In pratica le associazioni datoriali hanno chiesto di ridurre le ferie e non pagare i primi tre giorni di malattia ai dipendenti del settore commercio food e no food.
Tutti aperti in attesa che qualcosa cambi. E magari nella speranza che l’irresistibile richiamo dello shopping in saldo attiri più turisti delle bellezze fiorentine. Ma è la quarta domenica (la terza con gli sconti) di gennaio, mese prodigo di week end: ben cinque. Uno stillicidio per i commessi del centro, che si stringono nelle spalle. «Stiamo battagliando da mesi — dice un’addetta alle vendite di Coin, raccomandando di non scrivere il suo nome — siamo scoraggiati; nei giorni scorsi l’azienda ha persino messo in bacheca una lettera che ci intima di non parlare con nessuno della nostra organizzazione del lavoro e tantomeno con la stampa».
LA CIRCOLARE interna segue il rigetto del piano dei festivi, presentato dalle Rsu aziendali per “spalmare” le domeniche su tutti i dipendenti, in modo da concederne una libera al mese ai 27 commessi che hanno l’obbligo domenicale. Ma l’azienda ha detto di no, probabilmente perché una domenica viene pagata il 30% in più a chi ha il nuovo contratto (con obbligo domenicale), mentre a chi ha il vecchio verrebbe pagata circa il 100% in più (calcolano i dipendenti), e fa maturare anche un giorno di riposo. Un abisso. Tanto più incolmabile quanto più i rapporti fra Rsu e azienda si sono irrigiditi.
«Dietro le tensioni — ventilano alcuni dipendenti Coin — c’è la partita del rinnovo del contratto nazionale, arenato sul “teorema Marchionne”». In pratica le associazioni datoriali hanno chiesto di ridurre le ferie e non pagare i primi tre giorni di malattia ai dipendenti del settore commercio food e no food. Ma questa è un’altra storia. Ed è tutta da scrivere. Tornando alle aperture domenicali fiorentine, il nodo si scioglie quando da Coin si passa all’altro colosso: La Rinascente, dove le domeniche vengono “spalmate” su tutti i dipendenti, creando indirettamente una turnazione.
DA ZARA bocche cucite tra dipendenti e responsabile del negozio di piazza della Repubblica, che rimandano agli uffici di Milano per qualunque informazione. Ma il rebus è presto spiegato: «I sindacati non hano peso — chiosa Pietro Baio segretario regionale Uiltucs Uil —. Lì abbiamo pochi iscritti, i giovani non hanno più coscienza dei loro diritti. Trattandosi di contratti recenti, anche da Zara è previsto l’obbligo del lavoro nei festivi e questo fa sì che ogni domenica ci sia una quota di dipendenti che, a turno, non lavora».
Nessuna turnazione invece all’Oviesse (gruppo Coin) di via Panzani, dove le domeniche ricadono sulle spalle di nuovi assunti e contratti a termine. «Lavoro tutte le domeniche — dice una commessa — mi piacerebbe averne una libera al mese, ma non chiedo niente per paura che non mi rinnovino il contratto». Chi dice di non avere problemi a lavorare la domenica è il personale del supermarket Billa, in via Pietrapiana. «Ci pagano di più — osserva Angelo Brasile, uno dei responsabili — poi facendo i turni non lavoriamo tutti le domeniche».
«TRIBOLIAMO solo con la Coin di via dei Calzaiuoli — conclude Baio — gli altri, compreso l’outlet di Barberino e Ikea, hanno dei contratti integrativi che garantiscono il riposo almeno una domenica al mese». Nessun problema, invece, per la Coin del centro commerciale I Gigli e le sedi Oviesse fuori dal centro storico, che possono stare aperte solo una domenica al mese. Capitolo a parte i piccoli negozi del centro con uno o due dipendenti, dove il “privilegio” di una domenica libera al mese è demandato al cuore (non sempre grande) del piccolo commerciante. E spesso, lamentano i commessi, non c’è nemmeno lo “zuccherino” dello straordinario ad alleviare il distacco del giorno di festa lontano da casa. E dalla famiglia.
23 gennaio 2011
Agata Finocchiaro
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