31 maggio 2011

FUSIONE TRA UNICOOP TIRRENO E UNICOOP FIRENZE?

La voce non nuova che circola con insistenza ci lascia alquanto dubbiosi, in ogni caso i tempi non sarebbero rapidi

Ne trarrebbe giovamento immediato Unicoop Tirreno, al terzo bilancio negativo e con 82 esuberi dichiarati


LIVORNO. Tre anni di bilancio in rosso sul fronte di Unicoop Tirreno, conti in attivo, invece, dalla parte di Unicoop Firenze, che inizia seriamente a progettare una campagna di espansione. Quanto basta per tornare a parlare della possibile fusione tra le due coop. O per meglio dire, di una incorporazione: Firenze, che gode di una posizione più solida, ingloberebbe Vignale Riotorto.

Da Unicoop Tirreno la smentita arriva secca e senza troppi giri di parole («Solo chiacchiere senza fondamento», dicono i vertici), ma nonostante ciò la voce sembra assumere una consistenza sempre maggiore. È vero, come fanno notare anche i vertici della "nostra" Coop, che della fusione con la sorella fiorentina se ne parla da anni e non è mai successo nulla. Ma questa volta la voce circola con insistenza anche nei palazzi della politica livornese e, a ben vedere, proprio la situazione finanziaria di Unicoop Tirreno potrebbe accreditare maggiormente l'ipotesi rispetto al passato.

Basti pensare che la Coop della costa, dopo aver perso 20 milioni di euro nel 2008 e 24 nel 2009, chiuderà il bilancio in rosso anche per il 2010. Dato che i conti della cooperativa tirrenica non tornano da tempo e visti anche gli esuberi di personale (82 i dipendenti da mandare a casa, di cui buona parte nella "sede madre" di Vignale Riotorto) ipotizzare che venga incorporata dalla cooperativa i fiorentina non sembra un progetto troppo irrealistico. Tutt'altro. Prove di convivenza tra le due realtà sono già in corso.

Come sottolineano, anche con un certo orgoglio, da Vignale. C'è stata la creazione della società Levante, ossia il soggetto che ha visto unite le forze di Unicoop Tirreno e Unicoop Firenze per acquisire le licenze e gli spazi così da dare vita, a Livorno, alla zona commerciale del Nuovo Centro. «È una normale collaborazione, come avviene di norma fra le 9 cooperative presenti in Italia», rassicurano dalla sede centrale della Coop lungo costa. Com'è una collaborazione - infatti a Vignale la portano come un esempio - anche quella attivata tra le due cooperative toscane per acquistare un supermercato a marchio Coop a Napoli. Ma di fondersi con Firenze o addirittura di passare in subordine rispetto alla realtà del capoluogo toscano, a Vignale non ne vogliono neanche sentir parlare. Coop Tirreno assicura di avere una propria autonomia e un proprio consiglio direttivo.

E di voler andare avanti così. Ma c'è da invertire la rotta a livello finanziario. Nell'eventuale fusione, a primeggiare sarebbe senza dubbio Unicoop Tirreno, che vanta un virtuosismo particolare rispetto alle altre cooperative, quanto a prezzi al consumo e a costi per la gestione centrale: la Coop costiera, in una situazione di debolezza economica, potrebbe rappresentare il viatico perfetto per permettere alla "sorellona fiorentina" l'espansione verso l'Italia centro-meridionale. E a proposito di Unicoop Tirreno: niente da fare al centro commerciale Fonti del Corallo, per la riapertura del ristorante ex Fini Fastfour. Il punto ristoro è stato rilevato dalla cooperativa locale 8 marzo, ma sono passati cinque mesi dalla chiusura e ancora non è chiaro quando i clienti potranno tornare ad utilizzare il servizio.



31 maggio 2011

Il Tirreno



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APPALTI IRREGOLARI E OPERAI IN NERO. COOP NEL MIRINO DEI CARABINIERI

I carabinieri del lavoro hanno denunciato 44 imprenditori. Quattro cooperative hanno agito come agenzie per il lavoro pur non avendo le autorizzazioni. Forniti 115 dipendenti alle ditte



Vicenza. Le cooperative si fingevano agenzie di lavoro interinale e somministravano lavoratori alle ditte che avevano bisogno di personale. In questa maniera non solo venivano pagate meno tasse, ma si aggiravano le norme. Senza dire che molti di quegli operai, quasi tutti immigrati, erano assunti in nero.

È quanto hanno accertato, nel corso di un'indagine durata quasi un anno, i carabinieri del nucleo tutela del Lavoro di Vicenza, che hanno segnalato in procura 44 persone. In realtà, i 40 titolari delle attività che usufruivano di quei lavoratori nelle loro ditte hanno già pagato la sanzione penale prevista, e pertanto - come dispone la norma - le loro posizioni saranno archiviate dal pubblico ministero Severi.

COOPERATIVE. Nel mirino dei militari comandati dal maresciallo Anderlini sono finite 4 società cooperative, che in tesi d'accusa sarebbero legate fra di loro. I presidenti sono stati denunciati per appalti irregolari e per aver operato come un'agenzia del lavoro pur senza un'autorizzazione ministeriale. Si tratta di Pietro La Manna, 50 anni, di Caltanissetta, della coop "3 Elle" di Montecchio Maggiore; di Giovanni Marcazzan, 34 anni, di Boscochiesanuova, della "Cooperativa 72" di Verona; di Alessandro Azzolin, 34, di Verona, della "Cooperativa Btl servizi" sempre di Verona, e infine di Ignazio Lamanna, 54, di Catanzaro, della "Cometa" di Verona. Quest'ultima, all'epoca gestita sempre da Ignazio La Manna e da Marcazzan, era stata coinvolta in un'altra indagine negli anni scorsi quando i carabinieri scoprirono che aveva dato lavoro a 318 clandestini.

DITTE. In base a quanto ricostruito, nell'ultimo anno le quattro cooperative - che pur avendo sede nel Veronese agivano prevalentemente nel Vicentino - fornivano operai a varie ditte di Arzignano, Trissino, Cornedo, Gambellara. Lonigo, Chiampo e S. Bonifacio. Si andava dalle lavorazioni plastiche all'agricoltura, dalle concerie alla meccanica. Gli operai restavano dipendenti della cooperativa, ma lavoravano per le ditte (i cui titolari hanno pagato la multa), comportandosi in tutto e per tutto come dipendenti.

ACCUSE. Secondo gli inquirenti, gli operai venivano selezionati dalle cooperative e inviati nelle ditte che ne avevano bisogno. Molti non avevano alcun contratto. Gli appalti stipulati fra coop e ditte erano invece in tesi d'accusa irregolari, perchè non c'era alcuna organizzazione da parte dell'appaltatore, ma l'operaio veniva inserito nel ciclo produttivo come qualunque altro dipendente. In questa maniera venivano violate sia le norme sugli appalti che quelle sulle agenzie di lavoro. I carabinieri hanno verificato una ad una le posizioni dei 115 lavoratori, ai quali fra l'altro non venivano pagati i contributi assistenziali e previdenziali. Non appena l'hanno saputo, tutti i titolari delle 40 ditte hanno pagato.

SANZIONI. Complessivamente, i carabinieri hanno elevato sanzioni per oltre un milione di euro. Si tratta di 420 mila euro di multe (quelle già pagate), 350 mila euro di sanzioni amministrative e 240 mila euro di premi contributivi che mancano all'appello. Fra ditte e cooperative dovranno pagare il dovuto.



31 maggio 2011

Diego Neri

Il Giornale di Vicenza.it

CRISI CONSORZIO ETRURIA, ENTRA IN CAMPO LEGA COOP

I debiti accumulati in questi ultimi anni di crisi ammonterebbero a oltre quattrocento milioni

Un piano salvezza quasi pronto

Tra le ipotesi la vendita di società del gruppo



MONTELUPO. Un piano per salvare il Consorzio Etruria che si trova in difficoltà da tempo soprattutto per la crisi che ha colpito pesantemente il settore dell'edilizia. Verrà presentato probabilmente dopo la metà di giugno e a giorni sarà decisa la data dell'assemblea dove appunto verrà illustrato ai soci.

Con la Lega delle cooperative, «stiamo procedendo in questo percorso - spiega il presidente del Consorzio Etruria Riccardo Sani - lavoriamo a un piano che tenga conto degli interessi di tutti, fornitori, lavoratori e soci». Il piano sarebbe, appunto, quasi pronto e dovrebbe contenere un concordato. Una volta messo definitivamente a punto, sarà l'assemblea dei soci a dare, o meno, il nullaosta all'operazione.

Il Consorzio Etruria è una delle più antiche cooperative di produzione e lavoro presenti in Italia. È stato fondato nel 1921 e aderisce alla Legacoop. È una delle principali imprese di costruzioni in Italia. Opera nell'edilizia pubblica e privata, nel settore della infrastrutture destinate alla grande distribuzione, al terziario, alla sanità. Realizza opere pubbliche, porti, strutture turistiche, impianti per lo smaltimento dei rifiuti ed il trattamento delle acque.

Tra i soci che sovvenzionano il Consorzio Etruria figurano la Banca Monte dei Paschi di Siena, la Cassa di Risparmio di San Miniato e la Finec. I problemi del Consorzio sono venuti fuori dalla crisi che da alcuni anni ha messo a dura prova il settore edilizio. Tra le ultime opere realizzate lo svincolo sulla Firenze-Pisa-Livorno a Empoli e a Pontedera, il centro commerciale della Coop di Empoli, quello di Prato. Ha realizzato ippodromi e il porto di Genova.

Ora il Consorzio è coinvolto nei lavori della tramvia di Firenze, della linee 2 e 3. E proprio in questi giorni le banche avrebbero erogato un prestito di 5 milioni di euro per i lavori della società Tram spa, che riunisce le imprese coinvolte nell'opera e che hanno come azienda di riferimento il Consorzio Etruria. I debiti accumulati in questi ultimi anni di crisi ammonterebbero a oltre quattrocento milioni.

Una catena viziosa quella che ha fatto entrare il Consorzio in difficoltà: lavori per la costruzione di case o di altre opere che non sono stati pagati (oppure conti che sono stati saldati con ritardo), cantieri che sono stati bloccati e fornitori che di conseguenza non sono stati pagati. Decine anche gli istituti di credito coinvolti.

Da qui oltre un migliaio i creditori del Consorzio. Alcuni di loro si sono rivolti già al giudice e nei giorni scorsi, al tribunale di Empoli, da un imprenditore è stato depositato un decreto ingiuntivo per crediti vantati nei confronti del Consorzio Etruria. Si tratta di 600mila euro per un lavoro svolto per il centro commerciale Coop di Prato. Altre imprese, invece, hanno scelto di asttendere gli sviluppi del piano. Se il Consorzio è in grandi difficoltà, non lo sono, però, le altre aziende del gruppo e cioé Inso, Coestra ed Etruria investimenti. E, infatti, non sarebbero coinvolte nel piano di risanamento annunciato dal presidente Riccardo Sani.

La Inso è un'azienda che costruisce ospedali in tutto il mondo che ha un portafoglio di ordini di oltre due miliardi e con la gestione in attivo. L'Inso, tra l'altro, ha costruito il palazzo di giustizia di Novoli. Controllata della Inso è la Sof che gestisce servizi per gli ospedali e che, come la Inso, produce utili.

Tra le ipotesi al vaglio ci sarebbero anche la vendita di questi "gioielli" del gruppo. Ma sarebbero ancora solo delle ipotesi. Ora tutti gli occhi, e in particolare quelli degli ottocento dipendenti del gruppo, sono puntati sulla presentazione del piano. Che ormai è prossimo.


29 maggio 2011

Il Tirreno



30 maggio 2011

ESSELUNGA BATTE LA CRISI: RICAVI IN CRESITA DEL 5%


Utile netto a 213,1 milioni (+13,6% sul 2009)






La crisi dei consumi non ferma la crescita di Esselunga che chiude il 2010 con fatturato e utile netto in aumento. Nel 2010 le vendite sono salite del 5%, rispetto al 2009, a quota 6,4 miliardi.

A parità di rete la crescita è stata di oltre il 2%, a fronte di un mercato in diminuzione di circa il 2%. Esselunga ha proseguito, anche nel 2010, con una decisa politica di contenimento dei prezzi che ha generato, in due anni, una deflazione superiore al 3%. L'effetto prezzi è stato determinato dalla forte spinta promozionale e dal contributo deflattivo delle vendite a marchio privato che hanno evidenziato significativi incrementi.


Il risultato operativo del gruppo è pari a 364,4 milioni (+11,8%). Segnali positivi anche sul fronte dell'utile netto che raggiunge i 213,1 milioni (187,6 milioni nel 2009). Nel valutare la redditività, precisa l'azienda, va considerato l'impatto che ha avuto la contabilizzazione delle manifestazioni a premio (come le raccolte punti) richiesta dai principi contabili internazionali. Senza questo effetto il risultato operativo sarebbe stato di 341,4 milioni, inferiore rispetto ai 358,7 milioni del 2009 a causa dei maggiori ammortamenti e svalutazioni; e l'utile netto sarebbe sceso a 197,3 milioni dai 210,2 milioni del 2009.

L'indebitamento finanziario netto arriva a 259,3 milioni dai 201,5 milioni di fine 2009 per i maggiori investimenti effettuati nel corso dell'anno scorso: 357,9 milioni dedicati principalmente allo sviluppo e all'ammodernamento della rete vendita – con l'obiettivo di offrire il maggior numero di servizi, dalla gastronomia al banco del pesce e della carne, fino a pane fresco e ortofrutta –, dei centri di lavorazione e dei poli logistici.
Nel 2010 Esselunga ha aperto due nuovi punti vendita a Stezzano (Bergamo) e Desenzano (Brescia). E la politica del gruppo – che nel 2010 registrava un organico medio di 19.322 addetti, il 48% donne – è continuata anche nei primi mesi del 2011 con la riapertura dello storico negozio di via Losanna a Milano ampliato e rinnovato e le inaugurazioni del nuovo superstore a Varedo (Monza e Brianza) e del punto vendita di Moncalieri, alle porte di Torino, in classe "A" energetica secondo i parametri della Regione Piemonte.

Ai piani di sviluppo e consolidamento del gruppo si contrappongono le notevoli pressioni inflazionistiche provenienti dai listini dei fornitori, a causa, tra l'altro, dell'incremento delle materie prime o dei costi dell'energia. Una situazione alla quale Esselunga sta rispondendo cercando di salvaguardare il potere d'acquisto dei clienti già messo a dura prova dalla crisi. Ma questo significa assorbire nel conto economico i ritocchi al rialzo dei listini d'acquisto per mantenere quanto più possibile stabile il prezzo di vendita finale, pertanto il gruppo prevede un calo della marginalità per quest'anno anche se le vendite a fine 2011 dovrebbero comunque registrare una crescita, anche se inferiore a quella del 2010.


Promozioni e marca commerciale si confermano due fattori strategici nella fidelizzazione dei clienti. Il gruppo, infatti, continuerà a mantenere alta la pressione promozionale (24-25%) e ad espandere la marca privata, un elemento importante anche per la riconoscibilità aziendale, la cui quota sul fatturato totale è in crescita continua (17% per quanto riguarda il solo confezionato, 20% considerando anche prodotti freschi e freschissimi).


29 maggio 2011

Marika Gervasio

Il Sole 24 Ore

29 maggio 2011

BILANCIO 2010 DI COOP ESTENSE SALVATO DALLA GESTIONE FINANZIARIA



Coop Estense ha chiuso il bilancio 2010 con una forte riduzione degli utili commerciali, appena 535mila euro



L'andamento della gestione finanziaria è stato in linea con quello del 2009, con utile superiore ai 12 milioni per la cooperativa e di 28 per il gruppo.

Ormai è evidente che per le Coop della distribuzione gli utili della attività caratteristica sono talmente compressi da non essere significativi. Quello che le Coop dovranno potenziare sarà la gestione finanziaria.

Un appuntamento non rituale, arrivato al termine di 31 assemblee separate cui hanno partecipato 7500 soci, perché la cooperativa modenese ha messo in campo uno sforzo straordinario di contrasto alla crisi economica e per tutelare il potere d'acquisto dei consumatori che ha finito per condizionare l'intero mercato, imponendo anche ai concorrenti di ridurre i prezzi. Non a caso, Coop Estense ha chiuso il bilancio 2010 con una forte riduzione degli utili commerciali, appena 535mila euro, a riprova degli straordinari investimenti messi in campo per ridurre i prezzi. Ciò nonostante, grazie anche al buon andamento della gestione finanziaria, il risultato finale è stato in linea con quello del 2009, con utile superiore ai 12 milioni per la cooperativa e di 28 per il gruppo.


Francesco Galli

viaemilianet.it


Coop Estense - Bilancio 2009

Coop Estense - Bilancio 2010

CONSORZIO ETRURIA, I CREDITORI BATTONO CASSA



Riccardo Sani, presidente del Consorzio Etruria dall'agosto scorso, è stato un dirigente storico di Unicoop Firenze di cui era membro del Consiglio di Gestione con le deleghe allo sviluppo.


Oltre a questo incarico Riccardo Sani ha ricoperto la carica di presidente di Bbc (società che gestisce il marchio Obi in Italia) e quella di membro della direzione regionale Legacoop.

Un imprenditore ha depositato ieri mattina, presso la sezione distaccata di Empoli del tribunale di Firenze, richiesta di decreto ingiuntivo per crediti vantati nei confronti del Consorzio Etruria. L' atto giudiziario, presentato a Empoli per competenza in quanto la sede legale del Consorzio è a Montespertoli, è una mazzata da 600.000 euro tra spettanze e interessi.

Matteo Forconi, il legale che lo ha depositato per conto di un' impresa di escavazioni impegnata in alcune tra le principali opere compiute dal Consorzio negli ultimi anni (molti centri commerciali Coop, gli svincoli di Empoli e Pontedera della Fi-Pi-Li, il porto di Genova e parte della tramvia di Firenze), ha chiesto la provvisoria esecutività del decreto invocato per crediti relativi alla costruzione del centro commerciale Coop di Prato. Se il giudice accorderà l' esecutività, la prossima settimana scatteranno pignoramenti e sequestri di beni del Consorzio e di crediti da questo eventualmente vantati verso suoi committenti.

Il tessuto dei fornitori del Consorzio Etruria è in fermento dalla fine dell' estate scorsa. Alcuni si sono già rivolti al giudice. Lo ha fatto chi, dopo aver lamentato nel settembre scorso crediti mai riscossi per 200.000 euro, ha poi visto interrotto il pagamento delle rate di rientro concordate dopo la denuncia pubblica. Adesso non vuol più parlare: «Avanzo ancora 80.000 euro,è tutto in mano all' avvocato». Un altro si è fatto convincere a desistere dall' azione legale aderendo ad un accordo trilaterale: «Lavoriamo alla costruzione di un centro commerciale della Coop che ha vincolato i versamenti al Consorzio al pagamento delle nostre spettanze».

Un altro creditore, una grossa azienda di Lucca, è in attesa: «Nessuna azione giudiziaria, aspettiamo le decisioni del Consorzio». A farsi interprete del malumore è stata ieri l' Unione industriale pratese, che nell' esprimere preoccupazione per le 60 imprese creditrici di Btp nel suo territorio, ha rivolto un pensiero anche a quelle del Consorzio Etruria. «E' un esempio - si legge in una nota - che conferma drammaticamente il malessere ed i problemi del settore edile, una ulteriore fonte di allarme per le ricadute sull' economia locale».

Il Consorzio sta lavorando ad un piano di risanamento del gruppo che complessivamente ha debiti per 425 milioni (200 della sola capofila) che coinvolgono 44 banche oltre ai fornitori. Un' ipotesi è quella di vendere Inso, azienda di costruzioni ospedaliere che opera in tutto il mondo con un portafoglio ordini di oltre due miliardi e la cui gestione è in attivo. In ansia ci sono 800 dipendenti diretti e migliaia di famiglie di lavoratori dell' indotto, molti già in cassa integrazione.



29 maggio 2011

Maurizio Bologni


La Repubblica

28 maggio 2011

LE CRIPTICHE LETTERE DELL'INFORMATORE COOP AI SOCI


Riportiamo dopo la nostra introduzione, una lettera di una socia Coop al giornalino di Unicoop Firenze, Informatore, e relativa risposta dell'inarrivabile Antonio Comerci che cura la rubrica, per il quale stiamo meditando di fondare un fan club su Facebook.


La signora un pò sbrigativamente (o forse c'è stato qualche taglio malandrino in redazione) fa riferimento alla sentenza di Milano. E' strana questa lettera, perché messa così non pare avere molto senso. Perché non viene spiegato a cosa ci si riferisce con la sentenza di Milano? Sembra un dialogo in codice. E' ovvio che la stragrande maggioranza dei soci che hanno letto la lettera non avranno capito un tubo. Del resto chi risponde si guarda bene da dare qualche accenno di spegazione.

Insomma, che cos'è la sentenza di Milano? Quello che la Coop non dice, ve lo diciamo noi. E' una vertenza che ha visto soccombere in tribunale Coop Lombardia. L'accusa? Discriminazione sessuale. Ecco uno stralcio dell'articolo che riporta la notizia:

«Nel 2009 le donne tra i 28 e i 45 anni a Novate Milanese hanno fatto causa alla cooperativa perché solo i maschi facevano carriera, avendo contratti a tempo pieno, visto che con un contratto part time non si possono ottenere promozioni interne.

Le dipendenti, secondo quanto scrive il giudice Riccardo Atanasio nella sentenza di primo grado riferita dal Fatto, “hanno subìto discriminazioni dirette di carattere sessuale: pur lavorando per la Coop da circa vent’anni, non veniva concesso loro il contratto full time per il solo fatto di essere donne. Per questo devono essere risarcite: sia per il mancato guadagno dovuto alla differenza di salario tra part time e full time in questi tre anni, sia per i danni morali (5 mila euro a testa)”. In più il contatto dovrà essere a tempo pieno.»

Leggi l'articolo completo:

In Coop le donne non fanno carriera: il tribunale di Milano condanna Coop Lombardia

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Lettera all'informatore Coop

Quote celesti

Per quanto, in passato, abbia sentito voci riguardanti il discutibile trattamento riservato ai vostri dipendenti non ci ho mai creduto o forse non ho voluto crederci perché dopo aver perso la fiducia in tutte le istituzioni non volevo perderla anche nella vecchia cara Coop. Oggi leggo che anche voi discriminate le donne e non serve studiare la sentenza di Milano, basta guardare i numeri: è impossibile che su 51 dipendenti 13 maschi su 14 siano assunti regolarmente e 34 donne su 37 non lo siano. Chi va a fare la spesa sa benissimo che almeno le cassiere sono molto più brave dei loro colleghi uomini. Perché fate questo? Ai soci Coop interessa fare la spesa in un posto diverso, dove oltre al cibo sano siano sani e giusti anche i rapporti fra i dipendenti.
C.P. - Impruneta (FI)

Risposta della redazione

Non sappiamo dove la socia abbia letto quei dati e a quale cooperativa si riferiscono. Più del 65% della nostra forza lavoro è femminile. Non vediamo quindi, alcuna discriminazione! Anzi, quasi si pone il problema di salvaguardare le "quote celesti"! Per quanto riguarda la "regolarità" delle assunzioni: tutte sono regolari, con contratti a tempo indeterminato o determinato. Questi ultimi non superano il 15% della forza lavoro, a titolo di sostituzione di persone assenti, picchi di lavoro, attività speciali legate a progetti temporanei.



Informatore Coop


Giugno 2011


COOP E CGIL? DUE FILOSOFIE DIVERSE


Marco Minella (Camst) sullo strappo tra Legacoop e sindacato rosso
. «I tempi sono cambiati».




Ogni tanto dagli ambienti della Coop si alza qualche voce, anche autorevole, che prova a convincere che tra Coop e Cgil non c'è più amore, anzi che sono distinte e distanti. Pochi mesi fa è stata la volta del potente presidente di Lega Coop, Giuliano Poletti. Si veda l'articolo «La svolta delle Coop: La Cgil? Una controparte». Ora tocca a Marco Minella di Camst. Il motivo del disamore? La ghiotta privatizzazione di alcuni servizi comunali che vede contraria la Camera del Lavoro. Magari fosse vero.

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Con la Cgil non vi prendete più.
«Ci capita spesso di non essere d’accordo. Noi siamo imprese cooperative. Vuol dire due cose precise: stiamo sul mercato e abbiamo valori irrinunciabili».

Marco Minella, segretario generale della Camst, scende nell’arena dello scontro ad alzo zero tra Legacoop e sindacato rosso. Scontro pesante sul modo di intendere i servizi, da mantenere pubblici e non privatizzare per la Camera del Lavoro.
«Non sono mai d’accordo con il segretario Gruppi», ha affondato il presidente del colosso un tempo rosso, Gianpiero Calzolari. «Parla come Garagnani del Pdl», lo ha fiocinato Michele Vannini della Cgil.

Si è rotto il fronte?
«Noi abbiamo le nostre opinioni. Possono piacere o no. I tempi sono cambiati, profondamente».

Quindi è d’accordo con Marino di Confcooperative che dice: la Cgil è ‘il’ problema di Bologna?
«No, non mi sento di condividere questo giudizio».

Lo scontro pare molto serio. Avrà ripercussioni sul governo di Merola?
«Questo è un interrogativo che il sindaco dovrà porsi. Sono proprio due filosofie diverse. Mantenere i servizi pubblici o privatizzare. Io preferisco un cuoco della Camst a uno del Comune».

Per forza: lei è la Camst!
«Sto qui proprio perché sono convinto di quale sia la cosa migliore».

Le piace la giunta di Merola?
«Non conosco nessuno».

Ma come, Lepore è un dirigente di Legacoop.
«Certo... Matteo. Uno dei nostri cervelli migliori».

Tanto da fare il candidato sindaco la prossima volta?
«Perché no, è così giovane».

Intanto la Cgil avvisa: se nelle coop c’è stata la mutazione genetica se ne deve prendere atto.
«Se questa è una minaccia, abbiamo le forze e le energie per respingerla. Le imprese cooperative sono autonome e non collaterali come pensa Garagnani».

Invece Bignami dello stesso partito apre anche a voi.
«E noi ne siamo assolutamente felici».

Anche Bernardini della Lega è vicino alle coop. C’è chi ha votato lui e poi ha scelto anche il Pd. Dove stiamo andando?
«Credo verso un periodo importante della nostra città. Un periodo meno ideologico».

Sempre per dirla con Marino, andiamo verso una città più normale?
«Sì, sono assolutamente d’accordo».

Quindi: lunga vita a Merola?
«Certo che sì».

Ma lei l’ha votato?
«Ero a New York. La nostra posizione è sempre stata molto chiara. I candidati che volevano potevano incontrare i cooperatori. Loro votano, le coop no. Ha mai visto votare una cooperativa?».

Chi l’aveva convinta di più tra i candidati?
«Mi era piaciuto molto Aldrovandi. Pensavo prendesse più voti».

Quindi siamo una città normale fino a un certo punto.
«Ma no, perché?».



27 maggio 2011

Il Resto del Carlino

27 maggio 2011

UNICOOP FIRENZE RIDIMENSIONA GLI IPERCOOP

Unicoop Firenze sta ridiemensionando alcuni Iper

Il modello di riferimento sono i supermercati, si taglia le aree no food per ricavarne fondi da affittare, cosa molto più redditizia

Centinaia di esuberi, ma non è chiaro il ricollocamento né il futuro dei contratti a termine

Al solito il sindacato tace, tace, tace

Già da un po' di tempo la Grande Distribuzione ha capito che il format "IPER" non è la scelta più redditizia. Molto meglio un supermercato di medio-grandi dimensioni inserito in un bel centro commerciale i quali esercizi paghino un congruo canone di affitto al riparo di qualsiasi congiuntura economica e contrazione dei consumi.

Pare averlo capito anche il Campaini, che da un po' va in giro a ripeterlo. Infatti di nuovi Ipercoop neanche a parlarne. Anzi... è in corso (o già completata?) una riduzione della superficie di vendita dell' Iper di Montecatini e pare proprio che stessa sorte stia per toccare all' Iper di Sesto F.no.

Vengono ridimensionati i settori NON-FOOD, evidentemente non abbastanza competitivi o troppo onerosi da gestire. Di progetti simili si parla anche per l'Iper Lastra, visto anche il mega-progetto di Pontignale che dovrebbe partire a breve(?).

Chissà che prima o poi non capiti anche ad Arezzo, Montevarchi e Cascina....
Queste trasformazioni produrranno inevitabilmente degli "esuberi" di personale addetto. Qualcuno ci saprebbe dire come Unicoop ha in progetto di gestirli? Perchè dai sindacati non è che emerga poi molto sulla questione, anzi diciamo che è il solito silenzio assordante a cui ci hanno spesso abituato. Se qualcuno tra di voi ci sapesse dare qualche info in merito gliene saremmo grati.




25 maggio 2011

DIPENDENTI SPIATI ALLA COOP LOMBARDIA: INDAGATO ANCHE IL GIORNALISTA NUZZI


La vicenda divenne nota grazie ad un articolo su Libero del noto giornalista Gianluigi Nuzzi nel gennaio 2010, che ora si ritrova tra gli indagati




A partire dal 2004 era stato sperimentato solo il progetto pilota. Un centro d' ascolto abusivo all' interno di una delle succursali degli ipermercati Coop, con tanto di cimici e telecamere abusive puntate sugli spostamenti dei propri dipendenti. A svelare l' inquietante retroscena era stato nel gennaio del 2010 il quotidiano Libero.

A oltre un anno di distanza, l' inchiesta del pm Francesca Celle scopre solo marginalmente le sue carte, ma qualcosa si può già intuire: tre persone sono finite nel registro degli indagati. A cominciare dal cronista che pubblicò per primo la notizia, che nel suo articolo confidò anche di aver ascoltato perfino «quasi un migliaio di file audio», e anche di aver «visionato decine di filmati girati da telecamere nascoste in diversi punti vendita». A lui, oltre alla diffamazione, viene contestato un reato che prevede fino a 5 anni di reclusione (articolo 617): aver diffuso il materiale ottenuto illegalmente.

E la stessa accusa viene mossa a quello che è stato il responsabile della sicurezza delle Coop per la Lombardia, M. C., e il titolare di una società di sicurezza, Alberto R., che secondo l' ipotesi accusatoria, avrebbe installato illegalmente le sofisticate apparecchiature. Un metodo, sembra aver accertato ora l' inchiesta, che non si sa bene ancora come, ma che sarebbe stato attuato senza l' autorizzazione dei vertici, ma che permetteva comunque al responsabile della sicurezza di monitorare ogni movimento dei dipendenti, conoscere le loro conversazioni, seguirli nel loro orario di lavoro. A far scoprire la presenza del centro d' ascolto abusivo, una parcella non pagata al responsabile di sicurezza aziendale.



24 maggio

(e. ran.)

La Repubblica


Approfondimenti:





23 maggio 2011

COMMERCIO, UNICOOP TIRRENO «BOCCIATA»



Altra tegola su Unicoop Tirreno


Il Tar respinge il ricorso




Il clima arroventato da elmetti e cannoni di un anno fa non si respira più, ma la guerra del commercio continua. Continua nel silenzio discreto delle aule di tribunale, dove il Centro commerciale Aurelia Antica incassa un punto a favore di Unicoop Tirreno.

La vicenda è nota e ha occupato le cronache cittadine per mesi. A fine anni '90 Unicoop ottiene dal Comune l'ok a realizzare l'Ipercoop in zona Casalone: un centro commerciale, l'unico previsto (nel 2000) dalla Regione. Poco dopo però Comune e Unicoop decidono di trasferire il progetto dall'altra parte della città, al Commendone, per ragioni di viabilità.

L'area del Casalone (ex Fornace Chigiotti) viene dunque vincolata a destinazione artigianale - commercio all'ingrosso, mentre il commercio al dettaglio - col progetto Ipercoop - si prevede al Commendone: due passaggi recepiti nel 2006 dal Piano strutturale. Unicoop, nella prospettiva di costruire al Commendone, cede i fabbricati a Barghi srl, che nel 2007 ottiene dal Comune la volturazione delle licenze edilizie, con termine dei lavori fissato al febbraio 2010.

Barghi comincia a costruire e chiede, in sostanza, l'autorizzazione a fare dell'ex Chigiotti un centro commerciale, forte delle licenze di commercio al dettaglio acquisite a suo tempo da Unicoop e mai cancellate. Il resto è cronaca di scontri furiosi, con Unicoop che ancora non ha il via libera ufficiale per realizzare l'Ipercoop al Commendone (serve una variante anticipatrice al regolamento urbanistico che arriverà solo a fine 2009), scontri nei quali entrano anche le categorie del commercio che - non trovando un accordo con Unicoop per l'accesso al futuro polo in zona Roselle - appoggiano il "polo a sorpresa" dell'ex Chigiotti.

Un braccio di ferro che si combatte anche a colpi di ricorsi al Tar, da un fronte e dall'altro. Uno di questi l'aveva presentato proprio Unicoop, contro il Comune di Grosseto, per bloccare gli atti di voltura delle concessioni edilizie. Per Unicoop il Comune, con quegli atti, aveva commesso falso, violazioni ed eccesso di potere.

Com'è andata a finire? Il cento commerciale al Casalone ha aperto, i lavori per l'Ipercoop non sono ancora iniziati e la settimana scorsa la terza sezione del Tar ha respinto il ricorso, giudicandolo inammissibile.

Secondo i giudici infatti Unicoop non è legittimata a contestare quei provvedimenti, in quanto non è portatrice di interessi commerciali o urbanistici (che potrebbero essere lesi) in quella zona della città. Dunque ricorso respinto e condanna a Unicoop a rifondere le spese legali a Comune, Barghi e Clodia Commerciale, la società che ha acquisito il ramo d'azienda per la vendita al dettaglio dell'Aurelia Antica.


21 maggio 2011

Il Tirreno

I FONDI PENSIONE COOP LITIGANO INVECE DI FONDERSI












In comune hanno lo stesso sistema informativo, lo stesso service amministrativo, la stessa banca depositaria, quasi tutti i gestori finanziari; due su tre hanno addirittura lo stesso logo e la sede nello stesso ufficio. Eppure fondere in un'unica struttura previdenziale Cooperlavoro, Filcoop e Previcooper, i tre fondi pensione del mondo della cooperazione, è stata per anni un'utopia: le fonti istitutive hanno preferito a lungo continuare a mantenere identità distinte.

Poi è arrivata la strigliata di Antonio Finocchiaro, che appena arrivato alla presidenza di Covip (la commissione di vigilanza sui fondi pensione) ha detto chiaro e tondo che i fondi pensione devono unirsi, per migliorare la loro efficienza. Dopo le parole della vigilanza, l'idea che giaceva in un sottoscala è stata rispolverata ed è diventata un dossier; e dopo due anni di gestazione da germoglio si è trasformata in fiore: nelle ultime settimane l'Alleanza delle cooperative italiane, ossia l'organismo unitario che mette insieme Agci, Confcooperative, Legacoop, per mano di Luigi Marino presidente di Confcooperative ha inviato una lettera ai segretari generali delle tre confederazioni sindacali Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, per avviare (tra le varie cose anche) l'unificazione di Cooperlavoro, Filcoop e Previcooper.

Primo passo: la formazione di un gruppo tecnico di progetto chiamato ad elaborare con tempi veloci il piano di aggregazione. Ci siamo finalmente, qualcuno ha detto in Via Carlo Bartolomeo Piazza, 8, Roma, sede di Cooperlavoro e Previcooper (Filcoop è in via Torino, 6, a 2400 metri di distanza). Giusto in tempo di mettere lo spumante nel ghiaccio, in attesa di poter brindare nel giorno clou, che subito i primi sassolini sono entrati nell'ingranaggio.

A gettarli tra le ruote dentate della fusione tra i tre fondi pensione, le dichiarazioni di alcuni rappresentanti sindacali pronunciate nel corso del convegno per il decennale di Fon.Te, fondo pensione del settore commercio, turismo e terziario. I rappresentanti del commercio di Cisl e Uil hanno espresso l'intenzione di aggregare al proprio fondo pensione anche il settore della cooperazione, vista la vicinanza di alcune di queste realtà produttive alla distribuzione.

Inevitabile la rotta di collisione con conseguente battibecco con Flavio Casetti, per molti anni direttore di Cooperlavoro nonchè segretario di Assofondipensione, presente in sala. «La cooperazione è solo un'espressione giuridica», ha detto provocatoriamente Brunetto Boco (Uiltucs Uil).

«Le tensioni tra le rappresentanze del settore commercio rischiano di ricadere su di noi», ha replicato Casetti, facendo riferimento all'accordo separato sottoscritto nel febbraio scorso da Fisascat Cisl e Uiltucs Uil da una parte, e Confcommercio e Confesercenti dall'altra; contraria la Filcams Cgil, che pur gode di un'alta rappresentanza nella categoria.

Fon.Te., lo ricordiamo, ha recentemente assorbito alcuni fondi che non sono riusciti a decollare come Marco Polo (commercio ma istituito da Confesercenti invece che da Confcommercio), Artifond (artigiani) e Previprof (dipendenti studi professionali).

La parola passa ora ai vertici di Cgil, Cisl e Uil per capire se quel granellino gettato nell'ingranaggio può bloccare la fusione tra Cooperlavoro, Filcoop e Previcooper: c pon buona pace dei lavoratori e delle loro pensioni future.



21 maggio 2011

Marco Lo Conte

Il Sole 24 Ore



22 maggio 2011

UNICOOP TIRRENO VUOLE IKEA A LIVORNO, MA PISA E' FAVORITA


La Coop apre sulla soluzione Nuovo Centro per il megastore, ma la strada di Ikea in Toscana sembra dirigersi verso Pisa e dintorni


La vicenda del Nuovo centro di Livorno è complicata e al centro di molte polemiche. Si ricorderà che la famiglia Fremura, propietaria dell'area, vendette ad Unicoop Tirreno tra le polemiche di Esselunga che pur aveva fatto un'offerta migliore.

Ora la Unicoop Tirreno vorrebbe coinvolgere nel nuovo centro Ikea che stanca di aspettare i tempi biblici del Comune di Vecchiano (PI) per le necessarie autorizzazioni, migrerebbe altrove. Un'idea su cui Esselunga lavorava già nel 2009.

Il sogno della traballante Unicoop Tirreno, fresca del terzo bilancio in rosso, sembra però essere già svanito. Il presidente della regione, Rossi, con piglio decisonista, parrebbe orienato a privilegiare l'odiata Pisa. Ben dieci comuni del pisano, infatti, sono il lizza per ospitare la multinazionale svedese. E anche Vecchiano ci riprova!

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La Coop non ha ricevuto alcuna offerta da Ikea per l'area del Nuovo Centro, ma è disposta a parlarne. E già questa è una conferma che l'ipotesi di portare a Livorno la multinazionale svedese è più che un sogno. L'insediamento di Ikea, infatti, sarebbe pienamente compatibile con i progetti della Coop, che è anzitutto interessata al supermercato alimentare.

Il progetto del Nuovo Centro, l'area vicina allo svincolo Livorno Sud della variante, prevede infatti la realizzazione di tre edifici: un centro commerciale non alimentare di 10.430 mq di superficie di vendita, già autorizzato dalla Regione, un supermercato alimentare di 2550 mq di vendita e un megastore di 2500 mq di vendita.

Unicoop Tirreno, nelle prossime settimane, avvierà il cantiere per il supermercato, mentre ad occuparsi del centro commerciale (67 negozi, 5 megastore, ristoranti) non food sarà un'altra società del mondo della cooperazione. Ed è proprio qui che può inserirsi Ikea, utilizzando i 10.430 mq di Svag (l'autorizzazione regionale) per aprire il megastore. Tanto per capirsi: al Nuovo Centro potrebbe nascere l'uno accanto all'altri un supermercato a marchio Coop, un megastore Ikea e un altro megastore più piccolo (2500 mq).

Da Vignale Riotorto, quartier generale di Unicoop Tirreno, giunge una dichiarazione che testimonia un interessamento. «Il nostro progetto va avanti come da programma - spiegano - Se qualcuno è interessato all'area, si faccia pure avanti, nei luoghi e nei modi deputati. Noi siamo disponibili a ragionarne». Ma precisano anche, da Unicoop, che finora Ikea non si è fatta avanti.

Come ha spiegato il sindaco Cosimi l'altro ieri al presidente della Regione Enrico Rossi, Livorno è l'unico Comune insieme a Crespina a possedere la Svag, l'autorizzazione per la grande distribuzione, e ad avere un'area - il Nuovo Centro - immediatamente cantierabile. Di più: i lavori per le opere di urbanizzazione, a carico di Fremura, sono già stati avviati. Per costruire il centro commerciale serviranno 36 mesi. Dunque inaugurazione tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014. Tempi relativamente brevi e soprattutto certi.



21 maggio 2011

(c. m.)

Il Tirreno

21 maggio 2011

82 ESUBERI E TERZO BILANCIO NEGATIVO PER UNICOOP TIRRENO. L'AZIENDA CHIEDE TAGLI E FLESSIBILITA'


La Coop presieduta da Marco Lami (foto) archivia in rosso il terzo bilancio consecutivo

82 esuberi che verranno assorbiti con ammortizzatori sociali e scivoli per il prepensionamento, previo accordo sindacale




Ottandue esuberi, 74 nella sede di Vignale Riotorto, 8 in quella di Terni. Sono questi i numeri che ieri mattina di direttore del personale della Coop Tirreno, Paolo Palmerio (già coordinatore Cgil-Filcams per Unicoop Firenze nei primi anni 90 - nota blog), ha comunicato ai sindacati. Diminuzione dei consumi e calo delle vendite, soprattuto negli Iper, costringeranno la Coop a chiudere anche il bilancio 2010 in rosso, dopo aver perso 24 milioni nel 2008 e 20 nel 2009.

«Ai sindacati stamani non ho portato, né porterò, lettere di licenziamento», rassicura il Palmerio. Ciononostante la Coop è intenzionata a portare avanti il suo progetto di ristutturazione. Il confronto su come saranno gestiti gli esuberi non è neanche cominciato.

I sindacato hanno infatti chiesto di verificare i numeri ufficio per ufficio. Ma i conti in realtà i dirigenti Coop li hanno già fatti. È molto probabile che si faccia ricorso agli ammortizzatori sociali, accompagnando i più anziani, per contributi ed età, al pensionamento. Ma prima occorre passare dalla verifica e da un eventuale accordo.

Ma come è possibile che gli organici si siano gonfiati così tanto da rendere nececessari tagli così drastici? «Quattro anni fa - spiega Palmerio - abbiamo ristrutturato le rete di vendita. Gli iper, secondo il modello francese, erano strutturati come aziende autonome, avevano un'amministrazione separata ed ognuno provvedeva per conto proprio agli acquisti.

Avevamo dieci ipermercati, tutti con la propria struttura contabile e commerciale». La ristrutturazione di quattro anni fa ha dunque alleggerito la rete, ma appesantito il centro di Vignale. «Ne eravamo cosapevoli - sostiene il direttore del personale - ma abbiamo deciso di non procedere ad una ristrutturazione contemporanea per evitare grossi traumi. Ora siamo arrivati al nodo: dobbiamo ridurre i costi centrali».


20 maggio 2011

Il Tirreno



20 maggio 2011

COOP ADRIATICA: ORA ANCHE SERVIZI BANCARI-ASSICURATIVI-FINANZIARI



Dal 1° giugno Coop Adriatica offrirà ai propri soci assicurazione per l'auto, le polizze infortuni, i conti correnti e i mutui per la casa




Ci domandavamo solo come mai nessuno delle Coop della grande distribuzione non lo avesse ancora fatto. Ecco che Coop Adriatica, la più dinamica delle 9 grandi sorelle, da il via ad una serie di servizi finanziari ed assicurativi.

La Coop diretta da Gilberto Coffari ha da sempre avuto un occhio più attento alla finanza rispetto alle altre Coop. Questo passa come è naturale per la partecipazione in Finsoe attraverso la quale Adriatica e altre Coop controllano Unipol, ma soprattutto per IGD (immobiliare grande distribuzione), società controllata dalla Coop bolognese col 41,5% che opera nella compravendita e nelle locazioni dei grandi spazi commerciali. Nell'avventura si è portata dietro anche Unicoop Tirreno (15% delle quote) che per lo meno si tira un pò su con i dividendi di IGD, quotata dal 2005 alla borsa di Milano.


E' evidente che l'idea è buona e l'affare ghiotto. Le sinergie ci sono, basti pensare ad Unipol, a cui qualche impulso nelle vendite di prodotti finanziari ed assicurativi non farebbe certo male, dopo il disastro lasciato dalle smanie espansioniste di Consorte e del PD nazionale.

Il bacino di clienti potenziali è notevole. Al 31 dicembre 2010 i soci di Coop Adriatica erano 1.107.933 e i soci prestatori 229.186, per un prestito sociale di 1 miliardo e 981 milioni di euro. Magari Coop Adriatica vedrà flettere il prestito sociale, i cui rendimenti sono
davvero modesti, per far decollare i servizi assicurativi e bancari, ma vale la pena tentare e fare le cose per bene, nella trasparenza e nel rispetto dei soci, che poi sono prevalentemente gente anziana e poco avvezza a prodotti assicurativo-finanziari esotici. Speriamo che Coop Adriatica non si faccia tentare.

Unicoop Firenze invece dormicchia. La proposta del prestito vincolato a 18 mesi non ci convince e sembra già vecchia. Sarebbe l'ora che mettesse in campo servizi analoghi a quelli di Coop Adriatica dato che fino ad ora l'alleanza con Monte dei Paschi ha dato solo pene e dolori. E che dolori.


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Dal 1° giugno, Coop Adriatica offrirà servizi assicurativi, bancari e finanziari nati in collaborazione con il Gruppo Unipol. Per l'occasione realizzati 5 spazi CoopCiConto, test pilota in altrettanti c.c. con locomotiva Ipercoop

Polizze auto ed infortuni, conti correnti e mutui per la casa: dal 1° giugno l’offerta di Coop Adriatica si amplia a questi primi quattro pacchetti, riservati ai soci della Cooperativa e nati dalla collaborazione con il Gruppo Unipol. Questi prodotti saranno disponibili negli spazi CoopCiConto, nelle gallerie dei centri commerciali Centro Lame e Nova a Bologna, Leonardo di Imola, Esp di Ravenna e I Malatesta di Rimini.

Caratteristiche
Il progetto è stato presentato venerdì 20 maggio, in una conferenza stampa nella sala Eureka! dell’Ipercoop Centro Lame dal presidente di Coop Adriatica Gilberto Coffari e dal direttore Finanza Stefano dall’Ara.
“Con i nuovi servizi di CoopCiConto -ha spiegato Coffari- mettiamo a frutto una sinergia importante con il Gruppo Unipol, di cui siamo soci di riferimento, in modo coerente con la nostra missione”.

Il test
I pacchetti CoopCiConto offrono soluzioni chiare, destinate a crescere nel tempo: i cinque spazi pilota serviranno per testare l’offerta, che sarà estesa a tutta la rete (18 ipercoop e 145 supermercati) e coniugata nei diversi formati .
Nei cinque sportelli consulenti esperti offriranno informazioni, orientamento e assistenza per l’acquisto dei prodotti assicurativi e bancari. Per la consulenza e la vendita, i soci di Coop Adriatica potranno inoltre rivolgersi alle agenzie Unipol Assicoop di Ugf Assicurazioni e alle filiali di Ugf Banca della provincia di Bologna e della Romagna che aderiscono all’iniziativa.

L’offerta
La prima offerta di servizi CoopCiConto prevede due polizze assicurative -auto e infortuni- e due prodotti bancari (conti correnti e mutui) a condizioni particolarmente vantaggiose, eque e trasparenti, pensate per le principali esigenze legate alla persona, all’abitazione e al risparmio. L’assicurazione auto, ad esempio, proporrà la tariffa “a chilometro”, per pagare solo in base alla strada effettivamente percorsa, e garanzie aggiuntive per il risarcimento degli infortuni del conducente, assistenza stradale del veicolo e tutela legale. La polizza infortuni offrirà invece garanzie per la persona e la famiglia, a casa, sul lavoro, in viaggio e nel tempo libero, personalizzabili in base alle esigenze individuali. I mutui per la casa, infine, proporranno cinque diverse soluzioni (tasso fisso, misto o variabile) e sconti sulla polizza per garantire il pagamento della rata anche in caso di eventi imprevisti.

Iniziativa per Libera Terra
Per la vendita di ogni nuovo prodotto CoopCiConto, un euro verrà destinato alle cooperative di Libera Terra che coltivano i campi confiscati alle mafie.


20 maggio 2011

Marina Bassi

GDOWEEK


18 maggio 2011

LEGACOOP: ELETTA LA NUOVA PRESIDENZA NAZIONALE





Sono 18, 4 dei quali donne, i componenti della nuova Presidenza Nazionale di Legacoop eletta questa mattina dalla Direzione dell'associazione cooperativa, nella prima riunione dopo il 38esimo Congresso Nazionale.

L'organismo di vertice di Legacoop e' stato ampliato, rispetto alla composizione precedente, sulla scorta della proposta, contenuta nel documento di indirizzo approvato dal Congresso del 6-8 aprile scorsi, di accrescerne in misura moderata la composizione per assicurare una maggiore partecipazione delle Associazioni di settore, un ampliamento delle presenze regionali riferibili alle macro-aree nazionali e l'ingresso della Presidente della Commissione Pari Opportunita'.

Cinque le "new entries" nel nuovo organismo. Si tratta di Giancarlo Gonella, Presidente Legacoop Piemonte; Alessandra Garavani, Presidente Legacoop Umbria; Vanda Spoto, Presidente Legacoop Campania; Luciano Caffini, Presidente Legacoop Abitanti; Ettore Iani', Presidente Lega Pesca.

Due i vicepresidenti: oltre a Luca Bernareggi, Presidente di Legacoop Lombardia, che ricopriva l'incarico anche nel precedente mandato, e' stata nominata Vanda Spoto, Presidente Legacoop Campania.

Oltre al Presidente Giuliano Poletti ed al Vicepresidente Vicario Giorgio Bertinelli, confermati in occasione del 38° Congresso, della Presidenza Nazionale fanno ora parte: Stefano Bassi, Presidente Legacoop Toscana; Luca Bernareggi, Presidente Legacoop Lombardia; Luciano Caffini, Presidente Legacoop Abitanti; Paolo Cattabiani, Presidente Legacoop Emilia Romagna; Camillo De Berardinis, Presidente Ancd-Conad; Alessandra Garavani, Presidente Legacoop Umbria; Giancarlo Gonella, Presidente Legacoop Piemonte; Dora Iacobelli, Presidente Commissione Pari Opportunita'; Ettore Iani', Presidente Lega Pesca; Giovanni Luppi, Presidente Legacoop Agroalimentare; Paola Menetti, Presidente Legacoopsociali; Enrico Migliavacca, Vicepresidente Vicario ANCC-Coop; Ferdinando Palanti, Presidente Legacoop Servizi; Elio Sanfilippo, Presidente Legacoop Sicilia; Vanda Spoto, Presidente Legacoop Campania; Carlo Zini, Presidente Ancpl-Legacoop.


18 maggio 2011

(AGI)

CRISI CONSORZIO ETRURIA: CASSA INTEGRAZIONE PER 25 LAVORATORI






Esplode la crisi annunciata del Consorzio Etruria. L'azienda, legata a filo doppio ad Unicoop Firenze per la quale ha costruito numerosi punti vendita, è presieduta dal luglio scorso da Riccardo Sani, un
campainiano doc che viene direttamente dal Consiglio di Gestione di Unicoop Firenze.

Gli intrecci tra Unicoop e Consorzio sono molteplici. Come non ricordare il primo presidente dell'allora neonato Consiglio di Gestione, Armando Vanni, che veniva proprio dal Consorzio Etruria? Di Vanni (e Forconi) ricordiamo ad imperitura memoria anche la pessima figura fatta in tv nella vicenda passata alle cronache come i ladri di merende.

Ora la situazione del Consorzio sta deflagrando, nonostante l'affanno di Unicoop: blocco dei lavori e cassa integrazione senza preavviso per 25 dipendenti impegnati nella realizzazione delle cantine Antinori al Bargino; sospeso il cantiere al museo Pecci di Prato dato che il Consorzio Etruria non paga le ditte subappaltatrici; ritardo nell'inizio dei lavori per la linea 2 della tramvia a Firenze, tanto che il sindaco Renzi è intenzionato a chiedere i danni.

Insomma, per il Consorzio Etruria la situzione si fa fosca e suona davvero patetica la smentita delle voci secondo cui il ritardo sulla tramvia è dovuto ai suoi problemi di bilancio: «I nostri conti sono a posto», dicono. La realtà dice tutt'altro.

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San Casciano zona Bargino, fermi i lavori del Consorzio Etruria, 25 lavoratori in cassa integrazione da ieri senza preavviso o programmazione. I sindacati e i lavoratori preoccupati per l’improvviso blocco della realizzazione delle nuove Cantine Antinori. Rifondazione Comunista chiede chiarezza sulle motivazioni e sulle procedure di ammortizzatori sociali e sullo stato economico e patrimoniale del Gruppo societario. Solidarietà ai lavoratori del Consorzio.

"Apprendiamo che da ieri sono stati fermati i lavori per la realizzazione delle nuove Cantine Antinori - spiegano al presidente del Consiglio provinciale David Ermini, Andrea Calò e Lorenzo Verdi - nel comune di San Casciano, al Bargino, 25 operai del Consorzio che lavorano nel cantiere sono in cassa integrazione a partire da lunedì 16 maggio.
La comunicazione del fermo lavorativo è avvenuta senza preavviso o programmazione alcuna, tanto da far preoccupare i sindacati e i lavoratori che sono impegnati nella realizzazione delle nuove cantine. Infatti la comunicazione dell’ingresso in cassa integrazione è avvenuta a fine lavoro di venerdì dicendo che dal lunedì successivo sarebbe scattato il ricorso alla cassa integrazione.

Necessitano risposte chiare ed esaurienti sulla reale situazione del Gruppo e su tutte le procedure che riguardano la tutela e i diritti dei lavoratori, per avere un confronto trasparente e costruttivo. L’atteggiamento del Consorzio Etruria sembra defilarsi dalle proprie responsabilità sottraendosi ad un confronto serio con i sindacati di categoria e derogando dagli impegni assunti per il proseguimento dei lavori. Infatti non risulta aperta con tutte le organizzazioni provinciali di categoria una consultazione sindacale per la cassa integrazione. Rifondazione Comunista chiede di verificare lo stato economico patrimoniale del Gruppo; se la Provincia ha avuto un ruolo e quale, nell’espletamento delle pratiche per l’erogazione delle Cassa Integrazione".

"Nell’ esprimere sostegno e solidarietà ai lavoratori e alle loro famiglie - continuano - chiediamo al Presidente della Provincia e all’Assessore competente di riferire puntualmente sulla vicenda che riguarda il futuro del Consorzio Etruria e sulla decisione da parte del gruppo societario di mettere i 25 lavoratori del cantiere improvvisamente in cassa integrazione. Se l’Amministrazione Provinciale d’intesa con il Comune di San Casciano per quanto di sua competenza si è resa attiva verso il gruppo societario, al fine di costituire un tavolo negoziale, che chiarisca lo stato economico e patrimoniale del Consorzio Etruria al fine di rendere evidenti le motivazioni dell’improvviso blocco dei lavori. Relazioni rispetto agli accordi pregressi e che si impegni a contrastare ogni forma di precarizzazione e parcellizzazione del rapporto di lavoro, mantenendo le 25 unità lavorative. Quali sono le iniziative che l’Amministrazione Provinciale intende intraprendere a sostegno dell’occupazione, salari e redditi".


17 maggio 2011

nove da Firenze

14 maggio 2011

LA DURA VITA DELLE COMMESSE



Poche centinaia di euro, contratti "pericolosi" o direttamente in nero

Alcune sono addirittura socie dei negozi, ma se restano incinte perdono il lavoro




"Siamo quasi tutte donne. N'uomo quando ce l'avrebbe tutta sta' pazienza?". Alessia piega sul bancone una maglietta che mi sono appena provata - stile indiano ma rigorosamente Made in China - in un negozio di Centocelle molto noto tra gli affezionati dell'etnico. "O dici il nome mio o dici il nome del negozio", mi dice quando le spiego che voglio scrivere un articolo sulle commesse. Ha paura, forse, che qualcuno la licenzi. Ma quando glielo chiedo si mette a ridere e mi fa sentire stupida: "E mica ce l'ho un contratto io. Lavoro ad ore". Mi dice che studia all'università e da quando fa le superiori lavora il week end come commessa a 5 euro l'ora. "Se domandi qui in zona mica ce l'hanno tutte il contratto e se ce l'hanno è d'apprendistato oppure part-time, ma per finta. In busta paga hai 600-700 euro e il resto a nero. Se te 'sta bene è questo, oppure vai a lavorà da un'altra parte. È così".

Le chiedo se ha sentito la storia di Sara, la ragazza che lavorava nel negozio Tezenis del centro commerciale Porta di Roma, picchiata dalla datrice di lavoro perché si rifiutava di firmare le dimissioni. Non ne sa niente. Le Iene hanno fatto un servizio sulla sua storia e un gruppo Facebook nato in suo nome ha indetto due sit-in di protesta davanti al negozio, facendolo chiudere. "Hanno fatto bene", dice, e poi non mi dà più retta, comincia a servire un'altra ragazza.

Silvia invece lavora in negozio di vestiti a via del Corso, pieno centro di Roma. Contratto regolare. 1300 euro netti al mese. Tredicesima e malattia. "Ho solo qualche problema per prendermi giorni liberi. E gli straordinari spesso non sono pagati, ma non mi lamento. Ho amiche che lavorano da altre parti e prendono la metà di quello che prendo io, senza poter decidere niente". Le domando se pensa di fare questo lavoro per sempre. Non ne ha idea. "Finché posso. Poi magari con una famiglia sarà difficile lavorare tutti i giorni anche i festivi fino a sera. Ma per ora sono giovane e non mi preoccupo". Ha 27 anni e ha sempre fatto la commessa nello stesso negozio da quando ne ha 19.

Giusy, invece, ha 24 anni e fa la commessa da poco. Prima lavorava in una specie di call center, e prima ancora in una panetteria. "Ma in panetteria avevo orari assurdi", dice, "e al call center ci sono stata poco, nemmeno due mesi. Qui al negozio sto bene. Mi piace il lavoro". È una ragazza sorridente e solare, con l'aria svagata. Dice che studiare non le è mai piaciuto e ha sempre preferito lavorare. Spalanco gli occhi quando mi dice che adesso le danno 500 euro al mese e che i primi tre mesi ne prendeva 400. Ma per lei è normale. "Questi sono i prezzi", dice. Non sa nemmeno spiegarmi che tipo di contratto ha. "Firmo una busta paga da 800 euro al mese e quando lavoro i festivi mi pagano extra. Trenta, certe volte 40 euro". Il negozio è piccolo. Lei è sola ma il proprietario è andato alla posta e tornerà presto. Mi domando se continuerà a piacerle quel lavoro anche tra qualche anno.

Il mondo delle commesse è una specie di vetrina dove sei sempre sotto gli occhi di qualcuno. L'occhio più "pesante" però è quello della proprietaria o del proprietario, per cui dalla tua capacità di vendita e ordine deriva il guadagno. Per alcune è uno stress insopportabile a volte, per altre una cosa normale. Anche se il settore dovrebbe tutelare chi ci lavora con un contratto nazionale, ti rendi subito conto che se chi ti serve è giovane, e soprattutto se si trova in periferia, molto probabilmente non avrà molte tutele, se non nessuna.

In rete riesco a contattare Bruna. 33 anni. Madre di due figli. Ha lavorato da Intimissimi, che fa parte del gruppo Calzedonia Spa, lo stesso di Tezenis, e ha smesso quando ha partorito la prima volta. Mi spiega che lei era una specie di socia del negozio, mi parla di un'associazione in partecipazione di cui alla fine dell'anno a lei spettava il 10% degli utili. "Solo che non ho mai preso una lira visto che in un modo o nell'altro eravamo sempre pari, se non in perdita", racconta. I primi due anni di lavoro li ha fatti con un contratto di apprendistato. 800 euro circa al mese per 40 ore la settimana, senza mai decidere "se una domenica dovevi lavorare o meno". "Mi spostavo da un negozio all'altro, perché il proprietario avevo tre negozi della stessa catena. Andavo anche a Frascati, dove c'era un altro punto vendita. E lì si restavamo aperti fino alle 22. Prendevo l'incentivo notturno, ma non ero libera di rifiutare l'orario". Poi l'azienda Calzedonia ha deciso di assorbire uno dei negozi con tutto il personale, tra cui lei. "Quando sono andata a firmare per il nuovo contratto mi hanno detto che avrei dovuto lavorare direttamente per Calzedonia, invece mi hanno presentato una donna dicendomi che era il mio capo. All'inizio avevo il contratto da commessa regolare, poi mi hanno chiesto di entrare in questa associazione a partecipazione così avrei avuto gli utili e sarei stata più motivata nel lavoro".

Tentata dalla possibilità di maggior guadagno e libertà Bruna accettò. "Era un incubo. Quando vendevi meno dell'anno precedente l'azienda ti mandava la psicologa che ti addossava tutta la responsabilità, dicendo che se vendevi poco significava che eri poco motivata. Diceva sempre: 'Ci devi credere, devi vendere. Quando entra una cliente devi essere convinta che le venderai qualcosa. Altrimenti non succederà'", mi racconta con un po' di ironia. "Pensavo che questo tipo di contratto fosse una cosa buona all'inizio, che mi desse libertà, ma mi sbagliavo. Ero sempre sotto controllo. Avevamo un conta persone all'ingresso del negozio e battevamo uno scontrino personalizzato, che indicava il nome della commessa che aveva portato a termine l'acquisto, così potevano controllare chi vendeva meno delle altre. C'era anche lo scontrino medio di 30 euro, che ti diceva quanto dovevi fatturare all'incirca per ogni persona al giorno. Se entravano 15 ragazzine e compravano solo un paio di mutande non contava niente per loro. Era colpa tua che non sapevi vendere. Ogni sera dovevo telefonare per comunicare l'incasso a una persona che non avevo mai conosciuto ed erano sempre storie sulla motivazione eccetera".

Il contratto di associazione a partecipazione di Bruna non prevedeva la liquidazione né la maternità.
"Quando ero incinta all'ottavo mese mi hanno detto che mi dovevo licenziare. Se non volevo farlo, per mantenere il posto, avrei dovuto trovare un'altra persona e pagarla di tasca mia, visto che ero una socia. Mi avevano assicurato che però dopo la maternità sarei potuta tornare, ma non è stato così". Un contratto a regola d'arte, quello delle commesse-socie, sfruttato in maggioranza dalle grandi catene di negozi.

Abbiamo chiesto un commento a Calzedonia, ma la risposta è stata che l'azienda "per il momento non ha nulla da dichiarare su questo argomento".

Liliana invece ha lavorato in un negozio di sport alla stazione Termini per 4 anni. Alla fine era anche diventata una sorta di responsabile degli altri dipendenti. È stata rapinata tre volte durante il turno di lavoro, una volta con la pistola, due volte con il coltello. Dopo l'ultima rapina ha deciso di andare via. "Ero a nero all'inizio e anche durante la prima rapina. Poi ho firmato un part-time a 700 euro anche se facevo turni perfino di 15 ore al giorno. Il proprietario aveva tre negozi in centro e io facevo l'apertura a due di questi. La promessa era che poi tutto sarebbe migliorato, anche lo stipendio, ma non è mai stato così. Non ho mai potuto scegliere un giorno libero, nemmeno quando mi sono operata a una gamba. I nostri turni erano a incastro e se una persona mancava a me toccava restare perché non c'era nessuno che la sostituiva". Ora Liliana lavora in un bar del Pigneto, a Roma. Si trova meglio e lavora meno ore, anche se non guadagna molto di più.

Mentre penso che forse aveva ragione Alessia, che quello della commessa è una lavoro da donne che hanno più pazienza, entro in una profumeria della Stazione Termini e mi si avvicina un commesso uomo. Non ho voglia di fargli domande sullo stipendio, la produttività e le vendite. Così do un'occhiata e vado via.



13 maggio 2011

Sara Picardo

rassegna.it





MONTE DEI PASCHI, UNIPOL E COSTRUTTORI «ROSSI» PER SPINGERE LA NUOVA TIRRENICA

Autostrade per l'Italia ha ceduto il 69,1% della sua partecipazione in Sat, la società che dovrebbe realizzare e gestire la strada, ad una serie di soci tra cui Mps, le cooperative emiliane e Caltagirone



Arrivano la finanza e i costruttori «rossi» a spingere la realizzazione della Tirrenica. Lo fanno entrando massicciamente nel capitale di Sat, la società che dovrebbe realizzare la nuova autostrada incagliata in opposizioni municipali e ambientaliste, pastoie e problemi finanziari che la nuova compagine, tra l’altro più vicina al territorio e alla politica locale, sembra poter almeno in parte risolvere.

Autostrade per l’Italia di Benetton, che controlla il 94% di Sat (Società Autostrada Tirrenica), cede infatti complessivamente il 69,1% della sua partecipazione a Banca Monte Paschi di Siena, Holcoa (holding di concessionarie autostradali creato proprio per entrare in Sat dai costruttori emiliani Ccc, Cmb di Carpi, Cmc di Ravenna e Unieco, Cooperare e Ugf Merchant che è la banca d’affari del gruppo bolognese Unipol), Vianco (partecipata al 100% da Vianini Lavori del Gruppo Caltagirone, il cui patron è a sua volta socio di Mps), Società Autostrada Ligure Toscana (Gruppo Sias). Il controvalore per la cessione ammonta a 67,7 milioni di euro.

Autostrade per l’Italia continuerà ad essere primo azionista di Sat con il 24,89%, seguita da Holcoa 24,89%, Vianco 24,89%, Mps 14,94%, Società Autostrada Ligure Toscana che, essendo già azionista di Sat al 5,57%, acquistando un ulteriore 4,38% raggiunge il 9,95%. La Sat è concessionaria del tratto autostradale in esercizio A12 Livorno-Rosignano (circa 37 chilometri) e ha la concessione a completare e poi gestire l’A12 Livorno — Civitavecchia per circa 206 km, di cui un primo lotto di 4 chilometri tra Rosignano e San Pietro in Palazzi è in costruzione. A marzo 2011 è stato presentato il progetto definitivo dell’opera, che prevede un importo complessivo di investimenti stimato in circa 2 miliardi di euro.

Il taglio dal progetto di opere accessorie per migliorare la viabilità locale, motivato da Sat con la riduzione delle risorse, aveva provocato la protesta dei presidenti delle Province di Livorno e Grosseto, Kutufà e Marras, che avevano chiesto di togliere a Benetton il business della Tirrenica. L’ingresso dei nuovi soci dovrebbe facilitare il dialogo con Sat per migliorare il progetto e accelerarne la realizzazione. Dalla Regione giudicano quello annunciato ieri come «un normale riassetto societario, che non dovrebbe avere ripercussioni negative ma semmai positive nella realizzazione della Tirrenica». Il trasferimento delle azioni ai nuovi soci è comunque subordinato ad alcune formalità: le autorizzazioni di Anas e dell’autorità Antitrust, la procedura per l’eventuale esercizio del diritto di prelazione dei soci di minoranza.


14 maggio 2011

La Repubblica.it


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