
TASSARE LE COOPERATIVE? UNA CATTIVERIA INGIUSTIFICATA
SCURE SULLE AGEVOLAZIONI ALLE COOP
UN COLPO ALLE COOP: MENO PRIVILEGI FISCALI
COOP, ATTACCO ALLE AGEVOLAZIONI FISCALI
LA CRISI E LA MANOVRA. COSì REAGISCONO LE COOP
Susanna Camusso lancia l'anatema contro la manovra economica e proclama lo sciopero generale del 6 settembre. Intanto ci sono due settori della Cgil che dalla Finanziaria-bis hanno ottenuto una vittoria di quelle importanti. Ma non possono dirlo, almeno non ad alta voce. Perché a corso Italia è passata la linea dell'intransigenza.
Sono Flai e Fillea,il sindacato dei braccianti agricoli e degli edili. La loro vittoria è sancita nell'articolo 12 della manovra, quello che introduce il reato di caporalato con pene che vanno dai cinque agli otto anni di carcere.
Una rivoluzione. Fino ad oggi per impiegare manodopera sottopagata e imporre turni di lavoro massacranti – ovviamente in nero – si rischiava una multa da 50 euro per ogni lavoratore e per ogni giornata di lavoro. Nulla, rispetto agli immensi guadagni che il meccanismo del caporalato mette in moto, dall'agricoltura all'edilizia passando per il turismo. Dal gennaio scorso, Flai e Fillea hanno lanciato una campagna itinerante in tutta Italia per presentare una proposta di legge. Obiettivo: trasformare i caporali in criminali e i 50 euro in pene detentive. Le proposte del sindacato sono state tradotte in un disegno di legge (prima firmataria la senatrice Pd Colomba Mongiello) poi ripreso dalla prima all'ultima riga dalla Finanziaria lacrime e sangue. Insomma, una storia a lieto fine che nessuno, dentro Cgil, ha troppa voglia di strombazzare. Per non rompere il fronte del no alla manovra.
Se è vero che l'articolo 12 rimarrà quasi sicuramente invariato anche dopo l'esame delle Camere, il nuovo reato verrà introdotto molto presto. Già, ma chi fa applicare la legge? Gli ispettorati del ministero del Lavoro, gli “sceriffi” dell'Inps e quelli dell'Inail. Il loro compito è quello di setacciare le aziende di tutta la penisola alla ricerca di manodopera sommersa. Il lavoro non manca: secondo il rapporto annuale pubblicato dal Ministero nel 2010 era irregolare il 66% delle 260.000 aziende ispezionate. Per un totale di oltre 130.000 lavoratori invisibili e senza diritti. I numeri fanno impressione, ma la realtà è che sono solo la punta di un iceberg molto più vasto. Che difficilmente emergerà visto che gli ispettorati operano con l'acqua alla gola.
«Il nuovo reato di caporalato? Una splendida notizia. Ma per noi non cambia granché. Eravamo sotto-organico prima, continueremo ad esserlo domani e dopodomani. Contrastare il lavoro nero in queste condizioni non è facile», commenta Agostino Del Balzo, l'uomo che coordina gli ispettori del lavoro nella direzione provinciale di Torino. Gli sceriffi anti-caporalato sparsi in tutta la provincia sono sessanta. Bastano? «Ne servirebbero il doppio», spiega Del Balzo. «In questo momento c'è una sproporzione enorme tra il nostro personale e il numero di aziende che dovremmo controllare. E meno male che ci sono lavoratori coraggiosi che denunciano le loro condizioni. Altrimenti sarebbe difficilissimo trovarli».
Gli ispettori ministeriali sono, a tutti gli effetti, pubblici ufficiali. Ma sono civili, indossano vestiti comuni e viaggiano con la loro automobile personale. «I casi di aggressione sono piuttosto frequenti, al sud come al nord», racconta a Linkiesta un ispettore di Latina che ci chiede l'anonimato. «Del resto, il nostro compito è quello di un poliziotto. Ma senza divisa né armi né manette. Controlliamo chi ha voglia di farsi controllare. E in alcune aziende c'è chi tenta di metterci le mani addosso». Se il titolare di un'azienda, o un caporale, sbatte loro la porta in faccia, gli ispettori non possono fare altro che girare i tacchi e tornare in ufficio. Per testimoniare le difficoltà in cui versano gli ispettorati basta fare l'esempio dei rimborsi benzina, che vengono restituiti quasi sempre in ritardo. Anche di mesi. «Io devo ancora avere 400 euro. Le ultime missioni che mi hanno rimborsato sono quelle di maggio. Ma con chi devo prendermela?»si chiede la nostra fonte pontina «Non è colpa del mio direttore. Qui è un sistema intero che non funziona».
Nella provincia di Latina il caporalato agricolo è una piaga storica. Le vittime sono soprattutto immigrati indiani e bengalesi. Dalla sera alla mattina a spezzarsi la schiena raccogliendo angurie, zucchine, pomodori e melanzane per 30-40 euro al giorno. Centinaia di piccole aziende sparse su tutto l'Agro Pontino a fronte di 43 ispettori. Sommando quelli civili e quelli in divisa. Il nostro ispettore ci confessa tutta la sua frustrazione: «L'impressione è che il nostro mestiere si stia svilendo. Come se ci volessero tarpare le ali. Da quando è entrata in vigore la legge Biagi il nostro lavoro è aumentato a dismisura. Ma le risorse sono sempre le stesse. Qui non c'è un concorso dal 2006, nel frattempo c'è chi lascia per un lavoro più redditizio e meno pericoloso».
Pasquale Scatinio fa l'ispettore a Brindisi. Il suo settore è quello del commercio. «Sappiamo perfettamente che ci sono decine di aziende che impiegano manodopera in nero. Ma noi non possiamo essere ovunque. Quest'anno il ministero aveva fissato per la nostra sezione l'obiettivo minimo di 60 ispezioni a persona. Lo raggiungeremo solo per un pelo».
26 agosto 2011
Federico Formica
Follonica (Grosseto), 24 agosto 2011 - Che Milco Fregosi fosse conosciuto e benvoluto da tanti, a Follonica, lo dimostra l’affetto che si è riversato sulla sua famiglia. Milco aveva solo 42 anni: è morto nel primo pomeriggio di lunedì probabilmente a causa di un infarto (che potrebbe essere stato causato dallo sbalzo termico), sul posto di lavoro, al supermercato Conad della 167 Ovest a Follonica, dov’era responsabile del punto vendita dopo vent’anni di carriera. Si è accasciato nella cella frigorifera che aveva appena aperto per sistemare della merce, a due passi da una collega.
Così si è spento per sempre il suo sorriso, che gran parte della città conosceva bene. Per questo, oggi, saranno in tantissimi a partecipare al funerale che verrà celebrato alle 10 nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo di Follonica, così come in tanti hanno voluto rendere omaggio alla salma nella camera ardente allestita nell’appartamento della madre in via Pio La Torre, a due passi dal centro commerciale. Intanto il caso della morte di Milco Fregosi, nella cella frigorifera del supermarket in una giornata di caldo record in Maremma come nel resto d’Italia, è diventato un caso nazionale.
A interessarsi alla vicenda è Lidia Rota Vender, presidente dell’Alt (l’Associazione per la lotta alla trombosi e alle malattie cardiovascolari) e responsabile del Centro trombosi dell’istituto clinico Humanitas di Rozzano (Milano): «Che il freddo sia uno dei fattori di predisposizione all’infarto — dice la dottoressa Vender — è cosa nota. Ma che un uomo di 42 anni, non affetto da particolari patologie, possa morire per un infarto provocato dal freddo è abbastanza improbabile». Così Vender commenta il caso del responsabile del supermarket: «L’infarto non e’ una malattia killer — precisa l’esperta —. Scaturisce da una serie di fattori complici come ad esempio il colesterolo, lo stress o il fumo, da una predisposizione genetica oppure da coronarie malate. Pertanto il freddo intenso è da considerarsi come una delle possibili concause scatenanti l’infarto, non come la sola causa».
Ma poco importa, ormai, a chi voleva bene a Milco. «A volte la vita ti riserva delle sorprese a dir poco devastanti — scrive un amico su Facebook — e ti ritrovi a riflettere se non è il caso di viverla giorno dopo giorno intensamente ogni minuto e nel modo migliore. Morire a 42 anni in maniera assurda è catasrofico. Ciao Milco, un grazie da chi ha avuto la fortuna di conoscerti fin da piccolo». E un’amica risponde: «L’ho appena saputo e giuro che il passato mi è apparso davanti: tutti bambini spensierati e felici a giocare sotto il palazzo. Un nodo alla gola immenso mi impedisce anche di piangere». E oggi a Follonica è il giorno dell’addio.
24 agosto 2011
Firenze, 23 agosto 2011 - Sono oltre 50 i dipendenti che hanno partecipato stamani allo sciopero di un'ora e all'assemblea alla Richard Ginori di Sesto Fiorentino, iniziativa convocata ieri dai Cobas dopo la sospensione di due giorni lavorativi disposta dall'azienda nei confronti dei tre delegati Rsu che avevano manifestato dubbi sulla qualità della produzione.
L'assemblea ha deciso di rimandare ogni altra eventuale iniziativa di lotta al 5 settembre, quando rientreranno tutti i lavoratori dal loro periodo di ferie estive. ''Siamo di fronte ad un attacco alla libertà di fare sindacato e allo Statuto dei lavoratori'', accusa la Rsu Cobas, secondo cui ''i lavoratori sono rimasti molto colpiti anche dal fatto che da parte del mondo politico e sindacale fiorentino non ci sia stata nessuna presa di posizione rispetto a questo atto così grave, a parte Rifondazione Comunista e il gruppo Idv al Consiglio regionale''. Un ''tacito assenso'' secondo i Cobas legato anche alla presenza nella Rsu del sindacato di base di ex esponenti Filcem-Cgil che avevano lasciato la Cgil dopo aspri dissensi con la segreteria.
Empoli, 13 agosto 2011 - DOPO tante notizie poco positive per il gruppo Etruria ne arriva una buona, anzi ottima. Inso spa, società interamente controllata dal Gruppo Consorzio Etruria, ha stipulato in Turchia il suo quinto contratto per la realizzazione del Campus Ospedaliero di Kayseri, città situata nel centro della Turchia, è stato sottoscritto tra il Ministero della Sanità e la Atm Saglik , la società di progetto con sede ad Ankara costituita tra Inso e il socio turco Yda.
Si tratta di un investimento di oltre 350 milioni di euro e prevede la progettazione e la realizzazione in tre anni di un ospedale da 1.538 posti letto, oltre alle aree di supporto, quali hotel, centro congressi, centro sportivo e centro commerciale. La società di progetto resterà inoltre impegnata per 25 anni nella gestione dei servizi, i cui ricavi ammontano a circa 2.000 milioni.
«La fase di definizione contrattuale – dichiara il Direttore Generale di Inso Fabrizio Pucciarelli, che assieme al Presidente di Yda Huseyin Arslan ha provveduto alla sottoscrizione dell’atto - è stata molto impegnativa, in quanto Kayseri è il primo dei grandi progetti di partnership pubblico privata promossi dal Governo turco per la riorganizzazione della rete sanitaria nazionale e servirà da apripista per tutti i progetti futuri. Questa firma rafforza ulteriormente la nostra posizione all’estero e conferma il positivo trend di sviluppo realizzato dalla società nell’ultimo decennio, portando il nostro portafoglio ordini a oltre 1600 milioni di euro».
Inso, specializzata in progetti ad elevato contenuto tecnologico rivolti prevalentemente al settore sanitario, realizza la maggior parte del proprio fatturato oltre i confini nazionali e oggi è presente in ben 9 mercati esteri: la Grecia, Malta, la Siria, l’Albania, Martinica e Guadalupe (Francia Dom-Tom), la Polonia, l’Algeria, Santa Lucia (Antille), oltre naturalmente alla Turchia.
Sempre Inso ha in essere contratti di concessione, dopo i quattro già in corso in Italia per gli ospedali di Vimercate, in provincia di Milano, del ‘San Giuseppe’ di Empoli, di Nuoro e anche di Careggi a Firenze.
Il 2011 per Sviluppo Discount ( insegna Dico) ha significato un cambio epocale. La nomina di Mario Zucchelli, storico Presidente di Coop Estense, e recente voce Coop nella “querelle” interminabile con Esselunga, a Presidente della Sviluppo Discount Spa ha significato il cambio definitivo dell’atteggiamento del mondo Coop verso il Discount. Gli intenti sembrano delineare la fermissima volontà dei vertici Coop ( con il Presidente Tassinari in primis) a puntare su questo format. Da qui la decisione di rinnovare completamente il management del Gruppo prendendo dei professionisti del format.
L’Amministratore delegato Antonio Lanari, (nella foto) entrato alla fine dello scorso anno nella compagine del Gruppo, in pochi mesi ha già dato il suo segno, organizzazione e format stanno vivendo profondi cambiamenti.
Il risultato è un risultato di fatturato di +6% sull’anno precedente a rete costante. GDONews ha incontrato proprio Antonio Lanari (Ad del Gruppo DICO) e con lui ha sviscerato i futuri progetti del Gruppo ed analizzato il mondo del Discount nella sua generalità
D: La nuova organizzazione quale principale elemento di differenziazione ha portato all’offerta Dico rispetto al suo recente passato?
R: Ha portato in primo luogo una proposta commerciale completamente differente, fatto di nuove sequenze merceologiche, con una apertura di scala delle categorie che si allinea a quella della miglior concorrenza. Abbiamo in mente di sviluppare Brand di fantasia da contrapporre al concorrente diretto in termini di posizionamento, questi saranno affiancati ad una serie di prodotti, che di fatto saranno quelli Coop, ovvero di qualità medio alta in termini intrinseci, ma con un posizionamento inferiore al 15% rispetto alla marca Madre. Verranno inseriti in assortimento anche una serie di prodotti locali a seconda del field approcciato, e verrà ovviamente mantenuta la marca DICO come main claim. Infine per chiudere la scala si sta pensando alla creazione di una marca premium su alcune determinate merceologie.
D: In definitiva in vostro marchio d’insegna DICO, quale nuova funzione avrà nella scala delle categorie?
R: Identifica l’insegna di qualità medio alta.
D: Dico è sempre stato considerato il “brutto anatroccolo” di Coop in passato. Il suo arrivo, unitamente a quello dei manager provenienti da esperienze diverse da Coop, sono un segnale di cambiamento nella mentalità Coop: adesso crede al progetto Discount?
R: Si. Coop ha fatto una scelta anomala, quella di prendere un Ad estraneo al mondo cooperativo con l’obbiettivo di portare novità anche su questo format.
D: L’interesse di Coop potrebbe arrivare ad accomunare il marchio Coop a quello DICO?
R: E’ possibile. Se i risultati che ci siamo prefissati arriveranno, Coop potrebbe decidere di coprire alcuni mercati anche attraverso il format discount laddove trova più difficoltà con il format supermercati.
D: Dico diventerà una nuova Eurospin?
R: No, Dico diventerà Dico, con caratteristiche assolutamente originali e lineari sul mercato. Sarebbe un errore copiare Eurospin; di quel modello vogliamo però “copiare”,ma sarebbe meglio dire, carpire le sue efficienze per svilupparle a seconda delle esigenze di Dico.
D:Chi è secondo Lei il Retailer più efficiente in Europa nel mondo Discount?
R: Aldi può essere considerato un riferimento per il format in questione: opera scelte oculate, svolge profondi studi sulle categorie e sui capitolati dei prodotti,anche se in Italia non è mai arrivato perché è ben cosciente che farebbe “buca”.
D: Quanto è importante la comunicazione del volantino nel format discount?
R: Oggi è ancora importante, ma è obbligatorio andare alla ricerca di nuove e più efficaci alternative a questo strumento; il primo che la troverà sarà in vantaggio, in termini di comunicazione, rispetto alla concorrenza per i prossimi dieci anni.
D: Il Discount in Italia non riesce ad erodere quote agli altri format. La barriera del 10-11% sembra invalicabile. Quale ricetta esiste per migliorare questo limite?
R: L’obbiettivo del Discounter, e quindi anche di Dico, è migliorare sempre e costantemente attraverso una serie di metodi comunicativi. Noi sappiamo che all’interno dei nuclei familiari dei nostri consumatori entrano i nostri prodotti, per cui è necessario lavorare sulla qualità degli stessi e sulla loro offerta a scaffale. C’è bisogno di tempo perché la qualità del lavoro svolto produca i suoi effetti sia attraverso la fidelizzazione degli attuali consumatori, che attraverso lo strumento di marketing più potente del mondo: il passaparola. Per arrivare a ciò dobbiamo anche investire molto sulla formazione degli addetti ai Punti di Vendita. Sotto il profilo assortimentale bisogna accettare la convivenza di qualche grande marca, di fatto ci sono categorie come gli alimenti per bambini e la nutella che sono oggettivamente insostituibili. E’altresì necessario comprendere più in profondità le etnie, un discounter non può prescindere dalle loro esigenze e alla loro soddisfazione: sulla piazza di Roma stiamo sperimentando qualcosa in questa direzione ed i risultati sono estremamente positivi. Che si voglia o no ci dobbiamo rendere conto che siamo nel pieno di una civiltà globalizzata, non a caso il nostro competitor Lidl già da tempo offre un assortimento “ multirazziale”.
D: Il Discount si può considerare Store di Prossimità?
R: No, è trasversale, può essere una alternativa sia ai supermercati che agli Ipermercati. Sarei ben felice di avere l’opportunità di aprire una struttura nel parcheggio di un Ipermercato, sarebbe una bella sinergia, stiamo vedendo anche di cogliere opportunità come questa se ci capiteranno.
D: Quanto è importante la categoria dei freschi in un Discount data la mancanza ( prevalente)del banco taglio?
R: I freschi sono importantissimi ma devono essere fatti bene, comunicati bene. Sono prodotti ad alta fidelizzazione, molto più che qualsiasi altra categoria, e chi vuole essere protagonista nel mercato del Discount deve tenere ben presente questo concetto.
D: Il non food è importante nell’offerta del Discounter, e nella Vostra offerta?
R: Noi la consideriamo come categoria di attrazione, e la impostiamo secondo questa linea.
D: Fate importazione diretta dall’estremo oriente?
R: La faremo. Non subito ma la faremo.
D: Come sarà la Dico tra tre anni, dopo quando si vedranno i risultati del lavoro svolto da lei e dalla sua equipe?
R: Sarà uno store con una buona offerta sui freschi, con un binomio qualità/prezzo il più preciso e profondo possibile, con prezzi estremamente concorrenziali, con una buona proposta sul grocery. Sarà uno Store dove dovranno dominare i seguenti dogmi: pulizia – ordine – accoglienza – competenza. Il cliente deve recepire la qualità in tutti i suoi aspetti. In una frase si può dire: la qualità erogata deve essere pari alla qualità percepita.
Lainate, 10 agosto 2011 - Un altro giorno di sciopero e presidio di protesta, ieri, davanti ai cancelli della Spediservice di Lainate, associata del Gruppo Anna, società che si occupa di distribuzione, stampa, logistica e trasporti. Per scongiurare 34 licenziamenti i lavoratori e le lavoratrici della Job & Service, la cooperativa che da Spediservice riceve in appalto le commesse, hanno incrociato le braccia da venerdì scorso.
Nel pomeriggio i delegati dei lavoratori con l’Usb hanno avuto un incontro congiunto con Marcello Belotti amministratore delle società del Gruppo Anna e delegato per le committenti dell’appalto e il subappaltatore della coop. Job & Service. «Purtroppo, nonostante i cenni positivi espressi dalle società riguardo alle legittime rivendicazioni ribadite dal sindacato, le aziende non hanno ancora dato seguito ad azioni reali - spiega Giuseppe Tampanella dell’Usb -. I lavoratori sono disposti a rientrare al loro posto purché vi sia il ritiro dei licenziamenti, il rinnovo dei contratti, il rispetto delle condizioni di sicurezza e salubrità del luogo di lavoro».
Nell’appalto con Spediservice srl, i dipendenti per anni hanno subito passaggi da una coop all’altra, passaggi sempre votati al ribasso per i loro già magri salari: «A vantaggio del profitto privato di imprenditori della distribuzione editoriale, sempre più famelici e pronti ad appaltare lavoratori e responsabilità a finte coop», precisano le Usb. L’appalto di distribuzione e resa è stato in parte ceduto ad un altra società a Paderno Dugnano, così a Lainate dall’1 settembre rimarranno senza lavoro. Quella di ieri è stata la terza giornata di agitazione per i lavoratori delle coop appaltatrici del servizio logistico editoriale del Gruppo Anna.
Nei prossimi giorni continueranno le trattative sindacali: «Chiediamo il ritiro dei licenziamenti e diciamo da subito che un eventuale rientro non può essere accettabile se avviato senza un ripristino delle norme di sicurezza». Tra gli scioperanti, intanto, cresce la rabbia. «Lavorando tutti i giorni portiamo a casa 1.100 euro in cambio di orari massacranti – denunciano i lavoratori in presidio -. La misera paga oraria lorda è di circa 7 euro comprensiva di ferie, permessi, tredicesima. In busta mancano tutte le ore lavorate in più, c’è il riconoscimento della malattia ma al 50% e solo dal quarto giorno di assenza. Non abbiamo diritto a ferie o permessi retribuiti, all’indennità di disoccupazione in caso di licenziamento, siamo tagliati fuori dagli ammortizzatori sociali. Sopportiamo carichi di lavoro abnormi e ritmi di produzione intollerabili comandati da “caporali” molto spesso rappresentati dagli stessi responsabili delle aziende committenti». Oggi pomeriggio i lavoratori sono attesi in Prefettura a Milano, se saranno ascoltati l’incontro potrebbe portare al rientro della vertenza. Intanto ieri nello stabilimento di via Settembrini 33, la Direzione si è tenuta alla larga dai giornalisti.