TRA GLI APPROFONDIMENTI CHE TROVERETE A FINE POST, NE ANTICIPIAMO UNO CLAMOROSO:
Le Coop, la borsa e l'ipotesi SPA DICHIARAZIONI DI ALDO SOLDI (PRESIDENTE DELL'ANCC-COOP) A IL CORRIERE DELLA SERA.
COOPERATIVE, GALASSIE SOTTO ATTACCO
di GIORGIO LONARDI
Bruxelles ne contesta le agevolazioni, Tremonti vuole tassarle di più: un sistema che vale 120 miliardi di euro di fatturato dominato dalle due grandi centrali, Lega e Confcooperative, che agli occhi del governo hanno il peccato di origine di gravitare troppo intorno al PD.
Quasi 120 miliardi di euro di fatturato e un peso politico ed economico piuttosto modesto sia in Italia che Europa. Sparare sulle cooperative oggi è di moda.
Lo ha fatto per primo Bernardo Caprotti, padrepadrone di Esselunga con il suo pamphlet «Falce e Carrello».
L’accusa: godere di aiuti di Stato sotto forma di una tassazione di favore e distorcere la concorrenza. Un addebito preso in seria considerazione a Bruxelles dove, in seguito ad una denuncia della Federdistribuzione, l’associazione che raccoglie i grandi supermercati italiani, è stato aperto un procedimento. Seconda bordata, dunque.
La tesi espressa dal commissario alla Concorrenza Neelie Kroes è semplice: le cooperative sono assimilabili in tutto e per tutto alle aziende private. Di conseguenza non avrebbero diritto a un trattamento fiscale differenziato che quindi è da considerarsi un aiuto di Stato. E non è finita qui.
Perché mentre Bruxelles sta affilando le armi il ministro Giulio Tremonti, e questa è la terza bordata, ha preso tre provvedimenti fiscali che, secondo le stime di Elio Di Odoardo, responsabile fiscale della Lega delle Cooperative, costeranno alle sole Coop della Lega fra 70 e 80 milioni di euro.
In effetti il centrodestra e Giulio Tremonti in particolare vedono le cooperative come il fumo agli occhi. Il motivo: sono considerate la cinghia di trasmissione dei partiti di sinistra. Una concezione rafforzata dal fallito blitz di Unipol (una società per azioni quotata in Borsa ma controllata da una serie di cooperative aderenti alle Lega) sulla Bnl.
Eppure basta puntare la lente sul movimento cooperativo per accorgersi che si tratta di un universo molto più variegato di quanto non si creda comunemente.
Accanto alla Lega Coop, storicamente vicina alla sinistra, (53 miliardi di ricavi, 8 milioni di soci e 430 mila dipendenti) c’è infatti la Confcooperative di matrice cattolica (59 miliardi di ricavi, 2,8 milioni di soci, 480 mila dipendenti).
Ma non basta: perché non mancano tre centrali più piccole come l’Agci, durante la prima Repubblica vicina al Pri, al Psdi e ad alcuni settori socialisti (circa 6,2 miliardi di ricavi); quindi l’Unci guidata da un ex deputato dell’Italia dei valori e la Un.I.Coop promossa nel 1999 dall’attuale sindaco di Roma Gianni Alemanno. E allora?
Giuliano Poletti, presidente della Lega delle Cooperative, rispedisce al mittente ogni accusa di collateralismo nei confronti dei Ds prima e del Pd oggi. E rivendica l’autonomia della sua organizzazione e il suo ruolo sociale: «Nella Lega ci sono 15 mila cooperative, in gran parte piccole e piccolissime. Si tratta di una struttura che gioca un ruolo importante nel settore dei servizi sociali oltre che nell’industria e nel consumo».
Già e il colosso Coop, formidabile macchina da guerra della grande distribuzione? Poletti ha buon gioco nel ricordare che nel 2007 le Coop stesse hanno tagliato del 43% i loro utili per mantenere i prezzi e «sostenere» le tasche dei consumatori.
Stessa musica da parte di Luigi Marino presidente di Confcooperative. Dice: «Noi paghiamo alcuni pregiudizi negativi. Dicono che siamo collaterali al Pd? Non è vero. Certo, in passato siamo stati vicini alla Dc ma sempre mantenendo intatta la nostra autonomia».
A preoccupare Marino è anche un secondo pregiudizio che considera il sistema cooperativo come «una formula assistita, ormai superata». Ribatte il presidente di Confcooperative: «Pochi sanno che in paesi come il Canada, gli Stati Uniti e il Giappone le cooperative sono solide, più forti di quanto non lo siano in Italia. E soprattutto che si tratta di un movimento in crescita in grado di intercettare i nuovi bisogni della società moderna».
Incalza Lanfranco Turci, oggi esponente socialista in passato presidente comunista della Lega delle Cooperative fra il 1987 e il 1992: «Diciamo la verità: la storia del collateralismo delle cooperative è un po’ una caricatura della realtà. Così come i partiti di oggi sono la caricatura dei grandi partiti del passato».
Resta il fatto che i dirigenti del movimento si sentono sotto attacco da parte del governo. E che le misure di Tremonti sembrano fatte apposta per colpire le cooperative più grosse come le Coop: 12,5 miliardi di ricavi, numero uno della grande distribuzione italiana.
A cominciare dalla tassazione del prestito da soci, principale fonte di finanziamento delle singole cooperative, che passa dal 12,5% al 20% disincentivando così i soci stessi a sottoscriverlo.
Oppure della tassazione degli utili d’impresa che passa dal 30% al 55%. «Quest’ultima misura afferma Aldo Soldi, presidente delle Coop stesse va a colpire un utile che le cooperative non distribuiscono ai soci e che va a riserva indivisibile. Anche se la cooperativa viene sciolta ai soci non va un centesimo».
Le grandi cooperative operano in molti settori. E in molti casi si muovono con uno spiccato spirito imprenditoriale. Basti ricordare giganti come la CMB di Carpi e la CMC di Ravenna nel comparto edilizio. Oppure la Sacmi, nel comparto impiantistico.
Emblematico il caso di Conserve Italia, aderente a Confcooperative con oltre un miliardo di fatturato e un bouquet di marchi quali Cirio, De Rica, Yoga o Valfrutta. Ebbene, si tratta di una cooperativa di secondo grado costituita da una cinquantina di cooperative a loro volta composte da soci agricoltori.
Come spiega Maurizio Gardini, presidente della stessa Conserve Italia, questa cooperativa «è condannata a crescere sui mercati esteri». Il motivo: «Dobbiamo esportare i prodotti dei nostri soci che ormai non trovano più uno sbocco sull’asfittico mercato nazionale».
Risultato: oggi Conserve Italia non solo è presente in Francia e Spagna ma, in collegamento con Crai, altra sigla della grande distribuzione cooperativa, è sbarcata anche in Cina. L’obiettivo: proporre il made in Italy in tavola ai consumatori del grande paese asiatico.
GIORGIO LONARDI
La Repubblica - Affari & finanza
LINK:
Le Coop, la borsa e l'ipotesi SPA (Corsera-Aldo Soldi)
Borsa e Spa: così le Coop si riparano da Tremonti
La proposta di Tremonti e iniziativa Ue. Ecco cosa rischiano le coop
Trattato Comunità Europea (vedi art. 82)
Regolamento (CE) n. 1/2003 concernente l'applicazione delle
regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato
Lo ha fatto per primo Bernardo Caprotti, padrepadrone di Esselunga con il suo pamphlet «Falce e Carrello».
L’accusa: godere di aiuti di Stato sotto forma di una tassazione di favore e distorcere la concorrenza. Un addebito preso in seria considerazione a Bruxelles dove, in seguito ad una denuncia della Federdistribuzione, l’associazione che raccoglie i grandi supermercati italiani, è stato aperto un procedimento. Seconda bordata, dunque.
La tesi espressa dal commissario alla Concorrenza Neelie Kroes è semplice: le cooperative sono assimilabili in tutto e per tutto alle aziende private. Di conseguenza non avrebbero diritto a un trattamento fiscale differenziato che quindi è da considerarsi un aiuto di Stato. E non è finita qui.
Perché mentre Bruxelles sta affilando le armi il ministro Giulio Tremonti, e questa è la terza bordata, ha preso tre provvedimenti fiscali che, secondo le stime di Elio Di Odoardo, responsabile fiscale della Lega delle Cooperative, costeranno alle sole Coop della Lega fra 70 e 80 milioni di euro.
In effetti il centrodestra e Giulio Tremonti in particolare vedono le cooperative come il fumo agli occhi. Il motivo: sono considerate la cinghia di trasmissione dei partiti di sinistra. Una concezione rafforzata dal fallito blitz di Unipol (una società per azioni quotata in Borsa ma controllata da una serie di cooperative aderenti alle Lega) sulla Bnl.
Eppure basta puntare la lente sul movimento cooperativo per accorgersi che si tratta di un universo molto più variegato di quanto non si creda comunemente.
Accanto alla Lega Coop, storicamente vicina alla sinistra, (53 miliardi di ricavi, 8 milioni di soci e 430 mila dipendenti) c’è infatti la Confcooperative di matrice cattolica (59 miliardi di ricavi, 2,8 milioni di soci, 480 mila dipendenti).
Ma non basta: perché non mancano tre centrali più piccole come l’Agci, durante la prima Repubblica vicina al Pri, al Psdi e ad alcuni settori socialisti (circa 6,2 miliardi di ricavi); quindi l’Unci guidata da un ex deputato dell’Italia dei valori e la Un.I.Coop promossa nel 1999 dall’attuale sindaco di Roma Gianni Alemanno. E allora?
Giuliano Poletti, presidente della Lega delle Cooperative, rispedisce al mittente ogni accusa di collateralismo nei confronti dei Ds prima e del Pd oggi. E rivendica l’autonomia della sua organizzazione e il suo ruolo sociale: «Nella Lega ci sono 15 mila cooperative, in gran parte piccole e piccolissime. Si tratta di una struttura che gioca un ruolo importante nel settore dei servizi sociali oltre che nell’industria e nel consumo».
Già e il colosso Coop, formidabile macchina da guerra della grande distribuzione? Poletti ha buon gioco nel ricordare che nel 2007 le Coop stesse hanno tagliato del 43% i loro utili per mantenere i prezzi e «sostenere» le tasche dei consumatori.
Stessa musica da parte di Luigi Marino presidente di Confcooperative. Dice: «Noi paghiamo alcuni pregiudizi negativi. Dicono che siamo collaterali al Pd? Non è vero. Certo, in passato siamo stati vicini alla Dc ma sempre mantenendo intatta la nostra autonomia».
A preoccupare Marino è anche un secondo pregiudizio che considera il sistema cooperativo come «una formula assistita, ormai superata». Ribatte il presidente di Confcooperative: «Pochi sanno che in paesi come il Canada, gli Stati Uniti e il Giappone le cooperative sono solide, più forti di quanto non lo siano in Italia. E soprattutto che si tratta di un movimento in crescita in grado di intercettare i nuovi bisogni della società moderna».
Incalza Lanfranco Turci, oggi esponente socialista in passato presidente comunista della Lega delle Cooperative fra il 1987 e il 1992: «Diciamo la verità: la storia del collateralismo delle cooperative è un po’ una caricatura della realtà. Così come i partiti di oggi sono la caricatura dei grandi partiti del passato».
Resta il fatto che i dirigenti del movimento si sentono sotto attacco da parte del governo. E che le misure di Tremonti sembrano fatte apposta per colpire le cooperative più grosse come le Coop: 12,5 miliardi di ricavi, numero uno della grande distribuzione italiana.
A cominciare dalla tassazione del prestito da soci, principale fonte di finanziamento delle singole cooperative, che passa dal 12,5% al 20% disincentivando così i soci stessi a sottoscriverlo.
Oppure della tassazione degli utili d’impresa che passa dal 30% al 55%. «Quest’ultima misura afferma Aldo Soldi, presidente delle Coop stesse va a colpire un utile che le cooperative non distribuiscono ai soci e che va a riserva indivisibile. Anche se la cooperativa viene sciolta ai soci non va un centesimo».
Le grandi cooperative operano in molti settori. E in molti casi si muovono con uno spiccato spirito imprenditoriale. Basti ricordare giganti come la CMB di Carpi e la CMC di Ravenna nel comparto edilizio. Oppure la Sacmi, nel comparto impiantistico.
Emblematico il caso di Conserve Italia, aderente a Confcooperative con oltre un miliardo di fatturato e un bouquet di marchi quali Cirio, De Rica, Yoga o Valfrutta. Ebbene, si tratta di una cooperativa di secondo grado costituita da una cinquantina di cooperative a loro volta composte da soci agricoltori.
Come spiega Maurizio Gardini, presidente della stessa Conserve Italia, questa cooperativa «è condannata a crescere sui mercati esteri». Il motivo: «Dobbiamo esportare i prodotti dei nostri soci che ormai non trovano più uno sbocco sull’asfittico mercato nazionale».
Risultato: oggi Conserve Italia non solo è presente in Francia e Spagna ma, in collegamento con Crai, altra sigla della grande distribuzione cooperativa, è sbarcata anche in Cina. L’obiettivo: proporre il made in Italy in tavola ai consumatori del grande paese asiatico.
GIORGIO LONARDI
La Repubblica - Affari & finanza
LINK:
Le Coop, la borsa e l'ipotesi SPA (Corsera-Aldo Soldi)
Borsa e Spa: così le Coop si riparano da Tremonti
La proposta di Tremonti e iniziativa Ue. Ecco cosa rischiano le coop
Trattato Comunità Europea (vedi art. 82)
Regolamento (CE) n. 1/2003 concernente l'applicazione delle
regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato
6 commenti:
VAI TREMONTI, FAJE ER CULO!!!!
Sarà mica meglio levare dal libretto quei due euro che ci ho messo?
come mai oggi và di moda sparare sulle cooperative?
Non è forse perchè oggi giorno le cosidette cooperative, di cooperative hanno solo il nome?
E colro che le gestiscono?
Potremmo fare un elenco degli stipendi dei gestori di Unicoop Firenze, e ci accorgeremmo che questi signori percepiscono al mese più che l'equivalente di una pensione minima all'anno.
E le auto che tutti i dirigenti e quadri hanno? Categoricamente Audi di proprietà dei soci Unicoop.
Fanno bene a tassare di più, semmai smetteremo di fare la falsa beneficienza, tipo Burkina Faso e tutti i cuori sciolti. Anche la mens ai nuovi assunti hanno tolto questi bravi signori, complimenti alla coop e ai suoi bravi e onesti dirigenti, ma ancora devono uscire delle belle bombe su di loro, tempo al tempo. S. Torti
Grazie dell'edificante commento ma forse è meglio saperne il meno possibile così si evita il rigetto, caro S.Torti.
Mi piacerebbe tanto vederVi lavorare all'esselunga o al carrefour.....
E come mai ha questo desiderio? Che Le abbiamo fatto?
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