03 dicembre 2011

L'IPOTESI CDP COME SOCIO MPS


Spunta l'ipotesi della Cassa Depositi e Prestiti nei panni di cavaliere bianco per entrare nell'azionariato di MPS






FIRENZE - Cassa depositi e prestiti (Cdp) potrebbe avere un ruolo nel riassetto degli equilibri azionari di Banca Monte dei Paschi. La società pubblica controllata al 70% dal ministero dell'Economia e delle Finanze, oggetto di un progetto del Governo per diventare prestatrice di garanzie alle Fondazioni di origine bancaria (il Sole 24 Ore di ieri), è tra i candidati a vestire i panni del cavaliere bianco accanto alla Fondazione Mps e agli altri grandi azionisti (Caltagirone, Axa) nel capitale del terzo gruppo bancario italiano.

L'ipotesi, che circola negli ambienti finanziari, non viene confermata nè smentita. Franco Bassanini, presidente di Cdp, si limita a un commento: «Possiamo fare molte cose ma non tutte - dice -. Ci sono scelte che devono essere decise a monte, sulla base dell'interesse e delle priorità del Paese. Bisogna poi considerare - aggiunge - che Cdp investe a condizioni di mercato e sempre valutando l'adeguatezza del profilo di rischio».

Se il sistema del credito e delle Fondazioni di origine bancaria rientrasse dunque nella priorità nazionali, la Cassa depositi e prestiti (forte di oltre 200 miliardi tra buoni fruttiferi e libretti postali) avrebbe le caratteristiche per entrare in gioco. E pochi sono in grado di leggere e decifrare la situazione di Siena bene come Bassanini, ex senatore che ha avuto il suo collegio elettorale proprio nella città del Palio, amico personale di Giuseppe Mussari, presidente di Banca Mps e dell'Abi, l'Associazione bancaria italiana. Insomma, un partner rassicurante per i delicati equilibri locali.

Questo scenario ha tempi medi. L'attualità quotidiana è costituita invece dall'ok del pool di 11 istituti di credito (capofila JpMorgan) alla sospensiva fino al 17 dicembre delle condizioni di garanzia del finanziamento di 600 milioni (oggi ridotto a 524 miliani) concesso alla Fondazione Mps lo scorso luglio. Come Credit Suisse e Mediobanca, anche questo fronte di creditori (tra i quali figura lo stesso istituto di Piazzetta Cuccia) accetta dunque di sedersi al tavolo della rinegoziazione del debito accumulato dall'Ente senese presieduto da Gabriello Mancini, attualmente superiore agli 800 milioni. Le banche di questo secondo schieramento chiedono un livello di garanzie analogo a quello concesso a Credit Suisse.

C'è tempo fino al 17 dicembre per arrivare a un'intesa che, nei mesi successivi, dovrebbe portare a una ristrutturazione dell'intero indebitamento della Fondazione, anche attraverso la vendita di asset in portafoglio (il 2,57% di Cdp, il 5,6% del fondo F2i e la partecipazione residua in Mediobanca, intorno all'1%).

La prospettiva di una riduzione del peso diretto della Fondazione in Banca Mps, intanto, è stata accolta dal mercato con favore. Il titolo del gruppo di Rocca Salimbeni ha chiuso ieri a quota 0,2693 euro (+5,24%) con un prezzo tendenziale di 0,2754 (+8,72%). Non accadeva da tempo (grafico). Merito anche della buona tenuta operativa della banca guidata dal direttore generale Antonio Vigni, che proprio ieri ha chiuso con una transazione di 260 milioni (più gli interessi di legge) la controversia con l'Agenzia delle entrate dovuta alla contestazione di alcune operazioni degli anni 2002-2007.

«Gli effetti dell'accordo saranno in gran parte compensati dai benefici dell'affrancamento di attività immateriali per 239 milioni, contabilizzati nel quarto trimestre 2011», spiega una nota del gruppo di Rocca Salimbeni. La richiesta del Fisco, che ha contestato operazioni analoghe ad altri grandi istituti di credito, superava il miliardo. Per Siena, dunque, il risultato della transazione non è penalizzante.



3 dicembre 2011

Cesare Peruzzi


Il Sole 24 Ore



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