24 settembre 2010

CAPORALATO IN SALSA FINTA COOP




Lo sfruttamento dei lavoratori si traveste da cooperazione




« Non è un caso isolato quello emerso a Padova grazie all'indagine della Guardia di Finanza. Anzi, il fenomeno delle finte cooperative che nascondono forme di moderno caporalato è in evidente espansione in tutto il Paese, conta purtroppo centinaia di migliaia di vittime in termini di lavoratori sfruttati.

Il meccanismo utilizzato è quello di costituire una cooperativa - per godere delle agevolazioni previste a favore di questo tipologia di impresa - nella quale però in realtà i singoli soci-lavoratori non contano, non votano nelle assemblee e sono eterodiretti da un imprenditore-padrone. Quasi sempre le retribuzioni effettive non corrispondono a quanto previsto dai contratti nazionali e i versamenti previdenziali risultano irregolari, quando non inesistenti.

Queste finte cooperative operano nel vasto mondo del subappalto, offrendo prezzi assai più bassi rispetto alle imprese e alle altre cooperative concorrenti, proprio grazie allo sfruttamento della manodopera, all`evasione fiscale e previdenziale elevata a sistema. Mettendo fuori mercato o comunque danneggiando pesantemente proprio quelle imprese e cooperative (e sono la maggior parte) che rispettano le regole e i contratti di lavoro.

Di norma, queste false coop per sfuggire ai controlli, peraltro farraginosi, hanno una vita media di due anni, termine oltre il quale di solito si sciolgono, allontanando i lavoratori che fanno troppe domande o hanno la pretesa di rivendicare i propri diritti. Dopo di che, riaprono con un`altra denominazione, una compagine azionaria all'apparenza diversa, altri prestanome.

Le finte cooperative sono diffuse in tutto il Paese, con una prevalenza al Nord, dove il tessuto produttivo è maggiormente sviluppato. E in tutti i settori: dall'agricoltura all'edilizia, anche se da ultimo sono i servizi il segmento nel quale il caporalato moderno sta radicandosi: dalle pulizie al facchinaggio, dalla movimentazione merci alla consegna pacchi, fino alla lavorazione delle carni.

Nel settore della macellazione - in particolare nel distretto dei salumi di Castelnuovo Rangone, in provincia di Modena - da anni il sindacato denuncia la presenza soffocante delle false cooperative alle quali vengono appaltate intere fasi, non solo della movimentazione delle carni, ma anche della lavorazione. «La situazione non è affatto migliorata negli ultimi anni commenta Umberto Franciosi, segretario della Flai-Cgil di Modena -. Solo, da ultimo, le aziende appaltanti sono più attente a tenere distinte le funzioni, così da non far "incrociare" dipendenti diretti e lavoratori delle cooperative. In realtà, però, restano per la gran parte appalti non genuini. Il risultato è che in queste cooperative i contratti nazionali della logistica, o quello degli alimentaristi nelle poche realtà in cui viene preso a riferimento, non vengono mai rispettati pienamente. I regolamenti interni delle coop prevedono una quasi totale derogabilità. E quando non basta, si apre subito lo stato di crisi, in maniera da poter chiedere qualunque sacrificio ai lavoratori».

Franciosi racconta anche delle molte segnalazioni inoltrate all'osservatorio provinciale rimaste però inascoltate. «Non ho notizia né di una sanzione, né di un intervento per bloccare un appalto irregolare. L'unica iniziativa positiva è stata la fissazione di un indice economico di congruità, che stabiliva a 14-15 euro il limite minimo della paga oraria che l'azienda committente era tenuta a pagare per non costringere già in partenza l'impresa in subappalto a violare il contatto nazionale della logistica».

Il nodo, insomma, resta quello dei controlli. Per le cooperative è prevista una verifica ogni due anni (un anno per le "sociali") effettuata direttamente dalle confederazioni (Confcooperative, Legacoop, Agci e Unci) nei confronti delle realtà iscritte, mentre per quelle che non aderiscono alle centrali, dovrebbe essere il ministero dello Sviluppo economico a svolgere le ispezioni. Ma, mentre le confederazioni assicurano la revisione entro i due anni previsti sulla maggior parte o addirittura la quasi totalità delle coop iscritte (ad esempio Confcooperative raggiunge il 99,8%), per quelle non aderenti il ministero dello Sviluppo economico arriva a verificarne poco più del 20% lasciando così ampi margini di manovra alle attività irregolari.

«Possiamo fare quanti accordi vogliamo con i ministeri del Lavoro, dello Sviluppo economico e con i sindacati, ma se le direzioni provinciali del Lavoro, l'Inps e l'Inail non svolgono appieno i loro compiti, il dumping contrattuale fatto da false cooperative continuerà a crescere, danneggiando le imprese sane - commenta Luigi Marino, presidente della Confcooperative . Occorre intensificare le attività di vigilanza e di controllo sulla marea di cooperative spurie e non aderenti, ma anche sulle imprese truffaldine in genere. E' un lavoro che spetta alle Direzioni provinciali del lavoro, all'Inps e all'Inail, ma anche a Guardia di Finanza e magistratura. In queste sacche di imprenditoria criminale si annidano evasione fiscale ed elusione contributiva. Il danno è doppio: economico per il livellamento dei prezzi verso il basso, da un lato, e d'immagine, dall'altro, perché la ridotta minoranza di cooperative irregolari fa ombra alle oltre 80mila cooperative che ogni giorno, con grandi sacrifici, lavorano onestamente.
Il caso di Padova è un chiaro esempio di come la moneta cattiva scacci la buona e di quali fenomeni le istituzioni dovrebbero perseguire con assoluta determinazione».

Un concetto sul quale insiste anche Franciosi: «Il modello delle cooperative spurie sta minacciando le imprese che si comportano in maniera corretta. Un imprenditore nei giorni scorsi mi confidava di perdere 3-4 euro ad ogni capo macellato, rispetto ai suoi concorrenti, per aver scelto di non appaltare fuori le lavorazioni. Qui si rischia di compromettere settori economici importanti. E attenzione, perché in queste finte cooperative si annida la criminalità organizzata, ci sono personaggi pericolosi».

«Ora poi, con la crisi, la situazione sta peggiorando: le imprese appaltanti pretendono prezzi sempre più bassi e le false cooperative scaricano sui lavoratori la riduzione dei margini - gli fa eco Michele Azzola, segretario nazionale della Filt-Cgil -. Il risultato è che vediamo lavoratori messi in mobilità da una cooperativa e riassunti poi da un`altra collegata per incassare i benefici; facchini e magazzinieri presi come co.co.pro., giorni di malattia che non vengono pagati, violazioni dei contratti di lavoro ovunque».

In un settore, quello dei trasporti, movimentazione merci e consegna pacchi «che, a fronte di 130-140mila addetti in imprese regolari, ne conta almeno altrettanti nelle cooperative spurie. Occorre una vigilanza costante e che gli Osservatori provinciali svolgano fino in fondo i loro compiti», conclude Azzola.

22 settembre 2010

Francesco Riccardi

Avvenire
(1- continua)


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