Convegno di Confindustria a Parma:
Bonanni vince all'applausometro
Succedono strane cose in Italia. Capita che al convegno della Confindustria organizzato alla Fiere di Parma, convention che schiera oltre 6mila imprenditori, il più applaudito sia un sindacalista. Non Epifani, che di battiti di mani ne ha collezionati ben pochi e anzi è riuscito anche a litigare con Marchionne sulle condizioni degli operai cinesi. Ma Raffaele Bonanni. Che ha ricevuto il plauso, convinto, anzi straconvinto, della classe industriale.
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Eccolo, il segretario della Cisl sul palco "faziano" (gli organizzatori si sono ispirati alla trasmissione "Che tempo che fa" di Fabio Fazio), tra schermi che si aprono e microfoni che come semafori disciplinano il traffico verbale. Prima ovazione quando tuona: "La parte maggioritaria del sindacato italiano, grazie a Dio, si prende le sue responsabilità mentre c'è una parte minoritaria che ancora insiste su vecchi rischi con un comportamento non consono al periodo della nostra vita". Secondo applauso quando: "La Cisl e la Uil hanno approvato la flessibilità pur di innovare e investire. Non è normale il comportamento di chi ostacola, non è d'accordo e pone i propri veti". E via a parlare di derogare ai contratti nazionali per quelle imprese del sud che assumono, se giovasse a creare posti di lavoro.
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Nella platea i cenni di assenso non si contano. C'è ancora chi è stupito di questa folgorazione di Bonanni sulla via del culatello e del prosciutto. Ma per la vera ovazione, per il clima quasi da stadio, che non accoglie neppure il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (lontani i tempi del convegno 2001), si deve attendere l'attacco ai costi della politica. In una trasfigurazione quasi "grillesca" l'impavido leader della Cisl non si tiene più: "Basta coi presidenti di Provincia che prendono più del presidente degli Stati Uniti, e basta coi governatori delle regioni che guadagnano di più del presidente della California". Tripudio. E via tra meno poltrone, meno fannulloni, insomma "serve efficienza". La platea è tutta un batter di mani.
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Bonnani insomma ha stracciato tutti. Forse anche il premier. Si passano il testimone. Il premier arriva quando sul palco ancora imperversa il sindacalista. A raffreddare le mani ci pensa il professor Nouriel Roubini, "un ragazzo della New York University" dice Riotta. Di battere le mani l'economista non lascia il tempo. Una vera macchina da combattimento: senza concedere nulla all'oratoria in 30 minuti illustra i mali e le cure che abbisognano all'Italia.
.Eccolo, il segretario della Cisl sul palco "faziano" (gli organizzatori si sono ispirati alla trasmissione "Che tempo che fa" di Fabio Fazio), tra schermi che si aprono e microfoni che come semafori disciplinano il traffico verbale. Prima ovazione quando tuona: "La parte maggioritaria del sindacato italiano, grazie a Dio, si prende le sue responsabilità mentre c'è una parte minoritaria che ancora insiste su vecchi rischi con un comportamento non consono al periodo della nostra vita". Secondo applauso quando: "La Cisl e la Uil hanno approvato la flessibilità pur di innovare e investire. Non è normale il comportamento di chi ostacola, non è d'accordo e pone i propri veti". E via a parlare di derogare ai contratti nazionali per quelle imprese del sud che assumono, se giovasse a creare posti di lavoro.
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Nella platea i cenni di assenso non si contano. C'è ancora chi è stupito di questa folgorazione di Bonanni sulla via del culatello e del prosciutto. Ma per la vera ovazione, per il clima quasi da stadio, che non accoglie neppure il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (lontani i tempi del convegno 2001), si deve attendere l'attacco ai costi della politica. In una trasfigurazione quasi "grillesca" l'impavido leader della Cisl non si tiene più: "Basta coi presidenti di Provincia che prendono più del presidente degli Stati Uniti, e basta coi governatori delle regioni che guadagnano di più del presidente della California". Tripudio. E via tra meno poltrone, meno fannulloni, insomma "serve efficienza". La platea è tutta un batter di mani.
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Bonnani insomma ha stracciato tutti. Forse anche il premier. Si passano il testimone. Il premier arriva quando sul palco ancora imperversa il sindacalista. A raffreddare le mani ci pensa il professor Nouriel Roubini, "un ragazzo della New York University" dice Riotta. Di battere le mani l'economista non lascia il tempo. Una vera macchina da combattimento: senza concedere nulla all'oratoria in 30 minuti illustra i mali e le cure che abbisognano all'Italia.
Infine tocca al Cavaliere. Inizia con qualche battuta, ricorre a metafore calcistiche, annuncia la nascita di Emma (la figlia del ministro Gelmini) parla di Obama, Medvedev e dell'incubo atomico. La sala ascolta in silenzio. Quando nega il declino (che solo il giorno prima Luca Paolazzi, direttore del centro studi di Confindustria aveva presentato) qualche testa ciondola. Giù una ridda di numeri. Aleggia scetticismo. A riscaldare i cuori ci pensano alcuni temi cari al premier: la giustizia, le interecettazioni e la televisione, qui l'unica vera, lunga, ovazione: "Basta con i processi in tv, in quella pubblica pagata con i soldi di tutti i cittadini''.
. Ma a conquistare i cuori e le menti è la battagliera e grintosa Emma, la Marcegaglia presidente di Confindustria. Niente battute, arringa direttamente il premier, seppur con tono colloquiale. Il suo discorso pare quasi una sfida rispetto a quanto detto pochi minuti prima da Berlusconi. La sala sembra con la sua lady di ferro, che chiede, tra un applauso e l'altro, la parola refrain della due giorni: riforme.
10 aprile 2010
Raffaele Castagno
La Repubblica.it
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