06 luglio 2011

COOP, PER CRESCERE E' L'ORA DELLO SHOPPING

Vincenzo Tassinari (presidente del Consiglio di Gestione di Coop Italia) parla dell'ambizioso piano di investimenti per Coop per 500 milioni

L'espansione focalizzata sul meridione

Non verrà tralasciata l’attività di diversificazione già iniziata su telefonia e energia

Coop si prepara per lo shopping. Nel prossimo biennio il primo gruppo italiano della grande distribuzione macinerà oltre 500 milioni di investimenti per realizzare 55 nuovi punti vendita, 44 supermercati e 10 iper, con un obbiettivo di maggiorazione a regime di 950 milioni di euro di ricavi, portando così i fatturati complessivi verso quota 14 miliardi di euro.

Il programma di crescita pare abbia colto l’interesse anche dei competitor più piccoli. E sembra che effettivamente il dossier di Billa stia girando sui tavoli decisori di Coop: Billa fa capo al gigante tedesco Rewe (51 miliardi di fatturato) e in Italia ha un pezzo della rete ex Standa.

Anche se su questo tema Vincenzo Tassinari, presidente del Consiglio di Gestione di Coop Italia è cauto: «Di acquisizioni all’orizzonte ne vedo poche e problematiche, al momento non c’è grande euforia noi abbiamo un piano di sviluppo importante per i futuri due anni, se avverrà solo per linee interne si vedrà, dove ci saranno occasioni è certo che le coglieremo».

Il piano di espansione mira ad un progresso sostenuto nel Sud Italia, dove le quote di mercato di Coop sono attorno al 7/8%, rispetto al 18,3 di market share nazionale: «L’espansione sarà focalizzata nel Meridione d’Italia, poiché le prospettive di sviluppo competitivo sono là, anche se la situazione è veramente difficile». Inoltre non verrà tralasciata l’attività di diversificazione già iniziata su telefonia e energia. Gli spazi per prendere terreno ai competitor ci sono.

«I gruppi internazionali stanno riducendo gli investimenti, la logica espansionistica del passato ha fatto sentire i suoi contraccolpi. In più il mercato italiano è al momento problematico e registra una fase di grande contrazione dei consumi. Nel 2010 c’è stato il blocco degli investimenti dei distributori dello 0,5%. E quasi tutti i player hanno rallentato sui piani di sviluppo».

La fase di calo dei consumi non dà, poi, segni di cedimento. «A livello di sistema, la situazione di calo dei consumi perdura, siamo a 1,1/1,2% nel 2011, e nel 2010 la diminuzione è stata del 2%. Bankitalia ha censito, inoltre, un’ulteriore diminuzione del potere acquisto del 4%. Con la conseguenza che chi acquista oggi lo fa con maggiore razionalità possibile marca Tassinari. Assistiamo al fenomeno del downgrade del carrello, con la scelta di prodotti con un mix prezzo più basso, più private label, meno marchi».

In questo contesto Coop tiene la testa fuori dall’acqua, mantenendo nel periodo, un andamento attorno al +1,1%, ma precisa Tassinari «questo avviene perché abbiamo ampliato il perimetro di vendita, a parità anche noi un po’ abbiamo ceduto». Nel dettaglio nei primi cinque mesi del 2011 soffrono di più gli ipermercati, fortemente legati al calo delle performance non food, il dato a rete corrente è di una diminuzione sistemica dell’1,2%, 0,8% in meno è il valore Coop. Mentre si dimostrano in recupero i super, +2,5% Coop, +1,8% il mercato e i Discount, +4,9% i Dico di Coop e 5,5% di incremento segna il sistema.

La Coop è un universo di 115 cooperative, oltre 1.400 punti vendita, una superficie di vendita di 1,76 milioni di metriquadri (in crescita del 2,2% nel 2010), 12,9 miliardi di euro di ricavi (+1,1%), oltre 36mila dipendenti e più di 7,3 milioni di soci. Nel 2011 la stima è di una crescita attorno all’1/1,5% per le vendite, con un obbiettivo economico dato dal food e non food sia sulla negoziazione che sul recupero margine da gestione categorie per 401 milioni di euro (erano 383 milioni nel 2010).

Mentre sullo sfondo regna la grandissima incertezza politica e il pessimo trend dei consumi, a cui si aggiunge anche quello che Tassinari definisce lo tsunami delle materie prime. «A febbraio 2011 l’indice dei prezzi alimentari FAO ha toccato un nuovo massimo storico. Secondo i dati della Banca Mondiale è stato registrato un aumento del 29% rispetto allo scorso anno su materie prime come grano, mais, zucchero, caffè, olii vegetali. Stiamo entrando nell’epoca della scarsità come fatto strutturale. E poi ci sono le speculazioni in derivati sulle materie prime e sui beni alimentari si sono incrementate di quasi il 20%. Si valuta che nel 2020 il prezzo del cibo sarà più che raddoppiato; la problematica della "food security" intesa come difficoltà di approvvigionamento deve entrare nell’agenda della prossima PAC europea per il 2020 e naturalmente della politica agricola italiana».

L’Italia presenta inoltre degli elementi di criticità superiori. Tra questi «l’assoluta mancanza di una politica a sostegno dei consumi. Assistiamo impassibili all’operaizzazione, all’impoverimento costante del ceto medio e ci troviamo di fronte ad una polarizzazione sociale spaventosa, con 4 milioni di famiglie sotto la soglia della povertà. Ma mentre in Germania, Francia e Stati Uniti si sono attuate misure di sostegno delle persone bisognose, con risultati diretti d’incremento dei consumi del 67%, l’Italia va in controtendenza».

A ciò si sommano: «la divaricazione tra il meridione ed il resto del paese» e l’annosa questione della crescita, un Pil progredito di meno del 3% in dieci anni. Eppure i sistemi di recupero dei consumi ci sono. «Coop è stata capace di tutelare il potere d’acquisto dei consumatori sostiene ancora Tassinari dal 20032010 l’inflazione alla vendita complessiva è stata del 4,9% a fronte di una inflazione media Istat del 14,6% nello stesso periodo, fortemente condizionata dall’aumento, superiore al 29%, di tariffe e servizi».

Per ridare fiato ai consumi si dovrebbe utilizzare la leva delle liberalizzazioni: «L’avvio di un processo di questo tipo, dove la distribuzione moderna italiana è uno dei maggiori protagonisti, potrebbe sviluppare un recupero per il paese pari al 1,4% del PIL e al 2,5% dei consumi: 23 miliardi di euro". Altro che superbollo auto e ticket sanitari.



4 luglio 2011

Roberta Paolini

La Repubblica



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