Lavoratori lasciati a casa senza retribuzione, imprese che aprono e chiudono ogni due anni.
Straordinari e orari di lavoro senza controllo con rischi per la sicurezza.
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Ampio ricorso ai contratti a tempo determinato che tengono in scacco i lavoratori, per lo più stranieri.
E la giungla dei subappalti rende difficile far rispettare le regole.
Straordinari e orari di lavoro senza controllo con rischi per la sicurezza.
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Ampio ricorso ai contratti a tempo determinato che tengono in scacco i lavoratori, per lo più stranieri.
E la giungla dei subappalti rende difficile far rispettare le regole.
Un campo minato, fatto d'irregolarità, precarietà, mancato rispetto delle norme previste dal contratto nazionale, se non veri e propri soprusi. E' il settore della logistica, dove, stando al resoconto di Paolo Chiacchio della Filt Cgil "sono molte le cose che non vanno". Solo nei giorni scorsi, alcuni dipendenti di una delle cooperative che operano nel territorio di Parma (la Gps), avevano denunciato, esasperati, la difficile situazione con cui si trovano a convivere quotidianamente. Ma la loro storia, ripresa anche dai media locali, non è che la punta di un iceberg: "E' una delle tante mosche nere del settore" commenta il sindacalista. A far esplodere la rabbia dei dipendenti della Gps, che impiega circa 90 persone, tutte per lo più indiane, è stato il mancato rimborso del 730. "L'azienda lo ha sì messo in busta paga - spiega Chiacchio - ma poi figura una trattenuta, come recupero acconto, quasi se avessero anticipato dei soldi dello stipendio per esempio, ma non è così".
Nel territorio di Parma e provincia sono almeno un centinaio le cooperative che operano nel settore. Il comparto offre occupazione in modo preponderante agli stranieri. Chiacchio dipinge un quadro a tinte piuttosto fosche: "Non si rispettano le norme sull'orario di lavoro, sulle retribuzioni, la gestione degli straordinari e poi c'è un largo uso del contratto a tempo determinato". I controlli per far sì che venga garantita la contrattazione nazionale, formalmente applicata dal 90% delle aziende secondo il sindacalista, sono difficili: non solo per l'elevato numero di lavoratori stranieri, spesso poco informati sui loro diritti e facilmente ricattabili con il mancato rinnovo del contratto, ma anche per la natura stessa in cui il settore tende a organizzarsi. Si direbbe una sorta di piramide con al vertice l'azienda che produce, che affida poi la logistica a un consorzio, che passa a sua volta le commesse a un tot di cooperative, che a loro volta possono subappaltare ad altre coop. "In questa filiera si verifica un forte filtro di risorse, con le tariffe che vengono erose a ogni passaggio, e con esse anche i diritti. Diventa difficile anche organizzare un'assemblea sindacale".
Il sindacato negli ultimi anni ha provato a intervenire, cercando di fare in modo che le cooperative applicassero il contratto nazionale, evitando le deroghe, che ancora restano per quanto riguarda tredicesime e ferie. "Spesso è un'applicazione teorica, rimane impossibile la verifica reale" ribadisce Chiacchio. C'è anche chi prova a rispettare le norme, ma l'illegalità finisce col danneggiare anche i soggetti virtuosi, costretti a subire la concorrenza sleale di chi non agisce in un regime di regolarità. Tra le strade esplorate dal sindacato quella di coinvolgere più attivamente i committenti: "E' l'unico modo per arginare la deriva, sono aziende che operano nel territorio, che devono difendere un'immagine".
L'irregolarità diffusa finisce con l'investire anche la sicurezza dei lavoratori. Un problema comune al trasporto su gomma, ma lì almeno il cronotachigrafo quantifica gli straordinari: "La logistica è senza controllo. Il non rispetto degli orari, specie per i carrellisti, incide sulla sicurezza. Gli incidenti non mancano". E poi c'è la crisi, dietro alla quale si mascherano altri comportamenti scorretti che finiscono per ripercuotersi ancora una volta sui lavoratori: "Ci sono cooperative che tengono fermi i lavoratori, senza retribuzione. Certo spesso le rotazioni sono condizionate anche dai clienti, e ci sono realtà che cercano di agire correttamente, ma molte lasciano a casa i lavoratori e non li pagano." E verificare, controllare è sempre difficile vista anche la "volatilità" delle coop: "Alcune ogni due anni chiudono, mandano via il personale, e poi riaprono con un altro nome e altri soci" conclude Chiacchio. E' così il gioco al ribasso continua.
1 settembre 2010
Raffaele Castagno
La Repubblica - Parma
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Anche il sindacalista Fulvio di Giorgio (S.I. Cobas) aveva parlato di far west dopo l'omicidio dell'avvocato Pasquale Maglione che pare maturato negli ambienti delle coop sociali facilmente permeabili all'infiltrazione mafiosa:
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