Lo sfogo di una cassiera addetta all'assistenza alle casse automatiche del nuovo supermercato di San Lazzaro (BO) e il timore che le "automatiche" eliminino nel tempo le "tradizionali".
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La risposta fredda e sibillina di Coop Adriatica:
«Non è all’ordine del giorno»
LA COOP sei tu. Ma proprio tu. Alla lettera. Alle «casse più» fai tutto da solo (quasi). La pubblicità è invitante. Scritto bello in grande: «Sempre aperte».
Poi tre aggettivi scattanti: «Più veloci, più pratiche, più innovative». Calma: resta sempre la supervisione della cara, vecchia cassiera. Una per cinque postazioni, è così nel nuovo supermercato di San Lazzaro. La spesa automatica è sul mercato da un anno, coinvolge una quindicina tra iper e super. Funziona così: il cliente arriva con i suoi acquisti — massimo quindici pezzi — e passa tutto sul lettore del codice a barre.
Osservazione diretta: la cassiera in supervisione corre di qua e di là perché la richiesta di assistenza è continua. Una voce avverte quando sbagli qualcosa. Che so: non metti il prosciutto nella sportina e la macchina si rifiuta di andare avanti. Sempre che il prosciutto non sia in offerta. In quel caso, devi digitare i numeri a mano. Proprio come fanno le cassiere quando il meccanismo s’inceppa. Tutto molto tradizionale.
Ma non è solo per questo che i clienti si dividono. Ci sono quelli che non possono più farne a meno — la cassa automatica spopola tra i pensionati — e quelli che invece confidano un timore vero: non sarà che così l’azienda taglia sul personale? E poi vuoi mettere l’umanità?
Coop Adriatica rassicura: «L’anno scorso a Bologna abbiamo consolidato 160 persone. I rapporti a tempo indeterminato sono arrivati al 93 per cento, un record. I timori sui tagli sono infondati. La novità delle ‘casse più’ è stata discussa a lungo con il sindacato.
Poi, è vero, nelle assemblee dei soci ce l’hanno chiesto, che impatto avranno sui posti di lavoro? Curiosità più che legittima. Ma la risposta è: nessun rischio, l’attività si evolve. Magari non stai alla cassa ma all’allestimento».
SOLO che Giancarlo Ballanti, collaudatore in un’azienda metalmeccanica, uno che sa cos’è la cassintegrazione — «oggi per fortuna andiamo bene» — resta con il dubbio. Patito della coop, usa la cassa automatica «pochissimo, quando vado proprio di corsa. La detesto. Penso sempre: se robotizzassero il mio lavoro mi darebbe molto fastidio». Lui è uno fatto così: in fabbrica sono in duecento e li conosce tutti per nome. Vale anche per le cassiere (e i cassieri). «Ci fai la battuta, vivaddio un po’ d’umanità — sospira —. Altrimenti uno si sente come un pollo d’allevamento».
Una volta ha scritto anche al direttore della vecchia coop, «per dire che lavoravano bene. Mi ha ringraziato e ha esposto la lettera in bacheca».
Invece Aldo Tivoli, pensionato, va matto per le casse automatiche, «non potrei farne a meno. Mi trovo benissimo, sono veloci e sicure. Non faccio la fila, per la spesa che devo fare me la sbrigo subito». Luciano L., tranviere, punzecchia: «Anche le coop guardano all’interesse». Favorevole Nicola Serafino, pensionato, la risposta è sempre la stessa, «risparmio tempo».
Invece Enzo Raisi, parlamentare finiano oggi nella tempesta — uno costantemente fuori linea — ormai indifferente ai sospetti di inciuci a sinistra, non ha problemi a rivelare: «Sì, sono socio coop, da molti anni. Da imprenditore capisco che l’automazione è un processo inevitabile. Ma trovo più umano un rapporto diretto con le cassiere... Sia chiaro, vale anche se sono cassieri. Io poi mi regolo così: se ho tempo faccio da solo, altrimenti no».
Il contrario di quello che fa tutto il resto del mondo. Domanda all’ufficio stampa di Coop Adriatica: non è che con il tempo eliminerete le casse tradizionali? Replica pronta: «Non è all’ordine del giorno». Frase sibillina. Se a parlare così fosse un politico, ci sarebbe da pensar male. Risposta prontissima: «Ma la coop non è un partito».
4 maggio 2010
Rita Bartolomei
Il Resto del Carlino
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