16 settembre 2014

INDAGINE UNIPOL A TORINO, MA PER ERRORE

AD UnipolSai Carlo Cimbri
L’indagine sulla fusione UnipolSai è stata strappata alla Procura di Milano e mandata a quella di Torino sulla base di un clamoroso errore della Procura generale della Cassazione: non ha tenuto conto che la pena per la manipolazione di mercato, che era da 1 a 6 anni, nel 2005 è stata raddoppiata, da 2 a 12 anni.
 
 
LA VICENDA ha origine nel giugno 2014, quando tra i pm di Milano (Luigi Orsi) e Torino (Vittorio Nessi e Marco Gianoglio) scoppia un conflitto per chi deve condurre l’indagine sulla fusione tra Unipol e Fonsai. Venerdì 12 settembre la procura generale della Cassazione comunica che dev’essere Torino. E lo motiva in un decreto di 12 pagine firmato dal sostituto procuratore generale Aldo Policastro, il quale spiega che entrambe le sedi giudiziarie procedono ipotizzando a carico di alcuni indagati, tra cui l’amministratore delegato di UnipoSai Carlo Cimbri, il reato di manipolazione di mercato (articolo 185 del Testo unico finanziario, pene da 1 a 6 anni), ma Torino ci aggiunge anche le false comunicazioni sociali (articolo 2622 del codice civile, pene da 2 a 6 anni).

Questo è il reato più grave, sostiene Policastro, poiché ha una pena minima più alta dell’altro. E “la competenza per territorio appartiene al giudice, e quindi al pm, competente per il reato più grave”. Ecco perché vince Torino: “La competenza territoriale in ordine a tutte le imputazioni e quindi a entrambi i procedimenti è della procura di Torino”. Peccato che il sostituto procuratore generale della Cassazione non abbia consultato un codice, o anche solo Google: le pene per la manipolazione di mercato, cioè per l’aggiotaggio informativo, sono state raddoppiate dalla legge 262 del 2005, che ha portato la pena massima a 12 anni. Così crolla miseramente l’argomentazione del decreto, che comunque per ora non è appellabile. La questione potrà essere riproposta soltanto davanti al gip.

Il pg della Cassazione, comunque, non si ferma qui e, arrivato a pagina 7 del suo decreto, scrive che “per evitare ulteriori possibili contrasti, qualora venga esclusa nel corso delle indagini preliminari il reato di false comunicazioni sociali” (da lui erroneamente ritenuto più grave), affronta anche la questione della “competenza territoriale per il delitto di aggiotaggio”. Anche in questo caso, sostiene Policastro, vince Torino, contro Milano che (forte di precedenti quali Parmalat, Antonveneta, Mps) sostiene che l’aggiotaggio si consuma quando le notizie false vengono diffuse al mercato attraverso la piattaforma informatica Nis della Borsa di Milano. Il pg nega invece questa ipotesi. Dopo aver sostenuto che: “il mercato non è altro che lo spazio pubblico e non può essere ridotto solo al luogo della contrattazione borsistica”; che il reato si consuma “nel momento in cui la condotta (notizie false o altri artifici) esce dalla sfera del soggetto attivo del reato” quando questo “decide di palesare all’esterno la condotta decettiva (non veritiera, ndr) con qualsiasi mezzo”; e che “l’inserimento sul sito di una importante società è mezzo di diffusione quantomeno di pari efficacia rispetto alle comunicazioni inviate via Nis”; a pagina 11 giunge alle sue (discutibili) conclusioni. È competente Torino perché il primo reato, ossia la diffusione del comunicato sulla semestrale Fonsai al 30 settembre 2012, è avvenuto “il 13 novembre 2012 a Torino, sede dell’ufficio Investor Relation… ove è stato diffuso un comunicato… mediante l’invio concomitante al Nis (alle ore 20.11) e alla mailing list dedicata alla comunità finanziaria”. Non è rilevante, per il pg, se “l’invio al Nis sia stato anteriore o successivo a quello della mailing list, essendo rilevante l’invio da parte di Fonsai”, dunque alle 20.11 a Torino, “e non l’ulteriore inoltro da parte del Nis” al mercato, alle 20.12, a Milano.
 
 
 
16 settembre 2014

Gianni Barbacetto

Il Fatto Quotidiano
 

 

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