18 gennaio 2012

LE COOP ROSSE CHE COMANDANO IN UNIPOL SPENDERANNO 1 MILIARDO PER FON-SAI

Operazione di Unipol su Fonsai, per le Coop si parla di un esborso di circa un miliardo

La sola Coop Adriatica che possiede 12,2% della cassaforte di controllo sborserà 40 milioni di euro


Sembra che all'interno delle Coop non siano mancate voci fortemente polemiche sull'operazione.

Le argomentazioni del fronte dei contrari sono che l'acquisizione non sarebbe conveniente per via della sovrapposizione in molte zone delle agenzie appartenenti ai due gruppi assicurativi; inoltre molte Coop hanno difficoltà economiche nel sostenere un'ulteriore ricapitalizzazione di Unipol, avendo bilanci traballanti nella gestione caratteristica; infine l'operazione non risolve il problema di Unipol Banca, la palla al piede del Gruppo che da anni produce perdite consistenti e che in un primo momento si pensava di scaricare a qualche banca con sponsor Mediobanca, regista di tutta l'operazione.


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Dai pelati a marchio Coop ai cantieri edili del Ccc, passando per il latte Granarolo, i pulitori Manutencoop e i pasti caldi della Camst. È l' elenco dei veri "padroni" di Unipol, il colosso bolognese che in queste ore sta trattando l' acquisto delle società assicurative dei Ligresti.

Come tutte le recenti operazioni orchestrate ai piani alti di via Stalingrado, anche questa sarà finanziata con i soldi delle coop rosse. Questa volta ne serviranno tanti. Perché dopo aver sborsato 150 milioni per comprare le società del costruttore siciliano, la compagnia dovrà chiedere ai soci altri 800 milioni (forse un miliardo) un prelievo che ieri ha contributo a far perdere all' Unipol il 5% in borsa.

In gergo tecnico si chiama "ricapitalizzazione" e servirà a raccogliere i fondi necessari per fondersi con Fon-Sai e Milano Assicurazioni. Per questo i presidenti delle coop in queste ore, calcolatrice alla mano, stanno cercando di capire quanto costerà l' avventura finanziaria voluta dal presidente Pierluigi Stefanini e il suo braccio destro Carlo Cimbri per portare all' ombra di Porta Europa i clienti di Fondiaria e Sai. E rendere Bologna la capitale italiana delle assicurazioni (dopo Trieste dove ha sede Generali).

Batter cassa per Unipol significa quindi rivolgersi alle cooperative, che controllano il gruppo con il 31,4% delle quote tramite Finsoe. Nata nel 1978, la holding di piazza della Costituzione rappresenta la cassaforte della finanza rossa. È il suo Cda presieduto da Marco Pedroni (presidente di Coop Consumatori Nordest - nota blog) a prendere le decisioni strategiche sul futuro di Unipol.

Il socio forte è Coop Adriatica (12,2%), seguono Coop Nordest (9,7%) di Reggio Emilia e Coop Estense (9,8%) di Modena. Queste tre controllano un terzo di Finsoe. Il resto delle quote lo mettono le altre coop bolognesi raggruppate nella holding Holmo che possiede a sua volta il 24,5%. Qui dentro c' è buona parte dell' universo cooperativo delle Due Torri: Manutencoop, Consorzio cooperative costruzioni, Granlatte, Ansaloni e Camst. E poi gli imolesi Cesi, Sacmi e Cefla. Bologna da sola ha in mano il 37% di Finsoe. Con Reggio e Modena si supera il 56% arrivando al controllo "diretto" della holding e quindi di Unipol.

Davanti alle voci di aumenti di capitale sul miliardo di euro i cooperatori emiliani devono quindi metter mano al portafoglio per non perdere la guida del gruppo. Alla sola Coop Adriatica di Turrini, ad esempio, toccherebbe sborsare quasi 40 milioni di euro per restare tra i soci principali. Soldi che si aggiungono agli aumenti di capitale fatti in questi anni (questo è il terzo dal 2005).

Senza considerare che dopo gli scandali legati a Consorte, le coop azioniste hanno accorciato la catena di controllo del gruppo per evitare altri scossoni. Un riassetto che ogni volta è costato milioni. L' ultima volta risale allo lo scorso autunno quando le 11 coop di distribuzione più importanti (come Adriatica) hanno messo 320 milioni per coprire i debiti di Holmo (che oggi ha un buco di 130 milioni) ed entrare direttamente nell' azionariato di Finsoe. Una parte di questi soldi però è ormai solo sulla carta, bruciata sull' altare della Borsa nel corso degli anni. Un destino simile a quello degli altri grandi operatori assicurativi (non a caso oggi i Ligresti vendono).

Né Piazza Affari ha risparmiato via Stalingrado. Agli inizi del 2008 la società valeva 4,5 miliardi di euro. Oggi arriva a stento a 600 milioni. E lo spread a marchio coop (la differenza tra i soldi investiti e il prezzo di listino) sale sempre di più.



17 gennaio 2012

Enrico Miele


La Repubblica



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