20 agosto 2010

LA PISTA DEI CLAN NELLE INDAGINI DELL'AVVOCATO UCCISO A RODANO

L'inquietante scenario dietro l'omicidio dell'avvocato Maglione apre una riflessione improrogabile su alcune cooperative sociali e su una realtà sempre più fuori controllo



Che succede in molte delle cooperative sociali? Quelle che in particolare hanno gli appalti del facchinaggio e logistica nei magazzini o nelle imprese di pulizia?

L'omicidio dell'avvocato Pasquale Maglione è senza dubbio il fatto recente più rilevante, che evidenzia con ogni probabilità il clima inquinato da interessi e faide camorristiche cui sono fatte oggetto alcune di queste coop.

Ma ormai gli episodi di cronaca che coinvolgono le coop sociali, anche se non si arriva all'assassinio, sono giornalieri. Il blog se ne occupa sempre più frequentemente perché pensiamo che sia giunto il momento di una risposta forte sullo sfruttamento di migranti e non, su condizioni di lavoro irregolari o peggio, su facili infiltrazioni mafiose, su aziende e grandi cooperative di consumo che chiudono più di un occhio pur di avere un appalto a bassissimo costo rendendosi così complici di questo abominio, ma anche su sindacati cinici che ottengono facilmente tessere e altri favori girando la testa quando invece ci sarebbe da fare una battaglia rigorosa sui diritti e sulle tutele.

Proprio sulla scia del ribasso dei costi si innesca la guerra degli appalti, che ha come scudi umani persone disperate, spesso non italiane, che per una miseria di stipendio sono disposte a subire ritmi di lavoro disumani, trattamenti irrispettosi se non crudeli, ricatti veri e propri.

Di seguito l'articolo di Repubblica, che anche se di un mese fa risulta attualissimo, nella cronaca di Sandro De Riccardis.

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Non era solo un consulente del lavoro, l' avvocato Pasquale Maglione. Lavorava per la Dhl, il suo nome è su decine di accordi tra la Dhl Supply, divisione che si occupa di magazzinaggio e trasporto su strada, e i lavoratori delle cooperative.

Ma il suo raggio d' azione era molto più ampio e complesso, teneva dentro un imprecisato numero di consorzi di origine campana e di altri appalti della logistica in Lombardia, un settore tenuto sotto controllo da tempo dalle forze dell' ordine perché a rischio d' infiltrazione delle mafie, soprattutto quelle dei Casalesi, e indicato come uno degli ambiti privilegiati del riciclaggio.

Ora è proprio sull' asse Milano-Campania che il Nucleo Investigativo di Monza sta scavando per spiegare un' esecuzione a colpi di pistola, venerdì notte, portata a termine da professionisti davanti alla sua casa di Rodano. La storia al nord di Maglione, originario di Moiano, provincia di Benevento - ogni weekend tornava dalla moglie e i due figli, studenti universitari - inizia nel 1998, quando l' avvocato 56enne inizia a lavorare per la FaustFarm, azienda di logistica di medicinali che ha sede a Caleppio di Settala. Acquistata nel 2003 da Pharma Logistic, nel 2006 è incorporata in Dhl.

Da allora il nome del legale compare su ogni accordo sottoscritto tra Dhl Supply e le cooperative che hanno in appalto logistica e facchinaggio per la multinazionale tedesca. Lo ricordano lavoratori e delegati sindacali a Caleppio di Settala, a Cerro a Lambro, a Peschiera Borromeo, a Pieve Emanuele, a Trezzano, fino a Corteolona, provincia di Pavia.

Anche se non aveva nessuna carica formale, Pasquale Maglione lo ricordano anche a Brembio, provincia di Lodi, sede di una piattaforma di logistica europea. Gli operai delle cooperative, anche qui quasi tutte campane, occupano l' azienda per rivendicare salari e ritmi di lavoro migliori.

Ed è nel mezzo di quella protesta, in una notte dello scorso dicembre, che Pasquale Migliore chiama un sindacalista. «Cerchiamo insieme una soluzione» dice l' avvocato, che si appoggiava a Milano come nel Lodigiano a studi professionali di legali casertani.

Per il Nucleo Investigativo di Monza non ci sono dubbi che dietro l' omicidio di Maglione ci sia una questione legata al suo lavoro. Un' esecuzione decisa da una parte della fazione a cui lui stesso apparteneva, o da rivali che gli hanno fatto pagare decisioni che non doveva prendere.


18 luglio 2010

Sandro De Riccardis


La Repubblica

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