IL PATTO DELLA FONTANELLA
Anche il presidente di Coop Centro Italia, Giogio Raggi, si schiera a favore di una spa ad azionariato popolare che controlli la gestione dell'acqua.
Nella foto il presidente delle Toscana, Rossi, con Campaini (Unicoop Firenze) e De Angelis (Publiacqua) all'inaugurazione della fontanella del centro commerciale Gavinana.
L'evento faceva parte dell'iniziativa delle Coop Acqua di casa mia, in cui si cerca di sensibilizzare il cittadino all'uso dell'acqua del rubinetto.
Recentemente il presidente Rossi ha parlato di una privatizzazione (nonostante l'esito referendario) che passi però attraverso una società ad azionariato diffuso e che veda coinvolte anche le Coop.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . * * *
In principio fu la Littizzetto.
Era cominciato tutto con la campagna delle Coop a favore dell'acqua del sindaco, con la Littizzetto che si inciuccava con un bicchierone appena riempito dal rubinetto.
Nell'iniziativa si sostiene che l'acqua del rubinetto è buona ed economico berla. La campagna ebbe subito un infortunio, poiché pochi giorni dopo, neanche a farlo apposta, arrivava un'ordinanza dell'Unione Europea che negava al ministro della salute la deroga ai limiti di potabilità dell'acqua pubblica e ne vietava l'uso alimentare in 128 comuni per la presenza di sostanze come l'arsenico che considera dannoso per la salute se superiori ai 10 microgrammi di per litro, come nei casi presi in esame.
Poco male. Le Coop mosse da nobili principi vanno avanti. Nell'ottobre scorso, il governatore della Toscana Enrico Rossi, scende in campo e insieme al presidente di Unicoop, Turiddo Campaini, inaugura una fontanella nel centro commerciale di Gavinana. Presente anche il presidente di Publiacqua Spa, Erasmo de Angelis, già Presidente della Commissione Territorio e Ambiente del Consiglio della Regione Toscana (nella foto).
Intanto i referendum si avvicinano e quelli sull'acqua rischierebbero di incasinare le carte anche in casa PD, che sulla gestione dell'acqua ha l'idee chiare da un pezzo, a sentire il Bersani del 2008 che affermava: «un conto sono le infrastrutture, che devono essere pubbliche, e un conto la gestione delle stesse, che possono, anzi devono andare a chi le sa utilizzare al meglio».
Pochi credono comunque che i referendum rappresentino un pericolo. Il governo potrebbe legiferare vanificando il ricorso alle urne e in ogni caso il quorum (altissimo per le attuali percentuali d'astensionismo che ci rendono di fatto una democrazia che, almeno in questo particolare aspetto, è in linea con quelle più avanzate) appare irraggiungibile anche per i più ottimisti. La convinzione è trasversale, va dalla maggioranza al PD, come trasversale fu l'ironia che aveva accompagnato i referendari nella raccolta delle firme.
Poi arriva l'incidente di Fukushima ed il clima politico cambia. Pare proprio che stavolta il quorum sia alla portata. Ciò nonostante nel PD c'è la consueta e peculiare incertezza sul tema dell'acqua pubblica anche se la voglia di cavalcare politicamente il vento favorevole pare avere il sopravvento, fino a dichiarazioni che possono apparire singolari, ma che invece hanno un preciso progetto.
Il governatore della Toscana Rossi, ad esempio, pochi giorni prima del voto annuncia i suoi quattro «si», quindi si dichiara favorevole anche all'abrogazione delle norme che permettono la privatizzazione della gestione dell'acqua e la possibilità di un profitto. Contemporaneamente però, lancia un segnale divergente (caratteristica piuttosto ricorrente nel partito a cui appartiene) sostenendo una specie di terza via, un progetto che ha in serbo per il prossimo luglio in cui il Presidente della Toscana vorrebbe far entrare direttamente i cittadini nella gestione dell'acqua, trasformando le comunità in public company o in tante cooperative.
Ed ecco che il privato, uscito dalla porta con i referendum, si riaffaccia alla finestra. Tra l'altro nel progetto Rossi si parla anche di Coop e quelle della grande distribuzione hanno un gran bisogno di differenziare i propri investimenti dato che l'attività principale consente loro ricavi sempre più risicati o bilanci negativi (Unicoop Tirreno) e le costringe ad uscire dal format iper rinunciando alla competizione sui prodotti non food.
Ecco che il cerchio, cominciato con la buona Littizzetto, si chiuderebbe nelle spire del patto della fontanella di Gavinana, tra Campaini, Rossi e Publiacqua.
La cosa non è certo sfuggita al presidente di Coop Centro Italia, Giorgio Raggi, la cui cooperativa è presente, oltre che in Umbria ed in altre zone, anche in parte della Toscana. Anche lui parla apertamente di azionariato popolare (che è tipico di alcune società sportive ed è diverso dal cosiddetto azionariato diffuso, ma in questa fase i termini sono secondari e popolare fa ancora più effetto, specie dopo i referendum) di gestione dell'acqua pubblica affidata a Cooperative di privati cittadini che, insieme ai Comuni, entrino direttamente nella gestione del servizio idrico.
Il patto della fontanella di Gavinana trova un altro sostenitore.
Il Raggi-pensiero sull'argometo acqua è ben illustrato nell'articolo che segue.
Era cominciato tutto con la campagna delle Coop a favore dell'acqua del sindaco, con la Littizzetto che si inciuccava con un bicchierone appena riempito dal rubinetto.
Nell'iniziativa si sostiene che l'acqua del rubinetto è buona ed economico berla. La campagna ebbe subito un infortunio, poiché pochi giorni dopo, neanche a farlo apposta, arrivava un'ordinanza dell'Unione Europea che negava al ministro della salute la deroga ai limiti di potabilità dell'acqua pubblica e ne vietava l'uso alimentare in 128 comuni per la presenza di sostanze come l'arsenico che considera dannoso per la salute se superiori ai 10 microgrammi di per litro, come nei casi presi in esame.
Poco male. Le Coop mosse da nobili principi vanno avanti. Nell'ottobre scorso, il governatore della Toscana Enrico Rossi, scende in campo e insieme al presidente di Unicoop, Turiddo Campaini, inaugura una fontanella nel centro commerciale di Gavinana. Presente anche il presidente di Publiacqua Spa, Erasmo de Angelis, già Presidente della Commissione Territorio e Ambiente del Consiglio della Regione Toscana (nella foto).
Intanto i referendum si avvicinano e quelli sull'acqua rischierebbero di incasinare le carte anche in casa PD, che sulla gestione dell'acqua ha l'idee chiare da un pezzo, a sentire il Bersani del 2008 che affermava: «un conto sono le infrastrutture, che devono essere pubbliche, e un conto la gestione delle stesse, che possono, anzi devono andare a chi le sa utilizzare al meglio».
Pochi credono comunque che i referendum rappresentino un pericolo. Il governo potrebbe legiferare vanificando il ricorso alle urne e in ogni caso il quorum (altissimo per le attuali percentuali d'astensionismo che ci rendono di fatto una democrazia che, almeno in questo particolare aspetto, è in linea con quelle più avanzate) appare irraggiungibile anche per i più ottimisti. La convinzione è trasversale, va dalla maggioranza al PD, come trasversale fu l'ironia che aveva accompagnato i referendari nella raccolta delle firme.
Poi arriva l'incidente di Fukushima ed il clima politico cambia. Pare proprio che stavolta il quorum sia alla portata. Ciò nonostante nel PD c'è la consueta e peculiare incertezza sul tema dell'acqua pubblica anche se la voglia di cavalcare politicamente il vento favorevole pare avere il sopravvento, fino a dichiarazioni che possono apparire singolari, ma che invece hanno un preciso progetto.
Il governatore della Toscana Rossi, ad esempio, pochi giorni prima del voto annuncia i suoi quattro «si», quindi si dichiara favorevole anche all'abrogazione delle norme che permettono la privatizzazione della gestione dell'acqua e la possibilità di un profitto. Contemporaneamente però, lancia un segnale divergente (caratteristica piuttosto ricorrente nel partito a cui appartiene) sostenendo una specie di terza via, un progetto che ha in serbo per il prossimo luglio in cui il Presidente della Toscana vorrebbe far entrare direttamente i cittadini nella gestione dell'acqua, trasformando le comunità in public company o in tante cooperative.
Ed ecco che il privato, uscito dalla porta con i referendum, si riaffaccia alla finestra. Tra l'altro nel progetto Rossi si parla anche di Coop e quelle della grande distribuzione hanno un gran bisogno di differenziare i propri investimenti dato che l'attività principale consente loro ricavi sempre più risicati o bilanci negativi (Unicoop Tirreno) e le costringe ad uscire dal format iper rinunciando alla competizione sui prodotti non food.
Ecco che il cerchio, cominciato con la buona Littizzetto, si chiuderebbe nelle spire del patto della fontanella di Gavinana, tra Campaini, Rossi e Publiacqua.
La cosa non è certo sfuggita al presidente di Coop Centro Italia, Giorgio Raggi, la cui cooperativa è presente, oltre che in Umbria ed in altre zone, anche in parte della Toscana. Anche lui parla apertamente di azionariato popolare (che è tipico di alcune società sportive ed è diverso dal cosiddetto azionariato diffuso, ma in questa fase i termini sono secondari e popolare fa ancora più effetto, specie dopo i referendum) di gestione dell'acqua pubblica affidata a Cooperative di privati cittadini che, insieme ai Comuni, entrino direttamente nella gestione del servizio idrico.
Il patto della fontanella di Gavinana trova un altro sostenitore.
Il Raggi-pensiero sull'argometo acqua è ben illustrato nell'articolo che segue.
*****************************************************************************
Perugia - AZIONARIATO popolare. Cooperative di privati cittadini che, insieme ai Comuni, entrino direttamente nella gestione del servizio idrico. La Coop Centro Italia, (come hanno fatto Unicoop Firenze e Unicoop Tirreno) non si è nascosta dietro un dito sui referendum per l’acqua pubblica. E ha sostenuto apertamente i due «sì» per «cancellare» la privatizzazione del servizio. All’indomani dei risultati si fa adesso promotrice di un’idea che in Umbria e in Italia in generale, comincia a circolare con insistenza: quella di cooperative di utenti che insieme all’ente pubblico si occupino di manutenzione e investimenti.
UNA SFIDA che il presidente di Coop Centro Italia raccoglie senza alcun dubbio. «La prospettiva è semplice — spiega il presidente Giorgio Raggi — è quella, in sostanza, contenuta nell’articolo 43 della Costituzione che vorrei citare: a fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale. A mio avviso — continua — cooperative di comunità o di utenti, sarebbero in grado di gestire il ciclo dell’acqua assicurando efficienza, durata, sviluppo, equilibrio economico e assenza di profitto.
E’ chiaro e legittimo che la presenza del privato nelle società miste che esistono attualmente, comporti l’esistenza di un profitto. Ma su un bene essenziale, pubblico e limitato come sta diventando l’acqua, la logica del guadagno non è necessaria, è un obbrobrio direi». L’idea è dunque quella di rendere protagonisti i cittadini-utenti. «Abbiamo 490mila soci — continua Raggi —: siamo pronti a offrire il know-how, le capacità organizzative acquisite negli anni. In questo modo si avrebbe una governance democratica: il socio-utente dovrebbe essere per forza ascoltato, è lui a controllare che il servizio funzioni. E noi possiamo garantire che questo è un sistema efficace».
Poi una frecciata alla sinistra. «Anche in Umbria, chi governa, spesso è stato ‘allettato’ dai dividendi, dalla possibilità di far cassa subito anche con il servizio idrico. E’ una visione in parte comprensibile, ma di certo un po’ miope — sottolinea il presidente di Coop Centro Italia —. Ci vuole una maturità politica profonda, uno sguardo che vada oltre il contingente. Un passo avanti, concreto, ad esempio, lo stanno facendo in Toscana il governatore Rossi che ha già annunciato l’intenzio di legiferare in questo senso». Raggi ribadisce in conclusione quali sarebbero a suo avviso i vantaggi concreti di un azionariato popolare: «Intanto un controllo diretto della gestione e degli investimenti.
Attualmente comprende, infatti, la manutenzione degli acquedotti e della rete fognaria, il costo del personale, gli investimenti e un sette per cento di profitto che spetta al privato. Con la comunità di utenti — conclude — questa parte scomparirebbe e conseguentemente verrebbe ridotta la quota a carico dei cittadini».
17 giugno 2011
Nessun commento:
Posta un commento