27 settembre 2012

LEGACOOP SI FIDANZA CON CONFINDUSTRIA


Svolta nelle relazioni tra Confindustria e Legacoop


 «La svolta di Bologna». È quella tra Confindustria e Legacoop. È stata tenuta a battesimo dal presidente confindustriale Giorgio Squinzi e potrebbe sfociare nel clamoroso ingresso delle coop in Confindustria. Sembra preistoria quando le due organizzazioni si guardavano in cagnesco, con la Confindustria definita dai cooperatori comunisti «l'organizzazione dei padroni» e le coop tenute alla lontana dagli industriali, infette dal virus di essere «cinghia di trasmissione del Pci».
Per la verità, l'ostracismo è durato fino a qualche anno fa quando Confindustria ancora sollecitava il governo Berlusconi a sanare l'anomalia coop, ovvero a rivedere le agevolazioni fiscali storicamente accordate alle cooperative perché vincolate a reinvestire gli utili di bilancio.

Gianpiero Calzolari
Ma ora a capo di Confindustria c'è un pragmatico come Squinzi, sostenitore del dialogo con tutti, e le coop si vantano di essersi affrancate da ogni signoraggio partitico.
Non solo. Ci sono colossi come Unipol, Granarolo, Cmc, Conserve Italia che ormai stanno stretti nell'ingessatura coop e sanno che avrebbero tutto da guadagnare da un salto del fosso, verso via dell'Astronomia.
Inoltre alla guida del paese c'è un governo dei tecnici, quindi la politica ha rallentato la presa sulle organizzazioni sociali. 
 Poi, last but non least, la crisi sta facendo soffrire tutte le imprese e quando si è sotto tiro, meglio stare vicini e approntare uniti le contromosse.

Sono queste le ragioni della «svolta di Bologna», con la cerimonia che è stata officiata all'assemblea cittadina di Confindustria. Il presidente locale, Alberto Vacchi, è a capo dell'azienda-leader (Ima) del packaging, giovane e senza appartenenze, guarda al business e non al colore politico. Il suo dirimpettaio di Legacoop è Gianpiero Calzolari, niente a che fare col clichè del dirigente cooperativo filocomunista, tanto da schierarsi contro la Cgil e contro i Pd filo-sindacato sulla questione dell'articolo 18: «La crisi è quella che è, e quindi se è vero che l'articolo 18 non è dirimente, non possiamo neppure cavarcela dicendo che non è il primo problema sul piatto». Da parte sua, Vacchi gli restituisce l'assist: «Basta coi contratti di lavoro senza la Fiom».
 
Ce n'è quanto basta per intendersi e allora i due hanno deciso di incominciare un cammino comune e all'assemblea confindustriale di Bologna si sono presentati a braccetto, poi entrambi seduti in prima fila, quindi i generosi reciproci complimenti nelle dichiarazioni e dal palco, sotto l'occhio vigile di Giorgio Squinzi, che nelle conclusioni ha sottolineato che «le coop rappresentano un tassello importante dell'economia». Inoltre Confindustria e Legacoop hanno allestito insieme 400 stand e organizzato Farete, cioè un tentativo di favorire conoscenza, partnership e business tra aziende. E Calzolari ha annunciato che inviterà Vacchi all'imminente adunata delle cooperative.
La svolta avviene dopo due accorpamenti: quello della Confindustria locale che ha risucchiato la Confapi (confederazione piccole imprese) e quello di Legacoop, Confcoop (ex-Dc) e Agci (ex Psi e Pri) che hanno incominciato a creare strutture unitarie. Quando avverrà l'embrasson nous tra Confindustria e Legacoop si raggiungerà in pratica un'unica rappresentanza per l'impresa, salvo gli artigiani, gelosi della loro autonomia.

Se Legacoop si allontana dal Pd, la Cgil rompe gli indugi e si mobilita: qualche giorno fa sono stati picchettati gli ingressi di alcuni supermercati ed è come la fine di un lungo feeling: «La ripresa della mobilitazione in Coop Estense dopo la tregua causata dal sisma», dice Marzio Govoni, dirigente Cgil a Modena, «ha come obiettivo la riconquista del contratto aziendale e il miglioramento delle condizioni di lavoro di migliaia di lavoratrici e lavoratori coop».
Le coop si sono messe a giocare in proprio e non solo tallonano e a volte contestano l'operato della giunta a maggioranza Pd guidata da Virginio Merola, ma debbono subire dalla Cgil un atteggiamento d'attacco come nelle altre realtà aziendali. Insomma, addio modello consociativo.
Sui tempi del matrimonio nessuno si pronuncia. Anche perché ci sono ancora da vincere alcune resistenze. I vecchi cooperatori comunisti gridano al tradimento e quelli di rifondazione minacciano l'obiezione di coscienza pur di non sedere al tavolo confindustriale. Roberto Sconciaforni, dirigente di Rifondazione comunista dice: «ma ormai Legacoop è già come Confindustria». Poi c'è l'ala bombasseiana di Confindustria che lancia strali contro l'ingresso dei cooperatori, additati come concorrenti sleali.

Vacchi e Calzolari dovranno quindi lavorare non poco per convincere i più riottosi ma considerano già un grande successo della loro strategia di avvicinamento la predisposizione di eventi comuni e la decisione di presentarsi con una sola voce nelle riunioni ufficiali con le istituzioni locali. Conclude Gianpiero Calzolari, il traghettatore: « Anche a Bologna serve coraggio e discontinuità, occorre che tutti suonino lo stesso spartito per un grosso sforzo di concretezza». A fare da battistrada e suonare già lo stesso spartito è l'importante Cooperativa ceramica di Imola, tre stabilimenti e 227 milioni di euro di fatturato: è associata sia alle coop che a Confindustria. Paga due quote associative ma può ben sostenere di essere l'antesignana di una futura Conficoopimprese. 



26 settembre 2012

Giorgio Ponziano 




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