbero due possibilità davanti. Essere assunti dal nuovo soggetto oppure accettare un trasferimento a un altro punto vendita. Il passaggio alla nuova compagnia però determinerebbe un peggioramento delle condizioni lavorative: in particolare significherebbe salire da 37 a 40 ore lavorative e la perdita del contratto nazionale di lavoro del settore cooperativo. Unicoop Firenze conferma l’esistenza di questo piano di lavoro, considerandola però al momento un’ipotesi di partenza al tavolo della trattativa sindacale.

I lavoratori però non sembrano così ottimisti, e sul loro blog hanno criticato pesantemente la scelta di Unicoop di creare una nuova società che per il futuro potrebbe inglobare oltre alle Incoop anche ipermercati o supermercati in calo di redditività tanto da diventare una vera e propria bad company. E’ proprio questa l’accusa principale dei lavoratori, ossia di voler marcare per ragioni di profitto ‘i buoni e i cattivi’.
La sperimentazione dovrebbe partire dal punto vendita di Montevarchi, in provincia di Arezzo. Incontri secondo i lavoratori Unicoop si sarebbero tenuti proprio in questi giorni per illustrare al personale il cambiamento.

SULLA PARTENZA di Montevarchi si registra la posizione critica della Filcams Cgil aretina: «Il sistema contrattuale proposto da Unicoop Firenze per la nuova società — si legge in una lettera siglata unitariamente e inviata all’esecutivo nazionale della Filcams — risulta fortemente peggiorativo di quello in vigore nel resto della stessa cooperativa; insomma una sorta di ‘modello Fiat Pomigliano’ in versione moderata».

Sul loro blog, una specie di Wikileaks del movimento cooperativo, i lavoratori hanno lanciato l’elenco dei punti vendita che saranno oggetto della ristrutturazione. «Tutti negozi storici — spiegano i lavoratori — tutti punti vendita che il nostro presidente o i suoi dirigenti citano con commozione quando devono parlare dei valori del mondo cooperativo: ossia condizionare coi valori dell’uomo le leggi del profitto».

14 dicembre 2010

Fabrizio Morviducci


La Nazione

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12 dicembre 2010

«CHE FA UNICOOP, COPIA IL MODELLO FIAT?»

L'azienda fiorentina vorrebbe creare una new company in cui far confluire i negozi poco redditizi




Diciassette punti vendita in una lista nera e contratto peggiorativo per settanta lavoratori

Una new company in cui far confluire diciassette negozi a marchio "Incoop" sparsi fra le province di Pisa, Prato, Firenze e Arezzo, che sono andati a finire nella lista nera dei cosiddetti punti vendita "non redditizi". Per i relativi circa 70 lavoratori la possibilità di fare una scelta fra due strade obbligate.

Da una parte accettare di essere assunti dalla nuova società (che dovrebbe essere interamente partecipata da Unicoop Firenze), a condizioni però penalizzanti, con un contratto che prevederebbe il passaggio da 37 a 40 ore lavorative settimanali; dall'altra decidere di essere trasferiti ad altro punto vendita, rimanendo però in questo caso normali dipendenti Coop. Il piano di cui Unicoop Firenze conferma l'esistenza, pur negando i connotati lavorativi che i lavoratori vogliono darvi, è stato messo alla berlina proprio dai dipendenti, che sulla loro pagina facebook hanno deciso di pubblicare la lista dei "magnifici 17".

Tra questi ci sono i punti vendita di Fornacette, Tirrenia e Uliveto nella provincia di Pisa, di viale Strozzi a Prato, di Sorgane, Varlungo, Tavarnuzze, Vingone, Badia a Settimo, Fiesole, Colonnata, Compiobbi, Casenuove e Pozzale in provincia di Firenze e di Montevarchi.

Proprio da quest'ultimo punto vendita, dal prossimo mese di gennaio, dovrebbe partire la sperimentazione del nuovo format. «Niente vieta di pensare - scrivono i Lavoratori Unicoop in un acceso editoriale dall'inequivocabile titolo: "Campaini come Marchionne?" - che in futuro possano entrare a far parte della NewCo anche ipermercati o supermercati la cui redditività risultasse negativa o comunque giudicata tale».

Forti perplessità riguardo alla nuova iniziativa del colosso toscano della grande distribuzione sono state espresse anche dai componenti della segreteria provinciale Cgil-Filcams di Arezzo.
«Il sistema contrattuale proposto da Unicoop Firenze per la nuova società risulta fortemente peggiorativo di quello in vigore nel resto della stessa cooperativa; insomma - tagliano corto i sindacalisti in una lettera che è stata siglata unitariamente ed anche indirizzata all'esecutivo nazionale della stessa Filcams-Cgil - una sorta di "modella Fiat Pomigliano" in versione moderata».

12 dicembre 2010

Gabriele Firmani

Il Tirreno


11 dicembre 2010

I MAGNIFICI 17


"Quando i valori dell'uomo condizionano le leggi del profitto"

Sottotitolo del libro di Turiddo Campaini, "Un'altra vita è possibile"






Nelle foto che seguono alcuni dei "magnifici 17".

Nell'ordine gli storici ed incolpevoli negozi di:


Montevarchi - Prato (Via Strozzi) - Tavarnuzze - Colonnata - Fiesole -
Compiobbi - Varlungo - Tirrenia - Fornacette





NEGOZI APERTI PER LE FESTIVITA', RENZI: "LASCIARE FACOLTA' DI SCELTA"

Renzi: il presidente di Unicoop Firenze, Turiddo Campaini, ci ricorda spesso quanto sia importante rispettare il giorno della festa, ma i supermercati Coop restano aperti la domenica




''Il Vescovo svolge il suo ruolo dando spunti di riflessione spirituale, culturale e morale che chi vuole ascoltare ascolta; ma chi fa l'amministratore o il manager deve essere conseguente con quanto dice''. Questa la dichiarazione del sindaco Matteo Renzi, ospite oggi di Radio Toscana, dove è intervenuto sul dibattito aperto dalle parole di monsignor Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, in merito all' opportunità di mantenere la chiusura dei negozi nei giorni di festa.

''Ad esempio - ha detto Renzi -, il presidente di Unicoop Firenze, Turiddo Campaini, ci ricorda spesso quanto sia importante rispettare il giorno della festa, ma i supermercati Coop restano aperti la domenica. Io penso che si potrebbe aprire un ragionamento comune qualora si optasse per la chiusura nei giorni festivi dei negozi in tutta la regione. Non si puo' dire: chiudiamo i negozi del centro di Firenze e lasciamo aperto l' outlet di Barberino. Per come sono le cose adesso per me è giusto lasciare la facoltà di apertura domenicale ai negozianti che vogliano farlo''.

''Se però si decide - ha proseguito il sindaco -, tutti insieme, che di domenica si inizia a chiudere, per tutti i fattori evidenziati dal Vescovo (''è solo illusorio offrire più numerose possibilità di consumo''), allora, ad esempio, il presidente della Regione comunichi che l'outlet di Barberino non si può aprire la domenica; io non sarei d'accordo ma se uno vuole stare in questa posizione lo dica. Il presidente della Coop invece di fare a me la morale sul primo di maggio, chiuda lui qualche negozio la domenica. La mia opinione - ha concluso Renzi - è che c'è troppa ideologia su questo argomento: chi vuol essere coerente con quello che dice ha gli strumenti per esserlo''.

10 dicembre 2010

La Nazione


10 dicembre 2010

SCANDALO FALSE COPERATIVE: SCHIAVI E CAPORALI A NATALE

Vengono usate come forma di outsourcing, con il vantaggio che i "soci" sono facilmente licenziabili.

Fini mutualistici solo sulla carta, così si sfruttano i benefici su fisco e costo del lavoro.

L'influenza di mafia e 'ndrangheta.

Alla catena di montaggio che prepara il Natale, nei cubi di cemento dei grandi centri logistici che riforniscono gli scaffali dei supermercati di luci e decorazioni, entrano che non è ancora l'alba ed escono che è già notte. Nelle grandi piattaforme della grande distribuzione, sperdute nelle campagne di tutta Italia, sgobba una nuova classe di lavoratori. Sono gli schiavi del Natale. Formalmente, soci di cooperative. In realtà persone che, di fatto, hanno meno diritti dei dipendenti delle aziende classiche, con la sola differenza che spesso non sanno bene chi è il loro padrone. Due coop su tre, dicono le ispezioni delle direzioni provinciali del lavoro, sono irregolari. Ma quante sono allora in Italia le "cooperative spurie"? Quanti dipendenti occupano? E perché sia il sistema economico che la criminalità organizzata ricorrono sempre più a questa tipologia d'impresa che produce un valore aggiunto di 40 miliardi di euro, il tre per cento del totale nazionale?

LE DENUNCE
"Con questo mezzo, gli operai ad essa aderenti pensano di fare il primo passo nella via della loro emancipazione, poiché sottratto il lavoro da ogni dipendenza, l'associazione offrirà ad essi il modo di istruirsi, di educarsi e di togliersi dallo stato di miseria e soggezione in cui oggi si trovano...". Fa tenerezza rileggere le parole dello statuto della prima cooperativa modenese, fondata a Finale Emilia nel 1886, e confrontarle con il racconto che Juan, 124 anni dopo, ha reso alla procura di Lodi. Con altri quattro connazionali, il 36enne boliviano ha denunciato gli ingranaggi del sistema del lavoro nero nella piattaforma Dhl di San Giuliano Milanese, dove lo smistamento dei pacchi natalizi moltiplica il numero di colli da movimentare. "Ho girato diverse cooperative. I nomi cambiavano in continuazione ma i responsabili erano sempre gli stessi...". L'ultima "non mi consegnò mai il contratto di assunzione. Ma il quindici di ogni mese un caporale mi pagava in contanti. La mia busta paga era sempre a zero ore. Lavoravo nel settore carico con una mansione pericolosa, che richiedeva, però, velocità e lucidità. Poi abbiamo contattato il sindacato e ci siamo ribellati. Ma quando tornai in azienda, l'addetto alla sicurezza non mi fece entrare: ero licenziato".

Ora Juan ha ottenuto il permesso di soggiorno in base all'articolo 18 della legge sull'immigrazione, quello utilizzato di solito dalle prostitute per fare arrestare i protettori. E come lui gli altri colleghi che hanno denunciato, oggi collocati in una vera cooperativa, la "Lotta all'emarginazione" di Sesto San Giovanni. Le prime segnalazioni della Filt-Cgil sulla piattaforma di San Giuliano risalgono all'aprile 2008. "Ai lavoratori regolarmente assunti venivano assegnati orari sempre più ridotti in modo da provocarne le dimissioni affinché fossero sostituiti da extracomunitari con permessi di soggiorno falsi...". Simon, anche lui boliviano, quarantenne, racconta di aver lavorato per più cooperative e di ricevere lo stipendio "su una carta di credito prepagata intestata a mio nome". Le cifre sono sempre minori di quelle concordate. Sulle denunce di Juan, Simon e gli altri è aperta un'inchiesta della direzione provinciale del lavoro di Milano. Molte coop citate nelle denunce, nel frattempo, hanno licenziato gli operai, come la Padana servizi - 70 in un colpo solo, con un semplice fax - o risultano inattive, come la Alfa coop e la Vidac.

IL BOOM
In Italia le cooperative sono 151mila, calcola l'ultimo rapporto di Unioncamere. E mostrano, a differenza delle altre imprese, "una notevole resistenza alle difficoltà della crisi", con un saldo positivo tra cessazioni e nuove costituzioni. Quasi la metà del totale (45 per cento) sono al Sud, ma è al Nord che creano più occupazione. Sicilia e Lazio sono le prime regioni per diffusione, seguono Lombardia e Campania, dove in media crescono del 2%. Sono il 2,1% del totale delle imprese italiane, con un milione e 400mila lavoratori impiegati ormai in ogni settore. La logistica - dove operano grandi gruppi come Colser di Parma (3000 dipendenti), Ucsa di Milano (1700), Gesconet di Roma, Cal di San Giuliano Milanese (900 soci), Piave di Torino, Transcoop di Reggio Emilia - è solo uno dei settori delle coop, che ora operano anche nell'outsourcing. Per esempio, grandi compagnie di assicurazioni hanno delegato a piccole coop di giovani diplomati - inserite all'interno di gruppi imprenditoriali molto floridi - lavori che prima erano riservati agli interni, ottenendo più flessibilità, ma anche la possibilità di lasciare a casa i "soci" quando le commesse scarseggiano. Un vero e proprio boom si registra poi nella sanità, nell'informatica, nelle telecomunicazioni, nell'edilizia, nel settore delle pulizie fin anche all'intermediazione finanziaria, all'istruzione, alla formazione privata. Con picchi di crescita superiori alla media delle altre imprese, soprattutto per quanto riguarda donne e immigrati. Ma cosa c'è dietro questa esplosione di vitalità? Un rilancio in grande stile o un uso distorto della forma cooperativa come quello che denunciano i facchini di San Giuliano Milanese?

IL RACKET
Dietro, spesso, ci sono soltanto delle truffe. Storie che sanno di caporalato e che riempiono decine di inchieste, dal Trentino alla Sicilia. Imprenditori, commercialisti, avvocati e consulenti fiscali sono i registi di reti di società intestate a prestanome con le quali danno avvio all'impresa criminale. Come funzionano le coop-patacca? Il meccanismo è quasi sempre lo stesso. S'intestano le cooperative ad anziani, disabili, tossicodipendenti, che in cambio di una firma ricevono poche decine di euro. Poi si dà il via all'attività, sfruttando le agevolazioni previste per questo genere d'impresa, con assunzioni in nero, buste paga inferiori ai pagamenti effettivamente corrisposti, straordinari nascosti in altre voci contabili, contributi e tasse non versate. Formalmente, i lavoratori sfruttati sono soci della coop. Ma essendo ricattati, le loro decisioni sono dirette dal presidente o dai suoi fantocci. Quando gli investigatori arrivano alle società, si trovano di fronte a società in liquidazione, a patrimoni pari a zero, ad amministratori fittizi. Ma non sempre i furbi la fanno franca.

Il caso più noto è quello di Padova, dove un'operazione della Guardia di Finanza ha smantellato una "associazione per delinquere finalizzata all'evasione fiscale". Una rete di cooperative intestate a titolari di comodo, quasi tutte nell'orbita della Compagnia delle opere, aveva evaso 30 milioni di euro tra oneri previdenziali, fiscali e contributivi non versati. I militari hanno sequestrato anche 18 milioni di euro in contanti, titoli di società ed immobili tra Veneto, Toscana, Piemonte, Emilia Romagna. Tra i 21 indagati e i tre arrestati c'erano Willi Zampieri, 40 anni, presidente della società con un passato in Forza Italia; il commercialista Paolo Sinagra Brisca e una consulente del lavoro, ex tesoriere del Consiglio provinciale dell'Ordine, Patrizia Trivellato. Diecimila euro al giorno venivano reinvestiti in bar e negozi, mentre centinaia di lavoratori restavano senza contributi previdenziali. Le loro condizioni di lavoro sono lo spaccato del moderno schiavismo camuffato da cooperativismo: permessi per malattia o maternità negate, ferie inesistenti.
Un caso isolato? Pare proprio di no. Nella capitale economica del paese, Milano, teoricamente il luogo più evoluto nei rapporti di lavoro, dal primo gennaio al 31 agosto 2010, gli accertamenti hanno svelato 1101 posizioni irregolari: collaboratori a progetto che nella realtà erano soci, lavoratori senza riposo giornaliero o settimanale, "con schede cronografiche infedeli, straordinari contabilizzati come indennità di trasferta, per le quali non è previsto il versamento di contributi", spiega il direttore provinciale del Lavoro di Milano, Paolo Weber. In otto mesi, gli ispettori della Direzione provinciale del lavoro hanno recuperato ben 426.780 euro di contributi non versati.

COOPERATIVE A DELINQUERE
La favola dell'assistenza e della mutualità ha fatto il suo tempo. E in questa grande finzione, fa presto a infiltrarsi la criminalità organizzata. A Corigliano Calabro la Finanza ha indagato a maggio 352 persone per truffa all'Inps: una cooperativa agricola che aveva denunciato falsi rapporti di lavoro per 35mila giornate agricole era, in realtà, riconducibile a una cosca della 'ndrangheta. A Gioia Tauro, invece, la "Cooperativa lavoro", che gestisce il traffico di migliaia di container, aveva stretto una sorta di joint-venture con le famiglie Piromalli, Alvaro e Molè. E in Campania è la camorra a utilizzare le coop nel settore dei trasporti e dei parcheggi. L'Ortomercato di Milano, che si prepara a garantire una cornucopia di frutta e pesci di ogni tipo sulle tavole degli italiani imbandite per il Natale, è stato per anni il regno dei clan. Nella memoria depositata nel processo concluso a maggio con la condanna dei boss della cosca Morabito-Bruzzaniti, il pm Laura Barbaini ricostruisce il ruolo del prestanome Antonio Paolo che "formalmente assume presso la cooperativa Scai il socio lavoratore Salvatore Morabito, l'uomo conosciuto da tutti come criminalmente potente, e nella sostanza cede al consorzio i suoi contratti di appalto migliori: quale per esempio quello con Dhl Express Italy srl e con Tnt Poste". Le cooperative - scrive il pm - servono ai clan anche per riciclare denaro sporco "attraverso la falsa fatturazione o l'emissione di assegni circolari intestati a nominativi di lavoratori stranieri dipendenti e incassati da prestanomi". In questo modo, creano "importanti disponibilità in contanti per l'acquisto di droga". Anche al boss di Cologno Monzese, Marcello Paparo, le cooperative del suo consorzio di facchinaggio e pulizie per i supermercati Sma ed Esselunga servivano solo per prelevare contanti da investire in affari illegali. E nel capoluogo lombardo c'è l'ombra del riciclaggio anche nell'omicidio di Pasquale Maglione, un avvocato casertano che rappresentava diversi consorzi di origine campana nel rapporto tra colossi della logistica e sindacati.

IL DUMPING E LA CONCORRENZA SLEALE
Ma anche quando non c'è la mafia, le statistiche dicono che le cooperative sono, una miniera di profitti in nero. Più delle altre società. A Milano, come a Lecco, l'82% di quelle ispezionate risultano irregolari; a Brindisi il 37%; a Cuneo il 65, a Pescara il 40, a Padova il 67,7. In media, il 65% sono irregolari. Anche nel settore dei servizi sanitari e sociali si diffonde l'illegalità: a Siena la Gdf ha scoperto a luglio una coop che per quattro anni aveva lavorato in nero con anziani, minorenni e disabili. Gonfiavano i rimborsi, s'inventavano trasferte inesistenti in giorni improbabili - come il 31 giugno - e in questo modo, secondo la Finanza, "riuscivano a garantirsi, a costi competitivi, la presenza sul mercato degli appalti pubblici". Con prezzi stracciati, è facile sbaragliare la concorrenza degli onesti. Il ministero del Lavoro, nel 2007, aveva tentato di arginare il fenomeno con un protocollo che considerava i ribassi del 30 per cento "un fattore di distorsione del mercato". Si decise di dar vita agli "osservatori permanenti", coordinati dalle direzioni del lavoro. Pochi ispettorati, però, sono riusciti a tener d'occhio le cooperative spurie. Che hanno una vita media di due anni ed espellono i soci che osano prendere sul serio i loro diritti. Com'è successo, ad esempio, ai 16 soci eritrei della cooperativa "Il papavero" di Cerro al Lambro, in provincia di Milano, che lavora per la Gls, che ha tra i suoi committenti le poste inglesi: a febbraio avevano indetto un regolare sciopero, ad agosto si sono ritrovati licenziati. E ora, assistiti dal SiCobas, hanno aperto due vertenze: in una il datore di lavoro è tacciato di comportamento "discriminatorio". Due settimane fa il tribunale del lavoro di Firenze ha dato loro ragione. Ma, prima della magistratura, chi dovrebbe fare tutte le verifiche?

I CONTROLLI FANTASMA
La maggior parte delle pseudocoop non fanno parte delle centrali (Legacoop, Confcooperative, eccetera) che prevedono verifiche sugli affiliati. "C'è il potere ispettivo del ministero dello Sviluppo - spiega Stefano Zamagni, economista e presidente dell'agenzia per le Onlus - ma gli ispettori sono pochi, è difficile controllare. Noi possiamo intervenire solo per le cooperative sociali, ma solo inoltrando le denunce alla Guardia di finanza e all'Agenzia delle entrate. Nella maggior parte dei casi si ricorre alle cooperative solo per evadere il fisco e avere agevolazioni. Lo spirito mutualistico di una volta è sparito". Così finisce che le cooperative anziché unire i lavoratori consentendo loro di emanciparsi, li dividono ulteriormente. In questi giorni nei magazzini Gs-Carrefour di Pieve Emanuele, in provincia di Milano, operai cinesi, egiziani e italiani stanno il dando il meglio di sé. Sono i "soci" che hanno accettato i nuovi ritmi, 160 colli stoccati all'ora, imposti da una nuova coop che sostituiva la precedente. Quelli che hanno detto no, erano stati espulsi. Ora hanno vinto la loro battaglia, e hanno ritrovato il lavoro.

10 dicembre 2010

Davide Carlucci - Sandro De Riccardis

La Repubblica.it


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