Adriano Sofri, lucido e puntuale come sempre, ci segnala questo gesto che, prima di una valenza sindacale esprime una basilare esigenza di umanità, dignità e rispetto e ne approfitta per sottolineare le contraddizioni di una città come Firenze e del suo sindaco, paladino non solo dei cosiddetti rottamatori, ma anche dei negozi aperti il Primo Maggio, come purtroppo è accaduto quest'anno.
Ieri pomeriggio le avventrici e gli avventori di Zara a Firenze, che sono tanti, non hanno trovato le facce sorridenti delle commesse cui sono abituati. Erano altrove, con le facce serie, al funerale di un loro compagno di lavoro di 21 anni. Si chiamava Andrea, portava la merce dal magazzino di Prato, lo vedevano ogni giorno, parlavano e scherzavano con lui. È morto a Bologna. Era andato a una festa, è stato travolto da un' auto. Ragazze come lui, affrante come sono i giovani dalla morte dei giovani, avevano desiderato esprimere il proprio dolore e partecipare al lutto della famiglia.
Avevano chiesto di spegnere la musica e di abbassare la saracinesca nell' ora del funerale. L' azienda aveva detto di no: sarebbe costato troppo, il negozio deve restare allegro come i clienti se l' aspettano, caso mai una delegazione avrebbe potuto andare al funerale. Allora le commesse hanno raccontato la propria intenzione a Repubblica, e Ilaria Ciuti ne ha scritto sulla pagina cittadina: sarebbero andate anche a costo di risultare assenti ingiustificate. Hanno spiegato che si poteva fare per un ragazzo amato e morto quello che si fa di norma per i "sabati perfetti": si chiamano cosìi sabati in cui l' azienda ricorre alla chiamata di giovani delle agenzie "interinali" per fare il pieno di vendite.
A quel punto l' azienda ha autorizzato chi volesse a partecipare al funerale, a titolo personale, e ha mandato fiori e un proprio rappresentante: ragionevole decisione. Così le giovani donne di Zara hanno abbracciato i famigliari del loro amico, e sono tornate alla loro allegra musica quotidiana portandosi dentro il silenzio commosso e composto della cerimonia. È una piccola grande storia.
I negozi a Firenze sono aperti 363 giorni all' anno. Si è già riattizzata la discussione sul proposito di ripetere l' obbligo di lavorare il Primo maggio, com' è successo malauguratamente quest' anno. Il sabato non è fatto per l' uomo e la donna, e nemmeno il Primo maggio, ma uomini e donne e bambini per un perenne orario di apertura. Fu un peccato che il bravo sindaco di Firenze assecondasse questa inversione, la descrivesse come un mettersi al passo coi tempi. È un peccato che l' abbia appena ribadito, replicando alla raccomandazione di Epifani e del presidente della Regione, di fare la festa del lavoro e non la festa al lavoro.
I tempi hanno un passo pesante. Firenze merita un passo leggero, anche oltre le vetrine, anche nel retrobottega. Firenze è per me come quel celebre Vaso Francois, il pezzo più prezioso del suo Museo Archeologico, reincollato assieme da centinaia di frantumi, che si vede vibrare al passaggio di un autobus nella via. E' una città di preziosi restauratori. Oggi si apre l' incontro dei rottamatori, cui vanno i migliori auguri, con l' eccezione di quella parola dal sen fuggita. Il mondo ha bisogno di riparazione, di manutenzione, non di rottamazione. Tanto più ne ha bisogno Firenze. Vale per i motori, per la monnezza, per le città e le persone e la politica. E per la compravendita universale.
Si dice già che si voglia tenere aperto a Santo Stefano e perfino a Natale. I sindacati toscani dei commessi -tutti, qui c' è unità- hanno consegnato alla regione 50 mila firme contro la deroga agli accordi (e alle leggi) sui giorni festivi. C' era tutto questo sullo sfondo. Tuttavia questa delle commesse di Zara non è stata una prova sindacale. È stata la più normale e irresistibile manifestazione di umanità. Di un riscatto del tempo.
6 novembre 2010
La Repubblica
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