19 gennaio 2014

CGIL, CISL, UIL: LA TASSA INFINITA


Sindacati confederali, la tassa infinita sulle nostre vite


Gli ingenti proventi derivanti dalle quote di assistenza contrattuale, che pagano dalla busta anche i non tesserati

Lo scandaloso accordo sulla rappresentanza


Le condizioni di miglior favore in Unicoop Firenze




Ipotizziamo di essere un lavoratore dipendente e di lavorare in una Coop, come Unicoop Firenze.

IL MERAVIGLIOSO MONDO COOP
Realtà come queste sono da sempre fortemente correlate da relazioni politico-sindacali che poi si traducono in varie forme di applicazione. La Coop può ricorrere ai vantaggi di un legame storico con il partito di riferimento, l'ex Pci e le sue successive declinazioni, con ricadute pro domo sua sia a livello nazionale che territoriale. Può avere buone relazioni sindacali con l'organizzazione di maggior peso, Filcams-Cgil, anch'essa legata storicamente a quel mondo.

DOVE IL DIPENDENTE COOP APPRENDE CHE TUTTO NON E' COSI' MERAVIGLIOSO
Da una situazione così descritta, il dipendente Coop da cui siamo partiti parrebbe poter ricavare apparentemente dei vantaggi. In realtà questo tipo di relazioni incestuose, producono mostri. La concertazione, che pur con i suoi limiti è il sistema con cui sono state esercitate le relazioni sindacali nel Paese negli ultimi 40 anni, in queste circostanze diventa nei fatti consociativismo, con grave vulnus agli interessi e alla libertà di espressione dei dipendenti. In buona sostanza le organizzazioni sindacali diventano la longa manus aziendale e con molta difficoltà si potrà ricavare spazi di autentica democrazia e tutela. La nostra storia di dipendenti coop che ha motivato l'esigenza di questo blog e in seguito ha portato alla ricerca di un'alternativa sindacale sta a dimostrarlo.

CGIL, CISL, UIL E LE 'CONDIZIONI DI MIGLIOR FAVORE' IN
UNICOOP
Gli esempi a sostegno della tesi appena descritta sono molti. Ne scegliamo uno tra tanti, sufficientemente sintomatico. A tutt'oggi per ragioni complesse da descrivere, ma sostanzialmente legate alla presenza in Unicoop di un nuovo soggetto sindacale, non siamo venuti a conoscenza dell'accordo azienda-sindacati sulle Rsu (ne abbiamo scritto qui). L'accordo stabilisce tutta una serie di condizioni, tra cui il numero per unità produttiva di delegati Rsu e Rls e molto altro. Sebbene le elezioni si siano svolte quasi un anno fa, l'accordo è custodito gelosamente e non è dato di sapere cosa le parti abbiano concordato. Per l'esempio di cui scriviamo all'inizio del capoverso dovremo quindi accontentarci di quello che c'era scritto nel precedente accordo, in cui vennero concesse alle organizzazioni sindacali condizioni di miglior favore rispetto al contratto nazionale che prevede circa 12.000 ore (titolo V art. 21 punto 3). Invece Unicoop concesse 35.320 ore di permesso retribuito per un massimo di 198 delegati. E in aggiunta vennero anche concesse alle OO.SS. regionali ulteriori 5.400 ore annue, ugualmente distribuite, che esse potranno destinare ai delegati preventivamente indicati. E' naturale domandarsi perché un'azienda debba essere così generosa con i sindacati con questo genere di particolari elargizioni, se questo comportamento non condizioni l'attività dei sindacati stessi e quali siano le eventuali contropartite.

LONTANI DA UNA VERA DEMOCRAZIA SINDACALE
Dopo anni e anni di delusioni alcuni dipendenti Unicoop hanno provato a liberarsi dal giogo sindacal-aziendale. L'abbandono della tessera Cgil in questi casi è il primo passo. Poi si cerca chi possa rappresentare al meglio e nel caso dei magazzini e di altre realtà di Unicoop è stato scelto il sindacato di base USB. Sappiamo tutti le difficoltà dei sindacati di base nell'esser riconosciuti soggetti titolati a trattare con le aziende e in Unicoop non va diversamente. A questo si aggiunge la gravità dell'accordo sulla rappresentanza  tra sindacati confederali e confindustria firmato nel maggio scorso e formalizzato pochi giorni fa. Rimandiamo ai link per i dettagli, ma è evidente una cosa. E paradossale, oltre che patentemente ingiusto, che regole fondamentali sulla democrazia di rappresentanza sindacale vengano scritte dalle parti interessate a mantenere borbonici privilegi, anziché trovare la naturale cornice di una legge.
Non ci nascondiamo dietro un dito. E' evidente che sia sindacati che confindustria avrebbero in parlamento referenti che indirizzerebbero tale legge rispondendo ai loro desiderata, ma questo a noi pare l'unico percorso imprescindibile sulla via della democrazia e trasparenza.

DOVE IL LAVORATORE CONTINUA A PAGARE I SINDACATI CONFEDERALI PUR NON ESSENDO ISCRITTO
Aggiungiamo un'ultima osservazione. Della tassa Cgil, il lavoratore Coop (o chiunque altro) non si libererà mai. Si perché come nei film dell'orrore dove il mostro non muore mai, sebbene che il dipendente abbia abbandonato la tessere di Cgil o di Cisl o Uil, continuerà a pagarli. Stando a quanto scrive il Fatto Quotidiano, un buona parte degli introiti sindacali non deriva dalle tessere, ma da altrte due entrate: le quote relative alla presenza negli Enti Bilaterali e la quote di assistenza contrattuale. Queste ultime, stando all'articolosono una quota straordinaria che i sindacati e i datori di lavoro prelevano dalle buste paga dei lavoratori per aver concluso il contratto. Un premio per il lavoro fatto. Nell’ultimo Ccnl (contratto nazionale) dei metalmeccanici, ad esempio, Fim e Uilm hanno richiesto un contributo “una tantum di 30 euro per ogni lavoratore non iscritto al sindacato da trattenere sulla retribuzione”. Sul contratto, poi, era indicato il conto corrente bancario (presso il Credito cooperativo di Roma) su cui effettuare il versamento. Parlando di circa un milione di lavoratori è facile fare i conti. Per quanto riguarda i contratti del Commercio e del Terziario, la sola Filcams ha iscritto in bilancio 2,15 milioni che vanno moltiplicati per tre (cioè anche per Cisl e Uil) e poi per due (la parte datoriale). Il totale, quindi, è di circa 15 milioni di euro che rimpolpa bilanci spesso piuttosto magri. Un fiume di denaro assicurato dalla pratica del “silenzio-assenso”, per cui sono i lavoratori a dover mettere per iscritto il proprio rifiuto a versare la “tassa occulta”. Ma sono in pochi a saperlo.

IL BALLO DEL QUA QUA
In questo contesto siamo decisamente scettici verso chi vede in Landini il paladino di battaglie sulla democrazia di rappresentanza sindacale. Costui conduce schermaglie interne ad un sindacato dove la prima componente di iscritti sono i pensionati dello Spi-Cgil (ben il 52,5%, la Fiom è solo quarta con il 6%) e gli ultimi screzi con la segretaria Camusso appaiono un mero effetto scenografico. Quello che conta è già accaduto con la firma di maggio mentre il prode Landini era in tournée sulle tv nazionali.



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