21 maggio 2010

IL GOVERNO CAMBIA LO STATUTO DEI LAVORATORI



Insorgono PD e la Cgil, altolà di Cisl e Uil



Cambiare lo Statuto dei lavoratori. Esattamente dopo quarant'anni dall'entrata in vigore della legge sui diritti di chi lavora, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha voluto confermare che il governo intende mettere mano a quelle norme. E che lo farà in tempi rapidi: nei prossimi giorni arriverà il Piano triennale per il lavoro al quale seguirà un disegno di legge delega sullo "Statuto dei lavori". Un vecchio progetto di Sacconi articolato su due livelli: il riconoscimento dei diritti di tutti i lavoratori indipendentemente dalle dimensioni aziendali e dal tipo di contratto (lo Statuto attualmente si applica a poco meno della metà dei lavoratori) e un sistema di tutele variabili a seconda del settore di appartenenza, del territorio e della stessa impresa. "Un attacco alla Costituzione", secondo il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, convinto che lo Statuto "non sia il caro estinto" .

I quarant'anni dello Statuto sono stati celebrati da Cgil, Cisl e Uil in tre distinti convegni. Segno delle divisioni di questa stagione sindacale. Eppure, al di là dei toni e degli argomenti, nessuno tra i sindacalisti ha detto di considerare quello della riforma della legge 300 del 20 maggio 1970 una priorità. Lo stesso leader della Cisl, Raffaele Bonanni, ha preso le distanze dalla tempistica prospettata da Sacconi. "Il governo - ha detto - dovrebbe occuparsi d'altro in questo momento. C'è altro da fare adesso piuttosto che aprire spaccature o creare altre difficoltà". E, in ogni caso - secondo la Cisl - le modifiche andranno prima individuate dalle parti sociali (imprese e sindacati) e poi trasferite in una legge del governo o del Parlamento.

Linea condivisa dalla Uil di Luigi Angeletti secondo il quale il vero obiettivo deve essere quello di estendere le tutele ai tanti lavoratori che oggi ne sono privi. "Di questi dobbiamo preoccuparci", ha detto Angeletti nel convegno organizzato dalla Uil a Roma al Cinema Capranica dove è stato fischiato il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta. A provocare il dissenso di una parte della platea è stato il passaggio nel quale Brunetta ha sostenuto che "c'è qualcuno che ha considerato lo Statuto come strumento per difendere i fannulloni". Fischi e brusii ai quali ha replicato il ministro: "Si vede che c'è qualche fannullone anche in sala. Ma io non mi faccio intimidire. Io sono un privilegiato perché da riformista sono qui a parlare. Altri non l'hanno potuto fare". Con chiaro riferimento, tra gli altri, a Massimo D'Antona e Marco Biagi, uccisi dai terroristi.

La giornata di ieri si è così sviluppata su due piani: quella sul progetto del nuovo Statuto e quello sulle polemiche legate al passato. Rinfocolate anche dal ministro Sacconi che nel suo intervento nell'aula del Senato ha ricordato l'astensione del Partito comunista (il Pci) sullo Statuto, le durissime critiche che vennero da alcuni esponenti di quell'area, fino all'omicidio di D'Antona e il rischio che si torni a una stagione di violenza. Una connessione che ha provocato la reazione del capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Anna Finocchiario: "Associare, come ha fatto il ministro Sacconi, il voto di astensione del Pci in Parlamento sullo Statuto alla stagione di violenze che poi condusse al terrorismo è un'indecente aberrazione".

21 maggio 2010

Roberto Mania


La Repubblica.it


CHE COSA E' "LO STATUTO DEI LAVORATORI"

1 commento:

Anonimo ha detto...

Più aperture nei giorni festivi è guerra tra comuni e sindacati

Le amministrazioni vogliono aumentare le domeniche al lavoro, con la deroga sulle feste comandate. Cgil, Cisl e Uil: «Serve vera concertazione»

Tommaso Galgani sull'Unità del 21/5/2010

Aperture dei negozi di domenica o nei festivi, è muro contro muro tra Cgil, Cisl e Uil e i comuni dell’area vasta Firenze-Prato-Pistoia. I sindacati hanno rotto il tavolo di concertazione, che scade tra un mese. I comuni chiedono che tornino a trattare, anche con le associazioni di categoria che spingono per più aperture.

Due, essenzialmente, i motivi della rottura. Il primo, la differente concezione di concertazione. Per i sindacati «il tavolo di concertazione non può essere che i comuni ci ascoltano e poi fanno come pare a loro», è la posizione di Enrico Talenti (Cgil) e Salvo Carofratello (Cisl). Per i comuni invece, come spiega l’assessore pistoiese allo sviluppo Barbara Lucchesi, «quello sulla concertazione non può diventare il tavolo della contrattazione». Il secondo punto di rottura è sulle aperture dei negozi le domeniche e nei festivi. Finora, infatti, i negozi hanno diritto ad aprire per 20 domeniche l’anno, fuori dal centro (qui, invece, possono lavorare 361 giorni l’anno: sono esclusi Capodanno, Natale, Santo Stefano, primo maggio). La proposta dei comuni è di arrivare a 22 domeniche (escluse le feste patronali), mentre si stabiliscono 8 festività fisse (le sopracitate più Pasqua, Pasquetta, Ferragosto e 25 aprile) che però, qualora i comuni lo ritenessero opportuno, sono derogabili «per ragioni di pubblica utilità», stabilite dalle amministrazioni che però sono tenute a concertare coi sindacati. Anche se,come è successo per il primo maggio e per lo sforamento del limite di deroghe, i comuni hanno dimostrato che, se vogliono, fanno stare aperti i negozi nei festivi. Di sicuro, solo per Capodanno, primo maggio, 25e 26dicembre, in caso di deroga, si scala dal computo delle 22 domeniche aperte l’anno.

I sindacati invece chiedono l’assoluta inderogabilità per Capodanno, 25 e 26 dicembre, primo maggio e 25 aprile, e la limitazione del numero di domeniche d’apertura, non più di due all’infuori di dicembre. «Non si può basare il senso di una comunità più sullo shopping che sul significato di feste come 25aprileo primo maggio», dicono Luisella Butini e Barbara Orlandi della Cgil pistoiese. «Tornate nel tavolo di concertazione», è l’appello che il vicesindaco di Firenze Dario Nardella lancia ai sindacati.