La crisi della rappresentanza non è uguale per tutti. Anzi. Picchia duro nell'industria, nei suoi sindacati e nella centenaria Confindustria. Con il caso Fiat-Chrysler la globalizzazione è entrata per la prima volta, e con prepotenza, anche nelle relazioni industriali. Così non è più detto che la strada dei rapporti sociali sia prevalentemente nazionale. Nell'incertezza c'è chi corre ai ripari, rafforzandosi, mettendo un po' di fieno in cascina, superando le vecchie barriere ideologiche, gli antichi legami culturali e gli apparentamenti partitici del secolo passato. I grandi raggruppamenti delle cooperative italiane hanno deciso di cominciare a mettersi insieme. Si chiamerà l'"Alleanza delle cooperative" oppure la "Federazione delle cooperative". Il nome uscirà prima del 26 o 27 gennaio quando a Roma verrà pubblicamente celebrato il patto tra Lega Coop (le cooperative rosse), la Confcooperative (le bianche) e l'Agci (le laiche).
Alleanza molto graduale, ma che in ogni caso chiude con la stagione delle divisioni politiche e anche con quella, più recente, dello scontro tra "coop bianche" e "coop rosse" provocato dal tentativo di Unipol (Lega) di lanciare un'opa sulla "Banca nazionale del lavoro". Si volta pagina e la nascente Alleanza riguarderà il centro e non le aree regionali, non intaccherà i rispettivi organigrammi né i patrimoni di ciascuno. Si comincerà con una sorta di portavoce unico (come hanno già fatto con "Rete Imprese Italia" i commercianti e gli artigiani) in particolare nel rapporto con il governo nazionale e gli organismi comunitari di Bruxelles. La lobby delle cooperative punta a fare massa critica, a far pesare insieme le sue 43 mila imprese (dall'agro-alimentare alla grande distribuzione, dalle banche alle costruzioni fino alle cooperative dei servizi alla persona) con 1,1 milioni di lavoratori e un fatturato superiore a 125 miliardi di euro l'anno.
31 dicembre 2010
POTERI FORTI - Roberto Mania
La Repubblica.it
Le principali associazioni cooperative
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