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Una scossa di terremoto in casa Filcams, la categoria del commercio Cgil, proprio nei giorni di apertura del sedicesimo congresso della confederazione.
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I fatti risalgono al 24 settembre scorso: al tribunale di Milano si celebra un ricorso presentato dalle categorie del commercio di Cgil, Cisl e Uil contro Esselunga per attività antisindacale, in relazione al lavoro domenicale. L’azienda ha ’comandato’ ai lavoratori le domeniche, i lavoratori hanno rifiutato – sulla base del contratto aziendale che prevede il lavoro domenicale solo su base volontaria – e per tutta risposta il gruppo fa partire le contestazioni disciplinari. Immediatamente parte il ricorso delle tre organizzazioni sindacali.
Ma il 24 settembre, in aula, Esselunga porta a propria discolpa un documento firmato a fine giugno dai tre segretari generali di categoria in cui si dice che «in relazione al Patto per il lavoro, sottoscritto il 23 giugno 2009 le parti ribadiscono che lo stesso conferma integralmente tutte le norme contenute nel contratto nazionale del 18 luglio 2008». Quell’accordo, dice in pratica l’azienda, ci autorizza ad avere il lavoro domenicale. Sollevando un polverone, perché di quello stesso accordo nessuno era al corrente. E ora – prima del direttivo di categoria convocato appositamente il 24 novembre – c’è chi chiede le dimissioni del segretario generale Franco Martini.
Facciamo un passo indietro, fino al 18 luglio 2008: è il giorno del contratto separato nel commercio, il primo della stagione. Tra le ragioni che portarono il maggiore sindacato a non firmare c’era proprio il nodo della domenica lavorativa, che nel contratto veniva messa a completa disposizione delle aziende. Parte così la mobilitazione dei lavoratori, seguita poi da un lavoro di ritessitura delle relazioni sindacali.
Il 23 giugno 2009, dopo mesi di trattativa, si era arrivati a un accordo unitario - il «Patto per il lavoro », appunto – ponte necessario per giungere, appunto il 18 luglio 2009, a un contratto nazionale unitario. Il nodo del contendere – le domeniche – viene risolto debolmente, non rinnegando la sostanza dell’accordo separato, ma rimettendone la richiesta alla contrattazione di secondo livello. La dichiarazione che porta pure la firma di Martini è del 24 giugno, il giorno dopo la firma del «Patto»: «Una garanzia per arrivare senza intoppi al contratto unitario», la definisce il segretario.
In pratica, spiega Martini, «alcune grosse aziende minacciavano di ritirare la firma e hanno richiesto che l’accordo sulle domeniche fosse ribadito da un’ulteriore dichiarazione, cosa che però non ha modificato in nulla quanto già sottoscritto e che è decaduta immediatamente con la firma del contratto unitario». Nessuno però ne è stato informato e la vicenda, dall’udienza di fine settembre, è stata resa nota solo in questi giorni.
Insomma, è l’accusa: così si mette in discussione il principio di lealtà verso l’organizzazione. Antonio Lareno, della camera del lavoro di Milano, chiede le dimissioni di Martini: «Il segretario ha raccontato balle a lavoratori e gruppi dirigenti e il resto della segreteria, dal 25 settembre in poi, ha fatto finta di nulla ».
Da Bologna, la segretaria di categoria Ramona Campari lega la vicenda al congresso della confederazione: «È evidente che abbiamo bisogno di una discussione profonda, che non possiamo più procedere per aggiustamenti, ci siamo opposti al modello contrattuale, di questo dobbiamo discutere e deve farlo anche la Filcams».
10 novembre 2009
Sara Farolfi
Il Manifesto
1 commento:
Contratto Integrativo Provinciale delle Famiglie Cooperative:
La Filcams Cgil del Trentino non firma, Cisl e Uil sottoscrivono l’accordo e rifiutano di portarlo al voto certificato dei lavoratori.
Nella giornata di ieri, mercoledì 18 novembre, la Filcams Cgil del Trentino non ha sottoscritto il Contratto Integrativo Provinciale per gli oltre 1400 lavoratori operanti in Trentino nelle imprese della distribuzione cooperativa (Famiglie Cooperative – Coop) aderenti alla Federazione Trentina della Cooperazione.
Un accordo che invece ha trovato la firma e la condivisione delle categorie di Cisl e Uil le quali hanno rifiutato la nostra proposta di portare a referendum tra i lavoratori i contenuti dell’intesa.
Il nostro rifiuto è stato determinato sia da questioni di merito che di metodo.
Nel merito i lavoratori non recuperano il potere d’acquisto perso negli ultimi tre anni, considerando che il contratto era scaduto da ormai circa 3 anni. Infatti l’accordo elargisce una somma di 600 euro lorde in due trance, pari a circa 16 euro lorde mensili.
Ma non ottengono nemmeno futuri aumenti salariali dignitosi. Vista la vigenza contrattuale fino al 31.12.2012, altri 3 anni, gli aumenti previsti si dividono su alcune voci. Nessun aumento certo. Circa 100 euro annui (299 in 3 anni) lordi complessivi unicamente legati alla effettiva presenza, corrispondenti a circa 7,8 euro lordi mensili. Si aggiungono 20 euro mensili per una durata di 3 anni se si lavora per almeno 16 giorni nel mese e si ha il contratto a tempo indeterminato, per l’acquisto di beni nei punti vendita dove si opera. Lo spirito cooperativo della controparte ha inoltre concesso un premio fedeltà pari ad 1 mensilità se si raggiunge un’anzianità di 33 anni lavorativi.
Ricordiamo che la piattaforma presentata unitariamente prevedeva la richiesta di un adeguamento delle retribuzioni tenendo a riferimento le imprese del settore del terziario che operano nella provincia di Trento (poli, sait, orvea hanno circa 1200 euro annue medie di differenza).
Crediamo che con questo accordo separato i lavoratori di questo settore siano ancora una volta discriminati da un’etica cooperativa favoleggiata quando si tratta di piangere l’assalto della concorrenza della grande distribuzione (talvolta organizzata e gestita da loro stessi, vedi superstore – sait e coop nord est) chiedendo sacrifici ai dipendenti e concedendo solamente elemosine.
Ancora una volta Cisl e Uil del settore abbandonano la tutela dei diritti di chi dovrebbero rappresentare, i lavoratori, sposando concretamente le linee delle loro organizzazioni nazionali per una collaborazione asservita alle imprese ed ai loro interessi. Ovviamente senza un confronto democratico e certificato di chi dovrebbe decidere, i lavoratori.
Anche questo accordo separato dimostra che l’obiettivo di Cisl e Uil di sacrificare ed alleggerire il Contratto Nazionale per poter ottenere maggiori vantaggi ed aumenti nei livelli decentrati di contrattazione è una balla.
In una provincia ricca come il Trentino, questo asservimento e mancanza di autonomia permette che i lavoratori delle Famiglie Cooperative siano e rimangano tra i meno pagati in Italia.
Un accordo che complicherà le trattative sui Contratti Aziendali in atto nelle altre realtà commerciali, Poli, Sait, Orvea, che trovando un precedente al ribasso applicato a circa 1400 lavoratori vorranno anch’esse percorrere la medesima strada.
la Filcams Cgil del Trentino – Roland Caramelle
Trento, 19 novembre 2009
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