13 gennaio 2010

COOP, LA GALASSIA 'ROSSA' TORNA ALLE ORIGINI




Finiti i sogni di grandezza di Consorte, ora la Lega delle Cooperative consolida i propri campioni nei grandi settori industriali.


E torna a promuovere la nascita di cooperative per chi esce dalle fabbriche: e oggi sono tecnici e professionisti
.

«Trovatemi un’altra realtà economica che nella crisi del 2009 non ha perso occupati, né ridotto fatturati». E’ un sorriso di sfida la reazione di Giuliano Poletti al tormentone che vuole la sua Legacoop, un gigante economico con un volume d’affari di 56 miliardi all’anno, e un esercito di mezzo milione di occupati, certo, ma anche un nano politico, senza strategia, eternamente in mezzo al guado, dopo la terribile caduta con cui si è concluso il grande sogno di una banca. Allora, nel 2005, la scalata alla Bnl lanciata dal padrepadrone dell’Unipol Giovanni Consorte aveva suscitato un movimento febbrile: dagli ipermercati dell’EmiliaRomagna al gigante del latte Granarolo, dai costruttori di Ccc, Coop Sette, Unieco, Cmc, ai ristoratori della Camst e alle imprese di pulizia di Manutencoop, tutti erano accorsi con le loro truppe e con milioni di euro.

I toscani, è vero, si erano messi alla finestra di una scalata che non piaceva ai senesi del Monte dei Paschi e a Turiddo Campaini, altro padronepadrone da decenni alla guida di Unicoop Firenze. Ma il grido «abbiamo una banca» aveva il sapore, per tutti o quasi, della conquista della Champions League per una squadra da sempre condannata a navigare nelle parti basse della classifica. L’Icaro Consorte, però, si bruciò le ali: precipitò e si infranse il sogno dell’impero che aprì la strada al ritorno nelle aziendefeudo della cooperazione rossa. Ciascuno a leccarsi le ferite e sistemare le cose in casa propria, a pensare ai carrelli suoi, ai mattoni suoi, lontano dai giochi della finanza.

Autarchici fino a un certo punto, tuttavia. La Manutencoop di Claudio Levorato, abbandonata appena in tempo l’idea di sbarcare in Borsa, in piena recessione, con un investimento da 270 milioni, ha acquisito la Pirelli Facility Management ed oggi è il più grande gruppo non solo nelle pulizie, ma anche nella gestione di grandi immobili con più di 16mila dipendenti e fatturati in crescita fino a quota 1,2 miliardi.

Un caso isolato? Il Ccc di Piero Collina, che ha firmato il restauro della Scala e gli impianti per le olimpiadi di Torino, ha appena scavalcato Impregilo per volume di commesse pubbliche e private. Anche il Consorzio Cooperative di Costruzione, la cui sede nuova di zecca è stata inaugurata da Massimo D’Alema, nel 2009 non ha avuto crolli, anche se il 2010 si presenta come un terribile punto di domanda per chi lavora nelle infrastrutture.

Non è da meno il gruppo Granarolo, azienda leader nel latte fresco in Italia che, dopo aver ingoiato Yomo, ha impiegato due anni per rimettere in ordine il conto economico finito in sofferenza, un’opera di riorganizzazione portata fino in fondo dal costruttore Luciano Sita, prima di lasciare il testimone a Gianpiero Calzolari per entrare nella giunta di Bologna del sindaco Delbono.

Aziende leader e non solo in piccole nicchie. E’ il caso di Unipol gruppo finanziario che dopo le spericolate operazioni di Consorte, quattro anni fa ha puntato sul mite Pierluigi Stefanini (ex Coop Adriatica, la seconda azienda coop nella distribuzione) e chiamato dal gruppo Unicredit un gentleman della finanza come Carlo Salvatori. Dopo le pulizie interne, soprattutto sul fronte bancario, tra Natale e Capodanno Unipol ha annunciato l’acquisizione dalla Bper e dalla Popolare di Sondrio, del 60% di Arca Vita Spa per un esborso di 274 milioni. Anche se c’è chi ha visto nell’uscita di scena di Salvatori, che verrà sostituito da Carlo Cimbri, un ritorno all’antico al vertice del palazzo nero di via Stalingrado.

Aziende sempre più potenti, ma quasi autoreferenziali, ognuna per i fatti suoi, come prima dell’operazione Bnl. Anche per questo nel mondo coop figlio di una tradizione solidale e mutualistica, a un anno dall’uscita di scena di Poletti, è tornato il vecchio disco: dove stiamo andando? Non c’è conciliabolo di cooperatori nel quale non si ripeta la litania: Consorte ha fatto errori gravi, ma almeno lui un progetto l’aveva.

Poletti, imolese tutto d’un pezzo, con il cursus honorum che il ruolo impone (assessore in comune, negli anni Ottanta segretario del Pci di Imola, poi vent’anni di scalata nella Lega, provinciale, regionale e nazionale) tiene il timone dalla fine del 2002. Aveva già le valigie pronte quattro anni fa, quando per la successione si faceva il nome di Sita, ma la tempesta Unipol-Bnl suggerì prudenza. L’ultimo nome che si era affacciato, quello di Stefanini, è uscito definitivamente dal toto presidente assieme all’annuncio del ritiro di Salvatori. Sarà verosimilmente Poletti, dunque, a gestire la ricerca del successore.

Così quando gli chiedono dove vanno le coop rosse, un po’ piccato il presidente della Lega ricorda che cosa è successo in questi anni. «E’ accaduto che le coop, che rappresentano il 78% del Pil, hanno dimostrato più resistenza e tenacia di altri nella crisi», ribatte. Per Poletti certe domande sono figlie di un complesso di inferiorità. «Per anni ci hanno raccontato che eravamo vecchi e arretrati, incapaci di grandi dimensioni, poco dinamici. Ci avevano quasi convinti che tutto dipendeva dalla finanza. Ma era così? Ne siamo ancora convinti dopo questa crisi che spinge i mastodonti del credito a riscoprire le piccole dimensioni?».

La verità, per Poletti, è che in silenzio e lontano dai riflettori la Legacoop qualcosa che assomiglia ad una merchant bank l’ha già costruita: si chiama Cooperare e parte con un fondo da 220 milioni per aiutare la crescita delle coop con qualche potenzialità. Perché non solo ai grandi intende pensare la Lega: ci sono 15 mila imprese associate, 550 nate nell’ultimo anno, nonostante la crisi. E in settori che vent’anni fa non esistevano, le cooperative sociali, quelle che si curano degli anziani e gestiscono le scuole, oggi ci sono 2 mila imprese che occupano 100 mila persone. Quanto alle dimensioni, «contano», riconosce Poletti, «ma attenti a non mitizzarle, altrimenti non si capirebbe come mai la Coop Estense, da sola, ha appena rilevato 4 ipermercati di Carrefour in Puglia e Basilicata».

Oggi, per Lega, le priorità sono altre.
Primo: da difendersi dalla crisi che sta mettendo in difficoltà le coop industriali e quelle delle costruzioni. Drammatica, nella logistica, la situazione per facchini e trasportatori.
Secondo: creare nuove società del sapere, mettendo insieme architetti, professionisti, tecnici espulsi dal processo produttivo: «E’ così che sono nate le grandi cooperative, dando una risposta ai lavoratori espulsi dalle fabbriche, quando le aziende chiudevano le mense e appaltavano le pulizie all’esterno». Il futuro ora è questo. E l’obiettivo di Legacoop è dar vita a mille nuove coop in tre anni. «Torniamo a fare un mestiere antico dice Poletti nell’Italia di oggi è il massimo della modernità».

10 gennaio 2010

La Repubblica - Affari & Finanza

Luciano Nigro

Già nel 2007 Luciano Nigro scriveva: La pattuglia dei manager rossi


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