17 giugno 2012

«CHI COMANDA TORINO», NOSTRA INTERVISTA ALL'AUTORE DEL LIBRO

Hanno pensato una metropoli senza la Fiat con due sole alternative: il debito e il cemento

Chi decide le sorti della città?

Maurizio Pagliassotti nel suo libro Chi comanda Torino, effettua una precisa radiografia di quel nucleo di potere stabile da circa 20 anni

Il Blog Lavoratori Unicoop ha intervistato l'autore



E’ uscito in queste settimane un interessante saggio scritto dal giovane giornalista e scrittore torinese Maurizio Pagliassotti e pubblicato dall’editore Castelvecchi di Roma. Il Titolo è “Chi comanda Torino” ed analizza in modo preciso, puntuale e critico la storia economica, politica, culturale e sociale di Torino negli ultimi vent’anni, dandone uno spaccato e una rappresentazione a dir poco allarmanti.

Il libro passa in rassegna le vicende e i protagonisti dei cambiamenti “epocali” della metropoli piemontese, individuando con precisione il disegno e la filosofia che li ha diretti nelle loro scelte politiche ed economiche, fino al loro totale fallimento. Guidati da uno pseudo riformismo liberale, i poteri forti hanno pensato a una metropoli senza la FIAT con due sole alternative: le grandi opere pubbliche realizzate con l’indebitamento, una gestione urbanistica spregiudicata con la conseguente cementificazione del territorio.

Il risultato di tale politica dissennata ha fatto si che Torino oggi sia la città più indebitata d’Italia (circa cinquemila euro per ogni abitante), messa in ginocchio da una programmazione economica decisa a tavolino da chi comanda in città (la Fiat, le grandi banche, le coop rosse) e più generale, dalla crisi economica che ha investito il paese, inceppando un meccanismo che ha prodotto non solo un abnorme indebitamento, ma anche nuove povertà, emarginazione, degrado urbano e sociale.

Dietro tale fallimento ci sono le forze politiche che hanno governato Torino nell’ultimo ventennio, in primis il PSI-PDS-DS–PD, che hanno operato in un rapporto di simbiosi e spesso di totale subordinazione con la filosofia di Marchionne, con le grandi banche come Intesa S. Paolo (Salsa e Fornero), le grandi imprese del mattone e i colossi delle cooperative rosse.

Siamo riusciti ad ottenere da Maurizio Pagliassotti una intervista esclusiva per il nostro Blog, che pubblichiamo consapevoli che parlare di “Chi comanda Torino” altro non significa che affrontare un tema di interesse nazionale.


BLOG: A Torino è nato il “modello Marchionne“ che si sta propagando come una metastasi in tutto il paese con i suoi effetti sociali devastanti. Puoi esprimere una valutazione sugli effetti della filosofia che guida tale modello e gli esiti negativi che ha generato a Torino e più in generale?

PAGLIASSOTTI: Definirla filosofia mi sembra eccessivo, è piuttosto la legge della giungla che torna a farsi strada dopo cinquant’anni di vita civile. Il peggior effetto che ha generato in città è un cambio percettivo da parte della popolazione, che vede il sacrificio richiesto da banchieri e politici come la colpa da espiare dopo anni di bagordi. Il problema è che le spese pazze dell’amministrazione comunale hanno solo minimamente inciso sul lavoro, ovvero sull’unico generatore di ricchezza cittadino, come ampiamente provato dalla terrificante crisi che ci sta divorando. La privatizzazione di parti della città, dei servizi educativi per l’infanzia, perfino dell’inceneritore, viene spacciata come la giusta pillola amara da ingoiare dato che un po’ tutti abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità.


BLOG: Nel tuo libro sostieni che “Chi comanda a Torino” ha perseguito un modello di sviluppo senza la FIAT, puntando sulle grandi opere pubbliche (Giochi olimpici 2006, ma anche TAV), sul turismo e sugli eventi (generando un abnorme indebitamento della città) e su una politica urbanistica selvaggia con la cementificazione massiccia del territorio. Questo modello oggi è in profonda crisi. Oltre alle grandi banche, tu sostieni che tra i poteri forti che hanno influenzato e cavalcato tale modello ci sono anche le coop che hanno cambiato pelle, abbandonando ogni spirito solidaristico, per sposare tout court il mercato e il profitto, accaparrandosi importanti appalti pubblici e spazi di mercato sempre maggiori. In che modo le coop hanno influenzato e cavalcato tale politica fallimentare, traendone vantaggi e profitti?

PAGLIASSOTTI: Rispondo con una premessa. Ho lavorato in passato per una coop sociale della Val Pellice che aveva, ed ha, un profondo spirito solidaristico. Penso che quel modello da qualche parte esista tra mille difficoltà, dovute proprio alla deriva capitalistica che ha invaso anche il mondo della cooperazione. Le grandi cooperative hanno trasformato la mia città profondamente perché si sono poste quali ideologhe ed esecutrici del piano che prevedeva il passaggio dalla città fabbrica alla cementificazione del territorio e alla grande distribuzione. Tale piano è fallimentare: l’industria non è sostituibile dai servizi e nemmeno dalle ruspe. Le cooperative stanno inoltre sostituendo pezzi di settori pubblici che vengono privatizzati dalle istituzioni per fare cassa. Ovviamente questo è legittimo, ma si tratta pur sempre della privatizzazione di servizi “strategici” a soggetti privati che legittimamente devono fare affari per vivere. Al riguardo ricordo la vicenda dei nove nidi torinesi la cui gestione educativa verrà data alle cooperative. Il dubbio è che le stesse cooperative, a fronte di una crisi sempre più stremante, possano cadere nel vortice del ribasso, andando così ad intaccare la qualità di un servizio essenziale.


BLOG: Chi sono i personaggi del movimento cooperativo piemontese e torinese che hanno ispirato e condizionato le scelte del Comune di Torino e dell’ex Sindaco Chiamparino?

PAGLIASSOTTI: Beh, sicuramente Antonino Monaco, gran visir della cooperative edili San Pancrazio e Di Vittorio. Non fosse morto prematuramente probabilmente avrebbe scelto la carriera politica, dato che era molto apprezzato e seguito in città. Oggi sicuramente un uomo molto ascoltato, e temuto anche dai poteri bancari, è Giancarlo Gonella, presidente di Legacoop.


BLOG: In quali settori dell’economia torinese le grandi cooperative rosse hanno esercitato un ruolo importante, condizionando le scelte della pubblica amministrazione e traendone enormi vantaggi economici?

PAGLIASSOTTI: Nel settore edilizio “olimpico” l’influenza è stata formidabile. Oltre il 50% delle opere olimpiche è stata costruita dalle cooperative, non solo torinesi ovviamente. Un periodo d’oro.


BLOG: Nei tuo libro dedichi un capitolo al tema NO TAV. Ritieni che, a fronte di un simile fallimento del modello sin qui seguito, ci siano le condizioni per un disegno economico e sociale alternativo, più attento al sociale e alle istanze del mondo del lavoro? In che modo il movimento “NO TAV”, che a Torino e in Val di Susa è molto radicato, può contribuire a determinare una svolta, offrendo una alternativa al modello fondato sulle grandi opere, sulla cementificazione selvaggia, spesso inutile e dai costi sociali ed economici insostenibili?

PAGLIASSOTTI: Un modello economico sociale alternativo non può che passare, a Torino, attraverso la rinegoziazione massiccia del debito: direi nell’ordine del 30%. Una manovra da portare avanti con Intesa Sanpaolo, visto che l’ex sindaco Sergio Chiamparino è diventato presidente della Compagnia di San Paolo, primo azionista della banca torino-milanese. Pensare un ordine economico sociale alternativo esula dalle mie capacità culturali anche se in cuor mio lo auspico. Sicuramente il modello che Torino ha sussunto negli ultimi venti anni si è dimostrato disastroso. A tal riguardo mi viene in mente la Teoria delle Catastrofi: quando sei dentro una catastrofe l’unica soluzione è entrare dentro una catastrofe ancora più grande. E’ quello che sta accadendo ora nella mia città.


Maurizio Pagliassotti è giornalista. Per «Liberazione» ha seguito le questioni: Tav, Fiat, Thyssen-Krupp. Ha lavorato anche con altre testate tra cui «Diario»

Chi comanda Torino - Castelvecchi Rx - pag. 192 - euro 14.90







1 commento:

Anonimo ha detto...

La Littizzetto è di Torino, o sbaglio?