La società di via Stalingrado ripensa al suo ruolo privilegiando l'attività assicurativa. Il mercato scommette sulla vendita della banca
Concluso positivamente l'aumento di capitale da 500 milioni di euro
.Concluso positivamente l'aumento di capitale da 500 milioni di euro
Il titolo negli ultimi 3 anni ha perso ben il 70% del proprio valore
I tempi cambiano e in Unipol l'ipotesi di smontare il modello di conglomerato finanziario, rivedendo il ruolo della banca, non è più un tabù. Al crocevia fra Solvency 2 e Basilea 3, la compagnia arriva con un ripensamento, ha fatto molta strada ma sembra avere smarrito qualcosa cui tiene molto, l'equilibrio storico tra origini cooperative, territorio e cultura di mercato.
Insomma, l'assicurazione bolognese cresciuta nel mondo del lavoro, nella rete delle polizze convenzionate, fra associazioni di artigiani e sindacati, è riuscita a trasformarsi in colosso finanziario ma, fra polizze, conti correnti, affidamenti bancari, merchant bank e private equity ha allentato il legame con il proprio mondo originario, con quella gente che nella Bassa sottoscriveva le assicurazioni Unipol insieme alla tessera del sindacato o all'iscrizione alla Confederazione nazionale artigiani; una clientela di lavoratori dipendenti e piccoli imprenditori che, spiega l'amministratore delegato Carlo Cimbri in alcuni casi «si sentiva iscritta alla Unipol», manco fosse un partito.
Così, il conglomerato finanziario che in questi giorni ha chiuso con successo un aumento di capitale da 500 milioni di euro, che sta per annunciare il ritorno ai profitti trimestrali – «siamo sulla buona strada, l'andamento tecnico sta migliorando» spiega Cimbri – e che è avviato sul target triennale di 250 milioni di utili netti, intende recuperare quel ruolo originario, a costo di sfoltire un po' il nome Unipol gruppo finanziario – "tutti la chiamano Unipol" – e ripensare il futuro della banca.
Il mercato già scommette sulla vendita ma, al momento, nulla è deciso se non un percorso di rifocalizzazione sul territorio. «La banca la mettiamo fuori dai riflettori – spiega Cimbri –, sul mercato c'è spazio per un istituto come Unipol banca se si saprà muovere sui valori di riferimento del gruppo assicurativo, servire il mondo del lavoro, la clientela retail, pmi e artigiani. Se il percorso darà risultati, investiremo ancora nell'istituto, se no faremo altre valutazioni; in ogni caso oggi stiamo valorizzando un asset che abbiamo e non c'è alcun dossier aperto».
Ogni scelta futura, ovviamente, sarà poi legata al ritorno sull'investimento considerando l'assorbimento di capitale che l'aggregato finanziario comporta. Quando è stata realizzata Banca Unipol, infatti, «non c'era la normativa attuale sui conglomerati finanziari, che richiede una patrimonializzazione maggiore della somma di capitale regolamentare richiesto dalla attività disgiunta di banca e assicurazione».
La forza patrimoniale è proprio uno dei focus strategici che ha spinto il gruppo a chiedere 500 milioni di euro al mercato in un momento di tensione dei listini. Unipol si è portata avanti, altri forse seguiranno. Per Cimbri, da aprile al vertice del gruppo, è il primo risultato importante del riassetto della compagnia. «Con uno sconto del 30% sui valori di mercato, in linea con le best practice europee, la ricapitalizzazione è stata sottoscritta al 100%, segno che il mercato ha capito il significato strategico dell'operazione. Le nuove regolamentazioni vanno in un'unica direzione, il dogma dei profitti elevati con il minimo di capitale che ha accompagnato il mondo finanziario negli scorsi quindici anni è tramontato – sottolinea Cimbri – il rapporto sano fra patrimonio e volume d'affari è una necessità, soprattutto nel settore assicurativo che richiede di stare sul mercato con un portafoglio che garantisca nel tempo gli impegni con gli assicurati e le oscillazioni dei mercati».
Un ottovolante che da qualche mese non risparmia neanche le emissioni governative, tanto che per una compagnia come «Unipol che ha investimenti per 24 miliardi di euro, le oscillazioni verso l'alto e verso il basso del valore di mercato del portafoglio, toccano i 100 milioni di euro a settimana».
La scommessa del management, che nei mesi scorsi ha ridotto la componente azionaria degli investimenti a 1,6 miliardi di euro, vendendo fra l'altro il 2% di Mps, è tutta incardinata sulla riduzione dei rischi e sul rilancio della redditività industriale delle attività vita e danni. Se l'ex amministratore delegato Carlo Salvatori era convinto che dal punto di vista strategico la compagnia dovesse prepararsi nel medio periodo ad un'aggregazione con una realtà di cultura e dimensioni simili a Unipol, Cimbri ritiene che «la dimensione tout court non sia la medicina» e, smentendo voci di contatti con Axa, ma apre ad altri operatori di mercato, sottolinea come oggi non ci sia «alcun piano di evoluzione degli assetti societari, né nella compagine azionaria cooperativa ci sia alcuna intenzione di abbandonare il ruolo di guida e di indirizzo del gruppo».
La compagnia ha chiuso un bilancio 2009 negativo ma «con rigore industriale può realizzare una redditività importante» e già a fine anno il combined ratio dei rami danni, il rapporto fra premi raccolti sul totale delle spese e sinistri pagati, dovrebbe migliorare dal 108% e avvicinarsi al 100 per cento.
Uno dei cardini dei 250 milioni di euro di redditività netta indicati nel piano industriale è proprio il target di combined ratio del 97,5% al 2012. Per raggiungere questo obiettivo la società si sta concentrando sulla clientela che conosce meglio, quella del mondo del lavoro: «Unipol ha il 13-14% delle quote di mercato italiano, non è certo una società captive, le nostre polizze le offriamo a tutti, tuttavia il gruppo ha un'esperienza propria nel lavorare sul territorio con le associazioni di commercianti, con i sindacati, le camere del lavoro, le organizzazioni imprenditoriali, il mondo cooperativo – spiega Cimbri –. Storicamente Unipol è cresciuta con questo ruolo sociale, con un mercato convenzionato che ha rappresentato anche metà dell'intero portafoglio polizze», un bacino d'utenza che in passato ha garantito volumi e una buona qualità di raccolta assicurativa. Il gruppo intende dunque ripartire da qui, con una nuova squadra di manager – «di età media fra i 45 e i 50 anni, frutto di un mix equilibrato fra esperienze e professionalità maturare all'interno e all'esterno del gruppo» - e diversi progetti in fase di decollo.
Fra questi, quello dell'acquisito di Arca in cui verranno concentrate tutte le attività di bancassicurazione di Unipol. «È un'operazione innovativa – dice Cimbri - Arca che già colloca prodotti assicurativi sulle reti della Popolare di Sondrio e Bper, 1500 filiali che salgono a 2mila considerando anche gli altri accordi distributivi in atto, si appresta ad essere una piattaforma aperta a banche di medie dimensioni, sia a quelle interessate a entrare nel capitale sia agli istituti che cercano solo rapporti commerciali». L'avvio è positivo. «Solo nei primi sei mesi del 2010 Arca ha realizzato l'intera produzione vita di tutto il 2009». Un regalo al Tesoro che ha appena stabilito un prelievo sull'incremento delle riserve vita? «Di sicuro un contributo delle compagnie di assicurazione alla stabilità dei conti pubblici. Penso che questo prelievo sia dovuto a un equivoco derivante dalla voce riserve, un vizio del nome – spiega Cimbri – che fuori dal settore fa considerare riserve patrimoniali quelle che in realtà non sono altro che i debiti delle compagnie nei confronti dei sottoscrittori di polizze».
I NUMERI
250 milioni
Target di utile netto al 2012
Unipol prevede di chiudere il piano triennale 2010-2012 con un risultato netto consolidato di 250 milioni di euro
4,6 miliardi
Raccolta attesa nei danni
Il piano industriale prevede che il gruppo Unipol chiuda il bilancio 2012 con una raccolta
nei rami danni di 4,6 miliardi
3,1 miliardi
Il target di premi vita
La raccolta diretta del settore vita secondo il piano strategico dovrebbe attestarsi nel 2012 a 3,1 miliardi di euro
97,5%
Obiettivo di combined ratio
Uno dei cardini dei 250 milioni di redditività netta indicati dal piano industriale è il target di combined ratio, che dovrebbe attestarsi al 97,5% al 2012
13-14%
La quota del mercato italiano
Unipol, che attualmente ha una capitalizzazione di Borsa di 1,7 miliardi di euro, detiene nel settore assicurativo circa il 13-14% delle quote del mercato
1,5 volte
Il target Solvency 2
La stabilità patrimoniale del gruppo dovrebbero essere nel 2012 di 1,4 volte superiore ai requisiti previsti da Solvency 1 e 1,5 volte i requisiti stimati di Solvency 2
24 miliardi
Il portafoglio investimenti
Il portafoglio investimenti di Unipol ammonta a circa 24 miliardi di euro, di cui 1,6 miliardi di euro investiti nel comparto azionario.
1 agosto 2010
Alberto Grassani
Il Sole 24 ORE
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