17 agosto 2012

EMILIA-ROMAGNA DA' IL WELFARE AI PRIVATI. ALLE COOP I SERVIZI AI DISABILI E ANZIANI

La regione decide di sottrarre all'amministrazione pubblica il 75% del settore.

Critiche da parte di opposizione, Tribunale diritti del malato e sindacati, Cgil esclusa: «Si consegna la sanità in mano a chi ha fatto della salute dei cittadini un vero e proprio business».

Dalla giunta rispondono: nessuna esternalizzazione, ma solo una scelta politica favorevole alla gestione integrata

Si veda anche: La mutua delle Coop: la nostra sanità a buon mercato


BOLOGNA – Pubblico o non pubblico: questo il dilemma! Gli elettori di sinistra, quando a governare c’erano Dc prima e centrodestra poi, hanno sempre prediletto il pubblico al privato ma si sa che con il passare dei tempi, e soprattutto quando si passa dall’opposizione al governo, anche le ideologie possono cambiare. Quantomeno si adeguano. Niente più proclami contro i privati e soprattutto, come insegna la Regione Emilia Romagna, basta con il pubblico.

DELIBERA CHOC - Sta di fatto che i vertici regionali dell’Emilia-Romagna, aprendo le porte agli stessi privati sempre combattuti a colpi di scioperi generali e manifestazioni di piazza, in gran silenzio decidono di saltare il fosso e deliberano: entro il 2014, seguendo le indicazioni che arrivano dal report della Direzione generale Sanità e Politiche sociali della Regione, i servizi di Welfare in Emilia Romagna saranno gestiti per oltre il 74% da soggetti privati come le cooperative e per il 26% da soggetti pubblici e Asp.

Tra un anno e mezzo i Comuni dovranno aver, quindi, concluso il percorso di accreditamento dei soggetti pubblici e privati a cui verranno affidati alcuni servizi socio-sanitari, come l’assistenza alle persone anziane e a quelle disabili. Una scelta a suo tempo molto criticata dalle opposizioni e dalle organizzazioni sindacali, esclusa la Cgil, le quali hanno accusato la Regione di voler favorire i privati a scapito dei cittadini. «È una scelta che penalizza solo i cittadini – spiega Luciano Magli, responsabile del Tribunale per i diritti dei malati – Ma la cosa, evidentemente, non interessa molto i nostri amministratori visto che preferiscono consegnare la sanità pubblica in mano a chi ha fatto della salute dei cittadini un vero e proprio business». Dalla Regione, dal canto loro, si affrettano a spiegare che con la scelta fatta viene superata la logica degli appalti a scadenza e l’avvicendamento delle cooperative. «Al contrario – scrivono – sono previsti contratti duraturi che vincolano i soggetti gestori a rispettare alcuni parametri per mantenere la delega sull’intero servizio».

FAVOREVOLI E CONTRARI - Ma allora, ha ragione l’assessore regionale alle Politiche sociali Teresa Marzocchi quando assicura che è sbagliato parlare di esternalizzazione ma si tratta solo di una scelta politica di una forma di gestione integrata tra pubblico e privato? Oppure ha ragione chi la definisce una delle tante manovre che porteranno alla completa dismissione del pubblico a favore di pochi privati e magari con un occhio di riguardo alle coop? I dubbi su tutta l’operazione sono tanti e non arrivano solo dai cittadini. Vincenzo Tradardi, ex presidente di Asp est San Mauro Abate, una delle cinque attive in provincia di Parma, è tra quelli che non vedono di buon occhio l’operazione. E accusa la Regione di avere un unico vero obiettivo: affossare le Asp. Ad attaccare Regione e Cgil ci pensa anche l’associazione Carta Canta, da anni impegnata attivamente nella tutela dei diritti delle persone non autosufficienti, il cui timore è che la delibera sia solo un primo passo verso la completa esternalizzazione/privatizzazione dei servizi sociali.

Gli unici a scendere in difesa della delibera sono stati i vertici sindacali della Cgil di Parma da dove arrivano parole di elogio e la solita promessa: «La Cgil attraverso Fp e Spi monitorerà che la legge venga applicata in modo corretto e si rispettino i criteri di qualità».

Un proclama non condiviso, naturalmente, dal Pdl. Secondo gli azzurri, infatti, sarebbe solo un modo per tagliare il principio di sussidiarietà mentre le Asp altro non sono che «un ulteriore carrozzone che serve alla Regione per controllare il capitale del territorio e anche per piazzare qualche poltrona».



17 agosto 2012

Francesco Mura

Il Vostro Quotidiano


1 commento:

Anonimo ha detto...

Sarebbe auspicabile che le minacce dell'unicoop di disdire gli integrativi il Sindacato glielò facesse fare invece che stare al tavolo per togliere diritti hai lavoratori,almeno cominceremo a dare battaglia per davvero,non possiamo stare in continuazione sotto ricatto.ADESSO CREDO CHE DOBBIAMO DIRE LA NOSTRA,NESSUNO TANTOMENO L'UNICOOP CI HA FATTO REGALI.