Poletti, presidente di Legacoop : «Siamo prima di tutto imprese. Se vuole una formula le dico che ci sentiamo cugini della Confindustria e controparti della Cgil. Non il contrario»
Noi che in Coop ci lavoriamo, lo diciamo da sempre che così dovrebbe essere, ma che certo non è.
Peccato che non lo abbia detto prima la Filcams-Cgil del confuso segretario Martini. Questo dimostra la sudditanza di quel sindacato e dei confederali in genere nei confronti delle Coop.
E' ora più chiara la difficoltà delle parti in alcuni contratti integrativi in corso e il declinare responsabilità e grane al prossimo CCNL che si preannuncia assai complesso
E' ora più chiara la difficoltà delle parti in alcuni contratti integrativi in corso e il declinare responsabilità e grane al prossimo CCNL che si preannuncia assai complesso
Sostiene Giuliano Poletti, presidente di Legacoop : «Siamo prima di tutto imprese .
Se vuole una formula le dico che ci sentiamo cugini della Confindustria e controparti della Cgil .
Non il contrario».
S'avvicina l'appuntamento del 27 gennaio quando a Roma nascerà l'Alleanza delle cooperative italiane, un coordinamento della rappresentanza delle tre grandi centrali (Lega, Confcooperative e Agci) . Attenzione però per Poletti e i suoi non è solo il coronamento dell'unità
associativa della categoria e un rafforzamento della lobby, ma qualcosa di più, una piccola Bad Godersberg. Un'occasione per riscrivere l'alfabeto della cooperazione e ricollocare in chiave moderna parole come impresa, mercato, capitalismo. Ed escluderne un'altra: collateralismo.
Spiega Poletti che «per il nostro mondo inizia una navigazione in un mare aperto, stiamo separando i nostri destini imprenditoriali da qualsiasi riferimento ideologico». La cooperativa tornerà ad essere «solo» la forma organizzativa di un gruppo di persone che per fare impresa decidono di condividere responsabilità, rischi e vantaggi e sostengono questa loro scelta con un robusto retroterra valoriale . «In passato la politica ci ha chiesto di incarnare una sorta di terza via tra Stato e mercato, di creare addirittura le condizioni in Italia per il superamento del capitalismo, ebbene tutto ciò ce lo siamo lasciati alle spalle. Siamo una forma di impresa privata. Esagerando, le dico, che somigliamo a delle public company che rispondono alle comunità locali, a cui lasciano una larga fetta dei profitti . E comunque i vantaggi e gli svantaggi che derivano dall'essere giuridicamente una cooperativa si compensano, non siamo certo sussidiati».
Spariscono dunque le cooperative rosse, un pezzo della storia del Novecento italiano.
«E' cambiato quasi tutto, a livello internazionale e qui da noi e di conseguenza la rappresentanza doveva evolvere . Le divisioni storiche non hanno più ragion d'essere» .
Ma se il rosso scolora significa anche che vengono quelle corsie preferenziali così diffuse nelle regioni rosse e che hanno permesso alle Coop di avere un occhio di riguardo per concessioni e appalti? Poletti non nega il passato e spiega come fosse il segno di «un modello malato nel quale le organizzazioni economiche alla fine appartenevano a precisi schieramenti politici».
Le amministrazioni si trovavano di fronte imprese che rendevano concrete le istanze sociali della sinistra e nel contempo si mostravano efficienti, «e un sindaco rosso non poteva chiedere di più dalla vita». Ma, assicura il presidente, che se il collateralismo ha garantito corsie preferenziali in Emilia, in altre regioni o in altri ambienti ha generato esclusione . «L'Unipol è nata proprio perché nessuno voleva assicurare le nostre imprese e ci siamo fatti la compagnia da soli». Ora, continua Poletti, chiediamo solo pari opportunità e abbiamo l'ambizione di presentarci sul mercato come un insieme di imprese capaci di risolvere i problemi . Meno ideologia equivarrà in futuro, secondo il presidente, a più consenso attorno alle cooperative. «Specie con la crisi dello Stato-provvidenza e della formula tassa-e-spendi la cooperazione vuol dire assunzione di responsabilità da parte dei singoli». Come un consulente con partita Iva si mobilita individualmente e accetta il rischio di mercato, così i cooperatori si mobilitano uniti per creare lavoro.
E chi l'ha detto che il primo deve essere per forza di destra e i secondi invece di sinistra?
Poletti è un dirigente coraggioso e alla domanda successiva ovvero cosa sceglie tra antropologia positiva e indignazione, un nodo che il Pd si trova davanti ancora in questi giorni , non ha dubbi: «Scelgo la prima perché cambia le persone. Antropologia positiva per me è un muratore in pensione che decide di lavorare gratis per la sua comunità ed è contento anche se magari gli danno solo cinque biglietti dell'autobus» .
Restano da interpretare i comportamenti elettorali. Una volta era scontato che partito votassero i cooperatori rossi, ora invece? Non ci sono studi ad hoc ma si stima che solo il 6o% voti centrosinistra e ci sono persino dirigenti della Lega Coop che hanno dichiarato pubblicamente di votare Lega Nord. Poletti lo racconta e non si stupisce nemmeno un po'.
23 gennaio 2010
Dario Di Vico
Il Corriere della Sera
Non il contrario».
S'avvicina l'appuntamento del 27 gennaio quando a Roma nascerà l'Alleanza delle cooperative italiane, un coordinamento della rappresentanza delle tre grandi centrali (Lega, Confcooperative e Agci) . Attenzione però per Poletti e i suoi non è solo il coronamento dell'unità
associativa della categoria e un rafforzamento della lobby, ma qualcosa di più, una piccola Bad Godersberg. Un'occasione per riscrivere l'alfabeto della cooperazione e ricollocare in chiave moderna parole come impresa, mercato, capitalismo. Ed escluderne un'altra: collateralismo.
Spiega Poletti che «per il nostro mondo inizia una navigazione in un mare aperto, stiamo separando i nostri destini imprenditoriali da qualsiasi riferimento ideologico». La cooperativa tornerà ad essere «solo» la forma organizzativa di un gruppo di persone che per fare impresa decidono di condividere responsabilità, rischi e vantaggi e sostengono questa loro scelta con un robusto retroterra valoriale . «In passato la politica ci ha chiesto di incarnare una sorta di terza via tra Stato e mercato, di creare addirittura le condizioni in Italia per il superamento del capitalismo, ebbene tutto ciò ce lo siamo lasciati alle spalle. Siamo una forma di impresa privata. Esagerando, le dico, che somigliamo a delle public company che rispondono alle comunità locali, a cui lasciano una larga fetta dei profitti . E comunque i vantaggi e gli svantaggi che derivano dall'essere giuridicamente una cooperativa si compensano, non siamo certo sussidiati».
Spariscono dunque le cooperative rosse, un pezzo della storia del Novecento italiano.
«E' cambiato quasi tutto, a livello internazionale e qui da noi e di conseguenza la rappresentanza doveva evolvere . Le divisioni storiche non hanno più ragion d'essere» .
Ma se il rosso scolora significa anche che vengono quelle corsie preferenziali così diffuse nelle regioni rosse e che hanno permesso alle Coop di avere un occhio di riguardo per concessioni e appalti? Poletti non nega il passato e spiega come fosse il segno di «un modello malato nel quale le organizzazioni economiche alla fine appartenevano a precisi schieramenti politici».
Le amministrazioni si trovavano di fronte imprese che rendevano concrete le istanze sociali della sinistra e nel contempo si mostravano efficienti, «e un sindaco rosso non poteva chiedere di più dalla vita». Ma, assicura il presidente, che se il collateralismo ha garantito corsie preferenziali in Emilia, in altre regioni o in altri ambienti ha generato esclusione . «L'Unipol è nata proprio perché nessuno voleva assicurare le nostre imprese e ci siamo fatti la compagnia da soli». Ora, continua Poletti, chiediamo solo pari opportunità e abbiamo l'ambizione di presentarci sul mercato come un insieme di imprese capaci di risolvere i problemi . Meno ideologia equivarrà in futuro, secondo il presidente, a più consenso attorno alle cooperative. «Specie con la crisi dello Stato-provvidenza e della formula tassa-e-spendi la cooperazione vuol dire assunzione di responsabilità da parte dei singoli». Come un consulente con partita Iva si mobilita individualmente e accetta il rischio di mercato, così i cooperatori si mobilitano uniti per creare lavoro.
E chi l'ha detto che il primo deve essere per forza di destra e i secondi invece di sinistra?
Poletti è un dirigente coraggioso e alla domanda successiva ovvero cosa sceglie tra antropologia positiva e indignazione, un nodo che il Pd si trova davanti ancora in questi giorni , non ha dubbi: «Scelgo la prima perché cambia le persone. Antropologia positiva per me è un muratore in pensione che decide di lavorare gratis per la sua comunità ed è contento anche se magari gli danno solo cinque biglietti dell'autobus» .
Restano da interpretare i comportamenti elettorali. Una volta era scontato che partito votassero i cooperatori rossi, ora invece? Non ci sono studi ad hoc ma si stima che solo il 6o% voti centrosinistra e ci sono persino dirigenti della Lega Coop che hanno dichiarato pubblicamente di votare Lega Nord. Poletti lo racconta e non si stupisce nemmeno un po'.
23 gennaio 2010
Dario Di Vico
Il Corriere della Sera
Nessun commento:
Posta un commento