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Le aziende commitenti tacciono per una presunta convenienza, rischiando la reputazione.
I recenti fatti di cronaca (vedi post precedenti) ci portano sempre più spesso ad occuparci di cooperative sociali che svolgono servizi conto terzi nel settore della logistica (magazzini di corrieri, alimentari, ecc.) che sfruttano in maniera selvaggia i soci-lavoratori, quasi tutti extracomunitari, a volte addirittura senza regolare permesso di soggiorno, quindi ancor di più ricattabili e vittime di datori di lavoro senza scrupoli.
L'assoluta carenza di controlli da parte sindacale, delle strutture preposte e la silente compiacenza delle aziende committenti l'appalto, hanno creato l'ambiente ideale affinché la malavita organizzata, in particolare la camorra, abbia, con estrema facilità, costituito varie coop sociali prendendo gli appalti di magazzini anche di marchi importanti.
Quello che segue è quanto scrive sull'argomento Umberto Franciosi, un sindacalista della FLAI-Cgil di Modena che conosce bene la questione.
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COOPERATIVE E CAPORALATO
Articolo 45 della Costituzione italiana
La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata.
La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e neassicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.
La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato.
Immaginiamo una cooperativa con quasi un centinaio di soci lavoratori che eseguono "ufficialmente" lavori di facchinaggio nelle imprese delle lavorazione delle carni e dei salumi, ma nella realtà eseguono lavori del ciclo produttivo. Viene naturale pensare ad impresa con una struttura che sostiene una sede, se non prestigiosa almeno dignitosa con computer telefoni e fax, un apparato di dirigenti con impiegati e segretarie. Ci possiamo immaginare, insomma, di avere di fronte un impresa a tutti gli effetti.
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Niente di tutto questo. La cooperative di cui sopra, che possiamo benissimo definire falsa cooperativa, è un esempio che può rappresentare benissimo altre imprese del genere. Queste false cooperative spesso hanno formalmente la loro sede legale presso l’abitazione del presidente, a volte un semplice prestanome extracomunitario, oppure, per dare una parvenza di legalità, presso un polveroso ufficio di pochi metri quadrati che funge da ripostiglio, in cui manca la strumentazione minima per qualsiasi impresa: fax, telefono e computer, oltre che il personale che vi lavori dentro.
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Capita anche che la sede legale sia anche in luoghi remoti dell’Italia meridionale, presso la sede di qualche commercialista e che, la posta inviata a quegli indirizzi postali, ritorni indietro per compiuta giacenza.
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Gli unici recapiti di queste imprese fantasma, in maggioranza false cooperative, sono anonimi cellulari. Un esercito di false cooperative che gestiscono lavoratori stranieri grazie al prezioso lavoro di consulenti, o commercialisti, delle imprese committenti. Imprese committenti cha attraverso pseudo appalti di servizi, ne utilizzano la manodopera.
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Consulenti che gestiscono decine di false cooperative, uno di questi è addirittura un ex ispettore del lavoro ora in pensione. Cooperative che cambiano nome repentinamente, per sfuggire ai controlli. Consulenti che spesso sono gli stessi consulenti dell’impresa committente. Consulenti che si sono creati in famiglia la loro cooperativa di facchinaggio per somministrare manodopera nelle aziende dei loro clienti. Ma non è tutto! Associazioni degli imprenditori che di giorno predicano bene contro l’illegalità del lavoro, ma di notte razzolano male perché, attraverso società terze direttamente controllate, gestiscono decine di false cooperative.
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Al peggio però non c’è mai fine: imprese committenti che si costruiscono la propria cooperativa in casa con presidente familiari dell’amministratore delegato dell’impresa committente, oppure lo stesso amministratore delegato della cooperativa che è lo stesso dell’azienda committente.
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Non stiamo parlando della “new economy” o di imprese di servizi futuribili legati all’informatica, ma ad “aziende” che forniscono ad altre lavoratori per la lavorazione delle carni e dei salumi.
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E’ il mondo delle cooperative “furbe”, o meglio delle cooperative fasulle, che operano nel grigio ma anche nel nero, che somministrano illegalmente manodopera non rispettando le leggi della Repubblica: dalla Costituzione, passando dalla famosa legge 30, arrivando ai contratti nazionali di lavoro.
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E’ il mondo di chi, operando nell’indifferenza politica ed istituzionale, vuole rivestire un ruolo moderno e competitivo riconducibile però sempre ad un vecchio termine: caporalato!
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Umberto Franciosi
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NuovoCAPORALATO.it
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Niente di tutto questo. La cooperative di cui sopra, che possiamo benissimo definire falsa cooperativa, è un esempio che può rappresentare benissimo altre imprese del genere. Queste false cooperative spesso hanno formalmente la loro sede legale presso l’abitazione del presidente, a volte un semplice prestanome extracomunitario, oppure, per dare una parvenza di legalità, presso un polveroso ufficio di pochi metri quadrati che funge da ripostiglio, in cui manca la strumentazione minima per qualsiasi impresa: fax, telefono e computer, oltre che il personale che vi lavori dentro.
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Capita anche che la sede legale sia anche in luoghi remoti dell’Italia meridionale, presso la sede di qualche commercialista e che, la posta inviata a quegli indirizzi postali, ritorni indietro per compiuta giacenza.
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Gli unici recapiti di queste imprese fantasma, in maggioranza false cooperative, sono anonimi cellulari. Un esercito di false cooperative che gestiscono lavoratori stranieri grazie al prezioso lavoro di consulenti, o commercialisti, delle imprese committenti. Imprese committenti cha attraverso pseudo appalti di servizi, ne utilizzano la manodopera.
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Consulenti che gestiscono decine di false cooperative, uno di questi è addirittura un ex ispettore del lavoro ora in pensione. Cooperative che cambiano nome repentinamente, per sfuggire ai controlli. Consulenti che spesso sono gli stessi consulenti dell’impresa committente. Consulenti che si sono creati in famiglia la loro cooperativa di facchinaggio per somministrare manodopera nelle aziende dei loro clienti. Ma non è tutto! Associazioni degli imprenditori che di giorno predicano bene contro l’illegalità del lavoro, ma di notte razzolano male perché, attraverso società terze direttamente controllate, gestiscono decine di false cooperative.
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Al peggio però non c’è mai fine: imprese committenti che si costruiscono la propria cooperativa in casa con presidente familiari dell’amministratore delegato dell’impresa committente, oppure lo stesso amministratore delegato della cooperativa che è lo stesso dell’azienda committente.
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Non stiamo parlando della “new economy” o di imprese di servizi futuribili legati all’informatica, ma ad “aziende” che forniscono ad altre lavoratori per la lavorazione delle carni e dei salumi.
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E’ il mondo delle cooperative “furbe”, o meglio delle cooperative fasulle, che operano nel grigio ma anche nel nero, che somministrano illegalmente manodopera non rispettando le leggi della Repubblica: dalla Costituzione, passando dalla famosa legge 30, arrivando ai contratti nazionali di lavoro.
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E’ il mondo di chi, operando nell’indifferenza politica ed istituzionale, vuole rivestire un ruolo moderno e competitivo riconducibile però sempre ad un vecchio termine: caporalato!
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Umberto Franciosi
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NuovoCAPORALATO.it
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1 commento:
Ometto i miei giudizi sui dirigenti provinciali pisani di CISL e UIL e riporto un passo della lunga e documentata risoluzione del Consiglio Superiore della Magistratura del 24 luglio 2002 "Criminalità organizzata ed economia illegale".
"La costituzione di queste ultime società ha avuto inizio nei primi anni Ottanta ad opera di esponenti di
spicco della ndrangheta calabrese e della mafia siciliana, tra cui in particolare Pasquale Latella, Gaetano Coppola, Antonino Currò, Natale Sartori, Giuseppe Porto, Daniele Formisano (nipote di Vittorio Mangano), Cinzia e Loredana Mangano (figlie dello stesso Mangano), Enrico Di Grusa (genero del Mangano).
Dette cooperative, prevalentemente appoggiate presso alcuni studi di commercialisti milanesi (tra cui in
particolare lo studio Selma di Maurizio Pierro, assassinato nel 1997), furono costituite inizialmente con funzioni di mera copertura e con ruoli del tutto secondari rispetto ad ulteriori e diverse attività criminali, quali rapine e traffico di sostanze stupefacenti.
Sono poi diventate, però, un formidabile strumento di
creazione e moltiplicazione di ricchezza illegale che via via ha determinato la distribuzione del mercato tra
pochi consorzi di cooperative, con estromissione delle cooperative di servizi vere, che operavano in modo
legale".
E' chiaro che non siamo di fronte ad una questione sindacale o di colore politico ma di LEGALITA' che dovrebbe vedere uniti tutti i cittadini onesti, indipendentemente dalle loro convizioni politiche.
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