Dipendenti mobilitati per il mancato pagamento degli straordinari per la Festa di Ognissanti
Dal canto loro i rappresentanti sindacali della Sdl Ipercoop Fonti del Corallo hanno tenuto duro, mantenendo la promessa - annunciata sabato al nostro giornale - di mettere in piedi il presidio ad oltranza fin davanti agli ingressi del supermercato fin dalle 3.30 del mattino. "Per informare - spiegano - i dipendenti che ancora non era stato possibile avvisare, visti i tempi ristretti con cui l’azienda ci ha comunicato che non ci avrebbe pagato la giornata di straordinario". Come noto, infatti, la direzione dell’ipermercato, prima ha dato l’ok al riconoscimento in busta paga del lavoro straordinario nel giorno nella domenica di Ognissanti, ha poi fatto marcia indietro, comunicandolo alle rappresentanze sindacali soltanto venerdì mattina, con soli due giorni di preavviso sull’apertura festiva. Un comportamento, questo, che è stato stimmatizzato anche da Cgil, Cisl e Uil, che hanno criticato la condotta altalenante di Unicoop Tirreno, imputandogli di "creare confusione e disagi ai dipendenti".
La triplice però aveva scelto una linea di protesta più "soft", proclamando sì lo sciopero, ma soltanto per mezz’ora a fine turno. Una mobilitazione che avrebbe comunque consentito l’apertura domenicale dell’Ipercoop, anche se avrebbe magari anticipato la chiusura alle 20, anziché alle 21 previste. In realtà, invece, ieri soltanto i livornesi più mattinieri hanno potuto far la spesa. Le casse sono state aperte regolarmente dalle 10 alle 11, poi sono state chiuse, poi hanno riaperto dalle 11.30 alle 12.30. Nel pomeriggio, chi si è recato alle Fonti del Corallo, ha trovato le saracinesche dell’ipermercato abbassate e un cartello ad avvisarli della "chiusura causa sciopero". Ne hanno beneficiato gli altri esercizi del centro commerciale, soprattutto, i negozi del centro città, regolarmente aperti come lo saranno sempre, da qui, a Natale.
2 novembre 2009
Paola Zerboni
7 commenti:
All’indomani della clamorosa protesta l’azienda fa la conta dei danni e accusa il sindacato di base
«Persi 300 mila euro di incasso»
L’ira dell’Ipercoop contro gli scioperanti: minacciato chi voleva entrare
LIVORNO. Il giorno dopo il mega sciopero che ha costretto alla chiusura l’Ipercoop e segnato una vittoria delle rsu targate Sdl, tra gli scaffali di Porta a Terra si è scatenato il tutti contro tutti: azienda contro sindacati, sindacati contro sindacati (vedi articolo a fianco). E Paolo Palmerio, che dirige il personale dalla sede di Vignale, ieri pomeriggio è venuto a Livorno per incontrare la neo direttrice Francesca Addis e i soci. «In tanti anni di attività non ho mai visto niente del genere - commenta trattenendo a stento la rabbia - abbiamo perso circa 8mila visitatori e oltre 300mila euro di incasso. Numeri che di questi tempi non sono certo uno scherzo».
Ma cosa ha scatenato la protesta? Quella maggiorazione del 135 per cento in caso di doppia festività (ad esempio l’appena trascorsa domenica di Ognissanti) che secondo il sindacato di base viene di fatto ignorata, mentre per i vertici dell’Ipercoop - ma anche per i confederali - è prevista dal contratto nazionale e quindi già presente nella busta paga.
“Gli extra? Sono già in busta paga”. “Nel mese in cui la festività coincide con la domenica - spiega Palmerio - per tutti i dipendenti è prevista, dal contratto nazionale, una giornata di retribuzione in più, oltre al solito incremento del 35% per ogni ora di lavoro domenicale”. Tradotto in soldoni, per un neoassunto (un full time di quarto livello) fanno circa 54 euro più 18 di maggiorazione e 9 come integrazione aziendale. “La prestazione straordinaria richiesta dagli scioperanti non solo non è dovuta, ma non è mai stata applicata in nessuno dei nostri 113 negozi in oltre cinquant’anni di attività”.
Allora perché lo scorso lunedì alle rappresentanze sindacali interne sono state date indicazioni diverse e si è aspettato solo venerdì per comunicare la mancata riscossione dello straordinario?
L’azienda recita un mea culpa e non avere gestito al meglio la situazione. “Inizialmente la direzione livornese dell’Ipercoop ha assunto una posizione corretta - si giustifica il direttore - ma la grande pressione esercitata dal sindacato di base e il tentativo di dialogare con tutte le parti ci ha portato verso una strada impercorribile. Devo ammettere che da questo punto di vista abbiamo sbagliato”. “Ma l’atteggiamento di Sdl - affonda - è strumentale e la nostra posizione irremovibile”. Insomma, a quanto pare non ci sarà alcun tavolo di conciliazione.
Ma allo sciopero hanno aderito in tanti. “Sicuramente - continua Palmerio insieme alla Addis - c’è un malessere generale legato al ricorso massiccio al part time (quasi 300 dipendenti su 400), che però è una prerogativa della grande distribuzione. Per rispondere a questo disagio abbiamo aumentato la durata del lavoro medio (non scendiamo sotto alle 20 ore settimanali per il par time) e introdotto una sorta di autogestione dell’orario per le cassiere”.
Poi l’accusa: “Molti dipendenti nono sono entrati domenica perché minacciati da chi presidiava gli ingressi. Stiamo valutando, insieme alla direzione di Livorno, se è il caso di sporgere denuncia”. Affermazioni alle quali rispondono, in molto altrettanto duro e deciso, i membri delle rsu: “Frasi false, vergognose e offensive, sia nei confronti del sindacato che dei lavoratori, che hanno aderito in massa allo sciopero dopo un’attenta valutazione. L’azienda ci accusa perché sa di essere nel torto”.
IL TIRRENO 3 NOVEMBRE 2009
SINDACATI CONTRO
Sdl esulta, per la Cgil il blocco è stato un errore
LIVORNO. «Lo sciopero di domenica ha assunto un significato enorme. I lavoratori hanno sposato la linea decisa delle rsu e alla fine hanno detto: “Siamo stanchi di farci prendere in giro”». Non ha dubbi Diego Perez, rappresentante del sindacato di base Sdl e membro della rsu interna dell’Ipercoop: «Lo sciopero di domenica è stato un successo sia per i rappresentanti sindacali che per i lavoratori che hanno aderito in massa (oltre il 90%)». Perez ribadisce le ragioni della protesta e risponde alle accuse dell’azienda: «La storia della maggiorazione già prevista in busta paga in caso doppia festività è un’assurdità, uno specchietto per le allodole: quei soldi rappresentano una sorta di rimborso per la festività che viene “bruciata” nel corso del mese e sono previsti per tutti i dipendenti, anche quelli che scelgono di non lavorare nel weekend. Non solo: ci sarebbero spettati anche se domenica l’ipermercato fosse rimasto chiuso». Il sindacato di base chiede che ai lavoratori sia riconosciuta la prestazione straordinaria festiva (una giornata doppia oltre al ventiseiesimo del contratto nazionale). «A fare gli scioperi - conclude Perez - non si diverte nessuno. Ma in questo caso la responsabilità è tutta dell’azienda che ci ha avvisato dell’ennesimo cambio di linea solo venerdì». E la “scorrettezza” dei vertici sembra essere l’unico punto di incontro tra sindacati di base e confederali. «Domenica - interviene Franco Franceschini (Filcams Cgil) abbiamo proclamato mezz’ora di sciopero proprio per protestare contro l’atteggiamento tenuto dai vertici. Ma quella della rsu è una richiesta inapplicabile, perché fuori dal contratto nazionale. Fermare l’Ipercoop è stato un errore. Non stiamo parlando di uno sciopero scolastico: qui si perdono incassi e immagine».
Complimenti alla linea soft della "triplice", veramente incisiva!
Lo Stato francese ha deciso di rinviare a giudizio 9 insegne della distribuzione (Auchan, Carrefour, Leclerc, Casino, Cora e Système U quelle alimentari, mentre le altre tre del comparto non food non sono note) per pratiche abusive nei confronti dei fornitori. L'annuncio è stato dato ieri da Hervé Novelli, ministro del dicastero Commercio e consumo francese.
“Nei prossimi giorni -ha precisato il ministro- il giudice civile determinerà se le clausole per cui sono chiamate in giudizio le aziende della distribuzione sono effettivamente abusive”.
Contratti tipo
La Direzione della Concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi ha controllato 400 contratti “tipo”, con riferimento alla legge francese sulla Modernizzazione dell'economia dell'agosto 2008 e “tra questi, diversi evidenziano delle clausole controverse”.
Le clausole cui si fa riferimento, riguardano, per esempio, l'imposizione ai fornitori di ritirare la merce invenduta allo stesso prezzo oppure prevedono forti penalità -imposti dal distributore- in caso di ritardo delle consegne. E ancora, contratti che obbligano i fornitori ad accettare ad accettare di effettuare ribassi di prezzi sui loro prodotti, senza contropartita reale.
Lo Stato francese intende chiedere, per ogni insegna, un ammenda fino a 2 milioni di euro.
Tiziana Aquilani
Siamo sicuri che ciò accade solo in Francia?
Meditate gente, meditate.....
Lo Stato francese ha deciso di rinviare a giudizio 9 insegne della distribuzione (Auchan, Carrefour, Leclerc, Casino, Cora e Système U quelle alimentari, mentre le altre tre del comparto non food non sono note) per pratiche abusive nei confronti dei fornitori. L'annuncio è stato dato ieri da Hervé Novelli, ministro del dicastero Commercio e consumo francese.
“Nei prossimi giorni -ha precisato il ministro- il giudice civile determinerà se le clausole per cui sono chiamate in giudizio le aziende della distribuzione sono effettivamente abusive”.
Contratti tipo
La Direzione della Concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi ha controllato 400 contratti “tipo”, con riferimento alla legge francese sulla Modernizzazione dell'economia dell'agosto 2008 e “tra questi, diversi evidenziano delle clausole controverse”.
Le clausole cui si fa riferimento, riguardano, per esempio, l'imposizione ai fornitori di ritirare la merce invenduta allo stesso prezzo oppure prevedono forti penalità -imposti dal distributore- in caso di ritardo delle consegne. E ancora, contratti che obbligano i fornitori ad accettare ad accettare di effettuare ribassi di prezzi sui loro prodotti, senza contropartita reale.
Lo Stato francese intende chiedere, per ogni insegna, un ammenda fino a 2 milioni di euro.
Tiziana Aquilani
Siamo sicuri che ciò accade solo in Francia?
Meditate gente, meditate.....
E mediteremo, ma è una realtà nota anche in Italia. Sul "reso" ai fornitori ne succedono di tutti i colori, a seconda del fornitore e della sua forza sul mercato.
E' chiaro che i fornitori piccoli, o i locali, sono spesso obbligati ad accettare condizioni poco convenienti, se vogliono avere la possibilità di continuare a lavorare con quell'azienda di marchio.
Viceversa, accade anche che c'è il fornitore che ritira SOLO una parte del prodotto (posso citare casi dove addirittura il fornitore ritira appena il 10% del consegnato), occupando spazio nei magazzini a tempo indeterminato, con notevole costo e disagio per l'azienda distributiva.
Del resto, se nessun fornitore si ribellerà a questo stato di cose, come probabilmente è accaduto in Francia, immagino che si continui tranquillamente con questo andazzo.
RANK
Centri commerciali: Cgil chiede il taglio delle aperture festive
Ma Tani (I Gigli) dati alla mano replica: «Sarebbe un disastro»
da la Nazione 4/11/2009
PIÙ QUALITÀ della vita e del lavoro nella Piana. Ovvero, meno domeniche di apertura per i grandi centri commerciali. Questa la proposta della Filcams Cgil che ieri pomeriggio ha organizzato a Sesto Fiorentino, nella saletta 5 Maggio, un seminario sul tema “Buone pratiche di concertazione per una migliore qualità del lavoro nella Piana”.
L’occasione l’ha offerta la ricorrenza del decimo anniversario dell’accordo che nel 1999 portò all’intesa fra enti locali e organizzazioni sindacali e di categoria per portare alla definizione di 20 aperture domenicali all’anno sull’area vasta di otto Comuni della Piana (inclusi Firenze e Prato).
“Adesso, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo regolamento del codice del commercio – dichiara Carla Bonora, segretario generale della Filcams di Firenze – dobbiamo ridiscutere quell’accordo. Noi proponiamo di dare più qualità alla vita dei lavoratori del commercio e in generale alle nostre città, con la chiusura per le giornate di Natale, Santo Stefano, primo dell’anno, Pasqua, Pasquetta, ferragosto, primo maggio e 25 aprile. Non siamo pregiudizialmente contrari al lavoro domenicale o festivo, ma vogliamo che sia inserito all’interno di un contesto di sistema di servizi alla persona che metta in grado soprattutto le donne di conciliare tempi di lavoro e el tempo libero”.
Presenti all’incontro anche gli assessori al commercio di Calenzano, Maria Pia Bonato, e di Campi, Stefano Salvi. Una netta contrarietà all’idea di ridurre le domeniche di aperture nel corso dell’anno arriva dal direttore dei Gigli, nonché membro del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (CNCC), Alessandro Tani: “Dobbiamo chiederci se l’accordo siglato dieci anni fa sia ancora attuale. Dobbiamo chiederci se 20 festività all’anno siano sufficienti, visto che nelle aperture domenicali nei centri commerciali si realizza dal 10 al 15% del fatturato complessivo di vendita. Studi sostengono che il 75% dei consumatori fa shopping la domenica. Ridurre queste aperture vorrebbe dire incidere sui fatturati e provocare una flessione dell’economia che non credo nessuno in questo momento voglia prefigurare. Dobbiamo invece tener conto del fatto che alcune regioni vicine a noi hanno ampliato il numero di aperture domenicali e questo crea una situazione di squilibrio”.
Insomma la guerra sulle aperture domenicali e festive è cominciata. “Stiamo facendo un lavoro di concertazione a livello di area vasta con oltre 20 comuni delle province di Firenze, Prato e Pistoia - annuncia l’assessore al commercio del Comune di Sesto Fiorentino Maurzio Andorlini - verificando l’opportunità di procedere tutti assieme all’apertura di un unico tavolo di concertazione con le parti sociali, in modo da dare ancora più forza ad un accordo di area metropolitana”.
Franco Calamassi
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