Il presidente della Repubblica stoppa il testo che disciplina i rapporti di lavoro varato dal governo
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Era previsto che già nel contratto di assunzione, in deroga dai contratti collettivi, si possa stabilire il ricorso all'arbitrio
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non ha firmato il Ddl del governo sul lavoro e ha rimandato il testo alle Camere. Ponendo forti dubbi sulla norma che prevede l'estensione dell'arbitrato nei rapporti di lavoro. "Il Capo dello Stato è stato indotto a tale decisione dalla estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni - con specifico riguardo agli articoli 31 e 20 - che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale. Ha perciò ritenuto opportuno un ulteriore approfondimento da parte delle Camere, affinchè gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un più chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale" si legge nella nota del Quirinale.
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Il rilievo del Colle si appuntano su una delle due norme del ddl Lavoro. Quella che riguarda la nuova procedura di conciliazione e arbitrato che di fatto incide sulle norme dell'articolo 18 relative al licenziamento. In particolare l'articolo indicato nel comunicato del Quirinale prevede che già nel contratto di assunzione, in deroga dai contratti collettivi, si possa stabilire che in caso di contrasto le parti si affidino ad un arbitrato.
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L'altro articolo sul quale il Quirinale ha mosso rilievi è il 20, che esclude dalle norme del 1955 sulla sicurezza del lavoro il personale a bordo dei navigli di Stato.
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I primi di marzo l'aula aveva approvato il ddl. Un provvedimento che contiene norme sui lavori usuranti, gli ammortizzatori sociali, l'apprendistato e le controversie sul lavoro. La contestata normativa sull'arbitrato, aveva sottolineato il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, faceva parte della versione originaria della legge Biagi: "Il diritto sostanziale del lavoro, incluso l'articolo 18 dello Statuto non è stato minimamente toccato".
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Cauta la prima reazione del governo. "Napolitano ha sempre mostrato una grande attenzione" alla etrogeneità delle norme e alle coperture finanziarie, è nel suo potere rimandare alle Camere, non ho nulla da obiettare" dice il ministro dell'Interno, Roberto Maroni.
Il rilievo del Colle si appuntano su una delle due norme del ddl Lavoro. Quella che riguarda la nuova procedura di conciliazione e arbitrato che di fatto incide sulle norme dell'articolo 18 relative al licenziamento. In particolare l'articolo indicato nel comunicato del Quirinale prevede che già nel contratto di assunzione, in deroga dai contratti collettivi, si possa stabilire che in caso di contrasto le parti si affidino ad un arbitrato.
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L'altro articolo sul quale il Quirinale ha mosso rilievi è il 20, che esclude dalle norme del 1955 sulla sicurezza del lavoro il personale a bordo dei navigli di Stato.
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I primi di marzo l'aula aveva approvato il ddl. Un provvedimento che contiene norme sui lavori usuranti, gli ammortizzatori sociali, l'apprendistato e le controversie sul lavoro. La contestata normativa sull'arbitrato, aveva sottolineato il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, faceva parte della versione originaria della legge Biagi: "Il diritto sostanziale del lavoro, incluso l'articolo 18 dello Statuto non è stato minimamente toccato".
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Cauta la prima reazione del governo. "Napolitano ha sempre mostrato una grande attenzione" alla etrogeneità delle norme e alle coperture finanziarie, è nel suo potere rimandare alle Camere, non ho nulla da obiettare" dice il ministro dell'Interno, Roberto Maroni.
31 marzo 2010
La Repubblica.it
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