11 dicembre 2011

FACCHINI DELL'ESSELUNGA IN PROTESTA: «NO ALLO SFRUTTAMENTO E AL CAPORALATO»


I lavoratori del consorzio Safra hanno manifestato con i Cobas per ottenere il reintegro dei 22 colleghi licenziati "per aver esercitato il diritto di sciopero" lo scorso 7 ottobre


Pioltello, 11 dicembre 2011 - «Unità» è stata la parola d’ordine dei 200 lavoratori del consorzio Safra che ieri hanno sfilato a Pioltello. I dipendenti delle tre cooperative Sgi, Asso e Apollo sono partiti alle 14.30 dal deposito Esselunga di Limito, dove lavorano come facchini e davanti alla stazione si sono uniti ad altri manifestanti. Lo scopo: «Dire no allo sfruttamento e al caporalato, ottenere subito il reintegro dei 22 lavoratori licenziati» e raccogliere il sostegno popolare.

Anche con una «cassa di resistenza» per le donazioni a favore dei licenziati «per aver esercitato il 7 ottobre il diritto di sciopero, previsto dalla Costituzione - attacca Fabio Zerbini, delegato Si Cobas –. Lo scarso rendimento è la motivazione data dalle cooperative. Ma è falso. Hanno licenziato tutti i delegati sindacali, dipendenti anche da dieci anni». Il risultato è stato un corteo di quattro ore lungo via Monza, via D’Annunzio e via Roma. Almeno un migliaio di persone sono arrivate così fino a Seggiano e poi al Satellite: «Non il centro delle vetrine, ma il centro di chi soffre e lavora per sé e la propria famiglia e dove vivono tanti immigrati dipendenti delle cooperative», spiega Zerbini.

Poi, da via Cimarosa il corteo è tornato alla stazione. Presenti varie Rsu del milanese e da Piombino, Genova e Napoli, nonché alcuni lavoratori della Jabil di Cassina e della Maflow di Trezzano. Inoltre, una galassia di movimenti della sinistra radicale da Milano e dintorini.


I facchini del deposito Esselunga guadagnano da 600 fino a 1800 euro al mese, ma a condizioni impossibili: «Se non lavori 12 ore, il giorno dopo il caporale ti tiene fuori dai cancelli e trova subito un altro – spiega uno dei 22 licenziati -. In pochi anni il carico è aumentato da 200 a 400 pacchi in un’ora. I capi parlano con noi solo con spintoni, ceffoni e gravi offese: chi risponde il giorno dopo resta a casa». «Questi africani, pakistani e cingalesi hanno il coraggio di rispondere a un doppio ricatto – Zerbini al megafono -: quello del lavoro e quello del permesso di soggiorno. Se non resisteremo, questo sarà il futuro di tutti i lavoratori».



11 dicembre 2011

Daniele Monaco

Il Giorno



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