Mario Frau, autore del libro La coop non sei tu, risponde alle domande del Blog Lavoratori Unicoop
Oggi pubblichiamo la prima delle due parti dell'intervista
Nei prossimi giorni seguirà la parte conclusiva
BLOG
Parliamo di come nasce questo libro. A nostro avviso le motivazioni che l’hanno indotta a scriverlo non inficiano minimamente la sua importante testimonianza. Non ci stupisce come il suo conflitto con il presidente Gillone, l’abbia spinta, insieme ad altri episodi, verso una riflessione critica più generale. Tuttavia vorremmo domandarle: perché, se lei non condivideva molti comportamenti della dirigenza di Novacoop fin dalla fine degli anni ‘80 ed avvertiva la deriva dei suoi valori fondativi, ha atteso di essere messo in disparte per maturare solo in seguito la decisione di rivelare gli imbarazzanti retroscena? Insomma, i maliziosi (che immaginiamo non manchino) su questo argomento hanno occasione di dire la loro.
M.F.
La decisione di scrivere il libro l’ho presa dopo aver riordinato il voluminoso archivio personale (bilanci, relazioni, documenti interni, articoli di giornale, verbali di riunioni dei consigli di amministrazione, appunti personali ecc.) accumulato in circa 25 anni di lavoro nel mondo coop. Il profondo disagio che mi sono trascinato per anni, attraverso la rilettura dei documenti del mio archivio, si è come ampliato in modo esponenziale, dandomi la rappresentazione esatta di come lentamente ma inesorabilmente l’organizzazione nella quale ho lavorato per circa 25 anni si era radicalmente trasformata. In una parola le coop si sono omologate in tutto e per tutto alle imprese di capitale dedite solo ed esclusivamente al profitto. I valori di socialità e di mutualità sono quasi scomparsi del tutto, avendo sposato la logica del mercato e del profitto. Da qui la decisione di scrivere il libro. Vi posso garantire che è stata una scelta sofferta.
.
BLOG
Negli anni ’80 piccole e medie realtà cooperative hanno messo in atto processi di fusione che hanno portato alla nascita di quelle che adesso vengono definite le 9 grandi sorelle della grande distribuzione cooperativa. Adesso si parla di ulteriori aggregazioni, prima fra queste quella tra Coop Lombardia, Coop Liguria e la sua Novacoop. Chi prenderà il timone? Come saranno gestiti gli esuberi, che non mancheranno, specialmente nelle figure di medio ed alto livello? Secondo il suo parere questa è una decisione presa in Legacoop a livello nazionale e coinvolgerà a catena anche le realtà Coop più forti, come quelle del distretto adriatico e del distretto tirrenico al fine di ridurre i costi ed essere più competitive?
M.F.
Per competere in un mercato sempre più agguerrito e globalizzato occorre abbandonare il localismo e il provincialismo, realizzando imprese di dimensioni più grandi, superando le attuali dimensioni territoriali regionali così come si fece con grande difficoltà agli inizi degli anni sessanta quando iniziò un processo di fusione delle piccole coop che operavano all’ombra di ogni campanile e sotto la tutela delle Sezioni socialista e comunista. Occorrerebbe quindi superare il Consorzio NORD OVEST per dare vita ad una grande cooperativa destinata ad operare nelle tre regioni del Nord Ovest, che è l’unico modo per abbattere i costi delle strutture a monte (Centri logistici, sedi amministrative, snellimento del numero dei dirigenti e quant’altro) e conseguire l’obiettivo di un forte recupero di redditività e di margine operativo. Si realizzerebbe in questo modo una grande cooperativa con un fatturato di oltre tre miliardi di euro di giro d’affari e con una massa critica adeguata a competere in un mercato sempre più agguerrito. Sempre che l’obiettivo primario sia quello di offrire vantaggi ai soci e ai consumatori, in termini di prezzi, servizi e salari, e non di mettere al primo posto l’accumulazione della cooperativa.
Solo che per fare questo è necessario mettere da parte i personalismi, i localismi e soprattutto il potere e i privilegi di casta di ristretti gruppi oligarchici e autoreferenziali che stanno ai vertici delle tre cooperative del Nord Ovest. Dell’ineluttabilità di una scelta in tale direzione sembra essersene accorto anche il Presidente della Novacoop Ernesto Dalle Rive che nella sua relazione all’assemblea di Bilancio svoltasi a Baveno il 26 giugno 2010 ha dichiarato con enfasi: «Vogliamo dare ai quasi due milioni di soci coop di Piemonte, Liguria e Lombardia non solo una cooperativa più grande ma una grande cooperativa. Tale obiettivo – ha sottolineato Dalle Rive – porterebbe alla creazione della più grande impresa cooperativa del nostro paese, la quinta impresa distributiva italiana per dimensioni». Il progetto sembra molto ambizioso e interessante, ma deve essere accompagnato da una riscoperta dei valori di socialità, di mutualità e di democrazia interna in modo che non si venga a creare un ulteriore distacco tra la nomenclatura e i soci. Ritengo che in prospettiva, stante i risicati margini operativi, anche nel Distretto Adriatico e in quello Tirrenico, un processo di fusioni sia ineluttabile. Del resto anche in questi due Distretti alcune cooperative faticano a realizzare margini operativi significativi e, in alcuni casi, sono addirittura in rosso. Un simile processo ovviamente non deve comportare licenziamenti, ma ricollocazioni all’interno del sistema coop più generale, facendo salvi i diritti acquisiti.
BLOG
All’apice delle distorsioni che lei attribuisce alla dirigenza di Novacoop, c’è la scellerata scelta di appoggiare Giovanni Consorte nella scalata a BNL. Secondo le sue fonti, Campaini (Unicoop Firenze) disse di no a Consorte per non fare uno sgarbo al Monte dei Paschi di cui la cooperativa toscana è azionista: quindi non era l’etica dell’operazione a turbarlo. L’intreccio tra Coop e finanza è comunque presente in molte altre forme, tanto che le attività finanziare sono preponderanti rispetto a quelle puramente commerciali. Non parliamo poi delle agevolazioni fiscali -tema al quale lei dedica ampio spazio- e dell’enorme vantaggio del prestito sociale. Come mai, secondo il suo parere, neanche la destra al governo si è adoperata in maniera decisa per una revisione legislativa che ponga dei paletti a questa distorsione della concorrenza, delegando di fatto il tutto alla paludata Commissione alla Concorrenza di Bruxelles?
M.F.
L'intreccio coop/finanza riguarda ormai tutto il sistema coop. Ormai le attività finanziarie superano di gran lunga l’attività caratteristica, cioè quella commerciale. Questa è la ragione – ma non la sola – che mi ha indotto a coniare il termine “organismi geneticamente modificati.” Ritengo che la mission di coop sia quella di vendere prodotti qualificati a prezzi più convenienti rispetto a quanto offre il mercato (cosa che oggi non avviene).
Per quanto riguarda la posizione di Campaini rispetto alla scalata alla BNL ritengo che vi fossero sia interessi nobili e condivisibili (evitare l’omologazione e non mischiarsi con i furbetti del quartierino) ma nello stesso tempo ha anche pesato il rapporto con il Monte dei Paschi di Siena, una banca legata al territorio e di cui Unicoop è socia da lungo tempo.
BLOG
Parliamo di bilanci. Nel 2008 se ne videro delle belle. Gli investimenti finanziari delle Coop, spesso spericolati e in netta perdita, sono magicamente ritornati all’utile nel 2009, prevalentemente attraverso operazioni immobiliari con società controllate (si veda il caso emblematico di Coop Consumatori Nordest). Secondo lei come si arriva a questa sincronia decisionale delle 9 sorelle che si riscontra anche in altre scelte?
M.F.
I bilanci delle nove grandi coop faticano a realizzare margini operativi significativi attraverso la gestione caratteristica. A tale gap si cerca di fare fronte con la gestione finanziaria, ivi compreso il prestito da soci, e con l’attività di carattere immobiliare. Purtroppo l’andamento dei mercati finanziari e le stesse difficoltà registrate da U.G.F. negli ultimi bilanci, nell’ultimo periodo non hanno consentito risultati di segno positivo. Rimane la gestione immobiliare: ma fino a quando? E’ noto che alcune cooperative hanno bilanci che non vanno in rosso solo per i proventi delle attività immobiliari.
BLOG
Del legame tra Coop e partiti di sinistra (specialmente PCI, PDS, PD) lei tratta in modo ampio ed esplicito. Pensa che questi rapporti si stiano evolvendo in una forma diversa, anche alla luce di quanto recentemente accaduto alla Festa de PD, dove Legacoop ha deciso per la prima volta di non partecipare ai dibattiti?
M.F.
Con la nascita del P.D. i rapporti stanno cambiando. Si assiste ad una sorta di balcanizzazione, dove in alcuni territori e con alcuni personaggi degli ex D.S. i rapporti sono ancora forti e consolidati. E’ anche vero che se le coop vogliono continuare a fare business devono aprirsi, in alcuni territori dove la sinistra ha perso peso e potere, a rapporti di collaborazione in una situazione geopolitica in forte cambiamento.
M.F.
La decisione di scrivere il libro l’ho presa dopo aver riordinato il voluminoso archivio personale (bilanci, relazioni, documenti interni, articoli di giornale, verbali di riunioni dei consigli di amministrazione, appunti personali ecc.) accumulato in circa 25 anni di lavoro nel mondo coop. Il profondo disagio che mi sono trascinato per anni, attraverso la rilettura dei documenti del mio archivio, si è come ampliato in modo esponenziale, dandomi la rappresentazione esatta di come lentamente ma inesorabilmente l’organizzazione nella quale ho lavorato per circa 25 anni si era radicalmente trasformata. In una parola le coop si sono omologate in tutto e per tutto alle imprese di capitale dedite solo ed esclusivamente al profitto. I valori di socialità e di mutualità sono quasi scomparsi del tutto, avendo sposato la logica del mercato e del profitto. Da qui la decisione di scrivere il libro. Vi posso garantire che è stata una scelta sofferta.
.
BLOG
Negli anni ’80 piccole e medie realtà cooperative hanno messo in atto processi di fusione che hanno portato alla nascita di quelle che adesso vengono definite le 9 grandi sorelle della grande distribuzione cooperativa. Adesso si parla di ulteriori aggregazioni, prima fra queste quella tra Coop Lombardia, Coop Liguria e la sua Novacoop. Chi prenderà il timone? Come saranno gestiti gli esuberi, che non mancheranno, specialmente nelle figure di medio ed alto livello? Secondo il suo parere questa è una decisione presa in Legacoop a livello nazionale e coinvolgerà a catena anche le realtà Coop più forti, come quelle del distretto adriatico e del distretto tirrenico al fine di ridurre i costi ed essere più competitive?
M.F.
Per competere in un mercato sempre più agguerrito e globalizzato occorre abbandonare il localismo e il provincialismo, realizzando imprese di dimensioni più grandi, superando le attuali dimensioni territoriali regionali così come si fece con grande difficoltà agli inizi degli anni sessanta quando iniziò un processo di fusione delle piccole coop che operavano all’ombra di ogni campanile e sotto la tutela delle Sezioni socialista e comunista. Occorrerebbe quindi superare il Consorzio NORD OVEST per dare vita ad una grande cooperativa destinata ad operare nelle tre regioni del Nord Ovest, che è l’unico modo per abbattere i costi delle strutture a monte (Centri logistici, sedi amministrative, snellimento del numero dei dirigenti e quant’altro) e conseguire l’obiettivo di un forte recupero di redditività e di margine operativo. Si realizzerebbe in questo modo una grande cooperativa con un fatturato di oltre tre miliardi di euro di giro d’affari e con una massa critica adeguata a competere in un mercato sempre più agguerrito. Sempre che l’obiettivo primario sia quello di offrire vantaggi ai soci e ai consumatori, in termini di prezzi, servizi e salari, e non di mettere al primo posto l’accumulazione della cooperativa.
Solo che per fare questo è necessario mettere da parte i personalismi, i localismi e soprattutto il potere e i privilegi di casta di ristretti gruppi oligarchici e autoreferenziali che stanno ai vertici delle tre cooperative del Nord Ovest. Dell’ineluttabilità di una scelta in tale direzione sembra essersene accorto anche il Presidente della Novacoop Ernesto Dalle Rive che nella sua relazione all’assemblea di Bilancio svoltasi a Baveno il 26 giugno 2010 ha dichiarato con enfasi: «Vogliamo dare ai quasi due milioni di soci coop di Piemonte, Liguria e Lombardia non solo una cooperativa più grande ma una grande cooperativa. Tale obiettivo – ha sottolineato Dalle Rive – porterebbe alla creazione della più grande impresa cooperativa del nostro paese, la quinta impresa distributiva italiana per dimensioni». Il progetto sembra molto ambizioso e interessante, ma deve essere accompagnato da una riscoperta dei valori di socialità, di mutualità e di democrazia interna in modo che non si venga a creare un ulteriore distacco tra la nomenclatura e i soci. Ritengo che in prospettiva, stante i risicati margini operativi, anche nel Distretto Adriatico e in quello Tirrenico, un processo di fusioni sia ineluttabile. Del resto anche in questi due Distretti alcune cooperative faticano a realizzare margini operativi significativi e, in alcuni casi, sono addirittura in rosso. Un simile processo ovviamente non deve comportare licenziamenti, ma ricollocazioni all’interno del sistema coop più generale, facendo salvi i diritti acquisiti.
BLOG
All’apice delle distorsioni che lei attribuisce alla dirigenza di Novacoop, c’è la scellerata scelta di appoggiare Giovanni Consorte nella scalata a BNL. Secondo le sue fonti, Campaini (Unicoop Firenze) disse di no a Consorte per non fare uno sgarbo al Monte dei Paschi di cui la cooperativa toscana è azionista: quindi non era l’etica dell’operazione a turbarlo. L’intreccio tra Coop e finanza è comunque presente in molte altre forme, tanto che le attività finanziare sono preponderanti rispetto a quelle puramente commerciali. Non parliamo poi delle agevolazioni fiscali -tema al quale lei dedica ampio spazio- e dell’enorme vantaggio del prestito sociale. Come mai, secondo il suo parere, neanche la destra al governo si è adoperata in maniera decisa per una revisione legislativa che ponga dei paletti a questa distorsione della concorrenza, delegando di fatto il tutto alla paludata Commissione alla Concorrenza di Bruxelles?
M.F.
L'intreccio coop/finanza riguarda ormai tutto il sistema coop. Ormai le attività finanziarie superano di gran lunga l’attività caratteristica, cioè quella commerciale. Questa è la ragione – ma non la sola – che mi ha indotto a coniare il termine “organismi geneticamente modificati.” Ritengo che la mission di coop sia quella di vendere prodotti qualificati a prezzi più convenienti rispetto a quanto offre il mercato (cosa che oggi non avviene).
Per quanto riguarda la posizione di Campaini rispetto alla scalata alla BNL ritengo che vi fossero sia interessi nobili e condivisibili (evitare l’omologazione e non mischiarsi con i furbetti del quartierino) ma nello stesso tempo ha anche pesato il rapporto con il Monte dei Paschi di Siena, una banca legata al territorio e di cui Unicoop è socia da lungo tempo.
BLOG
Parliamo di bilanci. Nel 2008 se ne videro delle belle. Gli investimenti finanziari delle Coop, spesso spericolati e in netta perdita, sono magicamente ritornati all’utile nel 2009, prevalentemente attraverso operazioni immobiliari con società controllate (si veda il caso emblematico di Coop Consumatori Nordest). Secondo lei come si arriva a questa sincronia decisionale delle 9 sorelle che si riscontra anche in altre scelte?
M.F.
I bilanci delle nove grandi coop faticano a realizzare margini operativi significativi attraverso la gestione caratteristica. A tale gap si cerca di fare fronte con la gestione finanziaria, ivi compreso il prestito da soci, e con l’attività di carattere immobiliare. Purtroppo l’andamento dei mercati finanziari e le stesse difficoltà registrate da U.G.F. negli ultimi bilanci, nell’ultimo periodo non hanno consentito risultati di segno positivo. Rimane la gestione immobiliare: ma fino a quando? E’ noto che alcune cooperative hanno bilanci che non vanno in rosso solo per i proventi delle attività immobiliari.
BLOG
Del legame tra Coop e partiti di sinistra (specialmente PCI, PDS, PD) lei tratta in modo ampio ed esplicito. Pensa che questi rapporti si stiano evolvendo in una forma diversa, anche alla luce di quanto recentemente accaduto alla Festa de PD, dove Legacoop ha deciso per la prima volta di non partecipare ai dibattiti?
M.F.
Con la nascita del P.D. i rapporti stanno cambiando. Si assiste ad una sorta di balcanizzazione, dove in alcuni territori e con alcuni personaggi degli ex D.S. i rapporti sono ancora forti e consolidati. E’ anche vero che se le coop vogliono continuare a fare business devono aprirsi, in alcuni territori dove la sinistra ha perso peso e potere, a rapporti di collaborazione in una situazione geopolitica in forte cambiamento.
8 settembre 2010
(1- Continua)
LA COOP NON SEI TU (Seconda parte intervista)
3 commenti:
WIKIPEDIA:
Nel 2010 Unicoop Firenze ha acquisito dal Gruppo Luciani (affiliato GS - Carrefour), tramite una nuova società costituita ad hoc, 14 tra minimercati, supermercati e superstore già a marchio GS e Dì per Dì, situati a Roma e provincia. Il Gruppo Luciani detiene una quota residuale del 5% nella nuova società, per questo motivo i punti vendita non portano ancora l'insegna Coop ma l'insegna fantasia Doc*. Al termine di un periodo di transizione, Unicoop Firenze ACQUISIRA' L'INTERO CAPITALE SOCIALE DELLA NEWCO E I PUNTI VENDITA PASSERANNO A INSEGNA COOP. Unicoop Firenze, seppur indirettamente, si affianca così a Unicoop Tirreno nella presenza di Coop in provincia di Roma.
[........]
Tra le prossime aperture è previsto il TRASFERIMENTO dell'Ipercoop di Lastra a Signa in un nuovo centro commerciale a Scandicci (FI) altri negozi a, Montemurlo (Po) e Stia (Ar).
Pare che la buona vecchia WIKI ne sappia più dei dipendenti di Unicoop....!!!
Lei segue solo superficialmente il nostro blog e ce ne dispiace. Ci siamo da tempo occupati delle vicende che cita. Probabilmente Wiki le ha riprese proprio dal nostro blog.. ;-)
Stia bene
Bravi ragazzi bel colpo questa intervista sarà una bomba!!!!!
Posta un commento